COMMENTO ALL'ARTICOLO DE IL GIORNALE PUBBLICATO IL GIORNO 03 OTTOBRE 2004!


Scrive il giornalista S. L. nell'articolo pubblicato da Il Giornale:


“... Simeoni ha ricevuto in dono dalla moglie l'unica insegna del suo potere da portare appesa al collo: un pentacolo d'oro.  Che sarà anche una figura magica ma risulta uguale alla stella delle Br ( "eh no, quella aveva le due punte inferiori allungate " ) e al simbolo dei  satanisti  (  "eh no, quella ha le due punte inferiori capovolte verso l'alto a mo' di  corna per imitare la testa del caprone" ). Insomma, vietato rivangargli il passato o  attribuirgli intenti diabolici. In effetti al massimo potrebbe somigliare, anche per via della stazza, a Geppo, il satanasso buono dei fumetti anni 60.” 



Vilipendere: “tenere a vile, offendere, disprezzare” [Dizionario Garzanti della lingua Italiana ed. 1965]


Ricorda la Corte di Cassazione nel ricorrere in Corte Costituzionale contro l'articolo 405 del c.p. :


“La Corte di cassazione ricorda che la giurisprudenza costituzionale in materia ha subito una evoluzione storica, in quanto in un primo tempo la diversità di trattamento giuridico tra religione cattolica e altre religioni era giustificata dalla considerazione che il cattolicesimo era riconosciuto come fattore di unità morale della Nazione, e come tale formava oggetto di particolare protezione anche nell’interesse dello Stato, mentre, nell’attuale mutato contesto sociale e culturale, l’atteggiamento dello Stato non può che essere di equidistanza e imparzialità nei confronti di tutte le religioni, “senza che possano assumere rilievo il dato quantitativo dell’adesione confessionale a questa o a quella chiesa, e la maggiore o minore ampiezza delle reazioni sociali cagionate dall’offesa a questa o quella religione” (sentenza n. 508 del 2000).”



Scrive La Corte Costituzionale nella motivazione della sentenza N. 329 del 1997:


“Secondo la visione nella quale si mosse il legislatore del 1930, alla Chiesa e alla religione cattoliche era riconosciuto un valore politico, quale fattore di unità morale della nazione. Tale visione, oltre a trovare riscontro nell'espressione "religione dello Stato", stava alla base delle numerose norme che, anche al di là dei contenuti e degli obblighi concordatari, dettavano discipline di favore a tutela della religione cattolica, rispetto alla disciplina prevista per le altre confessioni religiose, ammesse nello Stato. Questa ratio differenziatrice certamente non vale più oggi, quando la Costituzione esclude che la religione possa considerarsi strumentalmente rispetto alle finalità dello Stato e viceversa (sentenze n. 334 del 1996 e n. 85 del 1963, nonché n. 203 del 1989).

La giurisprudenza di questa Corte, fin dalle sue prime decisioni, ha infatti posto a fondamento, quale oggetto di tutela penale da parte delle norme in questione, il sentimento religioso, non quale interesse dello Stato ma quale "interesse, oltre che del singolo, della collettività" (sentenza n. 125 del 1957). Nell'ambito della protezione di tale interesse collettivo, peraltro, fu riconosciuta la speciale preminenza della religione cattolica rispetto alle altre religioni e su questa base venne quindi giustificata la tutela penale della prima, rafforzata rispetto a quella offerta alle seconde, ritenendosi che da ciò non derivasse alcun limite al libero esercizio dei culti o alla condizione giuridica dei credenti (sentenza n. 125 citata). Valse allora come argomento la considerazione che la religione cattolica è, per antica e ininterrotta tradizione, quella professata dalla "quasi totalità" dei cittadini (così, ancora, la già ricordata sentenza n. 125 del 1957 e le sentenze n. 79 del 1958 e n. 14 del 1973).

Tale criterio, quale giustificazione di discipline differenziate in ordine alla protezione penale del sentimento religioso, è stato successivamente abbandonato dalla giurisprudenza di questa Corte. Nella sentenza n. 925 del 1988, in tema di reato di bestemmia, si è affermato che "il superamento della contrapposizione fra la religione cattolica, "sola religione dello Stato", e gli altri culti "ammessi", sancito dal punto 1 del Protocollo del 1984" rende "ormai inaccettabile ogni tipo di discriminazione che si" basi "soltanto sul maggiore o minore numero degli appartenenti alle varie confessioni religiose". E, da ultimo, nella sentenza n. 440 del 1995, si è precisato che "l'abbandono del criterio quantitativo significa che in materia di religione, non valendo il numero, si impone ormai la pari protezione della coscienza di ciascuna persona che si riconosce in una fede, quale che sia la confessione religiosa di appartenenza". In tal modo, la protezione del sentimento religioso è venuta ad assumere il significato di un corollario del diritto costituzionale di libertà di religione, corollario che, naturalmente, deve abbracciare allo stesso modo l'esperienza religiosa di tutti coloro che la vivono, nella sua dimensione individuale e comunitaria, indipendentemente dai diversi contenuti di fede delle diverse confessioni. Il superamento di questa soglia attraverso valutazioni e apprezzamenti legislativi differenziati e differenziatori, con conseguenze circa la diversa intensità di tutela, infatti, inciderebbe sulla pari dignità della persona e si porrebbe in contrasto col principio costituzionale della laicità o non-confessionalità dello Stato, affermato in numerose occasioni da questa Corte (sentenze n. 203 del 1989, n. 259 del 1990 e n. 195 del 1993): principio che, come si ricava dalle disposizioni che la Costituzione dedica alla materia, non significa indifferenza di fronte all'esperienza religiosa ma comporta equidistanza e imparzialità della legislazione rispetto a tutte le confessioni religiose.

L'evoluzione della giurisprudenza costituzionale rende infine improprio il riferimento, quale criterio giustificativo della differenziazione operata dalla legge, alla presumibile "maggiore ampiezza e intensità delle reazioni sociali che suscitano le offese" alla religione cattolica, criterio talora utilizzato in passato congiuntamente a quello quantitativo (sentenze n. 79 del 1958, n. 39 del 1965 e n. 14 del 1973). Il richiamo alla cosiddetta coscienza sociale, se può valere come argomento di apprezzamento delle scelte del legislatore sotto il profilo della loro ragionevolezza, è viceversa vietato là dove la Costituzione, nell'art. 3, primo comma, stabilisce espressamente il divieto di discipline differenziate in base a determinati elementi distintivi, tra i quali sta per l'appunto la religione. Tale divieto vale a dire che la protezione del sentimento religioso, quale aspetto del diritto costituzionale di libertà religiosa, non è divisibile. Ogni violazione della coscienza religiosa è sempre violazione di quel bene e di quel diritto nella loro interezza e tale dunque da riguardare tutti allo stesso modo, indipendentemente dalla confessione religiosa cui eventualmente si appartenga, cosicché non è possibile attribuire rilevanza, in vista della disciplina giuridica, all'esistenza di reazioni sociali differenziate. Diversamente ragionando, si finirebbe per rendere cedevole la garanzia costituzionale dell'uguaglianza rispetto a mutevoli e imprevedibili atteggiamenti della società. Se si considera inoltre che tanta maggior forza tali reazioni assumono quanto più grande è la loro diffusione nella società, si comprende la contraddizione insita nel subordinare a esse la garanzia dell'uguaglianza, una garanzia che, rispetto ad alcuni potenziali fattori di disuguaglianza (tra i quali la religione), concorre alla protezione delle minoranze.

E' significativo, a questo riguardo, che esplicite rivendicazioni di uguaglianza di trattamento in questa materia si trovino oggi espresse in intese stipulate dallo Stato con varie confessioni religiose minoritarie e tradotte in legge dello Stato. Vi può essere la richiesta di una generale disciplina equiparatrice (come è il caso dell'art. 1, comma 4, dell'Intesa con l'Unione delle Comunità ebraiche italiane del 27 febbraio 1989, recepito nell'art. 4 della legge 8 marzo 1989, n. 101, secondo il quale "è assicurata in sede penale la parità di tutela del sentimento religioso"), ovvero dell'eliminazione altrettanto generalizzata di ogni protezione penale speciale diretta del sentimento religioso (come è il caso, invece, dell'art. 4 dell'Intesa con la Tavola Valdese del 21 febbraio 1984; del Preambolo all'Intesa con le Assemblee di Dio in Italia del 29 dicembre 1986; del Preambolo all'Intesa con l'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia del 29 marzo 1993): in ogni caso, vi è convergenza nella rivendicazione di uguaglianza nel trattamento di fronte alla legge penale.””


Appare evidente come di tutto ciò al giornalista S. L. non freghi assolutamente nulla.

Lui viene ad intervistare un individuo che afferma di appartenere alla Religione Pagana Politeista, comunque definita ampiamente in internet da cui S. L. dice di essersi documentato, ma nel riferirsi al Simbolo Religioso adottato dalla Federazione Pagana afferma: “Che sarà anche una figura magica ma risulta uguale alla stella delle Br ( "eh no, quella aveva le due punte inferiori allungate " ) e al simbolo dei  satanisti  (  "eh no, quella ha le due punte inferiori capovolte verso l'alto a mo' di  corna per imitare la testa del caprone" ).”


Proviamo a fingere che il sig. S. L. sia assolutamente ignorante nei confronti dell'origine del significato religioso della Stella a cinque punte come usata dai Pitagorici e poi dai Greci e dai Romani (con le parole Igea o Salus), però lui AFFERMA che il simbolo religioso dei Pagani Politeisti risulta uguale alla stella delle BR e dei Satanisti.

Appare del tutto evidente come il Sig. S. L. stia tentando di far apparire, o tenta di indurre il lettore a pensare, la Federazione Pagana come equivalente a BR o Satanisti. E' vero che mette fra parentesi le mie obiezioni sull'uguaglianza del simbolo, ma non è l'uguaglianza del simbolo che interessa a S. L., quanto piuttosto associare, nell'immaginario del lettore, la Federazione Pagana a Satanisti e BR. Un'associazione che sottolinea con la mia volontà di concedergli l'intervista senza parlare del passato in quanto ininfluente sulla mia attività attuale con cui giustificare le sue illazioni giustificative: “Insomma, vietato rivangargli il passato o  attribuirgli intenti diabolici.” Se un ricercatore fosse realmente interessato a sapere che cosa successe in questo paese dal 1968 al 1981non avrei problemi a fornirgli la mia testimonianza, ma parlerei di quei fatti, non di quei fatti in relazione alla Federazione Pagana.


Sembra che il giornalista stia ammiccando al lettore dicendogli: “Si, lui dice così, ma chissà che cosa c'è sotto!”


La Repubblica del 15.07.2004 a proposito di Renato Curcio scrive: “.... sistemando con zelo le copie sul tavolo, scherza col suo amico don Alessandro Santoro, il prete scomodo delle Piagge, la periferia dimenticata di Firenze...” Chiesa cattolica e Brigate Rosse? No! Più semplicemente dopo la fine di un'esperienza si fanno altre scelte; scelte diverse!


Ed è negare questo che rappresenta offesa al sentimento religioso!

Dice la Corte di Cassazione, e sarebbe bene che il sig. S. L. vi meditasse sopra:

"In materia di critica religiosa -scrivono i giudici- è possibile e lecito, in ossequio alla libertà di pensiero, giungere a negare il fondamento dell'altrui credo religioso, ma solo quando tale giudizio sia frutto di un'argomentata esposizione di contrari principi dogmatico-dottrinali, e non apoditticamente affermato o, peggio ancora, correlato a finalità criminose o comunque illecite"


Equiparare la Federazione Pagana e le intenzioni di chi la fondò a Satanisti (che sono una diversa forma religiosa sempre all'interno del monoteismo) o alle BR, anche se solo ammiccando al lettore de Il Giornale, rappresenta un'affermazione apodittica con finalità criminose (offesa al sentimento religioso!).


Perché l'associazione che ha fatto S. L. del simbolo della Federazione Pagana con i simboli di BR e Satanisti è strumentale con finalità di offesa? Perché ha scelto esempi denigratori che possano colpire la fantasia dei suoi lettori.


Poteva scegliere decine di altri esempi, ma non l'ha fatto! Ha scelto quelli!


Poteva chiedersi perché la Stella a cinque punte è uno dei simboli fondamentali della Repubblica Italiana! Però non l'ha fatto. Eppure, basta guardare il proprio passaporto e vedere la stella a cinque punte.


Ricavo dal sito: http://www.quirinale.it/simboli/emblema/emblema-aa.htm#lettura


La lettura dell'emblema


L'emblema della Repubblica Italiana è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia. La stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell'Italia, sul cui capo essa splende raggiante. Così fu rappresentata nell'iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il famoso stellone); la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana e ancora oggi indica l'appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese. La ruota dentata d'acciaio, simbolo dell'attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Costituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale; la quercia incarna la forza e la dignità del popolo italiano. Entrambi, poi, sono espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo.

La Repubblica Italiana elabora un simbolo e lo riempie di significato: quel significato è manifestato da quel simbolo! Oppure, per S. L. la Repubblica Italiana è una Repubblica Brigatista? Non c'è un cerchio attorno alla Stella, ma ci sono delle fronde arboree disposte a cerchio!


Eppure, il significato che attribuiamo, come Pagani Politeisti, alla Stella a cinque punte è da molti anni presente in internet nelle pagine che lui afferma di essersi guardato per preparare l'intervista. Vedi: http://digilander.libero.it/barb3/fedpagansette.htm


Oppure sarebbe bastato guardare le bandiere degli Stati riconosciuti dalla Repubblica Italiana per vedere quanti di questi hanno una Stella a Cinque punte e molti di essi la raffigurano dentro un cerchio, come l'Etiopia o il Marocco: tutti Satanisti e Brigatisti rossi o sospettabili tali?


Insinuare il dubbio, come ha fatto S. L., rappresenta un comportamento squallido e infame finalizzato all'offesa del sentimento religioso. Alla denigrazione della Religione Pagana Politeista! In assoluto disprezzo del normale comportamento civico che si richiede alle persone e in disprezzo di principi sociali manifestati dalle supreme Corti della magistratura in questo paese.


Era a mia conoscenza che Il Giornale aveva dovuto pagare molto denaro per aver diffamato delle persone (l'ex P.M. Di Pietro ad esempio), ma pensavo che questo tipo di attività fosse stata abbandonata.


Con l'articolo di S. L. devo prendere atto che il vizio di denigrare o comunque di falsare la realtà o di presentare la realtà in maniera fuorviante o ingannevole al fine di assicurare ad altri un ingiusto profitto è ancora parte dell'attività editoriale de Il Giornale!


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A cura di:

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Membro fondatore della Federazione Pagana

Piaz.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

Tel. 041933185

E-MAIL: claudiosimeoni@libero.it


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