2) EMPATIA E RELAZIONI SOCIALI
Di Claudio Simeoni
EMPATIA E CAPACITA’ EXTRASENSORIALI!
Cod. ISBN 9788891185822
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Percezione
Sulla formazione della
percezione
e la selezione
dei fenomeni percepiti
L’inizio
della vita fetale è fondato sulla percezione costruita mediante la relazione
empatica. L’empatia si trasferisce sul tatto e si esprime nella vita sessuale.
Ma la vita sessuale non è soltanto l’atto sessuale, ma un insieme di relazioni
delle quali, l’atto sessuale, è un aspetto. L’empatia è la capacità del
soggetto di interagire in maniera diretta con il mondo in cui vive. L’empatia,
quando si trasferisce nei sensi come oggi sono divenuti nella specie umana,
continua ad essere un senso di relazione fra sé e il mondo in cui si vive.
L’empatia
continua ad essere un senso di relazione profonda fra l’individuo e il mondo in
cui vive. La relazione empatica fra il feto e la madre è un’azione di mutua
interferenza. Una relazione di mutua interferenza nella quale il feto è
disposto a distruggere la madre pur di assicurarsi la sopravvivenza.
Cosa
fa stare tranquillo il feto? Il fatto che la madre non metta in atto nei suoi
confronti delle azioni ostili. Quando la madre non mette in atto, nei confronti
del feto, delle azioni ostili il feto vive la propria esistenza interferendo
molto poco nella struttura psico-emotiva della madre. Tanto più il feto vive
delle tensioni che interpreta come pericolo nella pancia della madre e maggiori
sono le sensazioni che trasmette, mediante la propria struttura empatica, alla
madre. Al punto tale che la madre, spesso, vive situazioni conflittuali di odio
nei confronti del nuovo nato. Situazioni di odio che sono maggiormente
avvertibili nei paesi occidentali in cui la madre, liberata almeno in parte dal
lavoro e da molte condizioni sociali coinvolgenti, può spostare con più
frequenza la propria attenzione sul feto. E il feto ha maggiori possibilità di
agire sulla struttura psico-emotiva della madre.
Difficilmente
si instaura una collaborazione empatica fra la madre e il feto. Anche quando
alla madre è assicurata una gestazione tranquilla il feto esprime nella madre
le sue tensioni espansive.
La
collaborazione con gli altri è un esempio di empatia applicata alla vita
sociale.
Si
tratta di mettere in moto la relazione fra soggetto e insieme di soggetti in
cui è compreso. Quando l’insieme produce una situazione favorevole allo
sviluppo del soggetto il soggetto agisce nell’insieme per svilupparlo senza
entrare in conflitto con l’insieme stesso.
Un
esempio lo troviamo in questo esperimento, anche se il commento del giornalista
contiene un errore in quanto l’esperimento ha evidenziato delle caratteristiche
perché nell’esperimento erano coinvolte delle donne. Se fossero stati coinvolti
solo uomini gli esiti collaborativi sarebbero stati diversi.
Articolo di Natalie Angier
“La bontà? Un vero piacere sta scritto nel cervello
“Siamo nati per collaborare con gli altri”
I ricercatori della Emory University di Atlanta hanno disegnato con la risonanza magnetica il primo ritratto “neurale” dei buoni sentimenti.
Che cosa fa bene come il cioccolato quando si scioglie in bocca o il denaro al sicuro in banca? In questi tempi di contagiosa avarizia e di sciabole sguainate, gli scienziati hanno scoperto che il semplice coraggioso atto di collaborare con qualcuno, o di preferire la fiducia al cinismo e la generosità all’egoismo, accende nel cervello un sentimento di gioia. Studiando l’attività neuronale di 36 giovani donne – anche se con gli uomini si sarebbero ottenuti gli stessi risultati – alle prese col “dilemma del prigioniero” (gioco di laboratorio nel quale i partecipanti devono scegliere fra differenti strategie di cooperazione o di avidità come raggiungere il loro guadagno), i ricercatori hanno scoperto che quando le donne preferivano la collaborazione all’interesse personale i loro circuiti mentali si riempivano di gioia e di piacere. I ricercatori, alla Emory University di Atlanta, hanno utilizzato la risonanza magnetica per osservare quello che potrebbe essere definito il primo ritratto della bontà sul cervello. I segnali più forti, infatti, sono stati registrati in presenza di alleanze e mutua collaborazione, e nelle medesime aree cerebrali che rispondono positivamente ai dolci, a un bel viso, alla cocaina, e ad un indefinito numero di piaceri leciti ed illeciti. “E’ confortante. Questa scoperta – ha dichiarato lo psichiatra autore dell’esperimento, Gregory Berns – conferma che siamo programmati per collaborare gli uni con gli altri”.
Lo studio, tra i primi ad impiegare la tecnologia della risonanza magnetica, dimostra che la profondità e l’ampiezza dell’altruismo umano, la volontà a rinunciare al tornaconto personale a vantaggio del bene comune superando di gran lunga i comportamenti studiati in altre specie molto socializzate come gli scimpanzé e i delfini. A differenza dei test che dimostra quanto conti la minaccia della punizione nella cooperazione, le nuove scoperte provano che le persone collaborano perché così facendo si sentono meglio. Analizzando lo scanner delle risonanze si è notato come nelle giocatrici “collaborative” si attivavano due vaste aree del cervello ricche di neuroni reattivi alla dopamina, la sostanza chimica che regola la dipendenza. La prima di queste due aree è lo stato antero-ventrale, nella zona centrale del cervello, sopra al midollo spinale. L’altra è la corteccia orbito-frontale, proprio sopra gli occhi.
L’impulso a collaborare è dunque innato negli Esseri Umani e rafforzato dalla piacevole sensazione cerebrale. Ma perché? Per gli antropologi fu lo spirito di squadra e la capacità a collaborare che conferirono ai nostri antenati un vantaggio incalcolabile per la sopravvivenza. (traduzione di Anna Bissanti).”
Ed in
effetti, esperimenti successivi hanno evidenziato come la reazione, all’interno
di situazioni conflittuali, del cervello maschile sia diversa. La capacità
empatica agisce nell’individuo costringendolo a delle scelte strategiche che
vengono prese in quanto l’individuo deve rispondere al: PRINCIPIO DEL PIACERE.
In
questo Epicuro aveva ragione. Il piacere, la ricerca del piacere, la rimozione
del dolore e del dolore psichico in particolare, è la forza che guida le nostre
azioni anche al di là delle nostre scelte razionali. Il principio del piacere è
una forza che indica all’individuo il momento stesso in cui c’è l’equilibrio
fra ciò che spinge dentro di lui e il mondo che lo circonda.
E qui
siamo davanti alla prima forma di intuizione psichica delle relazioni con il
mondo. Ma non si tratta soltanto di principio del piacere applicato alle
strategie d’esistenza, ma si tratta anche di bisogno di giustizia e piacere nel
vedere che chi fa delle ingiustizie viene punito.
Si
tratta di un insieme di forze psichiche che agiscono dentro di noi e che hanno
lo scopo di mantenere l’equilibrio fra ciò che noi siamo e l’insieme in cui
viviamo affinché la nostra azione nell’insieme favorisca il nostro sviluppo. Ed
è la stessa forza psichica che muoveva il feto nella pancia della madre.
Quando
questa tensione degenera si ha attività di accettazione passiva dell’insieme.
Mettere in atto strategie “aggressive” nell’insieme comporta una “fatica”
soggettiva non solo per le azioni, ma anche per far pronte alle reazioni
dell’insieme stesso. Fatica che viene percepita dal soggetto come un “dolore”
che può fermare l’azione dell’individuo soltanto se l’individuo non ha una
visione psichica dell’insieme che provoca la necessità di affrontare quel
“dolore” e la necessità di affrontare le reazioni sociali. Il principio del
piacere è anche la forza che organizza l’individuo per superare il “dolore” che
le contraddizioni della vita gli impongono. E’ una strategia di “specie”.
La
variazione di uno stato sociale in essere deve comportare, per il soggetto che
lo provoca, dolore. Il dolore costringe il soggetto alla riflessione e al
bilancio su ciò che conviene e ciò che non gli conviene affrontare in termini
di “sacrificio del piacere”. Ogni variazione immessa in un insieme consiste nel
provocare dolore all’insieme stesso che si riadatterà nei confronti del dolore
provocato. E’ la stessa strategia messa in atto dal feto nella pancia della
madre.
Il
dolore soggettivo viene limitato quando il feto, crescendo, costruisce degli
equilibri con la madre. Così gli Esseri Umani, in questo esperimento, provano
piacere quando il loro sviluppo avviene in armonia con altri. Quando si creano
delle assonanze e degli equilibri. Il principio di piacere si esprime, ci dice
questa ricerca scientifica, mediante il rilascio di dopamina in aree precise
del cervello che coinvolgono l’intero stato psico-emotivo della persona.
Così
l’individuo affronta il dolore quando, non affrontandolo, non potrebbe
continuare a sviluppare il piacere. “Io vivo nel piacere sviluppandomi in
accordo col mondo che mi circonda, ma quando il mondo che mi circonda
costituisce limitazione al mio sviluppo, ciò provoca dolore!” Se l’individuo ha
una percezione della realtà che supera il dolore, allora affronta la
modificazione della realtà presente, per quanto dolorosa sia tale scelta, per
superare l’ostacolo che limita il suo sviluppo. Per superare il dolore che sta
provando.
Per
fare questo l’individuo deve avere una visione del dopo; o un’intuizione del
dopo. Questo meccanismo della visione del “dopo la situazione di dolore” si può
trasformare anche in “euforia” per la fine del dolore che ostacola lo sviluppo
nel presente. Questa euforia può impadronirsi dell’individuo che si avvia verso
l’autodistruzione pur di garantire, vero o falso che sia, un dopo al proprio
presente.
Per riprendere
l’esempio del gioco dell’esperimento, il giocatore che cessa di collaborare con
altri perché gli accordi non gli garantiscono più il progresso nel gioco (o
nella vita) e gioca spezzando gli equilibri per continuare (o nell’illusione di
continuare) il proprio progresso su nuovi e diversi equilibri.
L’euforia
di spezzare gli equilibri è fatta propria dalla Stregoneria.
Quell’emergere
di Fanete, Eros, dall’uovo primordiale degli Orfici, è l’azione euforica della
Stregoneria. La stessa azione euforica che permette all’Essere Umano femminile
di formare il feto e condurre la gestazione.
C’è un
modo di procedere della vita che consiste nella rottura degli equilibri del
presente per ricostruire gli equilibri in un diverso piano di relazione con il
mondo. Questo procedere è proprio della vita e risponde all’armonia fra le
forze della trasformazione che spingono ogni Essere della Natura e il mondo in
cui tale Essere agisce.
La
scienza può registrare gli equilibri fra il piacere e il dolore; la fisiologia
del dolore, la sua realtà sociale, e la fisiologia del piacere e la sua
rappresentazione nella vita sociale.
LA
CAPACITA’ EXTRASENSORIALE
Si
manifesta come un’abnorme percezione soggettiva del mondo sociale in cui
l’individuo vive. Un grande sensibilità che lo rende preda di ogni fenomeno
sociale che si presenta alla sua attenzione. Il fenomeno afferra immediatamente
le sue emozioni ed egli penetra il fenomeno non per la forma, ma per l’emozione
che porta. L’individuo avrà difficoltà a sottrarsi ad azioni emotive che
vengono rivolte nei suoi confronti e sarà un soggetto facilmente influenzabile
dalla “pubblicità” televisiva o dalla propaganda.
Grande
capacità di comprensione dei flussi emotivi sociali nei quali sarà coinvolto a
meno che non imparerà a disciplinare le sue risposte. Pronto ad accorrere ad
ogni ingiustizia, perché ogni ingiustizia gli accenderà le sue emozioni che poi
la sua ragione trasformerà in idee e soluzioni. Dal punto di vista sociale, chi
manifesta la capacità empatica nei confronti del mondo in cui vive, sarà
facilmente travolto in quanto non viene educato a fare un bilancio economico
fra l’azione che mette in atto data la percezione del fenomeno emotivo e gli
effetti della sua azione.
Solo
l’autodisciplina sarà in grado di preservarlo dall’autodistruzione.
Un’autodisciplina
che questo individuo dovrà applicare non nella percezione emotiva dei fenomeni
del mondo, ma nelle risposte che egli dà a quella percezione.
Penetrare
le emozioni del mondo concede grande Potere di Essere e grande conoscenza, ma
si paga con molto dolore e con molta fatica. Si paga soprattutto con
l’incomprensione in quando si ha la possibilità di agire senza dover descrivere
l’azione attraverso la ragione e le persone, che non hanno la stessa percezione
della qualità dei fenomeni del mondo, trovano quell’agire incomprensibile.
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