Gli operai mandati alla vigna
vangelo di Matteo 20, 1-16

di Claudio Simeoni

Il libro, Gesù di Nazareth: l'infamia umana, contiene l'analisi ideologica di Gesù

Cod. ISBN 9788893322034

Gli operai mandati nella vigna; padroni, operai e schiavi in Gesù

 

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Quanto vale un prodotto?

Il valore del prodotto si calcola in base al tempo di lavoro impiegato da ogni singolo individuo per trasformare una merce in un prodotto atto a soddisfare i bisogni umani.

Il tempo di vita delle persone è l'ipotetico valore assoluto del lavoro.

La mia vita, da 0 a 80 anni, circa, è composta da ore. Poi, le ore finiscono. Le ore che impiego per lavorare, sono le ore che mi devono consentire di vivere. Quelle ore hanno un valore e le ore di vita sono il minimo comune denominatore per ogni tipo di lavoro svolto della società.

Questa è la regola base del valore del tempo di lavoro al di là di come, nelle varie relazioni sociali viene applicata. L'applicazione specifica del modo di intendere il tempo di lavoro e il tempo di vita delle persone è uno dei parametri attraverso i quali si definisce un regime sociale.

Mentre, da un lato, Gesù si identifica nel adrone, padrone lui stesso degli uomini dopo aver rubato la vita degli uomini installandosi come padrone della loro vita, assistiamo alla definizione della società che Gesù intende definire sotto il suo regime assoluto.

Gesù dice che il regno dei cieli è simile ad un padrone che si appropria della vita delle persone e usa le persone a propria discrezione, per il proprio piacere e in disprezzo della vita delle persone.

Scrive il vangelo di Matteo:

Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.

Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi".

Quanto a quel giorno e a quell'ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre.

Vegliare per non essere sorpresi

Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata.

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà.

Vangelo di Matteo 20, 1 – 16

Anche in questo racconto il padrone è!

Il padrone è padrone in quanto tale e nessuno può sindacare il modo e la qualità del suo essere padrone. In quale modo egli ha costruito la sua proprietà perché è padrone.

In Gesù, come nei vangeli, non esiste nessuna trasformazione. Non è detto perché lui è il padrone e come lui, sottratto ad ogni legge, possa agire sulle persone.

Quali sono i rapporti che egli tiene con le persone?

A Matteo non interessa. A Matteo interessa stabilire che egli è il padrone e il suo giudizio è insindacabile.

Il quadro offerto da Matteo è un quadro costruito per i fini dimostrativi che si è proposto. Non sono ammesse osservazioni sulle premesse. Lui è il dio padrone e il dio padrone possiede. Questo per Matteo appare ovvio come appare ovvio per i suoi ascoltatori. La relazione padrone e lavoratori a giornata non è presa in considerazione.

Questo non prendere in considerazione sarà uno degli assunti dottrinali della chiesa cattolica che imporrà a chi non si può difendere. La realtà appare, magicamente, per volontà del dio padrone. Gli uomini stessi sono proprietà del dio padrone. Il dio padrone è l'unico soggetto che opera anche se nessuna opera che noi vediamo nella società è opera del dio padrone, ma piuttosto di uomini che hanno sacrificato il loro tempo di vita.

Se la chiesa cattolica costruisce una situazione disastrosa nei confronti degli Esseri Umani è perché dio lo ha voluto. Quel che dio consente alla chiesa cattolica nella sua attività di distruzione degli Esseri Umani non è lo stesso criterio che la chiesa cattolica applica a quanti reagiscono contro le sue perversioni. Costoro non reagiscono perché dio lo impone, ma reagiscono contro il volere di dio di cui la chiesa cattolica è la rappresentante. Ne consegue che il padrone è tale per volere del dio padrone e i lavoratori a salario sono tali per volere del dio padrone.

Il tempo degli uomini non è il tempo della loro vita, ma è proprietà del dio padrone. Quando un padrone dispone del tempo di un uomo senza averne concordato il prezzo per l'unità di tempo impiegato in base alle prestazioni richieste e, soprattutto, senza aver concordato i limiti di tempo che può usare, siamo in un regime sociale schiavista. Quello che piace tanto al padrone Gesù.

Il discorso fatto in questa parabola può essere letto solo in chiave di controllo dell'uomo e del suo tempo. Qualunque chiave di lettura si assume non si può prescindere dal fatto che esiste un padrone quale beneficiario di diritti e lavoratori privi di diritto. Sono talmente privi di diritti economici, etici e morali che non sono in grado nemmeno di progettare la loro esistenza. Costoro se ne stanno sulla piazza. Fermi, immobili. La disoccupazione che viene presentata non è la disoccupazione economica come siamo soliti considerare, ma è la disoccupazione dalla vita. Questi individui sulla piazza sono immobili. Non determinano loro stessi. Non chiacchierano, non si scambiano informazioni e non viene detto da Matteo com'erano soliti stare sulla piazza. Se cioè aspettavano un'occasione di lavoro o se giocassero ai dadi, se avevano casa o se avessero dei problemi.

I salariati di cui Matteo ci parla sono puri oggetti di possesso. Non hanno volontà, non hanno determinazioni, non sono persone in attesa. L'attesa è presentata dall'intervento del padrone. Il padrone li mette in moto. Il padrone dà loro una ragione di vita: "Lavorate per me per un soldo la giornata." . Con un soldo, quanto benessere si assicurano quei lavoratori?

Appare evidente la difficoltà del padrone. Egli deve portare a casa un raccolto. Se non raccoglie il raccolto marcisce. Il padrone non è in grado di raccogliere. Non ha capacità di lavorare e, dunque, la merce non viene raccolta non si trasforma in prodotto e non ha valore.

Il valore alla merce del padrone viene dato dall'operaio che, raccogliendo il raccolto, trasforma la merce in prodotto atto a soddisfare i bisogni umani. E' l'operaio che arricchisce il padrone perché l'operaio ha la capacità di lavorare.

Qual è il valore del lavoro dell'operaio? Il valore dell'operaio è dato dalla quantità di merce che può trasformare in prodotto nell'unità di tempo per il tempo in cui opera.

Il padrone di Gesù è stato umiliato.

Per non buttare via tutte le sue merci è stato costretto a promettere un salario a chi, avendo la capacità di lavorare, gli permetteva di non buttare via tutte le merci.

In questo caso non è tanto il denaro o la cifra pattuita, quanto l'essere stato costretto a pattuire riconoscendo all'altro una capacità di contrattazione nei confronti del padrone, del dio padrone.

Non è il padrone, il dio padrone di Gesù, magnanimo che soggettivamente concede qualche cosa in quanto egli può dare o togliere quello che vuole, ma è l'umiliazione del dio padrone di Gesù costretto a sedere al tavolo di trattativa con i salariati e lui, il padrone, è costretto a stilare un accordo perché, incapace di lavorare, perderebbe tutte le merci.

Il discorso esoterico cristiano è presto detto: lavori per me procurandomi schiavi (il lavoro nella vigna) e in cambio degli schiavi che mi procuri ti darò un denaro.

A questo padrone servono più schiavi, serve un maggior lavoro nella vigna. Però ora non è più alle strette come al mattino. Al mattino dovette abbassarsi e firmare un contratto di lavoro, ma ora si è già procurato chi lavora per lui. Ora, finalmente, può fare il padrone e fare quello che vuole. Ora non è più vincolato dalla necessità di contrattare per non perdere le merci. Ora deve riuscire ad avere la rivincita su chi lo ha costretto a firmare un contratto. Ora, il padrone di Gesù ha un solo problema mettersi nelle condizioni di non dover più firmare contratti e umiliare, indicandoli a disprezzo, coloro con cui ha firmato il contratto.

Il suo problema non sono i soldi, ma il controllo sulle persone. Il denaro conta soltanto nella misura in cui gli può assicurare il controllo delle persone.

Uscito alle nove del mattino incontra altri disoccupati sulla piazza del paese. Sempre persone che non sanno cosa fare, che non hanno problemi da risolvere, non hanno delle persone cui occuparsi, qualcosa da cercare o raccogliere. Sono sempre oggetti là, fermi, incapaci di formulare pensiero, incapaci di guardare il tempo o di fare qualche cosa: sono oggetti in attesa! Il padrone dice loro: "Andate anche voi nella vigna, quello che è giusto vi darò!"

Come mossi a nuova vita andarono. In questo caso non c'è più un accordo preventivo. In questo caso quelli che vanno devono accettare quanto egli darà loro in quanto quello che è giusto è determinato dalla sua soggettività. E' il padrone che determina quanto è giusto e quanto non è giusto. Chi ha accettato l'accordo ha accettato di lavorare e il concetto di giustizia del padrone. Un concetto di giustizia che si basa sulla soggettività del padrone e dunque un concetto di giustizia perverso e criminale perché ha alla sua base l'assolutismo monarchico.

Il padrone fa altre uscite su quella piazza e continua ad ingaggiare lavoratori per la sua vigna.

Da quanto si deduce dal pezzo ha imposto il suo concetto di giustizia nella retribuzione sia a quelli che ingaggia a mezzogiorno che a quelli che ingabbia alle tre.

Alle cinque apre le porte della vigna a tutti. Non c'è più promessa. Non serve: ha molti schiavi che gli procurano schiavi. Se qualcuno avanza pretese lui lo caccia. E' lui il padrone e in quanto tale fa quello che vuole, come vuole e quanto vuole.

Ci sono tre categorie di persone davanti al padrone; tre categorie desunte dai diritti che hanno maturato nel lavorare per lui.

Dove sta il concetto di giustizia di questo padrone?

"Io sono il padrone e faccio quello che voglio, ma soprattutto umilio colui al quale sono stato costretto a fare delle promesse precise!" Con gli operai ingaggiati al mattino ha stipulato un contratto. Ha stipulato un contratto da fame e discriminatorio. Ha valutato il loro lavoro in modo tale che essi dovessero sempre soffrire. Li ha truffati! Quanto valeva il loro lavoro? Quanto rendeva il loro lavoro al padrone? Con quale criterio il padrone valutava la paga? Li ha ingaggiati perché erano incapaci di valutare il valore del loro lavoro.

E' una condizione che capita spesso alle persone in povertà. Le persone, quando credono di aver perso tutto, di non aver più nulla da perdere, non si rendono conto che hanno ancora la cosa più importante sulla quale possono rifondare la loro vita: sé stesse! Non conoscono il valore di sé stesse. Proiettano sul mondo il valore delle cose, ma non si sono fermate a dare un valore a sé stesse. Un valore alla loro persona.

Queste persone non si rendono conto che anche se sono state derubate di tutto hanno ancora loro stesse. E mentre quelle persone tralasciano sé stesse perché disperate di non aver nulla, il dio padrone cristiano provvede a derubarle del loro tempo, della loro vita, della loro capacità di lavorare.

Se gli operai del mattino avessero detto al padrone, "Noi veniamo, ma dacci 10 soldi" invece di un soldo, il padrone glieli avrebbe dati. Ma loro erano Esseri Umani e in quanto tali il padrone li truffava nascondendo il vero valore del loro lavoro. Oltre a questo, il padrone doveva umiliarli. D'altronde, non si erano già umiliati tutto il giorno sotto il sole per una cifra miserevole. Tanto miserevole che il padrone poteva darla anche a chi non aveva lavorato tanto lui non avrebbe sofferto di miseria, ma aveva salvato la sua merce e ora poteva venderla come prodotto.

Il padrone deve umiliarli perché loro hanno fatto un accordo con lui e il padrone non accetta di fare accordi con nessuno. Le persone si devono mettere in ginocchio e supplicare. Devono confidare nel padrone, non in sé stesse. Perché non hanno, essi stessi, piantato la vigna? Perché il padrone le ha violentate costringendole a girare sfaccendate tutto il giorno per la città. Non può non averle violentate per impedire loro di piantare la vigna perché loro, a detta di Gesù, a differenza del padrone, hanno la capacità di lavorare. La condizione della miseria umana è quella che maggiormente piace al pazzo di Nazareth perché quando gli Esseri Umani supplicano nella miseria non pongono condizioni all'arbitrio del padrone: lui stesso e ai suoi rappresentanti.

Il problema che gli operai dovevano porsi era: quanto valeva dunque il mio lavoro se chi ha lavorato solo un'ora merita un denaro?

Io sono stato tuffato. Certo, dice il padrone, ma te la sei voluta pretendendo un contratto con diritti anziché confidare nella mia bontà. Questo ti serva di lezione. Hai preferito risparmiare anziché confidare sulla provvidenza che ti avrebbe fatto vincere al totocalcio. Io, dice il padrone Gesù, sono il tuo totocalcio e tu puoi vincere, perché devi confidare in te stesso? Ve di che l'altro ha vinto al totocalcio? Ha lavorato poco e ha avuto molto. Tu hai voluto confidare in te stesso e hai avuto poco. Costoro si sono umiliati e io pago il fatto che hanno accettato di essere umiliati senza che chiedessero un contratto a chi li stava umiliando: questo pago, non il lavoro!

Ammettendo che la giornata abbia reso al padrone cento denari ed egli abbia ingaggiato due operai ad ogni uscita per un totale di dieci e considerando che la giornata lavorativa sia stata di dieci ore per i primi, sette ore per i secondi, quattro per i terzi, tre per i quarti e una per gli ultimi dovremmo affermare che il totale delle ore lavorate per ottenere l'incasso del padrone era di cinquanta ore lavorative.

Di cento denari incassati dal padrone quaranta sono stati prodotti da chi ha lavorato dalla mattina alla sera ed appare ovvio, in questo caso, la necessità del padrone di non svelare il valore del lavoro dei primi due operai affinché questi non siano coscienti di quanto sono stati truffati. Si può affermare, dato il guadagno del padrone, che gli operai che non rivendicano contratto, ma che sono contenti del trattamento ricevuto e dunque pronti a servire in una seconda occasione quel padrone, sono pagati col sudore degli altri che hanno lavorato dalla mattina alla sera e che attraverso il loro lavoro consentono al padrone di umiliarli.

Non è dunque il padrone che è buono, ma il padrone di Gesù è un truffatore che abbassando al minimo le condizioni vitali delle persone nel Sistema Sociale, da un lato sancisce il proprio potere di controllo sugli Esseri Umani e dall'altro impone la propria soggettività alla quale pretende sottomissione.

Il padrone di Gesù non è "buono", ma un delinquente che imponendo la propria soggettività oggi in merito a come pagare, domani impone la propria soggettività per bruciare le persone. Quando la soggettività si sottrae al giudizio di regole sociali oggettive ha il solo scopo di distruggere il divenire delle persone distruggendo giustizia sociale e sostituendola con i bisogni di dominio di un soggetto o di una casta.

Io faccio quello che voglio io, dice il padrone. Gli ultimi saranno primi non tanto per il loro impegno, ma per l'umiliarsi e il distruggersi nel chiedere la carità, "sia fatta la tua volontà" che rendendoli ultimi sono utili allo scopo del padrone di Gesù funzionali per distruggere chi manifesta determinazione e libertà sociale. Io, dice Gesù, userò chi si umilia, chi è disperato, affinché il Sistema Sociale sia composto da disperati e allora non mi chiederà quanto io pagherò, ma lavorerà e accetterà quanto la mia bontà vorrà loro concedere.

Umiliare gli Esseri Umani per renderli bestiame del gregge mentre viene condotto al macello. Vedremo in altri scritti come questo principio sia un elemento fondamentale della distruzione degli Esseri Umani, dei Sistemi Sociali e dei loro tentativi di costruirsi nell'eternità dei mutamenti.

Gesù di Nazareth pretende il diritto di bastonare le pretese di giustizia sociale degli Esseri Umani sottomettendole al proprio arbitrio di morte, di ladrocinio e di ingiustizia.

L'indicazione di sottomettere gli Esseri Umani all'arbitrio soggettivo è sottolineato nella seconda parte della storiella del pazzo di Nazareth presa in considerazione. "Voi" dice: "Non potrete mai sapere quando saranno le cinque e farvi ingaggiare dal padrone per ricevere una compensa come quelli che hanno lavorato per l'intera giornata.". "Voi" dice: "Non potete mai sapere quale sarà il momento della paga!" Nessuno lo sa, solo il padrone!

Siate sottomessi e lavorate sempre perché se non sarete sottomessi al momento dell'arrivo del padrone sarete sorpresi. Anche quando venne mandato il diluvio c'era qualcuno che mangiava e che beveva. Poi venne il diluvio e quegli imbecilli, anziché vivere sottomessi, furono travolti. Sottomettetevi, non mangiate, non bevete, non soddisfate i vostri bisogni né quelli della società: andate piuttosto a lavorare nella vigna del dio padrone, sottomettetevi al suo arbitrio.

Noè si è sottomesso ed è entrato nella barca con tutta la sua famiglia. Gli altri non si accorsero di nulla finché non venne il diluvio e spazzò via tutto.

Così sarà anche quando il padrone degli uomini, cioè il pazzo di Nazareth, verrà a reclamare il possesso degli uomini.

Seguono due preposizioni che appartengono ad un esoterismo sconosciuto da Matteo. Sono due proposizioni che appartengono alle religioni misteriche Adoniste e simili. Prendere l'uno e lasciare l'altro; prendere uno di due appartiene alla costruzione del corpo luminoso all'interno dell'Essere Umano. L'Essere Umano è vissuto costruendo il proprio corpo luminoso, all'atto della morte del corpo fisico uno lo rende e l'altro lo lascia. Il fatto che la frase appartenga alle religioni misteriche e venga rubata da Matteo per un effetto scenico sugli astanti che l'ha inserita in un contesto diverso, è dimostrato dalla ripetitività della frase. La stessa azione è fatta dall'uomo ed è fatta dalla donna. Il soggetto che sceglie, nelle religioni misteriche, è la Coscienza come rappresentazione dell'Essere in sé che può trasferirsi dal corpo fisico al corpo luminoso. Quando il corpo luminoso è costruito molto presto, la scelta può avvenire passando dall'uno all'altro.

Matteo pone la scelta fra due uomini e due donne ad opera del suo pazzo profeta. Il suo pazzo profeta, esercitando la propria soggettività, decide di prendere questo e lasciare quello. Il padrone che possedendo gli uomini uno lo prende e l'altro lo butta nella spazzatura. Non agisce per necessità, ma per esercitare il suo potere con cui compiacersi di possedere le persone. Gesù si compiace di possedere gli Esseri Umani che egli considera bestie del gregge nel quale scegliere il soggetto da macellare.

Nell'ultimo paragrafo Matteo manifesta quanto è il suo pazzo profeta. E' facile pensarla come un esempio allegorico, ma va letta letteralmente.

Il Gesù di Matteo, Matteo stesso e la chiesa cattolica sono dei ladri che entrano di notte nelle case degli Esseri Umani per scassinare, devastare e distruggere la loro conoscenza e la loro Consapevolezza. Se gli Esseri Umani sapessero che questa è l'attività di Gesù, di Matteo e della chiesa cattolica si cingerebbero i fianchi di grande potenza per impedire la propria devastazione. Invece, sottomessi confidano nella bontà del ladro. Anziché vegliare per costruire la propria Conoscenza e la propria Consapevolezza preferiscono sottomettersi all'illusione di una promessa di grande ricompensa fatta dal ladro mentre li sta rapinando della vita imponendo sottomissione.

Matteo dice agli Esseri Umani di sottomettersi per non essere danneggiati dal ladro!

Matteo dice ai suoi seguaci di prepararsi ad essere bastonati dalla soggettività del suo dio padrone che di due uomini, a sua discrezione, uno lo prenderà e uno lo bastonerà. Di due donne una la prenderà e una la bastonerà.

Per bastonare una persona è necessario che la persona sia sottomessa e impossibilitata a reagire: sottomettersi a Gesù di Nazareth significa essere accettare di essere bastonato da chi ruba la vita agli uomini. Accettare di essere bastonati da Gesù non danneggia solo la vita dell'uomo bastonato, ma anche dei suoi figli, che saranno indotti a sottomettersi alle bastonature, e l'intera società che, oltre che entrare in sofferenza per la loro sottomissione ad un padrone, sarà privata delle loro possibilità per costruire nel presente il loro futuro.

Questo è il senso del diritto del dio padrone, della chiesa cattolica e del pazzo di Nazareth nella richiesta di libertà nell'esercizio della propria soggettività: poter fare quello che si vuole agli Esseri Umani sottraendo tali crimini al giudizio di chi potrebbe giudicare la malvagità nelle azioni di Gesù, del suo dio padrone, di Matteo e della chiesa cattolica.

La malvagità espressa nel privare dei diritti sociali gli Esseri Umani, i cristiani la chiamano bontà!

Marghera, 08 febbraio 2000

 

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Modificato per la pubblicazione il 22 novembre 2015

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Il cristianesimo è un modo per distruggere il divenire degli uomini. Per capire la strategia di distruzione dell'uomo del cristianesimo è necessario leggere i vangeli e interpretarli alla luce dell'uomo ridotto in schiavo obbediente, oggetto di possesso e privato della propria capacità di vivere e abitare il mondo in nome del dio cristiano che altri non è che il Macellaio di Sodoma e Gomorra, il criminale che ha distrutto l'umanità e la Natura col Diluvio Universale e che ordina il genocidio dei popoli per favorire i criminali del Popolo Eletto.