Significato di Teogonia:
L'insieme dei miti che illustrano l'origine e la discendenza degli Dèi in chiave simbolicamente antropomorfica.
La Religione Pagana, i poeti e la filosofia
La Religione Pagana e la Teogonia di Esiodo - Indice Generale
I limiti degli eccessi e delle passioni rappresentano degli Dèi. Gli Dèi sono ciò che va oltre quello che noi consideriamo il comportamento dell'uomo comune. Il DIO è colui che forza i limiti in cui il comportamento dell'uomo, la conoscenza dell'uomo, la percezione dell'uomo, come socialmente divenuto, è limitata e circoscritta.
Nella vita dell'uomo, come nella vita di tutti gli Esseri della Natura, ci sono limiti che appaiono come delle condizioni naturali o condizioni socialmente approvate, che vanno valicati per introdurre nella vita dell'uomo delle variabili che ne modifichino continuamente l'equilibrio sociale, emotivo, economico, che ha raggiunto. Ogni modificazione è uno squilibrio che sovverte gli equilibri precedenti e che richiede un riequilibrio in un piano diverso di ricomposizione. La ricomposizione è un progresso esperienziale che amplia le capacità della specie degli Esseri Umani, nel nostro caso, delle società, del singolo individuo a plasmare la propria energia vitale all'interno della tensione che lo spinge verso un futuro possibile.
Questa condizione, essenziale per costruire il divenire della vita, è rappresentata dagli Dèi Titani figli di Giapeto e Climene.
Giapeto viene indicato con un nome che ha la sua radice nel perforare, nell'aprire un varco, ed è spesso associato all'ovest, la direzione nella quale "va il sole"; il futuro.
Climene, figlia di Oceano e Teti, ha il nome dalla radice del verbo "clou" che significa "rinomato, celebre o famoso". La stessa radice, in altri sistemi di interpretazione del mito, la troviamo associata a Climeno come appellativo di Ade.
Scrive Esiodo nella Teogonia tradotta da Romagnoli:
Sposò Giapèto un'Oceanina, Climène, fanciulla
dal bel malleolo, seco sali nel medesimo letto.
E quella generò Atlante dal valido senno,
poi generò Menezio coperto di gloria, e l'accorto
Promèteo scaltro, ed Epimetèo mentecatto, che prima
causa del male fu per quanti manducarono pane:
ch'egli accettò da Giove la vergine sculta nel fango.
Poi, Giove onniveggente, nell'Erebo spinse Menezio
il tracotante, su lui scagliando il suo fumido strale,
per l'arroganza sua, pel grande soperchio di forze.
Per duro fato Atlante sostiene l'amplissimo cielo,
presso all'Espèridi, voci soavi, al confin della terra:
ritto col capo lo regge, con l'infaticabili mani:
tale destino per lui stabili l'assennato Cronide.
E d'infrangibili ceppi dogliosi avvinghiò Prometèo,
mente sottile, a metà d'una stele, e a lui sopra sospinse
l'aquila, il rapido augello, che il fegato ognor gli sbranava;
e il fegato immortale via via tutto attorno cresceva,
la notte, quanto il giorno sbranato ne aveva l'augello.
Ma infine al mostro alato die' morte il figliuolo d'Alcmena,
il prode Ercole, e franco mandò da quel morbo funesto
il figlio di Giapèto, lo sciolse dai gravi cordogli:
non già contro il volere di Giove signore d'Olimpo :
questi anzi volle che sopra la terra, maggiore di prima
d'Ercole volle che fosse la gloria, del figlio di Tebe.
Esiodo, Teogonia 507 531
I limiti che vengono superati dai figli di Giapeto e Climene sono:
1) Vedere prima degli accadimenti gli effetti che avranno gli accadimenti (come scelte e come azione);
2) Ignorare completamente gli effetti degli accadimenti e produrre l'accadimento in base ai propri desideri e non per gli effetti che si vuole ottenere;
3) L'assoluto progetto; l'agire per progetto e solo per progetto pensato, dove l'escogitare, il pensare e l'agire è all'interno del desiderare e dell'essere come soggetto che abita il mondo progettando il suo abitare il mondo;
4) L'infaticabile, il possente, il perseverante;
Questi sono i quattro limiti che i figli di Glimene e di Giapeto spingono a superare.
Atlante; l'infaticabile.
Menezio; Dal verbo menoinao che significa penso, medito escogito o anche desidero e bramo.
Prometeo; Colui che vede in anticipo.
Epimeteo; Colui che vede le cose dopo il loro accadimento.
Da Giapeto e Climene si generano le forze divine attraverso le quali gli Esseri della Natura costruiscono loro stessi in quanto Dèi. I figli di Cronos hanno costruito l'oggettività divina nella quale gli Esseri costruiscono loro stessi. Non hanno costruito l'oggettività divina affinché altri Esseri diventassero essi stessi Dèi, ma hanno costruito l'oggettività divina perché soltanto in questo modo possono camminare nell'infinito dei mutamenti. I figli di Cronos hanno costruito le condizioni affinché la vita si esprimesse nelle profondità dell'Essere Terra, Rea, nei mari infecondi e nell'atmosfera. Questi Dèi sono le profondità dell'Essere Terra, sono il Mare e l'Atmosfera. Non sono, come vorrebbero gli adoratori del macellaio di Sodoma e Gomorra, gli Dèi del ... Ma questi Dèi sono gli enti che noi vediamo. I figli di Crono permettono ad Era di germinare e costruirsi nei mutamenti: l'Essere Natura. I figli di Cronos determinano anche la strategia attraverso la quale i nati da Era possano crescere e divenire: Estia la Verità; Demetra la Libertà. Dove Estia fissa il livello di libertà raggiunto dagli Dèi e Demetra spinge per l'esercizio della loro Libertà al fine di giungere ad una nuova Estia.
Gli Esseri che germinano nel seno di Era debbono necessariamente alimentare Era o possono aspirare a qualche cosa di diverso di Era? Chi germina nel seno di Era è solo Era o può essere diverso da Era? Era è solo oggettività che alimenta Sé stessa, oppure è anche un crogiolo nel quale nuovi Dèi divengono per costruire la loro eternità?
Ecco giungere in soccorso ai germinati in Era i figli di Giapeto e Climene. I figli di Era non sono solo parti di Era che crescendo ne alimentano le trasformazioni, il Potere di Essere e il suo divenire nell'eternità dei mutamenti, ma possono trasformarsi in Dèi a loro volta alimentando dentro di loro i Titani figli di Climene e Giapeto.
Questi Dèi, parlando dal punto di vista dell'Essere Umano come noi oggi lo conosciamo e per quello che siamo in grado di descriverlo, lo trasformano da Essere Umano che con la sua esistenza contribuisce, alimenta e partecipa al divenire di Era, in un Essere Umano che fonda la propria esistenza nella costruzione della propria Libertà. Un Essere Umano che anziché costruirsi e fondersi con Era costruisce sé stesso in funzione del suo bussare ed esigere il suo posto nell'Olimpo.
Sono i figli di Giapeto e Climene che, sorgendo nel cuore degli Esseri Umani, consentono loro di trasformarsi in Stregoni.
E' interessante l'etimologia da cui deriva il nome di Giapeto oppure, se volete e forse è più corretto, è interessante conoscere l'immagine definita col nome di Giapeto.
Secondo l'etimologia, Giapeto ha dato origine al verbo iapto che significa, in greco, deformare, perforare, lanciare o colpire. Questo Potere di Giapeto si esprime all'interno degli Esseri della Natura attraverso le manifestazioni, in essi, dei suoi figli. La deformazione, il lanciare il penetrare e il colpire passano attraverso Climene. Il deformare, quanto modifica la propria realtà, deve essere magnifico. Così il lanciare ed il colpire deve raggiungere la magnificenza che mille canti fra gli Esseri Umani celebrano per chiedere imitazione. L'imitazione nella costruzione del proprio percorso di Libertà.
Giapeto e Climene, uniti in amore, danno origine alle forze della Libertà all'interno degli Esseri della Natura. Non una Libertà qualsiasi, ma la Libertà dello Stregone dalle condizioni nelle quali Era, l'Essere Natura, vuole costringerlo per riaffermare sé stessa.
Atlante, l'infaticabile!
L'Essere che all'interno della propria specie regge il mondo. Regge il mondo affinché la propria specie possa andare oltre quel mondo; oltre quella descrizione; oltre quel vivere. Fra gli esseri di ogni specie esiste sempre chi riesce a farsi Estia. Quest'Essere, fra gli Esseri che da Giapeto camminano verso l'eternità è il farsi Atlante. Costoro prendono sulle proprie spalle il mondo e lo reggono affinché altri Esseri della propria specie possono costruire sé stessi. E' come se costoro tenessero aperta la porta dell'infinito per consentire alla propria specie di passare oltre. Ad Estia è sufficiente la conservazione del presente e la modifica di questo presente conservato avviene esclusivamente per l'intervento di Demetra che modifica gli equilibri. Estia dice: non si torna indietro da questa conoscenza, si va avanti: non si torna indietro da questi principi di libertà, si possono solo ampliare; non si torna indietro da questi equilibri economici, si può solo migliorarli. Atlante è colui che regge lo scontro; regge il mondo tenendo aperte le porte di un futuro possibile oltre la morte del corpo fisico.
Atlante è un grande guardiano. Un Guardiano talmente grande che è il solo in grado di portare a termine un'impresa affidata ad Ercole. Ercole dovrebbe prendere i pomi della Conoscenza, della Consapevolezza e dell'eternità dal giardino delle Esperidi. Ercole non è in grado di portare a termine quest'impresa e allora si rivolge ad Atlante. Accetta di reggere sulle sue spalle il mondo se Atlante porta a termine l'impresa. Atlante non è furbo! Atlante è ligio al proprio dovere all'interno delle necessità della propria specie. Così ci si racconta che Ercole imbroglia Atlante dimenticando che Atlante può essere ingannato da Ercole in quanto Ercole è l'Essere Umano che costruisce sé stesse nell'infinito mentre Atlante gli mantiene aperta la porta dell'infinito (trad. di Apollodoro).
Non si affatica Atlante nel tener aperta la porta dell'infinito alla propria specie. Egli sfida gli Dèi. Egli è Atlante, figlio di Giapeto e Climene ed è il Guardiano dell'eternità per gli Esseri, nati nella Natura, della propria specie.
Il secondo figlio di Giapeto e Climene di cui voglio parlare è Menezio. Anche in questo caso l'analisi del significato ci permette di rinunciare all'uso della percezione alterata in quanto le cose coincidono. Dai dizionari di greco leggiamo che Menezio deriva o dà vita al verbo menoinao che significa desidero e bramo oppure medito, penso ed escogito. Le due significazioni vanno concatenate. Da qui il significato che seguendo le mie brame e il mio desiderio io penso, medito ed escogito la migliore strategia per soddisfare la brama o il desiderio che mi assalgono. In questo caso la visione della Stregoneria è uguale al significato. O meglio, se preferiamo, non è necessario esporre una visione ed imporla quando il dizionario di greco ci permette di avallare quanto sto dicendo.
Proprio perché Menezio prefigurava l'azione dello Stregone che usava la propria forza spinto dai suoi desideri e dalle sue brame, ma coscientemente, in quanto la direzione nel suo uso era frutto del suo pensiero, della sua meditazione e perciò della sua strategia, Zeus lo colpisce e tenta di distruggerlo. Lo spinge nell'Erebo! Lo spinge nel dimenticatoio affinché gli Esseri della Natura non comprendano come agendo, concentrando la propria forza e il proprio Potere di Essere attraverso i propri bisogni e le proprie brame, si possono legare gli Dèi costringendoli a camminare al propria fianco. Menezio viene cacciato nell'Erebo! Solo l'Essere Umano che afferra nelle proprie mani la responsabilità della propria esistenza è in grado di camminare con coraggio nell'Erebo, afferrare Menezio, alimentare il proprio cuore e costruire la propria strategia nell'eternità che costringerà Zeus ad aprire le porte dell'Olimpo. MENEZIO è la capacità dell'Essere Umano, nel nostro caso, di vivere strategicamente. La capacità dell'Essere della Natura di costruire e sviluppare il DIO che da dentro di sé spinge per divenire nell'eternità dei mutamenti. Menezio è il vivere strategicamente dell'Apprendista Stregone.
Scrive Esiodo nella Teogonia tradotta da Romagnoli:
Poi, Giove onniveggente, nell'Erebo spinse Menezio
il tracotante, su lui scagliando il suo fumido strale,
per l'arroganza sua, pel grande soperchio di forze.
Esiodo, Teogonia 514 516
Esiodo ci dice che il terzo figlio di Giapeto e Climene viene immediatamente legato e torturato da Zeus.
Prometeo si alzò, con tutto il suo potere di Essere davanti a Zeus e gli disse: "Qualunque cosa tu vuoi o tu farai: io esisto!" "Se tu non mi aprirai le porte dell'Olimpo io, calato in ogni Essere della Natura, le scardinerò!".
Esiodo non inizia a raccontarci le imprese o le azioni per le quali Prometeo viene incatenato, ma ci premette come venga liberato da Eracle non senza il consenso di Zeus.
Scrive Esiodo nella Teogonia tradotta da Romagnoli:
"E d'infrangibili ceppi dogliosi avvinghiò Prometèo,
mente sottile, a metà d'una stele, e a lui sopra sospinse
l'aquila, il rapido augello, che il fegato ognor gli sbranava;
e il fegato immortale via via tutto attorno cresceva,
la notte, quanto il giorno sbranato ne aveva l'augello.
Ma infine al mostro alato die' morte il figliuolo d'Alcmena,
il prode Ercole, e franco mandò da quel morbo funesto
il figlio di Giapèto, lo sciolse dai gravi cordogli:
non già contro il volere di Giove signore d'Olimpo :
questi anzi volle che sopra la terra, maggiore di prima
d'Ercole volle che fosse la gloria, del figlio di Tebe.
Dunque onorò, per questo riguardo, l'illustre figliuolo,
l'ira frenò, per quanto crucciato, che prima lo ardeva
contro Promèteo, che aveva con lui gareggiato in astuzia.
Perché, quando a Mecone contesero gli uomini e i Numi,.
Esiodo, Teogonia 521 535
Prima di conoscere perché Zeus abbia legato Prometeo, proviamo ad analizzare quanto scritto in prefazione.
Così scopriamo che una delle doti di Prometeo era quella di possedere "vari pensieri!". Questi "vari pensieri" erano vari progetti. Erano vari tentativi di dare l'assalto al cielo della conoscenza e della consapevolezza. Prometeo, per Esiodo, aveva "vari pensieri" perché era in grado di progettare il futuro in vari modi. Cosa si avventa su Prometeo legato con lacci dolorosi? Un'aquila ampia d'ali! L'aquila, in percezione alterata, è l'Essere Natura, Era, che si nutre e si sviluppa attraverso la consapevolezza degli Esseri che dal suo grembo germinano. Quest'aquila si avventa per tormentare Prometeo. Lei ghermiva il suo fegato, ma il suo fegato ricresceva. Quale tormento! Prometeo ricostruiva sé stesso e Era tentava di nutrirsene. Prometeo tentava di dare l'assalto al cielo della Conoscenza e della Consapevolezza, ma era legato con inestricabili lacci e con legami dolorosi.
Come le Streghe che davano l'assalto al cielo della Conoscenza volando sul bastone di nocciolo o sulla scopa sfuggendo da inestricabili lacci che un potere, che ben più perverso e vile di Era si imponeva loro, così Eracle allontanò la coercizione da Prometeo. Prometeo aveva costruito la libertà per gli Esseri della Natura, di Era, e gli Esseri della Natura, praticando la loro Libertà allontanarono la sciagura da Prometeo salvaguardando, con questo, lo sviluppo di Era.
Non senza il consenso del cielo, né senza il consenso di Era, né senza il consenso di tutti gli Dèi, vennero aperte le porte dell'Olimpo ai nuovi Dèi, alle Coscienze di Sé che germinate nel seno di Era, spinte dal Titano Prometeo, bussavano a quelle porte per entrare nell'infinito. In tal modo costoro possono onorare Zeus. Possono onorare Zeus dando l'assalto all'infinito sulla loro scopa, sul loro bastone di nocciolo o qualunque forma assuma le ali della loro volontà, la falce con la quale Gaia ha armato Cronos, i suoi figli e i figli dei loro figli. E' inutile l'arrabbiatura di Era nei confronti dei suoi figli, come è inutile l'ira di Zeus. I figli uccidono il padre per costruire il loro futuro. Uccidere il padre significa separare il proprio percorso nell'eternità da quello del padre. Così i figli di Era onorano Era separandosi da Era. Era è furiosa. I figli si separano da essa ed ella deve rallentare il proprio divenire, ma proprio perché i figli si separano da essa ella alimenta la qualità della propria esistenza. Non più generatrice di Esseri che contribuiscono a costruire la sua Coscienza, ma generatrice di Dèi che determinando sé stessi la trascinano in un infinito che Lei non avrebbe mai immaginato.
Così Prometeo, il figlio di Giapeto e di Climene diventa il grande figlio di Zeus che non ricorre a trucchi per costruire sé stesso, ma sfidando il padre degli Dèi gli impone la Coscienza e la Consapevolezza dei suoi stessi figli ai quali egli, il grande Zeus, deve deferenza. Per questo Zeus è definito, al contempo, padre e figlio di ogni Essere germinato nella Natura.
E' Eracle, figlio del cielo che scioglie Prometeo, ma è Prometeo, figlio di Giapeto e Climene che consente ad Eracle di agire e determinare sé stesso nei confronti di Zeus perché Ercole lo ha espresso nelle sue azioni.
Zeus apre le porte dell'Olimpo quando qualcuno costruisce abbastanza Potere di Essere per puntargli un coltello alla gola determinando la propria esistenza. Prima di aprirgli la porta dell'Olimpo, Zeus ed Era, tentano di contrastarlo in vari modi.
Proviamo a vedere quali sono le colpe di Prometeo!
Scrive Esiodo nella Teogonia tradotta da Romagnoli:
"Perché, quando a Mecone contesero gli uomini e i Numi,
un gran bove offerì Promèteo, con subdola mente,
e lo spartì, traendo la mente di Giove in inganno.
Perché le carni tutte, l'entragne con l'adipe grasso
depose entro la pelle, coperte col ventre del bove,
e a lui le candide ossa spolpate, con arte di frode,
offrì, disposte a modo, nascoste nel lucido omento,
O di Giapeto figlio, famoso fra gli uomini tutti,
quanto divario c'è, tra le parti che hai fatte, mio caro!
Così Giove, l'eterno consiglio, crucciato gli disse.
E gli rispose così Promèteo, lo scaltro pensiero,
dolce ridendo, né fu dell' arti di frode oblioso:
Illustre Giove, sommo fra i Numi che vivono eterni,
scegli quello che più ti dice di scegliere il cuore .
Disse, tramando l'inganno; ma Giove, l'eterno consiglio,
bene avvisata la frode, ché non gli sfuggì, nel suo cuore
sciagure meditò contro gli uomini; e furon compiute.
Il bianco adipe, dunque, levò con entrambe le mani,
e si crucciò nel cuore, di bile avvampò, quando l'ossa
del bue candide scorse, composte con arte di frode.
Di qui l'usanza venne che sopra gli altari fragranti
bruciano l'ossa bianche dei bovi i mortali ai Celesti.
E nel suo cruccio, Giove che i nugoli aduna, gli disse:
O di Giapèto figlio, che sei d'ogni cosa maestro,
dunque obliata non hai, caro amico, la tua frodolenza .
Così, crucciato, il Dio dagli eterni consigli diceva;
e da quel giorno, mai non dimenticando la frode,
agli uomini tapini che vivono sopra la terra,
nati a morire, la forza negò dell' indomito fuoco.
Esiodo, Teogonia 535 564
Zeus subisce l'inganno di Prometeo. Ma quale inganno? Quale ingiustizia ha subito Zeus? Nessuna, e lui lo sa bene. Egli era a conoscenza dei propositi di Prometeo, ma non poteva farci nulla. Doveva subire quanto Prometeo stava architettando. Prometeo era pronto. Forte e allenato ad affrontare gli Dèi. Questi gli si potevano avventare contro, ma Prometeo non arretrava. Li guardava nel viso forte di sé stesso. Così il grande Zeus, pur consapevole dell'inganno che Prometeo gli stava preparando, non poteva sottrarsi. Doveva accettare di essere ingannato.
Eccolo Prometeo il DIO degli Dèi di stirpe umana che determinava sé stesso. Lo sapeva Zeus che Prometeo voleva ingannarlo, ma come sfuggire al suo inganno se egli bussava alle porte dell'Olimpo? Qual era l'inganno che Prometeo escogitava per il grande Zeus? Lasciare ai figli di Era ciò che ai figli di Era apparteneva e dare agli Dèi ciò che gli Dèi avrebbero potuto usare. Cosa serviva agli Esseri Umani? La carne! Cosa serviva del sacrificio agli Dèi? L'attenzione con la quale gli Esseri Umani avrebbero sacrificato agli Dèi. Dunque, non era necessario bruciare in olocausto quanto veniva sacrificato, ma era sufficiente l'intenzione di sacrificare quanto agli Esseri Umani non sarebbe servito.
Allora, Esiodo amico mio, qual è l'inganno subito da Zeus? Gli Esseri Umani si sono sottratti ai loro padri: Era e Zeus! Gli Esseri Umani, come ogni altro Essere della Natura, cerca la propria Libertà nell'infinito delle trasformazioni. Questo è l'inganno di cui Zeus, pur a conoscenza, non poteva sottrarsi. Questo è l'inganno costruito da Prometeo. Libertà avrebbe abitato fra gli Esseri della Natura, fra i figli di Era, e li avrebbe sottratti al destino che Zeus ed Era avevano preparato per loro. Essi si sarebbero sottratti grazie dalla grande falce che Gaia aveva costruito per Cronos, per i suoi figli e i figli dei suoi figli. La stessa falce usata da Zeus per determinare sé stesso nei confronti del padre Cronos e da Era per costruire gli Esseri che in sé stessa germinavano.
Rideva sommesso il grande Prometeo. Non per l'inganno che stava architettando che agli occhi di Zeus era palese, ma rideva sommesso perché davanti a quell'inganno lo stesso Zeus sarebbe stato meravigliato e avrebbe scelto favorendo l'inganno stesso.
Come poteva il grande Zeus scegliere per danneggiare gli Esseri Umani?
Cosa ne avrebbe fatta, lui, della carne del bue bruciata sull'altare? Gli Esseri Umani si sarebbero sacrificati se lui avesse scelto in maniera diversa. Lui li avrebbe privati della carne. Gli avrebbe costretti a compiere olocausti privandoli del benessere come migliaia di anni dopo avrebbe fatto il dio padrone degli ebrei. Avrebbe svantaggiato gli uomini senza avvantaggiare sé stesso. Lui non è il dio degli ebrei che chiede la distruzione della vita. Egli è il grande Zeus che non si nutre di morte e di miseria. Davanti all'inganno egli, il DIO degli Dèi accetta la sconfitta che sottolinea la sua grandezza. Non umilia Prometeo per non umiliare gli sforzi degli Esseri Umani di costruire sé stessi nell'infinito e, nel fare questo, egli determina la costruzione del suo futuro.
Questo non significa che la sconfitta non gli bruci. Egli, il DIO degli Dèi umiliato dal figlio di JAPETO senza possibilità di rivincita.
Vendetta sia!
Non la vendetta che ripari l'offesa. Questa è arte degli zotici. La vendetta che costruisca oggettività nella quale chi osò lanciare la sfida sia costretto a concentrare tutto sé stesso per superare la nuova difficoltà.
Mai più i legni brucino del fuoco della conoscenza e della consapevolezza.
Questo decretò il grande Zeus. Il fuoco della conoscenza sia levato ai figli di Era; mai più il loro sentiero li conduca all'Olimpo.
Scrive Esiodo nella Teogonia tradotta da Romagnoli:
E nel suo cruccio, Giove che i nugoli aduna, gli disse:
O di Giapèto figlio, che sei d'ogni cosa maestro,
dunque obliata non hai, caro amico, la tua frodolenza .
Così, crucciato, il Dio dagli eterni consigli diceva;
e da quel giorno, mai non dimenticando la frode,
agli uomini tapini che vivono sopra la terra,
nati a morire, la forza negò dell' indomito fuoco.
Ma l'ingannò di Giapèto l'accorto figliuolo, e la vampa
che lunge brilla, a lui furò dell'indòmito fuoco,
entro una ferula cava. Nel mezzo del cuore fu morso
Giove che freme dall' alto, di bile fu pieno il suo cuore,
come fra gli uomini vide la vampa che fulge lontano;
e un male, a trar vendetta del fuoco, creò pei mortali.
Esiodo, Teogonia 557 569
I figli di Era con l'aiuto di Prometeo si erano ribellati a Zeus. Hanno deciso sì di onorare gli Dèi, ma senza privare il proprio divenire delle possibilità di farsi DIO. Dal momento che non vogliono danneggiare la loro fisicità, Zeus li priva della possibilità di usare il fuoco della Conoscenza e della Consapevolezza. Prometeo ruba quel fuoco agli Dèi. Lo nasconde in un legno cavo e lo riportò agli Esseri Umani.
Prometeo è l'Essere Umano che si fa DIO esercitando l'arte di appropriarsi del Potere di Essere. La conoscenza che alimenta il Potere di Essere di un individuo va rubata. Alcuni Esseri la mostrano, altri la dimostrano, ma solo gli Dèi sanno afferrare la Conoscenza che incontrano fagocitarla e farla propria. Prometeo usa la sua forza, la sua capacità di farsi DIO per trascinare con sé tutta la sua specie. Prometeo non usa la sua forza per umiliare il più debole, non usa la sua forza per impossessarsi di qualche cosa a discapito di chi non può difendersi, non usa la sua forza per distruggere, ma usa la sua forza nei confronti del cielo. Prometeo dà l'assalto al cielo della Conoscenza e della Consapevolezza, pronto a rubare quanto incontra e quanto gli può servire, trascinando in quest'azione l'intera sua specie. Prometeo non inganna chi non si può difendere, ma inganna chi ha pretese diverse dalla costruzione del proprio esistere.
Questa è la possibilità degli Esseri della Natura: dare l'assalto al cielo. Farsi Prometeo in continue relazioni col mondo. Non si tratta di ingannare Zeus scegliendo la parte migliore, si tratta di non danneggiare sé stessi e i propri cammini di conoscenza con scelte di sottomissione e deferenza che bloccano lo sviluppo di sé stessi. Zeus non toglie la conoscenza agli Esseri della Natura, ma se gli Esseri della Natura vogliono la conoscenza devono rubarla perché la conoscenza è l'unica cosa che si deve rubare per averla e il suo furto non danneggia il derubato. Devono farsi Prometeo e afferrare la conoscenza. Come tanti Prometeo, gli Esseri della Natura sono incatenati alla roccia della forma della specie in cui sono germinati. Incatenati in quella forma subiscono le aggressioni dell'Aquila, le relazioni dialettiche all'interno della Natura, che divora loro il fegato della consapevolezza. Lo divora giorno dopo giorno e ogni notte, nel sonno, la consapevolezza viene disgregata per riaggregarsi diversa il mattino seguente. E' necessario che ogni individuo, di ogni specie della Natura, si faccia Ercole per spezzare le catene della forma. Queste sono le condizioni che Zeus ha costruito. Solo allora gli Esseri germinati nella Natura possono accedere all'Olimpo.
Prometeo sfida Zeus; ogni Essere della Natura deve sfidare Zeus.
Prometeo impone a Zeus di rimanere al suo posto, di continuare a trasformarsi nel grande DIO qual è, ma senza danneggiare gli Esseri che dando l'assalto al cielo della Conoscenza e della Consapevolezza costruiscono i loro cammini per diventare a propria volta Dèi.
Prometeo rivive nel cuore di ogni Essere che dà l'assalto al cielo della Conoscenza e della Consapevolezza. Rivive in ogni azione che un Essere, qualunque sia la sua specie, determina sé stesso nei confronti dell'infinito. E' il potere e la presenza di Prometeo che trasforma l'Essere della Natura in un DIO.
E' questa trasformazione che incute timore negli Dèi. E' per questa trasformazione che Zeus lega Prometeo alla forma. Ma Eracle lo libera. Eracle percorre un sentiero di conoscenza e consapevolezza attraverso le sfide della propria esistenza per trasformarsi in un DIO. Eracle, figlio di Zeus, libera il Prometeo dentro sé stesso affinché si muova libero fra gli Esseri Umani pronto ad alimentare nuovi percorsi di Conoscenza e di Consapevolezza.
Ed ecco il fuoco della Conoscenza e della Consapevolezza risplendere fra gli Esseri figli di Era. Ecco, ora danno l'assalto al cielo. Ora danno l'assalto all'eternità!
NOTA: Le citazioni della Teogonia di Esiodo sono tratte dalla traduzione di Ettore Romagnoli "Esiodo i poemi" Edito da Nicola Zanichelli Bologna 1929
Appunto trasmissione radiofonica del 2000 inizio revisione 18 settembre 2014
Marghera, 18 ottobre 2014
Pagina tradotta in portoghese
Tradução para o português 24/B) Jápeto, Clímene e os seus filhos: Prometeu, Atlas, Menoécio e Epimeteu na Teogonia de Hesíodo
La Religione Pagana e la Teogonia di Esiodo - Indice Generale
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Presentazione del libro "La stirpe dei Titani" di Claudio Simeoni
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Quando si percorre un sentiero di Stregoneria
si conosce l'inizio, ma non si sa dove porterà.
Per questo motivo l'impeccabilità deve essere a fondameto
di ogni nostra decisione.
La Religione Pagana ha forgiato una propria visione del mondo, della vita e del venir in essere delle coscienze fin dalle origini del tempo. Tali idee collimano nel tempo presente con le idee delle religioni e dei culti prima dell'avvento della filosofia e furono osteggiate militarmente dall'odio cristiano contro la vita. Analizzare Esiodo ci permette di chiarire il punto di vista della Religione Pagana.
Oggi possiamo dire che le religioni del Mito erano religioni evoluzionistiche in cui gli Dè erano parte della materia e dell'energia in perenne modificazione e in trasformazione e la religione non stabiliva le "verità del Mito", ma stabiliva le condizioni opportune affinché uomini e donne potessero trasformarsi in Dè come parte di un mondo in trasformazione.
La bellezza non รจ un oggetto in sé, ma dipende dagli occhi "belli" di chi guarda l'oggetto e scorge in esso la "bellezza che lui è". In questo senso solo chi è aperto al mondo scorge la bellezza nel mondo. Solo chi è aperto agli Dèi scorge l'intelligenza negli oggetti del mondo e le relazioni fra questi e la sua stessa intelligenza.
In altre parole, le Antiche Religioni, prima della filosofia, erano "evoluzioniste" e non "creazioniste"; dal punto di vista sociale diremmo che erano religioni "democratiche" e non "assolutiste" o "dittatoriali". La divinità era la materia e l'energia e non un soggetto esterno alla materia e all'energia.
Sito di Claudio Simeoni
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Tel. 3277862784
e-mail: claudiosimeoni@libero.it
Ultima modifica marzo 2024
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