Il discorso buddista sulle cause

Dal MAHASATIPATTHANASUTTANTA
(grande dialogo delle cause)

il buddismo e la Religione Pagana

di Claudio Simeoni

Argomenti sul buddismo

 

Quali cause?

Il controllo delle idee dell'uomo avviene costringendo l'uomo a fissare la sua attenzione sulle finalità della sua esistenza o sulle cause che producono la sua esistenza.

Il buddismo, abbiamo visto, oltre sulle cause, che trattiamo in questo scritto, e sulle finalità (il nirvana come necessità di annullamento e annientamento dell'uomo) costruisce la necessità dell'annientamento facendo del dolore la realtà dell'esistenza umana.

Il dolore è l'essenza della vita nel buddismo che induce l'uomo ad uscire dal dolore mediante l'annientamento della sua esistenza.

Non c'è felicità nel buddismo, solo il desiderio di superare il dolore mediante il suicidio come separazione dell'uomo dal desiderio.

In quest'ottica ha senso la domanda sulle cause, della vita come dolore, che si fanno i buddisti. Una domanda simile se la poteva fare Platone o i cinici, oppure gli stoici, ma non gli epicurei o i democritei.

Con il concetto di vita come dolore, i buddisti entrano nell'ambito dei platonici alla cui filosofia si abbeverano ebrei, musulmani e cristiani.

Questo è il discorso sulle cause preso dal mahasatipatthanasuttanta:

"Esiste il presupposto a vecchiaia e morte?"
Esiste!
"Nascita è presupposto a vecchiaia e morte!"

"Esiste un presupposto a nascita?"
Esiste!
"Esistenza è presupposto a nascita!"

"Esiste un presupposto ad esistenza?"
Esiste
"Attaccamento è presupposto ad esistenza!"

"Esiste un presupposto ad attaccamento?"
Esiste
"La sete è presupposto ad attaccamento!"

"Esiste un presupposto a sete?"
Esiste
"Sensazione è presupposto a sete!"

"Esiste un presupposto a sensazione?"
Esiste
"Contatto è presupposto alla sensazione!"

"Esiste un presupposto a contatto?"
Esiste
"Nome e forma è presupposto a contatto!"

"Esiste un presupposto a nome e forma?"
Esiste
"Vinnana è il presupposto a nome e forma!"

"Esiste un presupposto a Vinnana?"
Esiste
"Nome e forma è presupposto a Vinnana"

Così o Ananda, nome e forma è presupposto a Vinnana, Vinnana è presupposto a nome e forma, nome è forma è presupposto a contatto, contatto è presupposto a sensazione, sensazione è presupposto a sete, sete è presupposto ad attaccamento, attaccamento è presupposto ad esistenza, esistenza è presupposto a nascita, nascita è presupposto a vecchiaia e morte, vecchiaia, morte, angoscia, lamento, dolore, sofferenza, agitazione si perpetuano. Così è l'origine dell'intero complesso del dolore.

Proseguono poi i se per l'eliminazione e conclude: Proprio così o Ananda, si sorge, si declina e si muore, si trapassa e si risorge; proprio in conseguenza di ciò si sviluppa il processo semantico, il processo logico, il processo delle idee, il processo della conoscenza, proprio così turbina il cielo del Samsara nel normale stato del conoscere, così si unisce nome e forma a Vinnana!

Quando diciamo che nel Paganesimo Politeista spesso le categorie sono invertite rispetto alle religioni rivelate, nessuno pensa che per rivelazione intendiamo ogni altra forma di verità statica e imposta alla quale si contrappone una diversa verità. Il pericolo è quello di cadere nella sterile contrapposizione di una verità ad un'altra verità dove i due contendenti, non essendo in grado di dimostrare l'assolutezza della propria verità o gli elementi che della loro verità manifestano, lasciano le cose come stanno ognuno convinto delle proprie ragioni in virtù del proprio credere o della propria fede. E' comunque un rischio che si può correre.

Qual è la domanda principe del Buddista? Di che cosa il Buddista vuole trovare la spiegazione? A Vecchiaia e Morte. Vecchiaia e morte che sono vissute con la drammaticità di chi vede nella vecchiaia e nella morte la perdita del proprio Potere. La perdita della vigoria fisica e dei beni, le cose, con le quale soddisfa i propri bisogni. Le stesse donne, con le quali il Buddha si incontra nel bosco, sono oggetti che soddisfano brama e non Esseri che bramano e che cercano in lui la soddisfazione. Non viene concessa la reciprocità, né la relazione. Tutto è cosa e il bramare richiede soddisfazione che si ottiene mediante il possesso di cose. Cose che si perdono alla morte del corpo fisico come la vecchiaia fa perdere la vigoria fisica e sessuale.

Questa paura costruisce la domanda che angoscia. Va da sé che questa domanda non nasce dal semplice desiderio del conoscere, ma dall'angoscia psichica della disperazione data dal dover affrontare cose che non si sa come affrontare. Non è l'oggi che crea angoscia, non sono i problemi o le contraddizioni dell'esistenza, non è l'alzarsi al mattino tutti i giorni per essere privato della giornata che angoscia, ma il non poter privare qualcuno di qualcosa col quale manifestare il proprio potere perché la vigoria fisica se ne sta andando o la morte rende inutile l'accumulo degli oggetti che danno potere e controllo sulle altre persone: le stesse donne del boschetto!

Se una persona non ha paura della vecchiaia e della morte (è la notizia di ieri della morte di Ardito Desio a 104 anni mentre continuava a coltivare le sua passioni scrivendo libri di geologia) perché parte della trasformazione delle cose e dal momento che è vissuto per sfida sa che la vecchiaia è un'altra sfida da affrontare nella quale, comunque, troverà cose che gli daranno piacere e la morte del corpo fisico non lo turba perché ha vissuto per vivere e non per impossessarsi di altre persone. Allora anche la domanda in sé stessa non ha ragione di essere. Noi, come Pagani Politeisti, sappiamo benissimo che invecchiamo e moriamo. Nell'Antica Religione di Roma si diceva che gli DEI rendono omaggio agli Esseri Umani mandando la morte mentre si è ancora in forze, ancora vigorosi, mentre era triste invecchiare e deperire. Per quanto riguarda la malattia si cercava di combatterla con la medicina. Solo che le cose erano inevitabili; erano sfide alle quali era necessario far fronte.

In questo sistema di cause alla domanda fondamentale si continua a risalire su ciò che provoca, ma si evita il nocciolo della questione: perché? Si è già visto come una cosa fosse la Coscienza e la Consapevolezza di un individuo (il monaco) e cosa diversa il suo corpo e la sua mente. Una persona è. Proprio perché è deve subire un processo di incarnazione per cui deve dipendere da un corpo e da una mente dalla quale deve staccarsi. Nell'usare il corpo e la mente subisce le sollecitazioni del corpo e della mente e solo staccandosi da quelle sollecitazioni può giungere al suo obiettivo che è l'interruzione delle reincarnazioni. Però la persona esiste in sé stessa, solo che si incarna seguendo un ciclo e deve agire per interrompere quel ciclo. Da qui anche il concetto di dolore relativo alla vecchiaia e alla morte! Tornare a reincarnarsi, tornare a diventare vecchi e tornare a morire per tornare a reincarnarsi fintanto che il ciclo non si esaurisca o il soggetto non vi metta fine. Il Buddismo considera il corpo e la mente cose diverse dall'individuo che abita nel corpo, nella mente e negli elementi e che deve distaccarsi da questi (lo abbiamo visto nell'ottuplice sentiero). Queste reincarnazioni continue, questo continuo ritorno nel corpo da cui è necessario liberarsi sembra la proiezione sul ciclo della vita del ciclo del lavoro. L'individuo che deve alzarsi ogni mattina, ogni mattina va al campo fino a sera inoltrata, solo per alzarsi il mattino seguente. In questa ciclicità matura la necessità di interrompere quel ciclo per avere l'opportunità di occuparsi di cose diverse o più appaganti. Così, interrompere il ciclo delle reincarnazioni appare come lo staccarsi dal ciclo della schiavitù del lavoro. Schiavitù in quanto non si tratta del lavoro fatto da un uomo che costruisce l'uomo stesso: la sua arte alchemica. Si tratta del lavoro che soggioga l'uomo, lo rende schiavo e dipendente svuotandolo della sua magia, cioè della sua capacità di costruttore e artefice (o creatrice come si usa dire).

Tutto il discorso delle cause è all'interno della materia, degli elementi dai quali è necessario il distacco.

Qual è il presupposto a vecchiaia e morte?

La risposta è: la nascita!

Apparentemente è un discorso lapalissiano, in realtà racchiude il concetto secondo cui si partorisce dolore. Quanto si partorisce è destinato al dolore, alla morte. Nella concezione Buddista non esiste altro scopo della nascita se non quella di produrre vecchiaia e morte salvo che l'individuo non interrompa la catena delle rinascite. Per un Pagano Politeista la nascita è presupposto alla nascita. Infatti la vita, nell'Essere Natura, è una occasione per costruire e plasmare il proprio corpo luminoso. Nel Paganesimo Politeista non esiste separazione fra ciò che io sono, il mio corpo e la mia mente o il mio sentire e il mio intuire. Sono io sempre e qualunque cosa curi, sia che alimenti il mio corpo, la mia mente, il mio intuire o il mio sentire altro non faccio che alimentare me stesso. E quando rendo sano e forte il mio corpo rendo sano e forte me stesso; e quando rendo sana e forte la mia mente (e soddisfatta) rendo sano e forte me stesso; e quando rendo sano e forte il mio intuire, rendo sano e forte me stesso ecc. Non esiste una separazione fra me e le parti in cui posso dividere ciò che sono e, tutto quello che sono, costruisce me stesso arricchendosi a propria volta. Così una mente ricca arricchirà sì la mente, ma arricchirà anche tutto me stesso; così un corpo soddisfatto non arricchirà solo il corpo, ma arricchirà l'insieme con cui chiamo: me stesso. Ed è quel me stesso che si costruisce, non esiste nel Paganesimo Politeista una parte che si separi da un'altra. Se perdo una gamba non impoverisco solo il corpo, ma impoverisco l'intero me stesso (la mia mente, il mio intuire, l'azione attraverso la quale affronto la vita). Se la mia mente è povera, non è povera solo la mia mente, ma tutto me stesso. Se il mio intuito viene rattrappito, non è povero solo il mio intuito, ma tutto me stesso. Se la mia sensibilità viene offesa non è offesa solo la mia sensibilità, ma tutto me stesso e ne ha da soffrire la mente, il corpo, l'intuizione, gli elementi in cui vivo e tutto me stesso.

Se io leggo le cose soltanto dal punto di vista fisico posso sì dire che il presupposto a vecchiaia e morte è nascita, ma non posso dire il contrario. Non posso dire che nascita sia presupposto a vecchiaia e morte, ma debbo dire che lo è soltanto dal punto di vista del corpo fisco. Ad esempio non lo è dal punto di vista dell'individuo sociale: il presupposto della nascita è un arricchimento o un problema per il Sistema Sociale, una sua modificazione ecc. Proprio perché posso osservare questo debbo dire che la nascita presuppone una VITA, un processo di trasformazione che si conclude con la morte del corpo fisico, ma io preferisco concentrare la mia attenzione sullo sviluppo della necessità di espansione del soggetto quando nasce: sulla sua crescita! A questo punto anche sul fine della crescita che è il partorire: la morte del corpo fisico corrisponde alla nascita del corpo luminoso! Preferisco mettere su questo l'accento!

Però non posso negare l'affermazione lapalissiana dei Buddisti e proseguire nel discorso sul presupposto a nascita: esistenza! Si nasce perché si esiste!

Se nelle frasi precedenti relative a nascita, vecchiaia e morte si parlava di oggetti che cadono sotto i nostri sensi ora andiamo fuori dai sensi razionali ed entriamo nei concetti aprioristici che stanno alla base della formazione del pensiero Buddista. Dal momento che si esiste, si nasce! Qui non stiamo parlando di un Essere Feto che muore e nasce l'Essere Umano o l'Essere della Natura. Qui stiamo parlando di un'esistenza separata dall'Essere della Natura e proprio perché è tale può venire in essere all'interno della Natura attraverso la propria sequenza di crescite. Dove il nascere è conseguenza dell'esistere. L'individuo esiste e pertanto nasce! Il motivo per cui debba nascere non è dato, è dato il fatto che invecchia e muore e che per evitare di rinascere deve distaccarsi dalle tensioni date dal proprio corpo e dalla propria mente o dagli elementi. Non abbiamo IL MOTIVO DELLA NASCITA PER CHI ESISTE, ma viene descritta la necessità del distacco per evitare la morte e la vecchiaia. Infatti, tutto il discorso parte dalla paura del dolore provocato dalla vecchiaia e dalla morte, non dalla necessità di conoscenza della comprensione per essere nati! Non c'è un processo di conoscenza della vita, c'è la necessità di allontanare il dolore della vecchiaia e della morte. Pertanto, la consapevolezza di esistere, in questo momento come entità espressa da un corpo fisico, viene proiettata in una consapevolezza d'esistenza che c'era prima della propria nascita e che comunque proseguirà oltre la morte del corpo fisico, sempre e comunque, anche se il modo con cui si vive ne determinerà una sorta di qualità nel proseguo dell'esistenza.

In tutto il passo relativo all'esistenza esiste una sovrapposizione concettuale: l'esistenza come individuo in sé al di là di forma e sostanza e l'esistenza nel corpo fisico ottenuta mediante la nascita. Il testo continua infatti dicendo: "Se, o Ananda, totalmente, completamente, a ciascuno, ovunque non fosse più esistenza; cioè: l'esistenza passionale, l'esistenza formale, l'esistenza priva di forma, se completamente vi fosse il cessare dell'esistenza, colla distruzione dell'esistenza forse che si sperimenterebbe ancora la nascita?" L'idea della distruzione della Coscienza in quanto questa provoca dolore è un'idea apriori del Buddismo ed è un motivo conduttore.

Cosa induce il passaggio dall'esistenza come individuo ad esistenza nel corpo fisico e di conseguenza della nascita? Che cosa presuppone l'esistenza? E' l'attaccamento!

Per attaccamento abbiamo l'individuo che esiste in sé e che ha l'attaccamento alla passione, ai rituali, all'opinione, all'affermazione dell'io (cioè, di ciò che egli è) ci sarebbe ancora l'esistenza? Vediamo ancora una volta come l'ideale sia l'annullamento delle tensioni della vita. Non soltanto della vita fisica, ma annientamento di ogni forma di consapevolezza dell'individuo, qualunque individuo in qualunque forma quest'individuo affronta l'universo. Pertanto, l'attaccamento che porta all'esistenza e alla nascita è dovuto all'esistenza che produce attaccamento e che porta a nascere. Dove l'attaccamento è funzionale allo sviluppo di sé stessi, però non dice perché questo o perché esistono queste tensioni e dove queste tensioni conducono oltre a ripetere continuamente nascite all'interno di corpi fisici destinati alla vecchiaia e alla morte. Dal punto di vista del Paganesimo Politeista sappiamo che l'Energia Vitale ha un attaccamento, forma vortici e movimento e tende a trasformarsi in Coscienza di Sé ogni volta che incontra le condizioni adatte.

Sappiamo che questo è il movimento interno dell'Energia Vitale e il fatto che l'Energia Vitale passi dallo stato inconsapevole allo stato di consapevolezza noi lo ritieniamo un successo, esattamente come riteniamo un successo il non-Brahama come cessazione della Coscienza Universale che si dissolve per iniziare una nuova rinascita. Ma, mentre la distruzione della Coscienza Universale è un atto di Volontà, il passaggio da inconsapevole a consapevole dell'Energia Vitale è un passaggio attraverso Necessità della stessa. Il passaggio dal Brahama al nonBrahama è un atto di volontà che manifesta un progetto che va dal soggetto all'annullamanto di sé stesso; il passaggio dal nonBrahama al Brahama obbedisce al movimento di Necessità dell'energia che è rimasto dopo il dissolvimento della Volontà autoannientatrice e viene arricchito da ogni Volontà che si forma dal movimento dell'Energia. Partendo dalla Necessità quale decadimento della Volontà di autodistruzione dell'originale Brahama i soggetti, nel momento in cui riconoscono sé stessi, a quella Necessità sommano la propria Volontà e iniziano quel cammino la cui tensione consiste nella ricostruzione della Coscienza di Sé Brahama e della sua Volontà.

Non è detto che ogni Coscienza di Sé abbia uno sviluppo lineare. Ogni Coscienza di Sé esprime una volontà di espansione, ma per esprimere una volontà di espansione DEVE costruire degli insiemi.

In quegli insiemi si manifestano le probabilità di farcela. Infatti, una cosa è certa. Il movimento porterà alla ricostruzione della Coscienza Universale, perché LA VITA VINCE SEMPRE e, per quanto riguarda i singoli soggetti che concorrono alla sua potenziale formazione, nascendo, non tutti parteciperanno a questa costruzione specialmente se rinunceranno alle forze che da dentro di loro spingono per esprimersi. Non riusciranno quando sottometteranno le loro pulsioni d'esistenza alla sottomissione e alla ricerca del loro annientamento.

Quelle forze, che nel Paganesimo Politeista chiamiamo Necessità, Intento ed Energia Vitale, altro non sono che il residuo divenuto inconsapevole del Brahama [la coscienza universale, l'Essere, che ha risolto sé stesso nel nulla] che si è dissolto: i soggetti, qualunque soggetto presente, ha Coscienza, ha Volontà ed ha Nous! Io, normalmente, non uso il termine Brahama, uso il termine Coscienza Universale! La Volontà è quanto esprime una concentrazione di Energia Vitale divenuta consapevole e mentre imposta le proprie strategie d'esistenza per espandersi nel mondo in cui è venuta in essere.

Questo porta a nascita (degli Esseri della Natura) alla vecchiaia e alla morte dei corpi fisici, ma noi non mettiamo l'accento su quell'aspetto, anche se quell'aspetto è compreso nell'esistenza della vita dell'Essere della Natura, ma mettiamo l'accento sulla vita, le strategie della vita, quanto nella vita plasmiamo e costruiamo. Pertanto per un Pagano Politeista la morte del corpo fisico non è dolore, anche se può provare dolore, ma è il TRIONFO! Il suo successo. In fondo, la sfida, è partecipare a costruire la Coscienza Universale, il nuovo Brahama! Se alla fine del tempo, quanto nasce dall'Essere Natura arriva a partecipare alla nuova Coscienza Universale seguendo la propria sequenza dei mutamenti: valeva la pena di esistere? Valeva la pena di affrontare la vita? Valeva la pena di pensare alla vita come una sfida all'infinito anziché pensarla come una tragedia che porta alla vecchiaia e al dolore?

Qual è il presupposto ad attaccamento? E' sete!

Il concetto di sete è precisato nel MAHANIDANASUTTANTA affermando: "... cioè: la sete di forme, la sete di suoni, la sete di odori, la sete di sapori, la sete di cose tangibili, la sete di pensieri ...". In altre parole la SETE DI CONOSCENZA! Se non esistesse la sete di Conoscenza non ci sarebbe nemmeno il significato del passaggio fra l'inconsapevole e il consapevole.

E' vero che questa sete viene indicata con i sensi, ma è altrettanto vero che i sensi sono gli strumenti attraverso i quali percepiamo i fenomeni. L'interpretazione dei fenomeni e la loro interpretazione e come noi ci poniamo di fronte ad essi, costruisce la nostra esperienza. L'esperienza è manipolazione della nostra energia in funzione dell'Intento ed è l'atto con cui noi manifestiamo la nostra libertà, il nostro LIBERO ARBITRIO date le condizioni nelle quali siamo divenuti consapevoli.

Il conoscere, il sapere, sono le attività attraverso le quali plasmiamo la nostra energia. Questa sete è manifestazione di INTENTO la forza della trasformazione dell'intero universo. La tensione che porta dal nonBrahama alla ricostruzione della Coscienza e della consapevolezza del Nuovo Brahama (nuovo perché dotato di una nuova struttura di esperienza e antico, nello stesso tempo, perché la nuova esperienza si somma alle esperienze precedenti).

Come Pagani Politeisti riconosciamo la definizione "sete" come capace di definire la tensione del sapere e della conoscenza che ci spinge, ma la sete è manifestazione della Coscienza di Sé e noi, come Esseri della Natura, diventiamo assetati quando lo spermatozoo entra nell'ovulo. In quel momento un possibile noi è in formazione; in quel momento si manifesta la sete come necessità di espansione. La qualità di quella sete si modifica a mano a mano che si modifica la nostra capacità di percepire e il mondo e il mondo che percepiamo si svela a noi fenomeno dopo fenomeno, ma riconosciamo la sete di conoscenza quale manifestazione dell'espansione dell'individuo come manifestazione divina dell'individuo nel mondo in cui vive. Ciò che non coincide con il sistema causale Buddista e il sistema del Paganesimo Politeista è il preludio a sete: sensazione!

Infatti, per un Pagano Politeista, è l'INTUIRE! Intuire l'esistenza dell'oggetto che può placare la sete, ma l'intuizione dell'oggetto non presuppone la sete che è espressione del soggetto, ma presuppone il dissetarsi. La necessità di riempire sé stessi con quanto placa la sete. La sete è la sensazione del soggetto che si manifesta. Se il sistema Buddista afferma che è necessario eliminare la sensazione. Afferma nel MAHANIDANASUTTANTA: "... cioè la sensazione attraverso il contatto, la sensazione attraverso il contatto dell'orecchio, la sensazione attraverso il contatto del naso, la sensazione attraverso il contato della lingua, la sensazione attraverso il contatto del corpo, la sensazione attraverso il contatto della mente, se completamente, vi fosse il cessare della sensazione, con la distruzione della sensazione forse che si sperimenterebbe ancora la sete?" Appare evidente che non si sperimenta nulla dove il nulla è un nulla inimmaginabile né esistente e noi non posiamo parlare di quanto non possiamo raggiungere. Quanto non possiamo raggiungere è quanto manca di consapevolezza di sé stesso. Se annientiamo il riconoscimento di noi stessi quali separati dal mondo, noi non percepiremmo nulla del mondo e allora: CHE PARLAMO A FARE? Ad immaginare quanto non ha riscontri col reale sperimentabile, ma solo con la proiezione dell'illusione in quanto non esistono dati per formare l'immaginazione se non come giustificazione di un qualche fallimento?

Coma Pagani Politeisti noi sappiamo che esiste la sete di conoscenza e la sete del sapere che chiede di essere soddisfatta. Noi sappiamo che siamo in possesso di un intuire che ci spinge a riconoscere gli oggetti in grado di soddisfare quella sete, ma sappiamo anche che tale sete e tale intuire va oltre la fisicità del corpo e quanto riconosciamo non è relegato alla fisicità né posso condannare la fisicità soltanto perché la sete che mi spinge verso la conoscenza crea un vortice di tormento al fine di essere soddisfatta.

Le sensazioni mi portano a percepire il mondo attraverso la mia fisicità. Proprio perché ho strumenti fisici attraverso i quali percepisco il mondo posso affermare che, sia pure con una qualità diversa di strumenti sensori, gli DEI percepiscano il mondo esattamente come posso rilevare che l'Essere Feto nella pancia della loro madre è in grado di percepire il mondo. Come Pagani Politeisti distinguiamo la capacità di percepire il mondo dalla capacità di descrivere e comunicare quanto del mondo percepiamo.

Che il Buddismo non prenda in considerazione la vita dell'Essere della Natura come attività di costruzione, ma intenda la vita solo come Potere di Avere e di Possesso lo abbiamo nel seguente passo: "... la sensazione è origine della sete, la sete è origine della ricerca, la ricerca è origine dell'assunzione, l'assunzione è origine del gradimento, il gradimento è origine del desiderio turbante, il desiderio turbante è origine del possesso, il possesso è origine della proprietà, la proprietà è origine dell'avarizia, l'avarizia è origine della tesaurizzazione, a scopo di tesaurizzare è l'armarsi di mazza, l'armarsi di spada, guerra, conquista, litigio, discussione, calunnia, menzogna e più di un elemento torbido non salutare si manifesta." Questa è una sequenza propria del possesso, di chi vive attraverso il possesso, l'appropriazione e la sottomissione. Non è una sequenza di chi vive attraverso il Potere di Essere. Infatti non abbiamo il concetto di lavoro, il concetto di relazione fra l'uomo e il mondo, non abbiamo il concetto di mutua inferenza, non abbiamo il concetto di camminare assieme, non abbiamo il concetto di piacere! Manca tutto ciò che costruisce l'Essere Umano, che disseta la sua sete di conoscenza e il suo desiderio di consapevolezza, che soddisfa i suoi bisogni in quanto necessità di relazione fra l'Essere Umano e il mondo. Tutto si riduce al possesso, all'appropriazione, alla distruzione finalizzata al possesso per il dominio. Dal momento che questa è la sequenza della vita, per il Buddismo esiste soltanto l'annientamento.

Che cosa è origine a sensazione? CONTATTO!

E ancora una volta leggiamo: "... cioè il contatto dell'occhio, il contatto dell'orecchio, il contatto del naso, il contatto della lingua, il contatto del corpo, il contatto della mente ...". Ancora una volta leggiamo come ci sia la fisicità corporea che gioca il suo ruolo. Dove il contatto, che starebbe per relazione fra il soggetto e l'oggetto del contatto, è quanto fa' degenerare e corrompere l'Essere Umano. Questo perché, ogni relazione, per il Buddismo, avviene attraverso il Potere di Avere, il possesso, l'avarizia e il gioco di mazza e spada.

Nel buddismo non esiste un Essere Umano che si muove nell'Essere Natura e quando i Buddisti fanno le loro immagini non costruiscono la visione dell'Essere Leone che sbrana, perché questo è il suo essere Essere Leone, ma vediamo un Essere Leone erbivoro, come se le Coscienze di Sé degli Esseri Vegetali non avessero altrettanto potere, consapevolezza e tensione verso l'infinito dell'Essere Leone o degli Esseri Animali e gli Esseri Vegetali in generale o dell'Essere Umano in particolare.

Il punto centrale è che non è il contatto che corrompe l'Essere Umano (la relazione o la contraddizione), ma come questa si risolve: i mezzi che usiamo per soddisfare i nostri bisogni, la direzione che imponiamo loro. L'Intento per cui li usiamo. Io posso venerare un Essere Umano Femminile, amarlo, o stuprarlo! Il primo è rappresentazione del Potere di Essere, il secondo è rappresentazione del Potere di Avere! Le donne incontrate dal principe nel boschetto che lanciano sguardi languidi sono già oggetti posseduti dal principe.

Non hanno scelto di essere nel boschetto, sono costrette dal considerare sé stesse oggetti di possesso. Pertanto, nel boschetto, Buddha può possederle o non possederle, in quanto sono costrette dall'essere oggetto di possesso. Che Buddha le possieda o non le possieda non modifica il loro stato di oggetti di possesso. Un oggetto è posseduto nella misura in cui considera sé stesso dipendente da qualcuno, al di là dell'uso che quel qualcuno ne fa o ne può fare. Esistono molte persone che considerano sé stesse oggetto di possesso da un qualche padrone e si lamentano perché il padrone non le tratta bene visto che loro si ritengono oggetti del padrone! Ciò che non può assolutamente fare Buddha nel boschetto è AMARLE! Esse non sono libere di scegliere, ma sono oggetti posseduti e in quegli oggetti posseduti Buddha manifesta il suo potere. Ma non manifesta sé stesso davanti ad una persona libera di scegliere; manifesta sé stesso davanti a delle schiave! Pertanto quelle donne sono oggetti di possesso che lui si rifiuta di usare, ma sono sempre oggetti di possesso, sia che lui le usi o non le usi: in pratica sono state addestrate ad essere stuprate! Non esiste, in quel boschetto, il gusto del piacere per il piacere! In quel caso il contatto è il contatto del possessore e la rinuncia all'esercizio del possesso è visto in questo caso come la rinuncia al contatto. In realtà il problema sta a monte, sta nel modo in cui noi concepiamo la vita!

Qual è, per i Buddisti, il presupposto a Contatto? Nome e forma!

Questa considerazione ci conferma quanto siamo andati dicendo. Tutto quanto procede nel sentiero della ragione, della forma e questo sentiero ha un solo movimento: quello del Potere di Avere! La struttura culturale e sociale nella quale nasce il Buddismo è in realtà la vera guida di sviluppo del Buddismo stesso. Dal momento che non esiste alternativa al mondo della forma e del nome, cioè della ragione, non esiste alternativa che praticare la propria vita attraverso il POTERE che deriva dal possesso! Dove per possesso non si intende soltanto la proprietà di oggetti alla quale ci si sottrae, ma il possesso degli individui che obbedienti e ossequienti riconoscono al loro possessore il diritto di possederli. Non esiste travolgimento nella capacità di possesso. Non esiste ribaltamento dei ruoli o dei valori, in quanto questo sarebbe manifestazione di violenza. Non esiste la possibilità che il posseduto diventi possessore e il possessore posseduto! Esiste, per il Buddismo, soltanto la POSSIBILITA' DI SOTTRARSI DALL'ESERCIZIO DEL POSSESSO che consentirebbe di interrompere la rinascita all'interno della natura ed evitare il dolore, la vecchiaia e la morte proprie dell'esistenza nella Natura. Dove, la manifestazione del POTERE dell'individuo, al quale il Buddista si sottrae, si manifesta praticando, fra i suoi posseduti, dolore e morte qualora non ne riconoscano il diritto di possederli. A chi pratica la via Buddista altro non rimane che sottrarsi a tutto questo perché se entra nel gioco o nella competizione ritorna nel nome e nella forma attraverso le successive rinascite e rientra nel circuito del dolore dato dalla vecchiaia e dalla morte.

Il nome e forma è il mondo della ragione nel quale il nuovo nato entra. Entrando nel mondo della ragione non ha altra possibilità che la via del dolore, vecchiaia e morte. Il nuovo nato possiede un corpo, non è un corpo! Il nome e la forma vengono assunti all'atto della nascita. Il nome e la forma gli viene data dai genitori, ma egli è diverso dai genitori, egli è un'entità preesistente ai suoi genitori egli è VINNANA!

Il padre e la madre danno il "materiale" per formare il corpo, ma l'individuo è VINNANA, magari con tutte le modificazioni delle vite precedenti, ma è l'individuo che entra in un corpo e che dell'individuo, quel corpo è uno strumento di cui si serve. I sensi del corpo, i bisogni, i desideri del corpo e della mente condizionerebbero VINNANA che per riuscire a rompere la reincarnazione in un altro corpo e in un'altra mente si deve distaccare dai bisogni espressi dal corpo e dalla mente. Corpo e mente che vivendo in un Sistema Sociale che fa' del possesso e dell'appropriazione, pertanto della violenza, elemento con cui soddisfare i propri bisogni e i propri desideri porterebbe il VINNANA a non ottemperare il distacco, ma a fare una serie di azioni che ne imporrebbero un ritorno nel corpo e pertanto il rinnovamento del ciclo del dolore dato dalla vecchiaia e dalla morte!

Ciò che noi dobbiamo considerare, per comprendere l'intero pensiero Buddista, è che l'individuo è cosa diversa dal suo corpo e sua mente, mentre il corpo e la mente tendono a condizionare e sottomettere l'individuo. L'individuo si libera del corpo e della mente annientando i desideri e le sensazioni del corpo e della mente e tentando di separarsi da essi. Il problema che si pone è che quando il Buddista intende formare il distacco e dall'astenersi dal "non dato" non si pone il problema come quello che lui riceve come "dono" sia stato prodotto o sia venuto in possesso di chi glielo dona. In pratica, se il Buddista separa sé stesso dall'insieme sociale accettando solo il dono, non si pone il problema di quante lacrime e sangue è costata agli Esseri Umani la cosa che il suo donatore ha conquistato e che, magnanimo, gli dona! In pratica non si pone il problema sull'origine del dono come non si pone il problema che se, ipoteticamente, tutti vivono del dono nessuno è in grado di donare!

Nei vangeli ufficiali è scritto, cito a memoria, "di cosa vi preoccupate? I corvi non lavorano eppure mio padre li nutre e se veste così bene i gigli e l'erba dei campi, tanto meglio vestirà voi! Non preoccupatevi di cosa mangerete o di che cosa vestirete, lasciate queste preoccupazioni ai Pagani (loro arano, seminano, si preoccupano del futuro)" Se il pazzo di Nazareth ha una ragione precisa per fare quelle affermazioni, la fine del mondo è vicina, è in quella generazione, e lui sta venendo con grande potenza sulle nubi alla destra di suo padre con le stelle che cadono sulla terra, nel Buddismo sembra quasi l'accettazione dell'impossibilità al cambiamento, una rassegnazione, alla quale non resta che sottrarsi rinunciando ai bisogni e ai desideri. Mentre il pazzo di Nazareth vuole soggiogare le persone alla miseria legandole all'attesa, nel Buddismo c'è più un senso di rassegnazione attiva che l'individuo impone a sé stesso attraverso la rinuncia ai bisogni, ai desideri, alle sensazioni e al contatto.

Nel Paganesimo Politeista il corpo e la mente con i bisogni e i desideri non sono cosa diversa dall'individuo. Non c'è l'arrivo di un individuo dentro un corpo e una mente, ma è proprio il corpo e la mente che formano l'individuo. L'individuo non ha un'anima o un'esistenza che precede il suo corpo fisico, ma è il venir in essere il suo corpo fisico che costruisce le condizioni per cui una parte dell'Energia Vitale inconscia diventa cosciente. Tutto il percorso della vita dell'individuo altro non è che un processo di sviluppo di quanto prese coscienza nel momento stesso in cui spermatozoo e ovulo cessarono di esistere in quanto tali e l'individuo obbedendo alla forza di NECESSITA', che ne ha messo in moto il meccanismo, esprime la sua volontà d'esistenza e di dilatazione nell'oggettività nella quale viviamo. Nel Paganesimo Politeista gli Esseri della Natura esprimo la propria Coscienza (se vogliamo usare un altro termine, diciamo che esprimono: ciò che essi sono) nel momento stesso in cui diventano corpo fisico e la loro Coscienza NON PRECEDE IL CORPO! La Coscienza è propria di quel corpo e la sua ricchezza, la sua variazione, la sua costruzione dipende dall'attività di QUEL corpo come capacità d'uso degli strumenti che l'Essere Natura ha messo a disposizione e la Specie ha selezionato nel corso di milioni di anni! Non esistono "vite precedenti" in nessuna forma che hanno costruito quello che sono per entrare in questo corpo, non esiste un "dio creatore" o "una volontà di un Uno o di qualcuno" che abbia posto le basi perché io sia quello che sono indipendentemente da quanto vivo nel corpo. Che poi il mio nome e forma, la mia ragione, abbia selezionato i fenomeni del mondo, abbia limitato le mie esperienze, si sia ritagliata un piccolo spazio nell'immenso per costruirsi, questo è un altro discorso. Il Paganesimo riconosce l'immenso dello sconosciuto che ci circonda sia sotto forma di spazio, sia nei mutamenti, sia nell'inconoscibilità in quanto non abbiamo gli strumenti per conoscere.

Per questo motivo nel Paganesimo Politeista non neghiamo il corpo o la mente (al di là di quello che si vuole intendere per mente separata dal corpo) perché è proprio attraverso questi strumenti che noi costruiamo noi stessi. Esistono delle fasi nella crescita dove un aspetto è privilegiato ad un altro, ma tutti coesistono e si costruiscono contemporaneamente e sono legati l'uno all'altro sicché l'uno non può esistere senza lo sviluppo dell'altro! Come Pagani Politeisti accettiamo il fatto che la soddisfazione dei bisogni attraverso il possesso di individui ci impedisce di costruirci, per questo motivo neghiamo il possesso nei limiti socialmente possibili. Quello che noi diciamo è che un minestrone me lo posso fare io o posso possedere una persona che me lo faccia. Ogni volta che io faccio un minestrone acquisisco esperienza e modifico me stesso, se possiedo una persona tutta la mia esperienza va nella direzione di garantirmi il possesso di quella persona, ma non modifico me stesso, non mi dilato, piuttosto tendo a rattrappirmi nell'incapacità: quella persona ara il campo, mentre io mi attrezzo per derubarla! Quella persona dilata sé stessa, io ricorro alla violenza per sottrargli la sua energia e la sua consapevolezza e appropriarmene per soddisfare i miei bisogni. L'azione di possesso impedisce la mia attività finalizzata a soddisfare i miei bisogni e pertanto mi devo sottrarre, nei limiti possibili, dal possesso per SVILUPPARE ME STESSO (LA MIA CAPACITA', LA MIA CONOSCENZA, IL MIO SAPERE, LA MIA INTELLIGENZA, LA MIA STRATEGIA) al fine di soddisfare i miei bisogni. Come Pagano Politeista non posso negare i bisogni, posso indicare la direzione che devo intraprendere affinché la ricerca della soddisfazione del bisogno mi costruisca anziché distruggermi! Come Pagano Politeista posso contrapporre il POTERE DI ESSERE al POTERE DI AVERE! Posso scegliere come risolvere i miei bisogni, come risolvere le mie tensioni, come risolvere i miei desideri e dalla direzione che prende la direzione della soluzione posso costruire il DIO che cresce dentro di me o posso distruggere la mia possibilità. Ma la distruzione della mia possibilità d'esistenza, l'opportunità di eternità che l'Essere Natura ha forgiato per me, posso distruggerla anche negando gli strumenti che l'Essere Natura mi ha messo a disposizione per costruire la mia crescita.

Di questo ne parliamo prendendo dal JANAVASABHASUTTANTA (lo spirito di Janavasabha) LE QUATTRO BASI DEI POTERI!

(tutti i testi usati per il commento sono presi da Aforismi e discorsi del Buddha a cura di Mario Piantelli ed. TEA su licenza UTET)

(data file del 16 aprile 2002)

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell’Anticristo

P.le Parmesan, 8

30175 – Marghera Venezia

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

Il termine paganesimo

Troppo spesso il termine Paganesimo viene usato nel significato che gli danno i cristiani. Tutti i non cristiani sono "pagani" e questo è fonte di molta confuzione. I Wicca sono costruiti da Gardner sulle superstizioni cristiane alle quali Gardner attribuisce un "potere magico". Da qui l'uso dei tarocchi, dell'astrologia, delle rune, che secondo i wicca predicono un futuro determinato dalla volontà del loro dio o della loro dea. Proclamano i principi di un "Rede" che ha l'origine in un "padre" della chiesa cattolica (Agostino d'Ippona) e manifestano principi morali cristiani. La Religione Pagana non è più disposta a tollerare questo tipo di fraintendimenti.