ORACOLI CALDAICI:
LA STREGONERIA PER LA RICOSTRUZIONE
DELLA RELIGIONE PAGANA POLITEISTA
di
CLAUDIO SIMEONI
Prima parte
Introduzione, premessa e precisazioni varie!
Commento dei frammenti da 1 a 10!
L'INTENTO E IL SUO RIFLESSO
Lo Stregone sfida sé stesso, si modifica percorrendo i mutamenti; il filosofo pensa sé stesso e mette ordine nel proprio pensato!
Lo Stregone afferra il nuovo nei suoi viaggi e lo impone alla ragione; il filosofo prende il nuovo, lo liscia, e lo analizza inserendolo nella sua ragione attraverso la sua logica e la sua erudizione!
Il presente lavoro è iniziato il 30.11.1998 con la trascrizione degli Oracoli nella sequenza presentata da Angelo Tonelli ed. Bur e terminata il 15 novembre 1999. Questo lavoro è stato fatto e presentato per le trasmissioni radiofoniche di Radio Gamma 5 nel programma Magia Stregoneria e Paganesimo.
ALCUNI PERSONAGGI da diz. di filosofia BUR tascab. Rizzoli
AMMONIO SACCA
In greco Ammonios, soprannominato SACCA, poiché in gioventù aveva esercitato il mestiere di facchino (sakkophoros), filosofo greco della fine del II° secolo e inizio del III° secolo. E' considerato il fondatore della scuola neoplatonica,, ma non ha lasciato nulla di scritto. Di famiglia cristiana, sarebbe tornato al Paganesimo in seguito alla lettura dei filosofi greci; insegnò con grande successo alla scuola di Alessandria ed ebbe tra i suoi discepoli Plotino, Longino e Origene.
PROCLO
In greco Proklos filosofo greco (Costantinopoli 412 d.c. -Athene 485). Studiò prima ad Alessandria e poi presso la scuola neoplatonica di Atene, della quale divenne a quarantanni scolarca, succedendo a Domnino di Larissa e tenendo l'incarico per oltre trent'anni, fino alla morte. E', dopo Plotino, la figura più notevole del neoplatonismo, di cui fu l'ultimo grande rappresentante. Fra i suoi scritti giunti fino a noi, e pubblicati da V. Cousin (1820-1827), hanno particolare importanza alcuni commenti a dialoghi platonici (Timeo, Parmenide, Teeteto, Cratilo, Repubblica, Alcibiade primo) e il Commento al Primo Libro di Euclide, fonte preziosa per la ricostruzione della storia della geometria antica. Fra le opere sistematiche sono fondamentali gli Elementi di Teologia (istitutio o elementatio theologica), i quali, in una riduzione nota come Liber de causis e falsamente attribuita ad Aristotele, ebbero grande fortuna nella cultura del medioevo.
La filosofia di Proclo è una monumentale sistemazione scolastica del neoplatonismo, che appunto in tale forma fu trasmesso al medioevo, e insieme a tutto il patrimonio del pensiero classico. Il suo apporto speculativo originale è la nozione del ritmo triadico del processo cosmico, che in certa misura può considerarsi l'antecedente della dialettica hegeliana. Il processo di emanazione avviene circolarmente per via di somiglianza: ogni essere prodotto da un altro necessariamente somiglia alla sua causa nella quale, in questo senso resta,, ma dalla quale si diversifica nello stesso tempo in quanto da essa procede; a essa infine aspira a ritornare. Tre sono dunque i momenti di emanazionedi ogni essere dalla sua causa: 1° il permanere in sé della causa (mone); 2° il procedere da essa (proodos); 3° il ritornare ad essa (epistrophe). Il punto di partenza è l'Uno dal quale procedono le Enadi (Unità), anch'esse divinità e intermediarie tra l'Uno e l'Intelletto. Questo a sua volta si divide in tre momenti: l'intelleggibile, l'oggetto dell'Intelletto (l'essere); l'intelleggibile-intellettuale (la vita); l'intellettuale, l'intelletto come soggetto. La quarta fase dell'emanazione è l'Anima costituita anche'essa di vari aspetti. I grandi ipostatici del processo emanativo dunque si moltiplicano e molti di essi, attraverso l'interpretazione allegorica vengono identificati con gli dei dell'olimpo tradizionale.
PLOTINO
Filosofo greco (Licopoli Egitto, 203 d.c. circa in Campania 270 circa). Cominciò ad interessarsi di filosofia quando aveva già ventotto anni e seguì allora ad Alessandria le lezioni del neoplatonico Ammonio Sacca. Nel 242 si arruolò nell'esercito dell'imperatore Gordiano III° e prese parte alla spedizione contro Sapore I°, con lo scopo di studiare da vicino la cultura persiana. In seguito al fallimento dell'impresa riparò ad Antiochia e si stabilì subito dopo a Roma (244), dove insegnò con crescente successo. Aveva relazioni importanti nell'ambiente senatoriale e godeva della protezione degli alti personaggi che ascoltavano le sue lezioni, fra i quali lo stesso imperatore Gallieno. Solo all'età di cinquant'anni cominciò a mettere per iscritto, con intenti didattici e non letterali, le lezioni che veniva tenendo. Il materiale risultante fu raccolto e ordinato dopo la sua morte dallo scolaro Porfirio e pubblicato col titolo di Enneadi.
Plotino accentua all'estremo la trascendenza e l'ineffabilità di dio, motivi tipici del neoplatonismo. Di dio si può dire a rigore unicamente ciò che "non è": solo per la necessità di nominarlo nel contesto dei discorsi che lo concernano lo si può chiamare UNO. Da lui deriva, in un processo di emanazione paragonabile a quello per cui la luce si effonde dalla sorgente senza diminuirla, l'intelletto divino (perfetta identità di pensante e pensato, avvicinato da Plotino al Demiurgo Platonico del Timeo) e da questo l'anima del mondo, che permea e governa l'universo corporeo. La molteplicità e la caducità di quest'ultimo dipendono da un altro principio, la Materia, che Plotino si sforza di intendere in termini di irrealtà e di pura negatività. L'anima umana, prigioniera del corpo, si riscatta e torna a dio attraverso un processo ascendente, che muove dalla purificazione morale e culmina nell'estasi, vera e propria identificazione con l'uno, nella quale ogni diversità e ogni distanza sono annullate.
E' facile trovare in Platone e nel primo neoplatonismo tutti gli antecedenti di questa sistemazione Plotiniana; il processo del ritorno a dio, per es., è assai simile al movimento di ascesa descritto nel Convitto e nel Fedro dall'amore per il bello corporeo alla contemplazione del bello ideale e infine del bene, che è dio. Quello che di Platone è andato perduto, in una temperie storica così diversa, è la concezione della filosofia come premessa alla riforma dello stato e del filosofo come reggitore della città. O, meglio, questo motivo essenziale del Platonismo sopravvive capovolto: anziché impegnarsi a mettere ordine nella città degli uomini, i filosofi, infatti, si esiliano in una città loro propria, oasi filosofica nell'aspro deserto della società degli uomini. Plotino aveva in animo di ricostruire una città distrutta della Campania (verosimilmente Ercolano o Pompei) e di andarvi ad abitare con i suoi seguaci organizzandola a livello delle leggi platoniche., ma Platonopoli non venne mai alla luce perché venne a mancare, al momento decisivo, l'appoggio imperiale.
Plotino è senza dubbio il massimo rappresentante del neoplatonismo antico, attinse in libero sincretismo da tutta la grande tradizione del pensiero greco classico, da Parmenide ad Aristotele e allo stoicismo. Fra i suoi intenti c'era anche quello apologetico (per es. Enneadi II,9) di riproporre ai suoi contemporanei le verità della filosofia greca come alternativa preferibile al nuovo e invadente pensiero cristiano. In realtà, come egli accolse molte indicazioni provenienti dall'opposto fronte, così i padri della chiesa utilizzarono nella loro elaborazione dottrinaria numerosi motivi Plotiniani.
PORFIRIO
Il suo nome originario era Malchos, mutato poi in Porfirio dalla porpora, tipico prodotto del proprio paese natale. Seguì in Atene le lezioni di Longino e fu quindi assiduo discepolo di Plotino a Roma, dal 263 al 268, anno in cui si recò in Sicilia, dietro consiglio dello stesso maestro per curarsi una depressione nervosa. Fece ritorno a Roma solo dopo la morte di Plotino, per assumere la direzione della scuola. Si posseggono frammenti del suo Trattato sugli Oracoli, di un Trattato sugli déi, delle Questioni Omeriche, di un Trattato sul ritorno dell'anima a dio, e di un Trattato sull'astinenza. A lui si deve la sistemazione degli scritti di Plotino, raccolti nelle Enneadi, alle quali egli premise una Vita di Plotino. Delle quasi ottanta opere attribuite dalla tradizione a Porfirio quella che ha avuto un'importanza veramente eccezionale nella sua storia della cultura è L'Isagoge, un'introduzione alla logica di Aristotele, scritta con l'intento di assorbire nel neoplatonismo la parte considerata valida del pensiero aristotelico. L'Isagoge influenzò durevolmente il pensiero medioevale, attraverso una lunga serie di versioni e di commenti. Fra gli scritti di Porfirio vanno ancora ricordati la Vita di Pitagora, che è un frammento di una sua storia della filosofia e l'opera in quindici libri Contro i Cristiani, bruciata pubblicamente nel 448 e oggetto di appassionate confutazioni da parte di molti padri della chiesa.
ALBERO DI PORFIRIO
Tavola della coordinazione e della subordinazione dei generi e delle specie, costruita muovendo dal genere sommo e scendendo fino alle specie infime secondo il processo della dicotomia (per es., la sostanza si divide in corporea e incorporea, quella corporea in animata e inanimata, quella animata in sensibile e insensibile, ecc.). La costruzione logica, tradotta in schema figurato si sviluppa come le biforcazioni di un albero. Il nome deriva dal fatto che essa serve ad illustrare il secondo capitolo dell'Isagoge di Porfirio.
PREMESSA
GLI ORACOLI CALDAICI FURONO SCRITTI DA GIULIANO IL CALDEO E DA GIULIANO TEURGO AI TEMPI DI MARCO AURELIO. SIAMO CIRCA NEL 150 DELL'ERA MODERNA.
DA TENER PRESENTE CHE RIMANGONO SOLO FRAMMENTI. DA QUALCHE PARTE FORSE CI SONO GLI ORACOLI COMPLETI. NOI SI PRENDE QUELLO CHE IL POTERE DELLA VITA HA CONSERVATO PER COSTRUIRE IL FUTURO CHE INTERPRETIAMO ATTRAVERSO LA STREGONERIA. IL TESTO COMPLETO POTREBBE SIGNIFICARE COSE DIVERSE O COSE PIU' QUOTIDIANE, MA NOI PRENDIAMO QUANTO CI E' GIUNTO PER COME CI E' GIUNTO. NOSTRO E' IL POTERE INTERPRETATIVO E L'INTENTO DELL'INTERPRETAZIONE.
PRENDIAMO QUANTO CI E' GIUNTO E QUANTO CI E' GIUNTO E' NELLA VERSIONE, TRADUZIONE E SISTEMAZIONE "SEQUENZIALE" DI ANGELO TONELLI CHE HA COSTRUITO LA SUA TRADUZIONE E LA SUA INTERPRETAZIONE PER LA BUR. PER LA NOSTRA INTERPRETAZIONE CI SERVIAMO DELLA SUA TRADUZIONE. PER QUANTO RIGUARDA LA SUA INTERPRETAZIONE NOI LEGGIAMO GLI ELEMENTI STORICI E INTERPRETATIVI CHE FORNISCE PER UNA MIGLIORE COMPRENSIONE DEL TESTO A LIVELLO SOCIO-CULTURALE, ma IL COMMENTARIO AL TESTO APPARTIENE SOLTANTO ALLA STREGONERIA.
PERCHE' INTERPRETIAMO?
Il gioco non è quello dell'interpretazione di quanto è scritto in chiaro, ma è quello di definire quanto appartiene alla percezione. Il vero problema non è interpretare il frammento, ma è costruire un significato che partendo dalla cultura e dall'esistenza del momento attuale costruisca la trasformazione dell'individuo. Già quando il testo non era frammentato le interpretazioni di Porfirio lo hanno fatto coincidere con la concezione teologica cristiana in quanto sia l'interpretazione di Porfirio che gli elementi fondamentali costituenti la teologia cristiana appartengono alla stessa cultura, oggi, invece, non disponiamo del testo completo, ma soltanto di frammenti. Ebbene con questi frammenti dobbiamo essere in grado di distruggere quanto Plotino ha fatto raccogliendo le perle dal letamaio in cui sono state cacciate, ripulirle per scoprirne significato e direzione. L'oscurità dei frammenti non è un'oscurità in sé stessi, ma è un'oscurità determinata dalla difficoltà culturale di interpretare il frammento stesso.
Lo Stregone che ha scritto gli Oracoli Caldaici ha riportato nella ragione quanto la sua percezione ha scoperto senza curarsi degli effetti che avrebbe provocato nella ragione quando questi, dimenticato il significato, dovevano essere interpretati da chi non è in grado di alterare la percezione.
Gli Oracoli Caldaici sono la base della costruzione di una struttura religiosa Pagana che Giuliano l'Apostata ha tentato di contrapporre alla struttura religiosa cristiana. Furono i Pagani neoplatonici di Alessandria che tentarono di sistemare il pensiero Pagano del tempo costruendo forme sincretiche di pensiero e religiosità siriaca, egiziana, greca, romana e babilonese. Costoro costruirono una struttura che somigliava molto alle concezioni che oggi chiamiamo gnostiche e dalle quali proviene sicuramente anche Tomaso Didimo.
Gli Oracoli Caldaici rappresentano il momento di rottura fra la concezione della Stregoneria e il nascente assolutismo della concezione atea cristiana.
Il vero dramma era che lo Stregone di quel tempo riteneva che la visione o la rivelazione che egli immetteva nella ragione dopo averla percepita, concepita ed elaborata nella percezione alterata, avesse una forza propria per imporsi in quanto era una visione viva. Egli ignorava che il percorso attraverso il quale alterava la percezione era un percorso solo suo mentre la concezione razionale (o del nous) era un processo di allineamento concettuale dovuto al condizionamento educazionale. Quel condizionamento educazionale che appare nella percezione alterata, ma è inconcepibile nella ragione di quei tempi. In quei tempi si parlava di idee naturali, di predisposizione soggettiva attraverso la quale si riconoscono gli dei., ma questo era condizionamento educazionale! Non era il condizionamento educazionale della distruzione come scientificamente lo costruirà il cristianesimo, ma è sempre un condizionamento educazionale imposto, anche se funzionale, del Sistema Sociale. Una volta riconosciuta l'esistenza di quel meccanismo alterarlo per svilupparlo nella direzione voluta è solo un gioco. Lo Stregone non conosceva questo in quanto con questo non si era mai misurato. Così spento il fuoco della percezione rimangono le parole che definiscono soltanto oggetti della ragione. Definire oggetti della ragione significa definire cose che appaiono oscure, quasi folli.
Un esempio esplicativo di interpretazione è quello del concetto di DEMIURGO usato da Platone. Il concetto è stato elaborato da Platone al solo scopo di far comprendere ad individui "ignoranti" il meccanismo di passaggio che egli intuiva fra il mondo delle idee perfette e il mondo quotidiano dell'illusione. La trasformazione è opera demiurgica che soltanto nel linguaggio comune e popolare è diventata opera del creatore. Il DEMIURGO quale creatore dell'imperfezione a cui l'imperfezione del mondo dell'illusione tende. Per Platone era un modo per spiegarsi e far comprendere, per i cristiani era un avvallo del loro dio creatore riconosciuto anche da Platone. Quanta imbecillità c'è all'origine della perversione cristiano-cattolica. Accorre in aiuto anche Proclo affermando la relazione moné-proodos-ephistrophe. Dove la causa rimane in sé; procede da essa; ritorna in essa. Tutto dunque è relativo alla causa prima. Nulla diviene da questa se non tornando in questa. Dunque il dio assassino e creatore dei cristiani, secondo la loro interpretazione, trova conferma dalle affermazioni dei platonici e dei neoplatonici. Dove, invece, essi assumono a verità da imporre l'umiltà figurativa del filosofo che si piega alla stupidità e alla superstizione.
Riprendiamo il discorso dove la concezione infantile e massificata del platonismo aveva cacciato il sentire Pagano e da li partiamo per la conquista dell'infinito!
L'archeologo, il filologo, lo storico analizzano il passato e i meccanismi nei quali il passato si è espresso, chi pratica Stregoneria fonda il futuro e spesso non si cura della precisione filologica, ma cura nel presente quanto può sciogliere i legamenti e le coercizioni che ingabbiano la vita.
PRECISAZIONE SCRITTA 17.04.1999
Durante la stesura del commento degli Oracoli mi sono imbattuto (ora sono al commento dell'Oracolo n. 37) in una serie di visioni, indotte dagli oracoli stessi, la cui definizione sembra essere in contrasto con commenti ad uguali espressioni precedentemente descritte.
Il problema non consiste nelle contraddizioni apparenti, ma nella non linearità del senso degli Oracoli. La loro scrittura non appartiene ad un testo omogeneo né ad un unico veggente, né le stesse visioni sono lette attraverso una comune struttura culturale. Infine, se non bastasse, le visioni alla base dei testi oracolari, rispondono ad intenti diversi dei veggenti che li hanno stesi.
Alcuni di questi oracoli sono stati manipolati non tanto nella loro forma, ma per renderli comprensivi ad una struttura culturale diversa nella quale venivano descritti e spiegati.
Se il fiume della vita rende tutto omogeneo le diversità soggettive e i singoli aspetti di Intento che spingono il veggente produce delle diverse descrizioni e mette in luce aspetti che altri veggenti ritengono secondari o poco importanti.
Davanti agli occhi del veggente la costruzione delle forme della vita della natura microscopiche assumono un tale splendore da essere confuse con la costruzione delle prime grandi Coscienze di Sé che dal caos primordiale acquistano Coscienza di Sé.
L'uguaglianza nello splendore, l'uguaglianza nella tensione si esprime come uguaglianza nella descrizione. Dal momento che nella descrizione le cose divergono emergono delle differenze in campo descrittivo. Nello stesso modo esistono delle difficoltà notevoli per riprendere la visione d'insieme che le ha prodotte spulciandola o tentando di spulciarla dalle necessità interpretative sia del veggente che del filosofo per farla diventare comprensiva nella cultura e negli intenti che egli perseguiva.
Del resto questo è anche l'azione che sto facendo, ma dal momento che non intendo depennare nulla della serie di Oracoli come esposti da Tonelli mi trovo a descrivere frammenti tramandati perché usati sia per scopi cristiani sia per scopi neoplatonici.
Inoltre le visioni mettono in rilevo quanto è scritto nel Libro dell'Anticristo a proposito del concetto di verità. Dall'insieme che si presenta il veggente discrimina attraverso il proprio divenuto, il proprio intento, la propria necessità. Il veggente che interpreta il veggente discrimina attraverso il proprio divenuto, il proprio intento e la propria necessità.
Ogni sfaccettatura della visione imprigiona il veggente come assoluto della visione stessa.
Pertanto nell'interpretazione dei singoli Oracoli Caldaici non esistono contraddizioni, ma esistono troppe poche parole attraverso le quali descrivere quanto l'intuibile trasmette all'intuito e con le poche parole della descrizione della ragione si tenta di descrivere l'universo sconosciuto che irrompendo nella percezione del veggente pretende di diventare parte della sua ragione e del suo modo di affrontare il mondo.
17.04.1999
commentario
1) c'è un intuibile che devi cogliere con il fiore dell'intuire, perché se inclini verso di esso il tuo intuire, e lo concepisci come se intuissi qualcosa di determinato, non lo coglierai. E' il potere di una forza irradiante, che abbaglia per fendenti intuitivi. Non si deve coglierlo con veemenza, quell'intuibile,, ma con la fiamma sottile di un sottile intuire che tutto sottopone a misura, fuorché quell'intuibile; e non devi intuirlo con intensità, ma - recando il puro sguardo della tua anima distolto - tendere verso l'intuibile, per intenderlo, un vuoto intuire, ché al di fuori dell'intuire esso dimora.
Consideriamo il termine "intuire". Cosa significa? L'intuizione viene descritta come un conoscere immediatamente una cosa. Un conoscere che non è ottenuto mediante una dimostrazione, un ragionamento o una descrizione,, ma è ottenuto mediante trasposizione emotiva dell'individuo che intuisce. Una sorta di comprensione immediata. Una sorta di illuminazione. Qualche cosa che si è accumulato nel tempo e poi si manifesta con chiarezza al nostro sentire e al nostro vedere. Nel manifestarsi rende comprensibile e chiaro quanto fino a prima era nebuloso ed oscuro. Quasi una visione delle cose quando queste, o alcuni loro fenomeni, si presentano alla coscienza. Questo è il significato di intuire e non può essere definito in maniera diversa l'oggetto che si presenta per la prima volta alla ragione e questa, trattenendo il respiro per la novità, si appresta a descriverlo. L'intuizione è un colpo immediato alla ragione. La ragione è costretta a prendere atto dell'esistenza di un oggetto che lei non descriveva e anche se vuole ignorarlo deve diventare consapevole dell'esistenza di uno sconosciuto che la circonda e del quale ella non dispone degli strumenti per penetrarlo. La mancanza di strumenti propri della ragione per descrivere lo sconosciuto che la circonda mette in discussione il suo dominio sull'Essere Umano costruendo una condizione per la quale la ragione descrive lo sconosciuto circostante con mostri orrifici, con voli di fantasia, con chimere al fine di ammaliare l'Essere Umano dicendogli che fuori della descrizione che la ragione propone ci sono solo fantasie, mostri e fobie. Di questo lei è comunque l'artefice in quanto parte della sua descrizione. L'Essere Umano che coltiva l'autodisciplina ferma la ragione! Ferma le sue fantasie e ferma i suoi mostri orrifici. Nel fermare la ragione permette al suo intuire di spaziare nello sconosciuto che lo circonda. L'intuire dell'Essere Umano può muoversi nello sconosciuto e può riconoscere, intuendolo, l'oggetto che incontra., ma l'oggetto che incontra non lo può descrivere. La descrizione appartiene alla ragione; lo può intuire. Può diventare parte dell'oggetto. Può fondersi con l'oggetto, ma non lo può descrivere in quanto l'oggetto che incontra non dispone di elementi all'interno della ragione attraverso i quali formare la descrizione. Se tenti di descrivere, e perciò determinare l'oggetto che intuisci, non lo intuisci, ma descrivi una forma che è necessariamente incompleta come la tua ragione e gli elementi che la compongono. Intuire l'oggetto significa diventare parte dell'oggetto; compenetrare l'oggetto; osservare il mondo con gli occhi dell'oggetto. Descrivere un oggetto significa separare e numerare i fenomeni dall'oggetto proiettando sull'oggetto la nostra soggettività e la nostra descrizione dei fenomeni stessi. Descrivere un oggetto significa non cogliere l'oggetto. Significa proiettare sull'oggetto la quantità e la qualità della nostra descrizione obbligando l'oggetto e la nostra ragione ad adattarsi alla nostra pochezza soggettiva. Anziché espandere noi per compenetrare l'oggetto intuito, restringiamo l'oggetto intuito per farlo aderire alla nostra descrizione. Ecco che la ragione non coglie l'oggetto a differenza dell'intuizione che compenetrando l'oggetto ne diventa parte. L'intuibile è la forza irraggiante dell'infinito che ci circonda. Un infinito che noi possiamo penetrare con la nostra azione, ma non possiamo descrivere con la nostra ragione. Quella forza irraggiante abbaglia la ragione; la smarrisce. I fenomeni che si presentano alla ragione dall'infinito che la circonda la smarriscono. Solo l'intuito libero dai legami della ragione, solo il silenzio interiore ci permette di liberare il nostro intuire affinché spazzi nell'intuibile che ci circonda. Un intuibile sempre presente e che sollecita il nostro intuire. Sollecita il nostro intuire a liberarsi dalla costrizione della ragione e a spaziare indipendentemente da essa. Sollecita il nostro intuire a compenetrare l'intuibile circostante. Questa penetrazione non deve essere fatta con veemenza, impetuosità, violenza, ma con "la fiamma sottile di un sottile intuire che tutto sottopone a misura". L'intuire non è Furia che prorompe, non è avidità della Conoscenza, ma è un trasporto soggettivo verso sponde ignote, verso intuizioni sconosciute. Nell'ignoto l'Essere Umano si muove con prudenza, ma si muove. Considera e soppesa senza descrivere, sospende il giudizio, si sazia dell'intuizione e trasforma sé stesso. Trasforma la propria ragione, trasforma il proprio modo di guardare il mondo, trasforma la forza del proprio intuito con cui penetrare l'intuibile che lo circonda. Ciò che non può misurare è quell'intuibile. L'Essere Umano è un'isola nell'immenso sconosciuto che lo circonda. Non può misurare lo sconosciuto, ma può immergersi dentro, diventarne parte, compenetrarlo e farsi compenetrare mantenendo la consapevolezza di sé stessi, di un'isola nell'immenso che spazia per lidi infiniti mantenendo la propria consapevolezza. L'intuizione dell'infinito deve essere fatta con gli strumenti dell'intuire. Si deve rinunciare alle categorie della ragione, ai suoi aggettivi, ai suoi strumenti. Non si piega l'intuito a sé stessi, ma si costruisce sé stessi al fine di muoversi e crescere in quell'intuibile. L'intuizione non deve essere il fine della propria esistenza. L'intuizione non deve diventare oggetto o strumento di possesso,, ma deve essere un'intuizione gentile attraverso lo sviluppo dello spazio attribuito al nostro intuire chiedendo alla ragione di spostarsi dal dominio dell'Essere Umano. Il vuoto della mente, il vuoto delle parole, il blocco del dialogo interno permette all'intuibile di presentarsi al nostro intuire. Lo sguardo puro è lo sguardo che non descrive, è lo sguardo che intuisce quanto si presenta senza ridurre quanto si presenta a categorie predeterminate. Essere consapevoli che l'intuibile e l'intuire sono cose diverse eppure che l'assonanza dell'uno e dell'altro permette all'Essere Umano di intuire quanto circonda la ragione e di muoversi nell'intuibile senza che la ragione sia in grado di descriverlo.
Il primo oracolo che analizziamo ci pone due condizioni dalle quali non posiamo derogare. La prima è la possibilità per l'Essere Umano di superare la ragione attraverso la sua intuizione e la seconda è l'esistenza di un intuibile fuori della ragione che solo l'intuire può raggiungere. Il paragrafo non ci dice la relazione esistente fra l'intuibile, l'intuire e la ragione, ma ci parla chiaramente della necessità di articolare l'intuire per modificare la ragione stessa. Ci dice inoltre dell'esistenza di categorie diverse dalla ragione attraverso le quali affrontare l'intuibile che ci circonda. Categorie che anche se vengono definite mediante parole appartenenti alla ragione non significano necessariamente quanto significano quelle parole, ma tendono a descrivere un modo di porsi che può diventare chiaro soltanto costringendo la ragione a farsi da parte affinché il nostro intuire raggiunga l'intuibile che si presenta ad esso.
Un'altra osservazione importante è l'assoluta assenza di dipendenza fra l'intuire e l'intuibile. Dove l'intuibile può sollecitare l'intuire del soggetto, ma è il soggetto che intuisce l'intuibile attraverso il suo intuire. Non esiste relazione di dipendenza fra l'intuire del soggetto e il possibile intuibile. Esiste la necessità della relazione esattamente come un fiume scorre sempre dal monte al mare. La necessità di adattamento soggettivo spinge l'intuire del soggetto a superare il determinato descritto dalla ragione per tuffarsi nel mare dell'intuibile, afferrare nuovi fenomeni e portarli alla ragione per modificare il modo soggettivo attraverso il quale guardare il mondo. L'intuibile non è padrone dell'intuire esattamente come il mare non è padrone del fiume. La diga che un soggetto erge fra l'intuibile e la sua capacità di intuirlo è la sua ragione: la necessità di determinare e descrivere l'intuibile stesso. L'intuibile non è dunque il dio padrone tanto caro ai cristiani, ma è il circostante cosciente consapevole di sé stesso che nella misura in cui un Essere Umano è in grado di intuire può chiamarlo a sorreggere la propria intuizione proprio perché la propria intuizione è in grado di alimentare l'intuibile delle Coscienze di Sé che dal circostante affrontano la loro oggettività intuibile di cui l'Essere Umano, nell'intuirle, è parte.
Qualcuno potrebbe mettere in dubbio l'affermazione asserendo: chi mi dimostra l'esistenza di un intuibile che io non sono in grado di intuire? Come posso pensare l'esistenza di un qualche cosa che io non posso raggiungere mentre tu ne affermi l'esistenza? Io costruendo me stesso e dilatando il mio percepire nel mondo che mi circonda alimento ed estendo continuamente il mio sapere e la mia conoscenza. Affrontando le condizioni della vita oggi non sono più ciò che ero un anno fa: ho alimentato il mio esistere espandendo me stesso. Non posso dimostrarti i miei cambiamenti a meno che tu non abbia camminato assieme a me. Insieme possiamo guardare indietro ed osservare come qualcuno esplode in un intuire e alimenta la propria crescita intuendo quanto lo circonda. E' l'Essere Feto che muore e nasce un bambino o una bambina. Questi Esseri nascono in un intuibile e la loro crescita e le loro trasformazioni sono relative alla quantità e qualità di intuibile che intuiscono e fagocitano. Vedendo l'attività da spettatori noi assistiamo all'intuizione del nuovo nato. Osserviamo il nuovo nato mentre intuisce e si espande. Attraverso quale meccanismo logico si può asserire che un Essere Umano adulto non vive in un intuibile? E' piuttosto la sua rinuncia ad intuire che separa il proprio intuire dall'intuibile. L'affermazione, dimostrami che esiste un intuibile da intuire, altro non è che l'accettazione sublimata della sconfitta dell'intuire soggettivo. Se è vero che quanto io non intuisco è come se quell'intuibile non esistesse è altrettanto vero che attraverso l'accettazione della sconfitta, generata dalla sottomissione, si blocca l'intuire affinché si separi dall'intuibile. Dal momento che la sconfitta non può essere riconosciuta dal soggetto (altrimenti modificherebbe il proprio stato) questi giustifica la separazione fra la propria intuizione e l'intuibile affermando che l'intuibile non esiste e pertanto non trova nessuna ragione logica per alimentare il proprio intuire.
Gli Oracoli Caldaici partono da una oggettività immanente rispetto all'Essere Umano, ma trascendente rispetto alla sua ragione e alla sua descrizione. Una realtà che non può essere compresa e descritta mediante la ragione, ma può essere praticata mediante l'intuire soggettivo che liberatosi dai fantasmi della ragione può avventurarsi.
Da qui prende il via la sequenza degli Oracoli Caldaici che abbiamo scelto di descrivere e commentare. La dualità umana viene definita come ciò che determina, la ragione, e ciò che intuisce, l'intuire. Questa dualità ci permette di collocare gli Oracoli Caldaici all'interno della tradizione pagana anche se, come tardo pagana, si riferisce alle religioni misteriche orientali che partendo da tradizioni Fenice, indo-iraniane, babilonesi, Caldee, Hittite altera la percezione per cogliere l'infinito del divenire umano. Dualità sempre presente fra descrizione e percezione dove l'una e l'altra interagiscono per costruire il dio che cresce dentro all'Essere Umano.
Naturalmente potremmo anche dire: "c'è un sentire che devi cogliere con il fiore del tuo sentire, perché se inclini verso di esso il tuo descrivere e lo concepissi come se descrivessi qualche cosa di determinato, non lo sentirai. E' il potere di una forza irradiante, che abbaglia per fendenti sensibili. Non si deve coglierlo con veemenza quel sentire,, ma con la fiamma sottile di un sottile sentire che tutto sottopone a misura, fuorché quel sentire; e non devi sentirlo con intensità, ma - recando il puro sguardo della tua anima distolto - tendere verso quel sentire, per intenderlo, un sentire vuoto, ché al di fuori della descrizione della ragione esso dimora.
2) Completamente rivestito del colmo di una luce risonante, armato anima e mente di una forza come spada tricuspide, getta nel cuore il simbolo della molteplicità come un grido di guerra - non ti aggirare per canali di fuoco disperdendoti,, ma concentrandoti.
L'intuire non è uno strumento che si può prendere ed usare come dato, ma deve emergere facendosi largo dai meandri dell'oscuro in cui la ragione lo ha cacciato. Usare l'intuizione per affrontare il circostante significa aver affrontato un processo mediante il quale la ragione è stata allontanata dal dominio dell'Essere Umano dopo che l'Essere Umano ha sconfitto i fantasmi che la ragione ha messo a guardia dei suoi confini. L'immane lotta che l'Essere Umano ha dovuto affrontare contro il proprio padrone lo ha portato a rivestirsi di una luce risonante. Che cos'è una luce risonante? E' la costruzione del corpo luminoso. E' la possibilità data alla sua Coscienza di Sé di poter agire attraverso l'intuito per poter spaziare nell'intuibile. La lotta che l'Essere Umano ha ingaggiato contro la propria ragione ha armato la sua anima e la sua mente. In altre parole ha costruito il suo corpo luminoso e nello stesso tempo gli ha fornito gli strumenti attraverso i quali muoversi nello sconosciuto che lo circonda. Lo sforzo che ha fatto per spodestare la sua ragione dal dominio di sé stesso lo ha armato di armi formidabili come una spada tricuspide! Ha armato la propria Coscienza di Sé di tutti gli sforzi che ha fatto per rivestirsi di "una luce risonante" e può gettare "nel cuore il simbolo della molteplicità". Questo passo è difficile da interpretare se non per chi ha una visione Pagana dell'Universo. L'Universo, come noi oggi lo conosciamo, è un insieme di Coscienze di Sé che tendono ad espandersi. Nella percezione alterata ottenuta mediante i sensi del corpo luminoso liberati dalla costrizione della descrizione della ragione si percepiscono tutte le Coscienze di Sé del circostante, le loro tensioni, la loro volontà, le loro determinazioni. La diversità e la molteplicità caratterizza quella percezione del mondo dove la ragione tende ad appiattire tutto per poterlo descrivere. Il riconoscimento della molteplicità sia dell'intuibile che ci circonda sia di quanto cresce dentro di noi e ci forma è un grido di guerra che l'individuo rivolge al mondo che lo circonda. E' il grido di guerra che dice: "Io sono!"; "Io esisto!". Mentre questo grido di guerra viene lanciato alla molteplicità del circostante, l'intuibile riconosce la presenza dell'Essere Umano. Lo riconosce come parte del suo intuibile con cui costruire le relazioni per divenire eterno mutamento dopo mutamento. L'intuibile si mette al servizio dell'intuito per alimentare l'intuito stesso che mentre si alimenta, alimenta l'intuibile. Così l'Essere Umano ha trasformato la sua esistenza in una sfida. In una sfida il cui scopo è costruirsi nell'infinito. Il frammento conclude con un avvertimento. Quando questo succede non disperderti nella molteplicità che vedi. Compattati; concentrati! Segui movimento dopo movimento. Non agire come se tu fossi ragione che vuole impossessarsi di tutto, compatta te stesso per muoverti, nuotare, agire nel tutto. Sviluppa il tuo Potere di Essere attraverso la tua concentrazione non tentare di appropriarti di tutto come farebbe la tua ragione. Il mondo nuovo, l'intuibile che percepisci, risponde a leggi diverse da quelle che la ragione ha tentato di importi. Risponde alle leggi del Potere di Essere di cui tu sei parte. Concentrati, compattati, non disperderti! I canali di fuoco sono le Coscienze di Sé che incontri! Sono gli déi che incontri mentre ti sei fatto dio. Non sei padrone degli déi, sei uno di loro e con loro puoi costruire le relazione. Anche se gli déi si mettono al tuo servizio per consentirti di costruirti non sei il loro padrone, ma sei uno di loro e a tua volta devi metterti al loro servizio trasformando te stesso in intuibile.
3) ... il padre sottrasse sé stesso, senza neppure racchiudere nella sua potenza neoetica il fuoco che gli è proprio.
Il problema per tutti coloro che trattano di filosofi e di religione non è ciò che è nel primo istante dell'universo,, ma nel secondo istante dell'universo. Il problema su cui discutere non è la fonte da cui l'universo come noi lo conosciamo procede, ma bensì la consapevolezza dell'universo nel secondo istante di vita. Se il primo pensiero fu la consapevolezza della necessità della trasformazione nella quale intervenne la volontà soggettiva nel secondo momento non c'è più consapevolezza, non c'è più Coscienza di Sé, non c'è più volontà, non ci sono più determinazioni. E' l'esistente che va verso la ricostruzione della Coscienza Universale. E' l'esistente che torna a formare il padre pronto ad un altro ciclo., ma in questo presente non c'è la volontà della trasformazione del primo momento, non c'è la Coscienza di Sé del primo momento, non ci sono le determinazioni e le necessità del primo momento e dunque non esiste una Coscienza da considerare, un padre da considerare, una volontà da considerare, ma c'è solo il presente che marcia nell'infinito dei mutamenti per la ricostruzione della Coscienza Universale. Un presente che assume su sé stesso in quanto composto da un infinito numero di déi la volontà e la responsabilità della costruzione della propria esistenza per diventare eterno. E' dunque rimasto il fuoco capace di costruire la Coscienza e la Consapevolezza nel momento in cui trova condizioni favorevoli, ma è scomparsa la Coscienza generatrice. Perché dunque ricordare Mani? Si ricorda Mani soltanto per distruggere la capacità della coscienza presente di germinare sé stessa diventando eterna cortocircuitando la sua attenzione su Mania costruendo, in questo modo, la sua distruzione.
Cosa significa "il padre sottrasse sé stesso"? Significa che il "padre" ha distrutto, annullato, la propria Coscienza di Sé e la propria consapevolezza. Significa che nell'esiste, in qualunque modo lo percepiamo, non esiste una Coscienza di Sé originaria dell'esistente stesso. Non esiste la coscienza creatrice. Non esiste una Coscienza determinatrice. Gli oracoli dicono che il "padre" sottrasse sé stesso senza neppure racchiudere nella sua potenza noeica il fuoco che gli è proprio. La potenza noetica sta ad indicare un insieme di qualità che vengono definite come mente (nel senso di intelligenza, ragione, senno, perspicaia e spirito come velocità di risposta) inoltre si intende pensiero, intenzione, progetto, scopo, modo di pensare e giudicare, sentimento ecc.. Il tutto come potenza infinita. La progettualità assoluta, il pensiero assoluto, lo scopo assoluto, l'intelligenza assoluta ecc.. Il fuoco che gli è proprio è la sostanza attraverso la quale queste qualità si esprimoro. La sostanza e la potenza noetica negli Oracoli Caldei stanno a indicare il padre., ma il padre ha sottratto sé stesso. Ha disperso il fuoco che gli è proprio dissolvendo in questo modo la sua potenza noetica. L'esistente, generato dal padre, vive e prospera in assenza del padre. Il padre non esiste in quanto ha sottratto sé stesso. Cosa rimane dunque? Il fuoco delle Coscienze nel presente, il nous delle consapevolezza che attraverso la sequenza dei mutamenti, espandendo sé stesse nel circostante iniziano il loro cammino nell'eternità per formare la Coscienza di Sé universo: il padre che compattando il fuoco della consapevolezza universale ricostruisce la sua potenza noetica!
Gli Oracoli Caldaici vanno interpretati partendo da questo. Vi sono frasi mancanti e spezzoni che dovrebbero essere integrati,, ma quello che i mutamenti ci hanno fatto pervenire è quello che noi usiamo per interpretare quanto ci circonda. L'interpretazione serve per mettere in bocca a qualcuno qualche cosa che costui non voleva dire o avrebbe detto in maniera diversa. Plotino è stato sconfitto. I cristiani hanno preso il suo pensiero e lo hanno usato per costruire sottomissione. L'Apprendista Stregone torna alla fonte per abbeverarsi. La fonte è come il crocicchio dal quale si era girato per prendere una strada. La strada ha portato in un baratro. Non tutti sono morti cadendo nel baratro. Qualcuno ha trovato un appiglio. Aggrappandoci a quell'appiglio qualcuno è uscito dal baratro ed è tornato indietro per quella strada. E' tornato al crocicchio. E' tornato alla fonte. Non ha trovato una fonte gorgogliante di forza e di vita ha trovato un piccolo zampillo che ancora gettava l'acqua della Conoscenza e della Consapevolezza. L'Apprendista Stregone allunga la mani e raccoglie l'acqua di quel zampillo. La porta alla bocca e con quel che resta della Conoscenza imbocca una nuova strada. L'acqua che egli ha bevuto lo ha attraversato. Gli racconta storie e leggende nelle quali c'era un tempo in cui molti Esseri Umani assaporavano la Conoscenza senza curarsi di trasmetterla, senza curarsi di come qualcuno l'avrebbe interpretata. Quel tempo non è più! Quei guardiani non conoscevano il tesoro che custodivano. Non conoscevano la sequenza dei mutamenti che la loro negligenza avrebbe favorito. Ora rimane solo uno zampillo dal quale attingere e un duro cammino da percorrere. L'Apprendista Stregone prende quello zampillo, ascolta le voci dei Lari, danza con la Ninfa e cavalcando come un Don Chisciotte percorre, costruendolo, un nuovo sentiero. Sento già le voci: "Quella traduzione era sbagliata!" "Trovato un nuovo frammento che invalida l'interpretazione!" "I vari frammenti sono combinati in maniera sbagliata!" "Il senso dei frammenti è stato travisato!". L'importante è che non venga travisato il senso della vita. Quando ci si immerge nei mutamenti tutto è chiaro; quando si riporta nella ragione tutto diventa complicato e oscuro. La sfida non viene vinta nell'interpretazione, ma nella capacità, attraverso questa, di incidere nella vita!
4) la potenza è con esso, e il nous da esso promana.
Dalla potenza il nous promana. Il nous proviene dalla potenza. La potenza come elemento d'origine del nous. La frase è limitata a questo e il tentativo di completare la frase mettendo come soggetto il padre che come detentore della potenza emana il nous è soggettività del traduttore e dell'interprete a cui il traduttore fa riferimento. L'interpretazione che mette come soggetto il padre è presa dal sistema educazionale cristiano dove un padre creatore sta all'origine delle cose. In questo caso non abbiamo nessun padre creatore e la frase deve essere presa per quello che ci è rimasto. Per l'interpretazione corretta è necessario togliere dunque la Coscienza e la Consapevolezza del padre che come abbiamo visto nel frammento precedente è stata sottratta, distrutta, e considerare la potenza in quanto elemento promanante il nous. Quel "esso" può essere interpretato come soggetto padre, ma anche come caos, cosmo, universo d'insieme nel quale è presente il potere dalla cui spinta il nous proviene. Quel "può essere interpretata" significa che chi è sottoposto a condizionamento educazionale cattolico può interpretarla soltanto come soggetto "padre". Per un cristiano-cattolico l'esistente è privo di divinità in sé. L'esistente non ha nous in sé e per sé, ma solo come riflesso o come emanazione di un creatore. Dal momento che l'esistente che ci circonda ha potenza e nous e che la potenza e il nous sono propri di ogni potenza e nous che ci circondano in quanto costruiti da quella potenza e da quel nous, non è possibile riconoscere potenza e nous di origine diversa dalla coscienza che li rappresenta. Potenza e nous sono dunque sostanza e qualità della coscienza e divergono da coscienza a coscienza in quanto ogni coscienza si è costruita in maniera diversa. Senza la sostanza non esiste il nous. Senza la potenza non esiste rappresentazione del nous; senza la presenza del nous la potenza non è Coscienza!
5) perché non con un diretto agire, bensì per mezzo del nous il fuoco primordiale trascendente include nella materia la sua potenza: è il nous germinante da nous l'artefice del mondo igneo.
Che cos'è il fuoco primordiale? E' la fame e la volontà del conoscere soggettivo che si manifesta nell'oggettività. Sono le direzioni di espansione della Conoscenza e della Consapevolezza. Sono primordiali quando rappresentano l'inizio di una sequenza di sviluppo di Coscienze. Il conoscere soggettivo non alimenta solo il conoscere del soggetto che lo esprime, ma alimenta il conoscere della specie cui appartiene. Il soggetto alimenta il fuoco della conoscenza soggettiva, ma alimenta anche la capacità di alimentare il fuoco della conoscenza e della consapevolezza della sequenza di sviluppo della specie cui appartiene. In questo paragrafo la potenza e il nous non appartengono più allo spazio siderale, al caos della luce, alla percezione del silenzio siderale,, ma assistiamo ad un agire della potenza nella materia. Lo spazio si è formato, l'Energia Vitale si è strutturata in una forma in cui la percepiamo. In questa forma e in questa struttura si immerge la potenza del fuoco primordiale. La materia costruisce una struttura stabile. Un'oggettività nella quale la potenza può trasformarsi in nous: in Coscienza di Sé!, ma non è il nous degli Esseri nello spazio. Non è il nous presente nelle Coscienze delle galassie, è il nous degli Esseri della Natura. E' il nous germinante dal nous l'artefice dell'Essere Natura! Prima che i pianeti possedessero una coperta non si era mai visto il nous germinare da un altro nous. Non si era mai assistito alla formazione di una Coscienza di Sé come separazione da un'altra Coscienza di Sé. Non si era mai visto il fuoco della Conoscenza e della Consapevolezza germinare dal fuoco della Conoscenza e della Consapevolezza. Si era sempre assistito al nous che si espandeva prendendo la potenza da quanto lo circondava,, ma mai la nascita di una nuova Coscienza indipendente dalla precedente. La materia che comprende il fuoco primordiale includendone la sua potenza. Così facendo la materia acquista Coscienza di Sé, costruisce la propria volontà e attraverso le proprie determinazioni sviluppa il proprio nous. Quella Coscienza fa ancora qualche cosa di più: germina un'altra Coscienza! Gli Esseri della Natura non soltanto sviluppano sé stessi, ma pongono le basi affinché coloro che generano siano nelle migliori condizioni possibile per sviluppare sé stessi.
Tutto questo non è opera di un dio creatore o di una volontà determinante, ma potenza e nous agiscono in quanto non possono fare diversamente data la loro natura. Agiscono in quel modo perché quella è la loro libertà. La libertà di ogni Essere è la via del proprio sviluppo. La potenza che costruisce la coscienza è nell'esistente. L'esistente determina lo sviluppo di sé stesso. Il presente è un insieme di déi che costruiscono loro stessi nell'infinito dei mutamenti costruendo le condizioni affinché questo possa avvenire al meglio.
Il germinante si riferisce anche al germinare del dio che cresce dentro l'Essere della Natura. Quel crescere è un germinare sia come sviluppo quantitativo (dalla prima cellula all'Essere adulto della Natura) sia in senso qualitativo cioè lo sviluppo della Conoscenza e della Consapevolezza dell'Essere a cui il divino che cresce si riferisce. Il germinare è visione universale del primo respiro della Coscienza di Sé che si differenzia da quanto la circonda al suo sviluppo. E' l'inizio dello sviluppo all'interno del mondo di luce e fuoco. Le Coscienze esprimono le proprie tensioni di sviluppo mandando sensazione di luce e fuoco. Il mondo delle Coscienze e delle Consapevolezza sottratte alla descrizione del mondo della forma appartengono ad un mondo che si percepisce attraverso il fuoco e la luce. Non che sia un mondo di fuoco e luce,, ma fuoco e luce sono le rappresentazioni della Coscienza nella percezione che supera la descrizione della forma forse perché fuoco e luce sono rappresentazioni all'interno della forma che descrivono le sensazioni di quanto la percezione alterata tenta di riportare nella descrizione della ragione.
6) come una membrana noetica che funge da cintura, HEKATE discerne il primo dal secondo fuoco, che anelano a confondersi.
Hekate è la morte del corpo fisico e la nascita del corpo luminoso. La cintura di Hekate è la separazione fra i due momenti nei quali si trasferisce la Coscienza e la Consapevolezza dal corpo fisico al corpo luminoso. HEKATE è la forza costrittiva che doma gli déi nel loro furore espansivo. HEKATE, per gli Esseri della Natura, è la membrana che separa la consapevolezza propria delle trasformazioni del divenuto del corpo fisico dalla consapevolezza propria del corpo luminoso. Nel quotidiano della ragione sparisce la memoria degli infiniti viaggi che la percezione degli Esseri compie. Non si può portare nel mondo della ragione l'immagine dei fuochi della consapevolezza senza essere annientati da chi quei fuochi li ignora e vuole imporre oblio. Non si può trasportare la descrizione del mondo della ragione nei mondi della percezione senza tentare di ridurre questi alla descrizione stessa. HEKATE separa i momenti delle trasformazioni. Il suo fuoco conduce gli Esseri della Natura dall'"abisso" della materia all'espansione nello spazio infinito fra le stelle. L'HEKATE dai tre volti ai crocicchi che manifesta in sé stessa la Coscienza di Sé Giano. Il luogo donde si proviene, il luogo nel quale si sceglie per costruire il proprio futuro (o se volete la strada per percorrerlo). La sua bocca emette il fuoco della Conoscenza e della Consapevolezza con la quale alimenta il bisogno di espansione di ogni Essere della Natura. HEKATE la portatrice del fuoco noetico che attraverso gli Esseri della Natura diventa consapevolezza e Coscienza di Sé. HEKATE che alimenta la determinazione della Coscienza di Sé ad aprirsi un varco nelle contraddizioni dell'esistenza attraverso le sfide della vita. Per questo HEKATE è l'occhio dell'Essere Toro, la voce degli Esseri Cani da caccia, i polpacci dell'Essere Leone, la caviglia dell'Essere Lupo e l'amore delle "cagne" determinate. HEKATE che congiunge l'Olimpo degli déi all'abisso dell'Essere Natura in cui i mortali tentano di costruire il dio che cresce dentro di loro: HEKATE principio e fine delle loro tensioni! HEKATE il Potere di Essere che separa la vita del corpo fisico dalla vita del corpo luminoso alimentandone, nell'uno e nell'altro, le trasformazioni.
7) a tutte le cose il padre diede compiutezza, e le affidò al nous secondo, che voi tutti chiamate primo, razza umana.
Tutte le trasformazioni si compiono in funzione della nascita e dello sviluppo della Coscienza di Sé. Qual è lo stadio più alto della consapevolezza? Come si può stabilire un primo o un secondo nella sequenza dello sviluppo della consapevolezza della Coscienza di Sé? Solo lo spettatore della consapevolezza altrui può analizzare la sequenza dei mutamenti e asserire che prima c'era questa e poi venne quella. Oppure ancora, prima c'era questo stadio di nous ora c'è quest'altro. All'interno del gioco della vita e dell'esistenza non ci sono spettatori. Ci sono solo attori che giocano la loro partita esercitando la propria volontà ed agendo secondo le proprie determinazioni. Attori che stanchi della recita si siedono in poltrona aspettando la fine della loro recita e, nel frattempo, affermano cose che assolutamente ignorano nei confronti di quegli attori che ancora continuano la loro recita tentando di arrivare là dove chi è in poltrona ha avuto paura o era troppo stanco per provarci. "Io ho raggiunto la meta!" dice l'attore stanco seduto in poltrona mentre guarda con disprezzo coloro che arrancano nella loro recita. "Il nous che raggiunsi è il primo nous!" afferma!, ma il nous è il nous che si adatta in modo diverso alle trasformazioni di ogni consapevolezza. La accompagna lungo il sentiero delle proprie trasformazioni. Non è il nous dell'Essere Cane che mi cammina a fianco, non è il nous dell'Essere Sole che mi abbaglia coni suoi raggi, non è il nous di quando Essere Feto mi dibattevo per trasformarmi nel grembo di mia madre. Il nous è il nous ed io descrivo il mondo in cui vivo nella speranza che i meccanismi aiutino le mie trasformazioni nell'infinito della percezione. "Io ho il primo nous!" dice l'attore stanco attendendo la sua dissoluzione: "Non tu che ancora stai recitando!". Credi di possedere il primo nous dell'origine dell'universo invece hai il secondo nous. Il nous è il nous. Non è né primo né ultimo è quello che la mia determinazione tende ad alimentare fintanto che sono attore della mia esistenza. Fintanto che articolando le mie determinazioni attraverso l'uso della volontà sento il fuoco di HEKATE spingermi nell'infinito dei mutamenti. Voi razza umana! Voi Esseri della Natura! Voi infimi sperduti in un infimo angolo dell'universo! Quale becero Essere sta guardando altri Esseri e li disprezza mentre tentano di dare l'assalto al cielo della Conoscenza e della Consapevolezza? "Io possiedo il primo sapere!" Non esiste il primo sapere! Esiste una via che alimenta il sapere! Esiste una trasformazione generata dal sapere! Il sapere non è possesso! Il sapere non è dono! Il sapere è conquista attraverso le proprie trasformazioni! Il sapere è oggetto della nostra trasformazione soggettiva! Non è posseduto; è il nostro mutamento! Il nous non è né primo né secondo! Il nous è trasformazione delle Coscienze di Sé che giungono a compimento. E' il loro processo di trasformazione! E' qualificazione della loro esistenza! Qual è il nous del mio corpo luminoso? Qual era il nous del mio essere Feto?
8) presso di lui siede la diade, ed essa ha entrambe le funzioni: contenere gli intuibili del nous, introdurre la sensazione nei mondi.
Necessità ed Intento esprimono le funzioni. Sono forze consapevoli che esprimono la necessità soggettiva di ogni intuibile del nous mentre si espande nel suo intuibile e nello stesso l'introduzione della sensazione nei mondi (al di là della rappresentazione soggettiva di mondo) lo trasforma in soggetto che intuisce componendo l'oggettività intuibile. Attraverso le trasformazioni introdotte nel soggetto dall'intuire questo muta l'oggettività dell'intuibile cui è parte. La diade, formata da Necessità ed Intento, permea ogni cosa ed ogni aspetto di ogni cosa spingendo all'infinito adattamento soggettivo di ogni intuire all'interno di ogni possibile intuibile. Necessità ed Intento esprimono la diade alla base del padre. Il padre non esiste ha dissolto la propria Coscienza e la propria consapevolezza nell'esistente. E' rimasta la sostanza dell'esistente che attraverso Necessità ed Intento introducendo la sensazione nel mondo, alimentando la relazione intuito e intuibile del nous riformano la Coscienza e la Consapevolezza di ciò che fu' in una forma che sarà in base alle scelte e agli adattamenti dell'intuito soggettivo negli intuibili oggettivi.
9) ...e di non trattenere nel tuo intuire
In questo frammento continua il discorso del frammento precedente. L'intuire del soggetto trasforma il soggetto stesso. Articola la sua Coscienza e la sua Consapevolezza. Sviluppa il suo Potere di Essere. Trattenersi nell'intuire significa trattenere il proprio cammino di sviluppo. Significa limitare sé stessi. La costruzione della Coscienza Universale, il padre figlio dell'esistente, si completa proprio perché gli intuibili alimentano sé stessi di intuizione. L'intuito attraverso l'intuire è a sua volta intuire dell'intuito in un vortice creativo della Coscienza e della Consapevolezza che alimentando il soggetto alimenta la Coscienza e la Consapevolezza dell'oggettività in cui l'intuire si manifesta. Trattenere l'intuire significa franare la qualità e la quantità di sviluppo attraverso il quale la Coscienza di Sé che intuisce partecipa alla costruzione della Coscienza di Sé Universo. Nessuno si trattenga dunque dall'intuire, ma espanda la propria intuizione in tutti gli anfratti del circostante arricchendo la propria consapevolezza rendendola pertanto attraente all'intuire del circostante stesso.
10) ... tutte le cose sono scaturite da un sol fuoco.
Tutto l'esistente trae origine da un solo fuoco. La luce primordiale che sfascia le tenebre dell'abisso primordiale. L'uovo ingravidato da Eros da cui promanano le cose dell'esistente. La distruzione di una Coscienza di Sé, di una Consapevolezza è all'origine del tempo. Un grande bagliore è l'origine del mutamento. Proprio attraverso il fuoco e la luce avviene la trasformazione soggettiva. Conoscere la qualità percepita dell'inizio ci permette di costruire l'immagine astratta all'interno della quale si muovano le nostre trasformazioni. La materia della nostra forma decade con un ciclo di mutamenti più o meno lungo,, ma il fuoco che Necessità e Intento alimentano il fuoco che cresce nella forma che deperisce. Tutto l'esistente è figlio di quel fuoco. Tutto l'esistente germina la propria Conoscenza e la propria Consapevolezza alimentando quella parte di fuoco attraverso lo sviluppo del proprio intuire. Ciò che resta, alla fine dei mutamenti e delle trasformazioni della forma che noi descriviamo è il fuoco della consapevolezza che la forma ha contribuito ad alimentare attraverso il processo di sfida e adattamento del proprio nous all'interno di tutti i nous con i quali è venuta in contatto. Tutto scaturisce da un solo fuoco; tutto l'agire alimenta lo stesso fuoco!
Fine della prima parte stesura 15 novembre 1999
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Piaz.le Parmesan, 8
30175 Marghera - Venezia
tel.041933185
E-mail claudiosimeoni@libero.it
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