FORMAZIONE DELLA PERCEZIONE

NELL’ADOLESCENZA

Di Claudio Simeoni




Cod. ISBN 9788891185822

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Percezione

Sulla formazione della percezione

e la selezione

dei fenomeni percepiti

Di Claudio Simeoni

Quinta Parte

 

Ed è a questo punto che iniziamo ad affrontare l’adolescenza.

Dal nostro punto di vista si considera l’età che va dai primi anni di vita fino a quando la struttura cerebrale raggiunge una certa stabilità attorno ai 25 anni. La moderna ricerca ha provato che il cervello è plastico e che anche nell’età adulta l’individuo, mediante la sua attività, le sue scelte, può continuare a modificarlo. Ma a noi interessa modificare il nostro cervello? No! Però possiamo sapere che le emozioni che proviamo facendo il tifo per un irrazionale o per scelte autolesioniste si alimentano da una forma mentale. Se noi ci sforziamo ad agire in base a impulsi diversi veicoliamo le nostre emozioni in scelte e rappresentazioni più funzionali alla nostra esistenza. In pratica, se noi modifichiamo abbastanza intensamente la nostra forma mentale possiamo modificare anche l’espressione delle nostre emozioni. Noi nuotiamo in un immenso mare di percezione possibile. La nostra storia ci ha portato a percepire il mondo in quel modo, ma le nostre necessità esprimono delle esigenze diverse.

Per riuscire a comprendere da quale immenso mare il soggetto deve separare la sua percezione e la selezione dei fenomeni, consideriamo i risultati di alcune ricerche.

Ad esempio, a differenza di quanto si pensava fino a non molto tempo fa, la trasformazione e la stabilizzazione delle facoltà cerebrali avviene all’incirca all’età di 25 anni.

Questo significa che l’individuo fino a quell’età subisce tutta una serie di trasformazioni neuronali, sinapsiche, di selezione sull’uso delle aree cerebrale e dei sui collegamenti fra la corteccia e la parte interna del cervello. Subisce in massima parte e guida per una piccola parte.

Iniziamo ad introdurre il concetto secondo cui L’INDIVIDUO COSTRUISCE IL PROPRIO CERVELLO!

Date le premesse sviluppate in età fetale e nella prima infanzia, l’individuo procede a costruire la propria percezione selezionando i fenomeni che giungono dal mondo.

A mano a mano che l’individuo cresce, nei suoi processi psico-emotivi di adattamento nel mondo in cui vive interviene, sempre più massicciamente, la sua volontà nelle sue scelte nell’oggettività.

Potremmo dire che la formazione finale della sua struttura cerebrale dipende molto dalle sue scelte, ma quelle scelte vengono compiute seguendo quanto si è sviluppato in età fetale e nella primissima infanzia. Da un lato avremmo l’uso della volontà del soggetto nelle sue scelte, dall’altro lato la sua volontà tenderà, salvo situazioni conflittuali emotive molto violente, a confermare la costruzione della propria capacità di percezione come è venuta formandosi nell’età fetale e nella primissima infanzia.

L’imprinting sessuale, che secondo le ultime ricerche verrebbe imposto dall’ambiente al bambino nel primo anno di vita, verrà svolto in un capitolo specifico.

Se pensiamo all’individuo come un soggetto la cui struttura psico-emotiva è stata imbrigliata da scelte “inconsapevoli” fatte nell’età fetale e nella primissima infanzia, possiamo dire che quell’individuo non sarà mai più in grado di sciogliersi da quelle briglie se non attraverso grandi dolori psico-emotivi che deve mettere in atto contro sé stesso.

 

Da qui viene verificato, dalla scienza, che il completamento della formazione cerebrale giunge a circa 25 anni (salvo la plasticità cerebrale che permette le modificazioni anche in età adulta avanzata compresa la crescita neuronale):

 

Repubblica del

 

“Il cervello diventa adulto a 25 anni”

Una ricerca spiega l’instabilità emotiva: l’organo continua a crescere.

“Il cervello degli adolescenti è un cantiere a cielo aperto. Lungi dall’aver completato la sua formazione, fino a 25 anni d’età, contiene alcune connessioni fra i neuroni poco stabili.

“La rivista Human Brain Mapping aveva pubblicato il 06 febbraio uno studio simile, secondo cui a 18 anni il cervello non ha ancora terminato la sua formazione strutturale. “Significativi occorrono anche dopo tale età.” Sostengono Abigail Baird e Craig Bennett del Dartmouth College. E sempre tramite le tecniche di imaging cerebrale si è scoperto che le turbe emotive degli adolescenti non hanno a che fare solo con gli ormoni. Giedd lo aveva suggerito per primo nel 1998 osservando che fra i quindici e i venti anni la corteccia frontale subiva una riorganizzazione e un rimodellamento, con la perdita di una certa porzione di neuroni.

 

La percezione viene selezionata, ma gli elementi cancellati continuano ad agire sull’individuo, almeno in parte, nella sua parte inconscia. Anche se nella crescita l’individuo sposta la sua attenzione sui fenomeni, dal loro aspetto emotivo all’aspetto puramente verbale-razionale, la comunicazione emotiva continua sia percependo che esponendo le sue emozioni nel mondo. Razionalmente l’individuo crede di ridurre l’importanza che ha per lui la comunicazione emotiva col mondo, ma ne è sempre coinvolto e a questa esposto.

Alcuni esempi si possono trarre, a parte le malattie psicosomatiche, da comportamenti apparentemente illogici:

 

D donna di Repubblica del

 

Neuroscienze – Nuove ricerche indagano sul ruolo dell’inconscio nelle decisioni di ogni giorno: dallo shopping al partner giusto, nelle nostre scelte c’è molto di più di quanto pensiamo. Secondo i neuroscienziati siamo consapevoli solo del 5% della nostra attività cognitiva ed è per questo che la maggior parte delle nostre decisioni, emozioni e azioni, dipende per il 95% dall’attività cerebrale che va al di là della nostra coscienza. (solo primi riassunti dell’articolo)

 

Alla scienza servono indagini molto approfondite, perché quel tipo di comportamenti non rientra nella logica della scienza corrente. Però chi aveva a che fare con gli uomini ha sempre conosciuto la necessità di agire sulle emozioni e sui sentimenti capaci di far vibrare le emozioni intime. Basti pensare alle immagini sacre usate dalla chiesa cattolica o agli inni patriottici che venivano fatti cantare ai soldati. Serve capire quali altri meccanismi concorrono a spingere le scelte dei singoli individui. Scelte estranee, spesso, ad ogni categoria di ragionevolezza.

La ricerca scientifica dimostra come non la ragione sia il motore che spinge le nostre scelte, ma qualche cosa che sfugge alla ragione e che costringe la ragione, in un secondo tempo, a giustificare le nostre scelte.

Nella specializzazione della nostra percezione ci si trova in una situazione piuttosto “strana”.

Rispetto ai fenomeni che arrivano dal mondo solo un’infima parte viene considerata dalla nostra ragione. La maggior parte dei fenomeni, sia degli aspetti del singolo fenomeno che della quantità dei fenomeni che noi fagocitiamo, non vengono compresi dalla nostra coscienza, ma agiscono sulla nostra percezione profonda, antica, dimenticata. Un’altra grande parte di fenomeni viene scartata dalla specializzazione della percezione dei fenomeni che rientrano nella ragione e nella selezione dei fenomeni che viene operata anche dalla nostra parte profonda psico-emotiva.

Piuttosto strana appare la realtà in cui viviamo: non la conosciamo, scartiamo gran parte dei fenomeni che dovrebbero dirci com’è e in essa spesso ci muoviamo come “ciechi” in quanto le nostre azioni sono condotte da interazioni emotive che agiscono nella psiche profonda.

In questa situazione l’individuo sta costruendo la sua struttura cerebrale affinché sia “efficiente” per affrontare al meglio la vita nella società e nella Natura in cui è compreso.

Fonda la sua percezione, seleziona i fenomeni, ma non è in grado di comprendere l’esatta situazione dei fenomeni stessi:

 

La Repubblica

 

“Così il cervello seleziona le informazioni importanti

Roma – E’ proprio vero: quando una cosa ci sembra importante “non vediamo altro”. Il cervello umano sembra dare priorità agli eventi che considera importanti, illudendoci che essi avvengano prima di altri, semplicemente intensificando la percezione. Ciò significa che, sul piano temporale, l’uomo tende a percepire prima gli eventi cui presta maggiore attenzione. E’ la conclusione che emerge da uno studio internazionale condotto dall’Ircss fondazione santa Lucia di Roma in collaborazione col dipartimento di neuroscienze dell’università della California, pubblicato sulla rivista “Nature Neuroscience”. La ricerca ha analizzato un fenomeno percettivo-attenzionale dove due oggetti, presentati simultaneamente, vengono invece percepiti in sequenza poiché l’apparizione dell’oggetto cui si presta maggiormente attenzione è anticipata rispetto a quello a cui se ne presta meno.

 

Questo modo di applicare l’attenzione soggettiva funziona come attività selettiva nei confronti del fenomeni del mondo. Dentro di noi ciò che ci interessa appare per primo, con maggiore energia e con maggiore capacità di coinvolgere le nostre aspettative. Per questo lo fagocitiamo con estrema facilità. L’altro, il fenomeno che abbiamo scartato, viene immediatamente dimenticato.

Una delle maggiori capacità del nostro cervello è quella di “dimenticare”. Se ciò non fosse impazziremmo. Ma non dimentichiamo tutto, selezioniamo. Selezioniamo il percepito che deve funzionare da base per una nuova percezione. Ma il percepito selezionato è quella forza che mette in rilievo il prossimo fenomeno che “vale la pena di percepire e fagocitare” eliminando tutti quei fenomeni che “non vale la pena fagocitare” e, dunque, devono essere dimenticati.

 

La Repubblica

 

“Ora per mezzo di una nuova tecnica, la Fmri, risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno osservato come agiscono i tessuti cerebrali umani quando rimuovono i ricordi, in questo caso abbinamenti di parole, e hanno riportato le loro scoperte nell’ultimo numero della rivista “Scienze”. Nonostante la stupefacente abilità che il cervello ha nell’archiviare i ricordi di tutta una vita, una delle sue funzioni primarie è, paradossalmente, proprio quella di dimenticare. I nostri organi sensoriali ci inondano letteralmente di informazioni, non sempre gradevoli, e se non rimuovessimo parzialmente tali informazioni non potremmo sopravvivere ad una singola giornata, men che meno alla nostra intera vita.”

 

Cancellare le informazioni attraverso la capacità di percepire e fagocitare il percepito determina la direzione delle scelte che un individuo compie. La direzione della mia trasformazione è quella direzione nella quale veicolo le mie emozioni permettendomi di afferrare quel fenomeno che le sollecita confermando o variando tale direzione che diventa fondamento per afferrare nuovi fenomeni relativi a quelle scelte. Così tutti quei fenomeni che non coinvolgono quelle scelte sono cancellati, oppure nascosti nel profondo, nel subconscio. I fenomeni che non sono in grado di emozionarmi non sono in grado di afferrare la mia attenzione. Però posso usare la mia volontà. Cioè posso caricare la mia percezione di attenzione e di energia per far rientrare in essa fenomeni che, al momento, non toccano le mie emozioni. Attraverso la volontà posso veicolare i miei interessi, trasformarli in bisogno, trasferire su di essi le mie emozioni e aprirmi alla percezione dei fenomeni relativi ai miei nuovi bisogni. Ma davanti a me c’erano un “infinito numero di possibilità” determinato dall’“infinito numero di fenomeni” che si presentavano alla mia percezione! E sono, tutto quello che avrei potuto fare, ma non sono stato in grado di fare o non ho voluto fare!

Il mondo viene percepito e quella percezione è parziale della realtà del mondo.

Per riuscire a comprendere la soggettività della nostra percezione del mondo c’è uno studio che ha cercato di comprendere perché il mondo non si muove quando noi muoviamo la testa, come dovrebbe essere. Noi abbiamo sempre la visione di un mondo fermo dentro al quale si muovono i vari oggetti. Solo che noi percepiamo il mondo e se noi muoviamo la testa anche la nostra percezione del mondo dovrebbe ruotare. Invece il mondo sembra fermo, statico e in quel “campo statico” osserviamo dei movimenti.

Recentemente è stata trovata una spiegazione che vale la pena di ricordare anche per quanto riguarda la formazione delle illusioni che, nella formazione della percezione, diventano oggetto sul quale articolare la costruzione soggettiva della capacità intellettiva di un individuo.

 

La Repubblica del

 

Milano – Perché il mondo è stabile davanti agli occhi? Due ricercatori del San Raffaele hanno contribuito a svelare uno dei misteri  della mente umana. Attraverso un complesso esperimento di percezione visiva, Concetta Morrone, docente della facoltà di Psicologia creata dall’ospedale milanese e Devid Melcher, ricercatore americano che ha scelto di lavorare in Italia, hanno dimostrato che il mondo ci sembra fermo perché “mentre muoviamo gli occhi, il cervello continua ad elaborare informazioni che provengono dalla stessa posizione”. “Finora questo sembrava paradossale – spiega Melcher – perché è noto che i singoli neuroni rispondono a stimoli provenienti da zone ben precise dello spazio, e se gli occhi si muovono dovrebbero farlo anche le immagini che vediamo”. I due scienziati, invece, hanno concluso che “i neuroni funzionano come una telecamera a obiettivo fisso, in sintonia non con gli occhi, ma con il mondo esterno: gli occhi si muovono ma il mondo che vediamo no”. Ricadute pratiche della scoperta? I ricercatori prevedono di utilizzare i risultati per aiutare i pazienti colpiti da ictus. A causa della malattia, loro il mondo lo vedono “mosso”.

 

C’è qualche cosa dentro di noi che è legato al mondo esterno. In sintonia non con quanto noi percepiamo, ma direttamente con l’oggetto percepito!

Noi  organizziamo la nostra percezione, la selezione dei fenomeni che provengono dal mondo, ma la diversificazione delle specie, l’evoluzione, ha costruito alcuni criteri che sono alla base della nostra capacità di percepire. Esistono delle barriere, dei limiti, entro i quali organizzare la nostra percezione del mondo. Entro quei limiti, noi selezioniamo, selezioniamo, selezioniamo ecc.

Selezioniamo, organizzando il nostro cervello che cresce, le capacità in base alla percezione che noi abbiamo del mondo; in base a come noi organizziamo la nostra attenzione, a come agiamo nel mondo, alla quantità di interessi che abbiamo, alla quantità di fenomeni che riusciamo a decifrare, fagocitare, elaborare.

Dai cinque anni ai 25 anni, la nostra percezione e l’organizzazione cerebrale si organizzano in base alla nostra ATTIVITA’.

L’attività è quell’azione mediante la quale quanto noi percepiamo entra nelle nostre decisioni al fine di soddisfare i nostri bisogni e si trasforma in azioni che noi mettiamo in atto: quanti sono i bisogni fisici? Quanti sono i bisogni intellettivi; quanti sono i bisogni sessuali; quali sono le scelte che facciamo per soddisfare tali bisogni?

Se noi consideriamo come funziona la formazione dell’organizzazione cerebrale e che cosa caratterizza coloro che consideriamo, nella società civile, individui “dotati, certe domante dobbiamo farcele. Perché esistono dei processi nella formazione cerebrale per cui la corteccia diventa più spessa e ridiventa sottile con un movimento continuo di riassestamento dei collegamenti neuronali?

Se nei buddisti che meditano la corteccia cerebrale diventa molto più spessa, quasi ci fosse un processo continuo di crescita, nelle persone che vivono la corteccia cerebrale si inspessisce e si riduce a seconda dei momenti di adattamento dei collegamenti neuronali in base alle attività e agli interessi delle persone.

 

La Repubblica del

 

“Più agile, non più grande ecco il cervello dei piccoli geni

Roma – Non è la quantità di materia grigia, ma la sua malleabilità a determinare la brillantezza di un individuo. Nei bambini con un quoziente intellettivo alto, la corteccia cerebrale sa trasformarsi con agilità di fronte alle nuove esperienze. In quest’area che occupa la parte superficiale del cervello, sopra gli occhi e fino alla sommità del capo, si concentrano le capacità più evolute del pensiero: astrazione, autocontrollo, ragionamento, previsione del futuro. Non è un caso che la presenza della corteccia distingua gli uomini dalle altre specie animali, e che questa porzione dell’organo del pensiero sia apparsa per ultima nel corso dell’evoluzione.

Scandagliando il cervello di 300 bambini e giovani adulti dai 4 ai 29 anni, un gruppo di scienziati del National Institute of Mental Health ha notato una relazione stretta fra il quoziente di intelligenza e la curva di sviluppo della corteccia cerebrale. I giovani volontari sono stati divisi in tre gruppi, a seconda del punteggio ottenuto in un test per la misurazione del quoziente intellettivo. I più brillanti, contrariamente alle aspettative, erano quelli che da molto piccoli (4-6 anni d’età) avevano la corteccia più sottile.

Recuperando lo svantaggio, questi bambini iniziavano a 6-7 anni uno sviluppo rapido nell’area più pregiata del cervello. E mentre nei meno intelligenti l’apice dello sviluppo si raggiungeva prima dei dieci anni, nei più dotati lo spessore della corteccia continuava a crescere fino ad 11-12 anni.

A questo punto si innescava un fenomeno almeno in parte misterioso: “Lo spessore della corteccia cerebrale comincia a decrescere di nuovo”. Spiega Pietro Pietrini, psichiatra e docente di biochimica clinica dell’università di Pisa. “E’ come se iniziasse una selezione naturale delle connessioni fra i neuroni, quelle inutili venissero eliminate”. Questo processo, ancora una volta, è più rapido nei ragazzi con il quoziente di intelligenza alto, che alla fine dell’adolescenza si ritrovano – come nell’infanzia – con una corteccia cerebrale ridotta rispetto alla media. Sulle capacità razionali, riferiscono su Nature i neuroscienziati americani, non influiscono né il sesso, né l’essere mancini. Esiste invece una correlazione stretta fra classe sociale e quoziente intellettivo. “Non conosciamo molto dei fattori che influenzano l’intelligenza degli individui – spiega Pietrini – ma sicuramente cresce in un ambiente ricco di stimoli, che offre nuove esperienze ogni giorno, orienta la corteccia cerebrale verso uno sviluppo ottimale.”” Articolo di Elena Dusi

 

Noi, osserviamo l’intelligenza delle persone, la loro capacità di interagire con la vita, la Natura, la società, ma quand’è che un individuo è sufficientemente attrezzato per affrontare tutta la sua esistenza in maniera propositiva, coerente, consapevole?

Cosa DEVE fornire la società civile o il mondo affinché l’individuo mettendo in atto le sue strategie si costruisca in maniera coerente e formi la propria percezione funzionale per il mondo in cui vive?

 

Dal settimanale L’Espresso

 

“Intelligenti si diventa.

Il patrimonio genetico conta poco. I neuroni e le sinapsi posono migliorare. E il bambino può sviluppare enormemente il suo cervello. Parola di uno dei più grandi pedagogisti viventi.

[...] Lui, Feuerstein, non ha dubbi: “I cambiamenti comportamentali agiscono sul cervello a livello strutturale, creando nuovi neuroni, nuove sinapsi. Oggi grazie alle ultime metodiche non invasive possiamo addirittura vedere aree cerebrali che si vascolarizzano durante il processo di apprendimento. E questo significa che la dicotomia tra spirito e materia non ha più ragione di essere: i mutamenti spirituali possono produrre materia. E’ una rivoluzione di cui la gente non si ancora resa conto.

[...]  [parlando del suo metodo] E’ un metodo che analizza in dettaglio il processo di apprendimento intervenendo quando sorgono dei problemi per cercare di capire, dal punto di vista cognitivo, cosa sta succedendo, ad esempio, se il soggetto non ha capacità di astrazione, non riesce a generalizzare, o semplicemente manca di informazioni essenziali per procedere nel ragionamento. Da questo punto di vista non esistono persona ritardate o stupide, ma persone che in alcune situazioni vivono in uno stato di stupidità. Come può succedere a lei e a me.

[...] Per fare progressi il bambino deve rendersi conto di quello che sta succedendo, capire esattamente quale sia il percorso che lo porta ad ottenere il risultato desiderato, si tratti di un’operazione di matematica o di un esercizio di logica. Non bisogna togliere il piacere di imparare, certo, ma un approccio puramente edonistico non aiuta i bambini ad affrontare una vita di lavoro: devono rendersi conto che imparare comporta uno sforzo.

 

La Repubblica

 

“Il cervello cresce anche in età adulta

Articolo firmato (e. d.)

Roma – Anche i neuroni crescono e si moltiplicano. La credenza comune secondo cui il cervello è destinato inesorabilmente a spopolarsi di cellule col progredire dell’età è stata smentita da un’eccezionale osservazione. Un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Tecnology di Boston ha filmato la crescita dei neuroni nel cervello di un topo adulto, finendo di abbattere uno dei falsi miti delle neurosceinze. “Sapere che i neuroni sono in grado di crescere anche nei cervelli degli adulti ci spinge oltre. Vogliamo capire quali fattori stimolano questa crescita e come fare a riprodurla nelle persone malate” spiega il neurologo Elly Nevidi, uno dei membri dell’equipe di ricerca. I risultati dell’esperimento, con le relative immagini, sono stati pubblicati dalla rivista Plos, Public Library of SienceBiology. Offrono la speranza di curare malattie degenerative del sistema nervoso e lesioni del midollo spinale. “Abbiamo osservato una crescita importante nelle ramificazioni dei neuroni” ha spiegato Nevidi. Per filmare questo sviluppo gli scienziati hanno usato un apparecchio per la risonanza magnetica a definizione altissima. Applicato all’altezza della corteccia visiva del cervello del topo, ha fornito per diverse settimane le immagini in tre dimensioni dei singoli neuroni”che crescevano e moltiplicavano le connessioni fra di loro, come fossero dei cespugli” raccontano i ricercatori .”

 

 

Le scelte che facciamo nella nostra vita sono importanti. Su quelle scelte viene organizzato il nostro cervello che si organizzerà tanto più velocemente e tanto più profondamente quanto maggiore sarà l’energia e la volontà che applichiamo al fare quotidiano. Questa modificazione sarà tanto più profonda quanto più l’individuo sarà in grado di agire veicolando le proprie emozioni. Tanto più l’individuo sarà in grado di farsi emozionare dal mondo.

Queste scelte saranno tanto più efficaci quanto più l’individuo saprà coinvolgere gli strumenti antichi con i quali si è costruito nella pancia della madre limitando il dominio della ragione e della comunicazione verbale nella fondazione delle proprie relazioni con il mondo.

Se l’individuo spegnerà la sua capacità empatica per far posto alla sua ragione ucciderà una parte di sé stesso, ma se l’individuo alimenterà la propria capacità di soggettivare il mondo, vivere in sintonia con le passioni che egli immette nel mondo e il mondo gli trasmette, allora la crescita dell’individuo non si interrompe, ma le sue “capacità extrasensoriali” si affiancheranno all’uso che fa della propria ragione nella propria quotidianità.

La sua sarà una “mente plastica” pronta a rimodellarsi continuamente in base alle sue necessità. Verrà limitata la “rigidità neuronale” con continua formazione di nuovi collegamenti sinapsici e il suo cervello sarà sempre attivo. La sua comprensione del mondo sarà sempre lucida. Dipende tutto dalle passioni dell’individuo; dai suoi desideri; dalla sua capacità di manifestare stesso nella vita quotidiana.

Dicembre 2006

 

Versione aggiornata'Come si forma la percezione in Stregoneria

 

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Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

P.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

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