L'origine dell'idea di usare la crocifissione
come ideale religioso

Claudio Simeoni

Il libro, Gesù di Nazareth: l'infamia umana, contiene l'analisi ideologica di Gesù

Cod. ISBN 9788893322034

Crocifissione e Aretè

 

Varie idee che emergono dai vangeli

 

Da dove nasce l'idea dei cristiani di trasformare la crocifissione, che a quei tempi era la condanna a morte praticata dai Romani per alcuni delitti, in un modello con cui propagandare la sottomissione degli adepti spingendoli a praticare la distruzione del corpo e la negazione dei desideri?

Fino a quando si è creduto che un tale chiamato Gesù sia esistito si poteva ipotizzare che i cristiani avessero preso quella condanna a modello fondante la loro religione. Ma dal momento che il Gesù dei cristiani non è mai esistito, in quale contesto una pena della condanna a morte per delitto poteva trasformarsi in un ideale religioso?

Chi ha costruito la religione cristiana, i neoplatonici, Filone di Alessandria, Giuseppe Flavio, Eudoro d'Alessandria, gli accademici neoplatonici che si erano trasferiti ad Alessandria dopo la chiusura dell'Accademia di Atene ad opera di Silla e probabilmente il Circolo degli Scipioni (o quel che ne restava) con Seneca più altri.

La necessità era quella di "imbrigliare" le idee apocalittiche e messianiche che fomentavano l'ambiente ebraico introducendo una religione che partendo dall'assolutismo zelota approdasse all'accettazione della sofferenza e della sottomissione sociale.

Come accade sempre in questo tipo di operazioni politiche e sociali, perché gli individui si dovrebbero identificare con i sofferenti e non con quelli che impongono sofferenza? Perché dovrebbero identificarsi negli schiavi anziché nei padroni che gestiscono gli schiavi?

Che onore c'è nell'accettazione della sofferenza per la sofferenza quando si può imporre sofferenza per garantirsi il proprio benessere?

 

Invano si è tentato, nel corso dei secoli, di dare credibilità ai racconti sulla crocifissione raccontata nei vangeli ufficiali.

Alla fine, più che provare l'esistenza di tale Ponzio Pilato in un'epoca e il riconoscimento che la pratica del crocifiggere era una condanna a morte per schiavi e ribelli ai tempi di Roma, non si è riusciti a provare nulla di quanto scritto sui vangeli cristiani.

Prima di entrare nel merito della crocifissione è necessario inquadrare il racconto dei vangeli nel progetto di incidenza sociale di cui i vangeli sono portatori. Scopo dei vangeli (Marco, Matteo, Luca e Giovanni) è la distruzione dell'Essere Umano (in quanto persona che determina sé stessa nella vita sociale, morale ed emozionale) in un oggetto di possesso che rinunciando a sé stesso sia disponibile a soggettivare la propria situazione di oggetto posseduto dal dio padrone di cui il Gesù di Nazareth, suo figlio, è l'emanazione che viene gestita dagli evangelisti stessi (e poi per essi dalle chiese cristiane e dalla chiesa cattolica in particolare).

Gli evangelisti scrivono i vangeli legittimando il possesso degli individui da parte del loro Gesù in quanto figlio del dio padrone. Legittimando il possesso degli individui da parte del padrone, essi ne assumono le veci, quali facenti funzione in terra, e quella che è la descrizione di un povero pazzo che millanta il possesso degli individui diventa attività delle chiese cristiane che saccheggiano la terra per riaffermare il loro possesso degli individui in quanto rappresentanti in terra del dominio del dio padrone: dunque, dio padrone esse stesse.

Come il possedere individui da parte del cristianesimo è ad imitazione dell'attività descritta nei vangeli di Gesù, così anche l'individuo posseduto deve praticare la soggettivazione della propria sottomissione ad imitazione dell'attività del Gesù nei vangeli. Sia chi possiede individui che chi riproduce il proprio essere posseduto, deve essere ad imitazione di Cristo.

Nel cristianesimo sia la distruzione degli Esseri Umani sia l'autodistruzione degli Esseri Umani mediante assoggettamento è sempre un comportamento sacro che viene premiato dal dio padrone dei cristiani.

Sia il possesso di individui (e l'arbitrarietà sia nel possederli che nella gestione del possesso) che l'accettazione soggettiva di essere posseduti diventa imitazione di Cristo nel quale gli individui possono identificare la loro attività nel quotidiano: tutti (schiavi e padroni) ritengono la loro posizione premiale agli occhi del dio padrone in quanto tale attività è ad imitazione di Cristo.

La Via Crucis, intesa come rappresentazione sacra di esaltazione e morte che avrebbe subito il Cristo, diventa l'indicazione alla sofferenza da parte della chiesa cattolica a tutti gli uomini: tutti gli uomini devono soffrire in questo modo al fine di ottenere la "salvezza eterna".

Il simbolo della croce che porta la chiesa cattolica è il simbolo della sofferenza che la chiesa cattolica vuole imporre agli Esseri Umani. Tutti coloro che portano il simbolo del crocifisso altro non fanno che dire al mondo che li guarda: "Io sono un cristiano e devo costringerti a soffrire affinché tu possa imitare il Gesù di Nazareth!" Questo è quanto fanno i missionari nelle vari parti del mondo; questo è quanto fanno i cristiani in questo paese nei confronti di chi non è cristiano!

La crocifissione del pazzo di Nazareth non è mai avvenuta, per il semplice fatto che il pazzo di Nazareth non è mai esistito. In compenso è esistita la sofferenza provocata dai cristiani ad imitazione di quella descrizione ottenuta dai vangeli.

Un tentativo recente di fabbricare delle prove che attestassero l'esistenza del pazzo di Nazareth mediante l'incisione posticcia di una scritta su un'antica urna funeraria è naufragato nel ridicolo con una denuncia di truffa di chi aveva fabbricato la prova.

Perché nei vangeli, per imporre sofferenza ad imitazione del loro profeta si è usato proprio il simbolo del supplizio per crocifissione?

Inizialmente avevamo dato delle risposte.

Perché gli evangelisti si rivolgono a persone deboli,m sia dal punto di vista culturale che sociale. Sono quelle persone che per la loro collocazione sociale hanno già accettato una sorta di sottomissione e dipendenza ed è per loro più facile imporre la sottomissione al loro dio a persone che già hanno la predisposizione psichica ad essere dipendenti e sottomesse ad un padrone e non hanno una cultura sufficiente per gestire in maniera diversa il proprio stato. La croce, allora, era la pena comminata a Roma per lo schiavo ribelle e l'esempio del loro Gesù che veniva appeso sollecitava una identificazione con tutti coloro che avrebbero voluto ribellarsi ai loro padroni o alle loro condizioni di vita e che sapevano che quella sarebbe stata la loro fine. Identificarsi con colui che viene sì condannato alla croce, ma poi li "frega" tutti risorgendo (come molti DEI facevano sia in seguito alle loro imprese sia nei passaggi delle stagioni).

Lo scopo degli evangelisti non era quello di indicare una via di libertà, bensì quello di sostituirsi ai loro padroni per possederli in maniera più completa (con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima), tanto da costringerli a provocare disordini al fine di esaltare tale sottomissione.

Questo modo di leggere gli avvenimenti era un modo a posteriori. In effetti noi partivamo dagli effetti prodotti dall'uso dottrinale della crocifissione per comprendere gli scopi di quell'elaborazione. Nel far questo concedevamo agli evangelisti una lungimiranza che loro non avevano. Ciò che conduceva le loro azioni era questa voglia di impossessarsi degli Esseri Umani, di sottometterli a loro stessi. Nella loro dottrina non c'è una progettualità, ma c'è questa tensione volta ad appropriarsi di ogni più piccola cosa e questa tensione li porta ad elaborare dei concetti dottrinali vili nel loro presente, ma che trovando delle condizioni favorevoli d'applicazione diventano distruttivi per gli Esseri Umani (come è stato).

Pertanto, non si trattava di sapere cosa ha provocato l'uso della crocifissione e nemmeno perché lo hanno fatto (appare evidente), ma si tratta di sapere a che cosa si sono ispirati per descrivere questa loro favola.

Si trattava di rispondere a questa domanda: esiste nella storia un esempio di una persona crocifissa, magari innocente o che abbia mantenuto un comportamento considerato nobile, abbastanza famosa in Palestina a quei tempi da venir usata come base sulla quale i cristiani hanno costruito l'immagine della crocifissione del loro Gesù?

Un'immagine della crocifissione che ha potuto superare l'indagine del tempo perché sovrapposta ad una storia precedente, vera, che ha reso verosimile la favola dei cristiani finendo per aver ingannato per 2000 anni l'intera umanità?

Un mito precedente che anche se non è sparito dalla memoria degli uomini una cultura cattolica tende a far sparire dalla conoscenza comune?

Ciò che ci rendeva perplessi è che la favola della resurrezione è facilmente individuabile nel comportamento di molte divinità appartenenti alla mitologia, mentre nessuna divinità in nessuna mitologia distrugge sé stessa e pone questa distruzione a modello degli Esseri Umani.

La questione è che l'episodio della crocifissione usato dagli evangelisti cristiani per costruire l'imitazione di Cristo non è preso dalla mitologia antica, ma da un episodio reale. Pensandoci bene appare logico: un dio non necessita di sacrificarsi per altri DEI, ma un uomo può sacrificarsi per il Sistema Sociale in cui vive o per salvare i propri progetti. Il sacrificare sé stessi appartiene al comportamento umano, non al comportamento divino. Poi, le motivazioni per le quali un individuo sacrifica sé stesso sono più o meno nobili.

L'episodio riguarda la crocifissione di Ermia. Scrive Karl Kerenyi in La Religione Antica:

"L'occasione del componimento poetico [di Aristotele] fu la crocefissione di Ermia, il signore filosofo della città di Atarneo in Asia Minore. Egli fu crocefisso nella capitale persiana Susa, nel 342 o nel 341 a.c.. I persiani lo catturarono secondo una pratica invalsa anche in seguito presso i despoti assoluti: lo attirarono fuori della città, che egli governava, per un incontro e lo presero prigioniero [tradimento]. Sottoposto a tortura non rivelò nulla di ciò che aveva progettato contro di loro insieme al re Filippo di Macedonia. Il re Persiano ne rimase impressionato, la tortura venne interrotta e gli fu chiesto che cosa desiderasse quale ultima grazia. Erma rispose: "Dite ai miei amici e ai miei compagni che non ho commesso nulla che fosse indegno della filosofia né turpe!". I suoi amici e compagni erano Erasto e Corisco - che lo avevano avvicinato alla filosofia di Platone, col quale ebbe anche un rapporto epistolare - e Aristotele. Quando Ermia morì sulla croce, Aristotele era già in Macedonia come precettore di Alessandro. Sua moglie Pizia era nipote e figlia adottiva di Ermia. La realtà dell'Areté [virtus] fu confermata per Aristotele da una morte sulla croce nella propria famiglia."

Il mito dell'Areté (virtus, una virtù eroica che nella sua massima espressione si compie con la morte dell'eroe) venne alimentato nell'Accademia di Athene e l'esaltazione della virtù di Ermia fu cantata in un Inno composto da Aristotele e trasformata in culto.

Il mito di Ermia e del suo comportamento fu cantato e diffuso in tutto l'oriente dall'esercito di Alessandro Magno. Alessandro Magno non aveva solo uomini armati, ma anche filosofi e uomini di cultura al suo seguito (fra gli altri Pirrone uno dei massimi esponenti della filosofia Greca). Il "grecismo" in seguito al passaggio di Alessandro Magno si diffuse in medio oriente al punto tale che tutte le classi colte della Palestina facevano a gara per esibire la propria "grecità". I miti si diffusero anche in Palestina e numerosi templi furono eretti. Fra i miti anche la storia di Ermia e del suo comportamento eroico.

Gli evangelisti conoscevano perfettamente la storia di Ermia. Solo che la storia di Ermia è una storia di virtù eroiche per fini che il soggetto ha scelto: i cristiani dovevano trasformarla in "virtù eroica finalizzata a sottomettere sé stessi". Una virtù eroica nell'autosottomissione che aveva giustificazione solo nelle reazioni di chi combatteva il loro tentativo di sottometterlo. Un conto è che i cristiani vadano dalla persona povera a dirgli: "Se tu mi dai tutto quello che hai io ti prometto il paradiso!" e un conto è che vadano da uno Stato sovrano a dirgli: "Dammi tutto quello che hai! Distruggi le tue strutture! Sottomettiti al mio padrone!"

Gli evangelisti agirono sulle finalità del racconto.

Ermia morì per salvare un progetto; il Gesù dei cristiani per sottomettere gli Esseri Umani!

Ermia fu tradito. Fu fatto uscire dalla città col tradimento; anche il Gesù dei cristiani afferma di essere stato tradito. Solo che mentre in Ermia il senso del tradimento è chiaro, attirarlo per catturarlo, non è chiaro il senso del tradimento di Giuda. Non è chiaro né nelle motivazioni né nella prassi. Che senso avrebbe avuto che i sacerdoti pagassero Giuda quando potevano arrestare Gesù in ogni momento? Appare evidente come tradimento di Gesù sia solo un'invenzione rabberciata per sovrapporlo ad un racconto precedente.

Al momento dell'arresto Gesù non viene torturato. Delle torture non ne parlano né Marco né Matteo. Infatti non avrebbero avuto nessun senso visto come si è svolto il processo e le motivazioni della condanna. In Ermia le torture hanno un senso: era necessario strappargli i segreti e i piani che aveva elaborato con Filippo il Macedone.

Infine la causa della morte.

Ermia muore per salvare il progetto. Gesù muore e basta!

La morte di Ermia è un comportamento virtuoso. La morte di Gesù è una morte squallida. La morte di un qualsiasi bandito. Gesù non può scegliere, subisce semplicemente la morte. Ermia potrebbe scegliere di rivelare i segreti. E' sotto tortura, nessuno gli imputerebbe nulla. Il suo comportamento eroico costringe il re Persiano a fermare la tortura e Ermia, rivelando i suoi segreti, potrebbe scegliere di trattare la sua liberazione. Invece sceglie di morire. Ha la forza per resistere alla tortura (e questo è una sua dote o un suo divenuto), ma ha la virtù di essere uguale a sé stesso scegliendo di morire.

Ermia viene crocifisso in quanto nemico dei Persiani!

Questo modello comportamentale non può essere accettato dagli evangelisti i quali vogliono far morire il loro Gesù senza motivi e senza colpe al fine di costringere gli Esseri Umani a "tifare" e identificarsi. Solo in questo modo possono essere sottomessi. Come si potrebbe sottomettere colui che manifesta la Virtù di essere uguale a sé stesso, ai propri progetti, ai propri intenti, agli propri progetti?

In Ermia si mette in luce la virtù; in Gesù la sottomissione.

I vangeli descrivono un Gesù dimesso davanti ai giudici, una persona che dopo aver chiesto loro di mettersi in ginocchio in quanto egli è il figlio del dio padrone che loro vedranno venire dalle nuvole alla destra del loro dio suo padre è assolutamente disarmato, un vero agnello sacrificale. Un modello della propaganda cristiana che in questo modo presenterà come modelli da imitare innalzandoli alla santità i peggiori criminali alla quale la storia assistette e, né primi né ultimi, ma attuali Giovanni XXIII°, Padre Pio, Teresa di Calcutta. Assassini e criminali che resero potente la chiesa cattolica agendo affinché gli Esseri Umani, nel Sistema Sociale in cui vivevano, diventassero agnelli da sacrificare esattamente come l'immagine del loro Gesù sulla croce che imponevano a chi non era in grado di difendersi. Le persone morivano nei lager della Teresa di Calcutta o sotto le pallottole degli Arditi di Cristo di Padre Pio o stuprati dagli agenti di Giovanni XXIII°.

Aristotele non esalta la crocifissione, ma il comportamento della persona.

A me non piace l'eroismo davanti alla morte, preferisco l'eroismo davanti alla vita.

Solo che le mie predilezioni non contano. In questo momento conta il senso dell'Areté e il significato che veniva dato a quei tempi e come i cristiani lo stuprarono per adeguarlo ai propri fini.

Aristotele compone un Inno a favore dell'Areté manifestato da Ermia.

Vale la pena di leggerlo quest'Inno per comprendere come abbia impressionato i cultori della filosofia Greca in Palestina a quei tempi e quanto questo si combinava con la stessa struttura emozionale di allora.

INNO ALL'ARETE' [virtus]: IN MEMORIA DI ERMIA DI ATARNEO!

Arete, fonte di tanto affanno alla stirpe mortale,

la più bella preda per la vita,

per la tua figura virginale

anche morire è, nell'Ellade, destino anelato

e sopportare senza sosta fatiche spossanti:

tale è il frutto che allo spirito assegni,

pari all'immortalità

e più prezioso dell'oro

e degli antenati e del sonno dal tenero splendore.

a causa tua Eracle, nato da Zeus,

e i figli di Leda

hanno molto sopportato, con le loro imprese,

inseguendo ciò che tu puoi.

Per il desiderio di te

morirono Achille e Aiace,

per amore della tua bella figura anche l'uomo di Atarneo

privò di sé la luce del Sole.

Perciò le sue imprese lo rendono degno di canto,

e immortale lo celebreranno le Muse,

figlie di Mnemosine,

accrescendo il timore di Zeus ospitale

e l'onore della salda amicizia.

(Tratto da: Karl Kerenyi in La Religione Antica ed. Adelphi)

L'Inno è in sé molto potente, pieno di pàthos capace di attrarre e coinvolgere l'uditorio specie al ricordo della persona e del comportamento espresso.

Questo Inno viene soggettivato dai frequentatori dell'Accademia di Athene e veniva cantato prima dei pasti comuni. L'Inno è una specie di Peana che poteva essere intonato soltanto in onore di Apollo. Di questo gli Hierophanti di Eleusi accusarono Aristotele che una volta morto Alessandro Magno era privo di protettori.

Così Aristotele abbandonato il Liceo si trasferì in Calcide.

Le intenzioni di Aristotele vennero storpiate dai cristiani e usate in una direzione completamente diversa.

Fu Silla a portare a Roma gli scritti di Aristotele dopo aver chiuso l'Accademia di Atene e costretto i filosofi a trasferirsi ad Alessandria.

Se la truffa dei cristiani consiste nell'essersi inventati un Gesù che non esiste avvallando la truffa degli Ebrei dell'esistenza di un dio creatore, con la crocifissione hanno costruito la direttiva dottrinale da imporre all'umanità: la tortura della crocifissione!

E' indubbio che in oriente e in Egitto, al tempo del neoplatonismo di Alessandria c'era un'altra storia che veniva raccontata e che si mescolava con la discesa agli "inferi" operata da Orfeo, Proserpina, Adone, Cibele e Attis.

Condizioni mitiche antiche la cui origine era stata dimenticata. Sono i miti Sumeri che ci ricordano come Inanna, (Astarte o Ishtar che divenne Iside per gli Egiziani e Afrodite per i Greci) discese nei mondi oscuri per liberare la vita, spogliarsi della vecchia conoscenza per riprendere la nuova conoscenza. La conoscenza della nuova vita.

Il mito è stato adattato dai cristiani all'invenzione del loro Gesù il cui nome era lo stesso del fantasioso generale che seguiva il personaggio da favola qual era Mosè, appunto Gesù, costruito sul nome del "condottiero" che riportò gli esiliati da Babilonia. Appunto, Gesù.

Vale la pena di ricordare il mito sumero di Inanna i cui principi religiosi erano parte di tutte le religioni misteriche presenti fra la Grecia e l'Egitto passando per il medio-oriente.

La crocifissione di Inanna
la tradizione sumera di resurrezione

Questo Inno Sumerico ci indica da dove i cristiani prendono la storia della discesa agli inferi del loro pazzo profeta. E' vero che Orfeo ed Ercole scendono all'Ade, ma nella tradizione Greca le anime non tornano dall'Ade! Non esiste un luogo diverso per chi è morto nella Grecia Antica. Gli stessi Campi Elisi sono parte dell'Ade.

Nella tradizione Sumerica il cielo è opposto agli inferi (quella che uso è una traduzione popolare del testo, non so quanto sia valida nello specifico dei termini e non so quanto i termini, tradotti in questo modo, vogliano significare nella trasposizione culturale dalla cultura Sumerica alla concezione culturale attuale).

La regina del cielo scende agli inferi.

Nella sua discesa viene spogliata di tutto il suo potere e alla fine viene crocefissa ad un palo.

La spoliazione del suo potere è la sua gloria, perché togliere il potere d'azione ad un Dio significa renderlo più potente. Dice il Dio "Attaccatemi, attaccatemi, mettetemi con le spalle al muro e io divento sempre più potente inventando nuove strategie d'esistenza e nuove rappresentazioni nella vita!"

Ricordo che nella tradizione delle Antiche Religioni il Dio è colui che mete in atto delle azioni nella sua esistenza e quelle azioni sono quelle che modificano l'oggettività dell'esistere; non esiste nelle Antiche Religioni il concetto di dio padrone assoluto e onnipotente (inteso come concetto assoluto!). Ogni DIO è relativo e costruisce sé stesso.

Qui Inanna sfida il regno degli Inferi. In quella sfida Inanna rinnova e alimenta il suo potere e nello stesso tempo permette alle anime, prigioniere degli Inferi di liberarsi dalle costrizioni e di iniziare un nuovo cammino di rinnovamento.

Chissà da dove i cristiani hanno copiato l'idea della resurrezione che attribuiscono al loro pazzo profeta!

DISCESA AGLI INFERI DI INANNA!

Dal "grande alto" ella volse la mente verso

il "grande basso",

la Dea, dal "grande alto", volse la

mente verso il "grande basso",

Inanna, dal "grande alto" volse la mente

al "grande basso".

La mia Signora abbandonò il cielo, abbandonò la terra,

e discese nell'inferno,

Inanna abbandonò il cielo, abbandonò la terra,

e discese nell'inferno,

abbandonò le regioni di cui era sovrana,

e discese nell'inferno.

Dice egli alla pura Inanna:

"Vieni, Inanna, entra."

Nel varcare la prima porta,

la shugurra, la corona che le cingeva

il capo, le venne tolta.

"Che significa questo?"

"Eccezionalmente, o Inanna, le leggi

dell'inferno sono state perfezionate,

o Inanna, non discutere le leggi dell'inferno."

Nel varcare la seconda porta,

la verga lapislazzuli le fu tolta.

"Che significa questo?"

"Eccezionalmente, o Inanna, le leggi

dell'inferno sono state perfezionate,

o Inanna, non discutere le leggi dell'inferno."

Nel varcare la terza porta,

i piccoli lapislazzuli che le cingevano il collo

le furono tolti.

"Che significa questo?"

"Eccezionalmente, o Inanna, le leggi

dell'inferno sono state perfezionate,

o Inanna, non discutere le leggi dell'inferno."

Nel varcare la quarta porta,

le pietre che scintillavano sul suo seno le furono tolte.

"Che significa questo?"

"Eccezionalmente, o Inanna, le leggi

dell'inferno sono state perfezionate,

o Inanna, non discutere le leggi dell'inferno."

Nel varcare la quinta porta,

l'anello d'oro che aveva al dito le fu tolto.

"Che significa questo?"

"Eccezionalmente, o Inanna, le leggi

dell'inferno sono state perfezionate,

o Inanna, non discutere le leggi dell'inferno."

Nel varcare la sesta porta,

il corsaletto che le copriva il seno le fu tolto.

"Che significa questo?"

"Eccezionalmente, o Inanna, le leggi

dell'inferno sono state perfezionate,

o Inanna, non discutere le leggi dell'inferno."

Nel varcare la settima porta,

tutti gli indumenti che la coprivano le furono tolti.

"Che significa questo?"

"Eccezionalmente, o Inanna, le leggi

dell'inferno sono state perfezionate,

o Inanna, non discutere le leggi dell'inferno."

Inanna è crocifissa: Inanna ritorna alla vita
La resurrezione di Inanna
Inanna risorge e libera i corpi luminosi

Trascorsi tre giorni e tre notti,

Ninshubur, il messaggero di Inanna,

il messaggero dalle buone parole,

il portatore di parole consolatrici, riempì il cielo di lamenti,

pianse nel tempio delle assemblee,

corse attraverso la casa degli dei...

Si vestì di un unico indumento, come un povero,

e verso Ekur, la casa di Enlil, tutto solo diresse i suoi passi

[...]

Contro il cadavere appeso ad un palo essi diressero il

terrore dei raggi di fuoco,

sessanta volte il cibo della vita, sessanta volte

l'acqua della vita, essi vi spruzzarono sopra,

Inanna si alzò.

Inanna ritorna dall'inferno,

gli Anunnaki fuggirono,

e tutti quelli che erano discesi tranquillamente all'inferno;

quando Inanna ritorna dall'inferno,

tutti i morti la precedono.

Inanna non è scesa negli "inferi", è scesa nel mondo in cui il tempo è fermo. Dove non c'è trasformazione. Il mondo in cui non c'è il cielo col suo moto dei pianeti e del sole. Inanna scende nel mondo in cui tutto è statico e i suoi abitanti sono prigionieri nel non-divenire.

Il sacrificio di Inanna serve per rimettere in moto la vita. Serve per far uscire dalla staticità coloro che non potevano più modificarsi per trasformarsi in Dèi. Il cielo è entrato nell'oscuro; il mutamento entra nella staticià e porta la luce del futuro là dove c'era il buio del presente.

I cristiani celebrano la loro Pasqua e, attraverso quella celebrazione, esalteranno il loro dio che ha fatto macellare, in loro gloria, tutti i primogeniti egiziani (tradizione della pasqua ebraica ripresa dai cristiani in Esodo 11, 4-10). Poi, i cristiani, celebreranno Inanna offendendone l'ardore divino per esaltare la sottomissione del loro pazzo profeta! E gli uomini saranno crocifissi per legittimare il dominio dei cristiani.

N.B. Il testo di Inanna è preso da "Le grandi esperienze religiose" edito da Edipem

 

Pagina tradotta in lingua Portoghese.

Tradução para o português A trapaça da crucificação nos evangelhos e a Aretè. Inanna é crucificada.

 

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E' sciocco nascondere la testa sotto la sabbia. La chiesa cattolica è una monarchia assoluta in nome e per conto del suo dio padrone. Fino a modificazioni sostanziali, l'Italia è una Repubblica Democratica. I due regimi sono antagonisti e la chiesa cattolica disprezza la libertà sociale della Democrazia che deve distruggere in ogni modo, spesso con la complicità di Istituzioni complici.