Il libro, Gesù di Nazareth: l'infamia umana, contiene l'analisi ideologica di Gesù
Cod. ISBN 9788893322034
Vai all'ideologia del sottomettere nel Vangelo di Giovanni
Fino ad ora, nei vangeli, Gesù è un falegname figlio di falegnami a cui gli astanti non gli riconoscono nessuna autorità in campo teologico o filosofico.
Il vangelo di Giovanni vuole superare questa condizione e affiancare la figura di Gesù rendendola più affine immagini con cui la Grecia descrive i propri filosofi.
Tenta di far credere che Gerusalemme abbia la stessa dignità culturale di Atene.
La figura del "profeta" o del Gesù "gran sacerdote" o "rabbino" da equiparare alla leggenda di Socrate, ebbe molta fortuna in campo letterario dando il via a molte fantasie su un Gesù dotto che non trovano riscontro nei vangeli.
Per quanto Giovanni tenti di dare un nuovo volto o una nuova forma a Gesù, continua a riprodurre il suo delirio di onnipotenza con cui vuole sottomettere gli uomini alla sua persona.
Scrive il vangelo di Giovanni:
1) Si celebrava allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno e Gesù passeggiava nel Tempio, sotto il portico di Salomone. I Giudei lo circondarono e gli dissero: "Fino a quando ci terrai con l'animo sospeso? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente". Rispose loro Gesù: "Ve l'ho detto, ma non credete; le opere che faccio in nome del Padre mio, queste mi rendono testimonianza, tuttavia voi non credete, perché non siete delle pecore mie. Le mie pecore ascoltano la mia voce: io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna ed esse non periranno mai, e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è il più grande di tutti, e nessuno può rapirle di mano al Padre mio. Io e il Padre siamo uno".
2) Di nuovo i Giudei dettero di piglio alle pietre per lapidarlo. Ma Gesù disse loro: "Molte buone opere vi mostrai, per virtù del Padre mio: per quale di queste opere mi lapidate?". Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per nessuna opera buona, ma per una bestemmia, perché tu, che sei uomo, ti fai Dio". Replicò loro Gesù: "Non è scritto nella vostra legge: "Io dissi: Voi siete dèi"? Se chiama dèi quelli ai quali fu rivolta la parola di Dio, -e la scrittura non può essere annullata, - a colui che il Padre ha consacrato e mandato per il mondo, voi dite che bestemmia, perché ho detto: "Sono figlio di Dio"? Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le faccio, anche se non volete credere a me, credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in me ed io nel Padre". Tentarono perciò nuovamente di prenderlo, ma egli sfuggì loro di mano.
3) Se ne andò di nuovo oltre il Giordano, nel luogo dove Giovanni aveva battezzato, e ci si fermò. Or, molti andavano a lui e dicevano: "Giovanni, certo, non fece alcun miracolo, ma tutto quello che disse di costui è vero". E lì molti credettero in lui.
Vangelo di Giovanni 10, 22 - 42
Anche in questo capitolo prosegue quanto dice Giovanni nei capitoli precedenti. La novità sta nel fatto che Giovanni colloca Gesù all'interno di quella che, secondo il suo dire, è l'élite intellettuale del suo tempo. Non è un falegname che pretende di togliere il posto di lavoro ad un rabbino. Gesù viene descritto come un individuo importante, uno che insegna a Gerusalemme, al tempio. Come Platone che insegna all'Accademia o Aristotele che insegna nel peripatio
Giovanni, costruendo questa immagine cerca di uscire dalla condizione del figlio del falegname e inserire Gesù fra coloro che hanno diritti di casta "sacerdotale". Giovanni vuol far credere che nella società di Gerusalemme gli era riconosciuto un ruolo importante. Anticamente gli insegnanti erano riconosciuti dallo stato romano o dal reggente della città. Soltanto quelli importanti avevano diritto ad insegnare nei luoghi pubblici come il palazzo del comune o il tempio o il luogo centrale della vita politica di quella città. Gli insegnanti che non erano ritenuti importanti, o che erano all'inizio della carriera, insegnavano nelle case private, magari mettendo a disposizione degli allievi una stanza della loro casa. O insegnavano per strada. Il Gesù di Giovanni non è il Gesù del gruppo ristretto di Matteo, né il pazzo di Marco. Il Gesù di Giovanni è un maestro importante che insegna al tempio. Ha insegnato, ha profetizzato ed ora sta passeggiando, quasi per tentare di mettere a riposo l'animo sotto il portico di Salomone. Sembra di vederlo: quasi fosse Aristotele che passeggiava nel peripatio dell'Accademia.
Questo è l'intento di Giovanni. Questa è l'impressione che Giovanni vuole fissare nel lettore. E' un aspetto strano! Nessuno parlava con Gesù, nessuno è presente al dialogo, Giovanni non dice perché lui era là. Perché? Perché il lettore possa immaginare! Perché il lettore possa lavorare di fantasia! Perché il lettore, identificandosi con Gesù, possa pensare alle nobili azioni e ai nobili motivi perché il suo amato Gesù stesse camminando sotto il portico di Salomone.
In quel momento il lettore si sente avvolto dalla rabbia. La rabbia nei confronti dei perfidi Giudei che non gli permettono nemmeno di passeggiare in pace sotto il portico di Salomone. Quale perfidia! Il lettore si sente avvolto dalla rabbia perché i Giudei sono pronti ad affrontare il buon Gesù e a porgli delle domande tranello. Quanto sono perfidi questi Giudei! Come fece bene Recaredo a strappare loro i figli facendoli diventare schiavi di famiglie cristiane. Come fecero bene i crociati a saccheggiare e a costringere alla miseria materiale questi individui che facevano della miseria morale la loro dote! Come fece bene Maometto a distruggerne le città!
Il buon Gesù passeggia e questi perfidi gli tengono una trappola. E che trappola! Non aveva detto forse in molte altre occasioni che egli era il figlio del dio padrone e padrone lui stesso? Perché questi perfidi Giudei continuavano ad importunarlo invece di prostrarsi in ginocchio davanti a lui come lui voleva? Ora, questi boriosi di Giudei, affermano che lui li tiene in sospeso. Perché, invece, non si mettono in ginocchio e non credono in lui? Quante domande ha instillato nel lettore Giovanni! Tu lettore sii più furbo dei Giudei! Tu sottomettiti a me e non chiedere ancora quanto già ti dissi!
"Vi ho già detto che sono il vostro padrone, il cristo, ma voi non volete mettervi in ginocchio davanti a me!" "Se le parole che vi dico non vi bastano guardate le mie opere! Guardate quanto sono bravo! Potrei essere così bravo se non fossi un dio?" Voi, dice Gesù, siete sempre qui a rompermi la scatole con domande che io ritengo inutili perché non siete bestiame del mio gregge. Voi non siete sufficientemente sottomessi. Non siete sufficientemente pecore del mio gregge. Se voi foste completamente sottomessi a me ascolterete la mia voce. Correreste là dove io vi dico di correre. Vi gettereste nel burrone che io vi indico. Non chiedereste perché o percome, ma agireste seguendo la mia parola solo per il fatto che è la mia parola. Se voi foste le mie pecore riconoscereste il legame di dipendenza che vi lega a me e senza il quale non potete più vivere.
Cosa afferma di dare al suo bestiame Gesù? Al suo bestiame afferma di dargli la vita eterna. Ammesso che questo fosse vero, il suo bestiame avrebbe la vita eterna in quanto bestiame, non in quanto Esseri Umani che determinano sé stessi!
Determinare sé stessi! Questa è la forza che il pazzo profeta descritto da Giovanni teme. La capacità di determinare sé stessi attraverso l'uso della volontà soggettiva non strapperà le pecore che mi ha dato il dio padrone, mio padre, dalla mia mano. Il dio padrone, mio padre, me le ha date strappando loro la volontà e la determinazione soggettiva. Nessuno può rapirle dalla mia mano ridando loro la volontà e la determinazione che il dio padrone, mio padre, ha strappato loro.
Io e il dio padrone, mio padre, siamo uno. Lavoriamo insieme per impedire agli Esseri Umani di costruire la loro soggettività proiettandola nell'infinito dei mutamenti. Quello che mi dà mio padre io lo coltivo affinché egli sia contento di quello che faccio: la distruzione del divenire umano!
Nella seconda parte di questo capitolo viene identificata una delle cose che Giovanni sta tentando di distruggere: la capacità degli Esseri Umani di farsi Dèi. Solo che, mentre nella pratica gnostica e nelle religioni misteriche questa capacità era un elemento comune e normale di trasformazione soggettiva dei singoli individui, in Giovanni diventa la prerogativa per cui il suo profeta Gesù giustifica la sua azione di appropriazione e sottomissione degli Esseri Umani.
Anche in questo capitolo dobbiamo tener presente dove Giovanni vuol fissare l'attenzione del lettore per poterlo distrarre dalle sue intenzioni di sottomissione e distruzione.
Questi malvagi Giudei prendono le pietre e tentano di colpire Gesù. Gesù chiede loro perché, nonostante, secondo lui abbia fatto molte opere buone. Perché loro lo vogliono colpire? Chiede per quale opera buona che ha fatto loro vogliono punirlo così duramente.
La palla batte la sponda e .... poi va in buca. Cos'è la buca? La guerra contro il paganesimo misterico o, se vogliamo più in generale, gli gnostici. Che cos'è la sponda? Coloro che, non contando, possono essere indicati a disprezzo: i Giudei!
Per cosa i Giudei vogliono lapidarlo? Perché egli dice di essere un dio mentre, invece, è solo un uomo! Cosa ribatte Gesù: "Chiama Dèi quelli cui fu rivolta la parola di dio".
Mentre nelle religioni misteriche e nel Paganesimo il termine Dèi va riferito a chi sviluppa il proprio Potere di Essere modificando e perfezionando sé stesso nell'infinito dei mutamenti; nel cristianesimo l'uso del termine "io sono un dio" magari "io sono figlio di dio" non viene riferito al Potere di Essere bensì al Potere di Avere di un individuo che imita l'onnipotenza del dio padrone facendo del male a chi non si può difendere. Qual è la differenza? Che se io affermo, come fanno i Pagani Politeisti, "Io sono un dio" lo affermo per affrontare l'universo nel quale intendo costruirmi e modificarmi. Se io affermo, come fanno gli individui delle religioni rivelate quando si ritengono padroni di private rivelazioni, "Io sono un dio" o peggio "Io sono figlio di dio; Io sono inviato del dio", viene manifestata l'intenzione di sottomettere gli altri Esseri Umani alla propria persona. Ci si propone per essere padroni degli Esseri Umani.
L'esempio che usa Giovanni, che si crede furbo, è un'INFAMIA!
E' il suo tentativo di screditare gli Esseri Umani che, modificando sé stessi per affrontare lo sconosciuto che li circonda, nutrono un assoluto disprezzo per chi, come il Gesù di Giovanni, incapace di affrontare il sapere e la conoscenza deve chiedere agli Esseri Umani di inginocchiarsi per soddisfare sé stesso.
Non il dio padrone degli Esseri Umani rivolge la parola, ma gli Esseri Umani compattando sé stessi con una bestemmia di imprecazione nei confronti dell'inganno dell'esistenza serrano i pugni e digrignano i denti per costruire loro stessi nell'infinito dei mutamenti. Questi sono gli Dèi umani! Questi non saranno mai pecore di un gregge! Chiunque pretenda di essere il loro pastore!
Continua il tentativo di Giovanni di spacciare Gesù come figlio del dio padrone e padrone egli stesso. Che ne è degli Dèi? Nulla! Perché era un discorso strumentale per ribattere a Tomaso Didimo che scriveva:
"Dove ci sono tre Dèi, ci sono tre Dèi! Dove c'è un dio o dove ci sono due Dèi io mi unirò a loro"
Vangelo di Giuda Tommaso Didimo.
Il Gesù di Giovanni è l'unico dio possibile in quanto figlio del dio padrone. Cosa vuoi che gli interessino gli Dèi. A Gesù interessano soltanto le pecore che ascoltano la sua parola. A lui interessa soltanto sottomettere gli Esseri Umani che ascoltano quanto ha da dire. Peccato che non dica nulla, ma che continui ad imporre sottomissione a quanto ha da dire. Dicesse almeno qualche cosa! Si potrebbe discutere. Ma non dice nulla: afferma in un continuo delirio. Chiede sottomissione a cose che non dice. La sottomissione a cose che non dice la premia con la promessa della vita eterna. Peccato che gli Esseri Umani, che si sottomettono, perdono in realtà la loro possibilità di eternità in quanto distruggono le loro possibilità di costruire sé stessi nell'infinito dei mutamenti.
"Io sono il figlio di dio" dice il Gesù di Giovanni! Infatti pretendo sottomissione da voi e, chiedendo sottomissione, faccio le opere del dio mio padre. In quest'opera di richiesta e di sottomissione mi identifico col dio mio padrone e perciò sono dio pur io. "Il padre è in me e io nel padre"!
Il tentativo di Giovanni di sminuire il suo avversario che stava attraendo i cristiani consapevoli che la promessa della fine dei tempi, della resurrezione della carne e della venuta del pazzo sopra le nuvole era fallita; viene consacrata e diventa vincente solo attraverso i ferri roventi e le stragi della chiesa cattolica.
La terza parte è la consolazione della sconfitta nella descrizione di Giovanni presso i Giudei. Certo, per Giovanni, i Giudei lo hanno scacciato. Non erano però i Giudei l'obiettivo della denigrazione in questo racconto. Erano i Pagani e la loro ricerca di costruirsi per farsi dio. Quella ricerca della costruzione soggettiva ossessiona Giovanni. E' il suo nemico. Se gli Esseri Umani si costruiscono non hanno più bisogno di un dio padrone. Non hanno più bisogno del pastore che li conduca al macello. Possono costruirsi e mandare a quel paese i suoi tentativi e del Gesù di cui parla di ridurli in schiavi pronti ad essere sacrificati.
La conclusione del capitolo è il sollievo del lettore. Il lettore non immagina nemmeno quale sia la posta in gioco. Il lettore non immagina che il vero soggetto che sta finendo al macello è egli stesso. Ecco, si rallegra. Altre persone, altri Giudei, riconoscono nell'individuo descritto in Giovanni il figlio del dio padrone e padrone egli stesso. Altre persone gli riconoscono il diritto a sottomettere Esseri Umani. Altre persone gli riconoscono il diritto di guidare il proprio gregge per condurlo al macello della vita mentre speranzoso, il gregge, anela alla vita eterna.
Il testimone, Giovanni Battista, non ha fatto miracoli. Non era come lui il figlio del dio padrone e padrone degli Esseri Umani esso stesso. Però ha detto il vero. Ecco, con quest'ultima frase, il lettore annuire. Ecco, con quell'annuire, il lettore che ha rinunciato alla propria capacità critica avviarsi, con tutto il gregge di cui è parte, lungo la via del macello.
Non abbia timori quel lettore. Tanto più fedelmente saprà seguire la via che lo conduce al macello tanto più amorevolmente sarà trattato dal suo padrone. Tanto più si allontanerà dalla strada che conduce al macello, pretendendo di prendere nelle proprie mani la propria vita, chiamare le cose col loro vero nome, usare la propria volontà e le proprie determinazioni e tanto più i conduttori di greggi sapranno bastonarlo e storpiarlo con i ferri roventi.
"E lì molti credettero in lui." Molte uova di storione anelavano a proseguire nella loro sequenza dei mutamenti diventando storione e invece furono soltanto pasto di pesci e di situazioni rapaci.
Con questo brano Giovanni tenta di cambiare la forma in cui presenta Gesù, ma mantiene inalterato il delirio farneticante con cui Gesù pretende la sottomissione degli uomini alla sua persona.
Non esiste futuro distruggendo la propria esistenza sottomettendosi ad un padrone.
Marghera, 23 luglio 2001
Modificato per la pubblicazione il 19 novembre 2015
NOTA: Le citazioni dei vangeli sono tratte dalla bibbia delle edizioni Paoline 1968
L'odio di Gesù, continua in questa pagina.
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Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Aggressione di cristiani alle statue pagane 2015 |
Il cristianesimo è un modo per distruggere il divenire degli uomini. Per capire la strategia di distruzione dell'uomo del cristianesimo è necessario leggere i vangeli e interpretarli alla luce dell'uomo ridotto in schiavo obbediente, oggetto di possesso e privato della propria capacità di vivere e abitare il mondo in nome del dio cristiano che altri non è che il Macellaio di Sodoma e Gomorra, il criminale che ha distrutto l'umanità e la Natura col Diluvio Universale e che ordina il genocidio dei popoli per favorire i criminali del Popolo Eletto.