DISCORSO SULLA LIBERTA' DI STAMPA
di Massimiliano Robespierre
tenuto il 09.05.1791 al club dei
Giacobini
e le idee sociali della Federazione
Pagana.
In questo discorso la Federazione
Pagana riconosce espressi i principi della libertà dell'Essere Umano nel
Sistema Sociale e, per conseguenza, i mezzi atti al rispetto dei principi
stessi. Pur non entrando nel merito delle vicende storiche, prendiamo atto che
quanto esposto in questo documento è tutt'ora valido. Come Pagani Politeisti
siamo consapevoli che i sistemi di controllo delle persone si sono modificati
da allora ad oggi, come siamo consapevoli che i principi enunciati come
principi vengono disattesi nei Sistemi Sociali attraverso trucchi e inganni che
spesso sfiorano l'attività terroristica nei confronti del dettato
Costituzionale dei singoli paesi. Pur tuttavia siamo consapevoli che ribadire i
principi è un'attività magica che indica gli intenti, le mete da raggiungere,
sia come individui che come Sistema Sociale in cui, noi come individui,
viviamo. Ribadire i principi non significa non essere consapevoli dell'inganno
con cui i principi vengono disattesi, significa comunque riconoscere il
principio al di là dell'inganno presentato!
Questo discorso fu già caricato in
altro sito nel gennaio 2002. Parti di questo documento sono state prelevate da
altri blog. Tuttavia, la libertà di stampa ha avuto molte aggressioni durante i
governi Berlusconi che hanno fatto della censura all’informazione e dell’aggressione
a tutti coloro che tentavano di informare un momento centrale della loro
attività legislativa. Che piaccia o non piaccia, i principi di libertà sociale
che oggi riteniamo tanto comuni nascono da Robespierre e dalla sua sistematica
ricerca di giustizia contro l’orrore e il terrore cristiano. E’
Robespierre che ferma l’epoca del terrore con cui la monarchia assoluta
macellava i sudditi ritenendoli servi e schiavi per volontà del dio padrone di
cui il re era emanazione. Ed è la stessa idea di monarchia assoluta che
spingeva Silvio Berlusconi a fermare l’attività della giustizia contro i
suoi delitti e a tentare di fermare l’informazione affinché i suoi
delitti e i suoi comportamenti criminali non fossero scoperti. L’epoca
del terrore è l’epoca della monarchia assoluta in cui il “quarto stato”
non aveva né diritti né partecipazione sociale: come il governo Silvio
Berlusconi tentava di trasformare l’Italia.
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
Massimiliano Robespierre
DISCORSO SULLA LIBERTA' DI STAMPA
Parigi, 09.maggio.1791
Signori,
dopo la facoltà di pensare, quella
di comunicare i propri pensieri ai propri simili è l'attributo più evidente per
distinguere l'uomo dagli animali. Essa è insieme il segno della vocazione
immortale dell'uomo allo stato sociale, il legame, l'anima, lo strumento della
società, il mezzo solo per perfezionarla, per farla giungere al grado di
potenza,di civiltà e di felicità di cui è capace. Che l'uomo comunichi i propri
pensieri con la parola,con la scrittura o con la stampa, quest'arte felice che
ha spinto tanto avanti i confini della sua intelligenza e che assicura a
ciascuno il modo di intrattenersi con l'intero genere umano, il diritto che
egli esercita è sempre lo stesso e la libertà di stampa non può essere distinta
dalla libertà di parola; sono' entrambe sacre come la
natura, necessarie come la società stessa. Per quale fatalità allora, quasi
dovunque, le leggi si sono date da fare per violarla? Perché le leggi erano
opera del dispotismo e la libertà di stampa è il nemico più temuto del
dispotismo. Come spiegare, altrimenti, il prodigio di milioni di uomini
oppressi da un uomo solo se non con la profonda ignoranza e lo stupido letargo
in cui sono immersi? Ma fate che ogni uomo consapevole della sua dignità possa
svelare le intenzioni perfide e la marcia tortuosa della tirannia, che possa
opporre senza sosta i diritti dell'umanità agli attentati che li violano', la
sovranità dei popoli alla loro umiliazione e alla loro miseria, che l'innocenza
oppressa possa far sentire impunemente la sua voce commovente e terribile e che
la verità possa chiamare a raccolta tutti gli spiriti e tutti i cuori attorno
ai nomi sacri della libertà e della patria, allora l'ambizione troverà ovunque
ostacoli e il dispotismo sarà costretto a indietreggiare passo per passo o a
frantumarsi contro la forza invincibile dell'opinione pubblica e della volontà
generale. Vedete dunque con quale pretestuosa politica i despoti si sono
alleati contro la libertà di parlare e di scrivere; vedete il feroce
inquisitore perseguitarla in nome del cielo e i Principi in nome delle leggi
che essi hanno fatte per proteggere i loro delitti. Scuotiamo perciò il giogo
dei pregiudizi ai quali siamo stati asserviti e impariamo' a valutare per
intero il valore della libertà di stampa. Quali ne debbono essere i limiti? Un
grande popolo,illustre per la recente conquista della libertà, risponde a
questa domanda con il suo esempio. Il diritto di comunicare i propri pensieri
tramite la parola, lo scritto e la stampa non può essere impedito, ne limitato
in alcun modo. Ecco i termini della legge che gli Stati Uniti d'America hanno
emanato sulla libertà di stampa e confesso che mi sento pienamente a mio agio
nel poter esprimere la mia opinione, sotto tali auspici, a quanti fossero
tentati di trovarla straordinaria o eccessiva.
La libertà di stampa dev'essere intera e senza limiti altrimenti non esiste. Per
limitarla, io non vedo che due sistemi, l'uno' di assoggettarne l'uso a certe
restrizioni e a certe formalità, l'altro di reprimerne gli abusi con delle
leggi penali. Entrambi gli argomenti richiedono la più seria attenzione.
Il primo' sistema è chiaramente
inammissibile perché,come sappiamo, le leggi sono fatte per garantire all'uomo
il libero sviluppo delle sue facoltà, non per incatenarle eil
loro potere deve limitarsi ad impedire a ciascuno di nuocere ai diritti altrui
senza ostacolare l'esercizio dei suoi. Oggi è superfluo rispondere a quanti
vorrebbero porre degli ostacoli alla stampa col pretesto di prevenirne gli
abusi. Privare un uomo dei mezzi che la natura e l'arte gli hanno fornito per
comunicare i suoi sentimenti e le sue idee allo scopo d'impedire che ne faccia
cattivo uso, incatenare cioè la sua lingua per paura che se ne serva per
calunniare o legare le sue braccia per paura che le rivolga contro'
i suoi simili, chiunque vede che queste sono delle assurdità, che questo è
semplicemente il segreto del dispotismo che, per rendere gli uomini bravi e
tranquilli, non conosce metodo migliore che ridurli a strumenti passivi, a
imbelli automi. A quali formalità sottometterete il diritto di manifestare i
vostri pensieri? Impedirete a dei privati cittadini di. possedere delle
macchine da stampa per trasformare un bene comune all'umanità intera in
patrimonio di alcuni mercé nari? Donerete o venderete ad alcuni il privilegio
esclusivo di dissertare periodicamente su argomenti di letteratura,ad altri di
parlare di politica e di avvenimenti di interesse pubblico? Deciderete che gli
uomini non potranno dar corso alle loro opinioni senza il visto di un ufficiale
di polizia oche non potranno pensare senza l'approvazione di un censore e il
permesso del governo? Questi sono, in realtà, i capolavori partoriti
dall'assurda mania di dettar leggi sulla stampa. Ma l'opinione pubblica e la
volontà generale della nazione hanno proscritto da molto tempo queste infami
usanze. Una sola idea a questo proposito mi sembra valida,quella di proibire
ogni genere di scritti che non portino il nome dell'autore o dello stampatore e
di renderne costoro responsabili. Ma, essendo questo problema legato alla
seconda parte del nostro discorso, cioè alla teoria delle leggi penali sulla
stampa, verrà risolto dai principi che stabiliremo su questo punto.
Adesso chiediamo: si possono
stabilire delle pene contro ciò che viene chiamato abuso della stampa? In quali
casi queste pene potrebbero essere applicate? Ecco dei grandi problemi che
dobbiamo risolvere, forse la parte più importante del nostro codice
costituzionale.
La libertà di scrivere può
esercitarsi su due tipi di oggetti: problemi generali e singole persone.
Il primo di questi oggetti comprende
tutto ciò che riguarda i massimi interessi dell'uomo e della società, quali la
morale, il diritto, la politica, la religione. Ora le leggi non possono mai
punire alcun uomo per avere manifestato le sue opinioni su tutte queste cose. È
attraverso la libera e mutua comunicazione dei propri pensieri che egli
sviluppale sue facoltà, prende conoscenza dei suoi diritti, si solleva a quel
livello di virtù, di grandezza, di felicità che la natura gli consente di
raggiungere. Ma come può avvenire questa comunicazione se non nel modo che la
natura stessa consente? Ora la natura vuole che i pensieri di ogni uomo siano
il risultato del suo' carattere e del suo spirito ed è a lei che dobbiamo'
questa prodigiosa diversità di spiriti e di caratteri. La libertà di pubblicare
la propria opinione non può essere quindi cosa diversa dalla libertà di
pubblicare tutte le opinioni contrarie. Bisogna o che le consentiate questa
estensione o che troviate voi il mezzo di far sì chela verità esca sin da
principio del tutto pura e del tutto nuda dalla testa di ogni uomo. In realtà,
essa non può uscire che dallo scontro di tutte le idee, vere o false, assurde o
ragionevoli; è in questo miscuglio che la ragione comune,la facoltà data
all'uomo di discernere il bene dal male si esercita a scegliere le une e a
scartare le altre. Volete impedire ai vostri simili l'uso di questa facoltà e
sostituirvi la vostra autorità particolare? Ma quale mano traccerà la linea di
demarcazione che separa l'errore dalla verità? Se quelli che fanno le leggi o
quelli che le applicano fossero degli esseri di un'intelligenza superiore a
quella umana, potrebbero esercitare questo dominio sui pensieri; ma se sono
soltanto degli uomini e se è assurdo che il giudizio di un uomo solo sia, per
così dire, sovrano sul giudizio di tutti gli altri, ogni norma penale contro la
manifestazione delle opinioni non è che un'assurdità.
Essa rovescia i principi primi della
libertà civile, le nozioni più semplici dell'ordine sociale. È, infatti, un
principio incontestabile che la legge non può infliggere alcuna pena là dove
non vi è un delitto suscettibile di essere caratterizzato con precisione e
riconosciuto con certezza; altrimenti il destino dei cittadini è soggetto a
giudizi arbitrar!e la libertà non esiste più. Le leggi possono perseguire le
azioni criminali perché consistono in fatti concreti, che possono essere
chiaramente definiti e accertati secondo regole sicure e costanti. Ma le
opinioni! La loro qualità buona o cattiva non può essere determinata se non da
rapporti più o meno legati a dei principi di ragione, di giustizia, spesso
addirittura a una folla di circostanze particolari. Mi denunciano un furto, un
omicidio; ho l'idea di un atto la cui definizione è semplice e ben determinata,
interrogo dei testimoni. Ma se mi si parla di uno scritto incendiario,
pericoloso, sedizioso; che cos'è uno scritto incendiario, pericoloso,
sedizioso? Queste caratteristiche possono applicarsi al caso in esame? Vedo
nascere qui una folla di problemi che saranno abbandonati alla assoluta
incertezza delle opinioni; non trovo più ne fatto, ne testimoni, ne legge, ne
giudice; intravedo soltanto una denuncia vaga, degli argomenti, delle decisioni
arbitrarie.
Qualcuno troverà il crimine nella
cosa, qualcun altro nell'intenzione, un terzo nello stile. Questo disconoscerà
la verità, quello la condannerà con cognizione di causa, un altro ancora vorrà
punire la veemenza del suo linguaggio o il momento scelto per far intendere la
sua voce. Lo stesso scritto che sembrerà utile e saggio all'uomo ardente e
coraggioso, sarà proscritto come incendiario dall'uomo freddo e pusillanime; lo
schiavo o il despota vedranno uno stravagante o un fazioso dove l'uomo libero
riconoscerà un cittadino virtuoso. Lo stesso scrittore troverà, a seconda dei
tempi o dei luoghi, degli elogi o delle persecuzioni, delle statue o il
patibolo. Gli uomini illustri il cui genio ha preparato questa gloriosa
rivoluzione, collocati finalmente da noi al rango di benefattori dell'umanità,
come apparivano,durante la loro vita, agli occhi dei governanti? degli
innovatori pericolosi, sto quasi per dire dei ribelli. È così lontano il tempo
nel quale i principi stessi che noi abbiamo consacrati sarebbero stati
condannati come delle massime criminali da quegli stessi tribunali che noi
abbiamo distrutti? Ma che dico? Oggi stesso ognuno di noi non appare un uomo
diverso agli occhi dei diversi partiti che dividono lo Stato? e persino qui,
nel luogo in cui sto parlando, l'opinione che espongo non sembra a qualcuno un
paradosso,ad altri una verità? Non trova forse qui degli applausi, là dei
mormorii di disapprovazione? Che diventerebbe allora
la libertà di stampa se nessuno
potesse esercitarla se non con il rischio di vedere la sua tranquillità e i
suoi diritti più sacri abbandonati a tutti i pregiudizi, a tutte le passioni, a
tutti gli interessi!
Ma conta soprattutto sottolineare
che ogni- pena stabilita contro gli scritti, con il pretesto di reprimere
l'abuso della libertà di stampa, si rivolge interamente a danno della verità e
della virtù e a favore del vizio, dell'errore e del dispotismo.
L'uomo di genio rivela ai suoi
simili delle grandi verità perché ha preceduto il pensiero del suo secolo; la
novità ardita dei suoi concetti impaurisce sempre la debolezza e la ignoranza;
i pregiudizi si alleeranno sempre all'invidia per dipingere quelle novità sotto
tratti odiosi o ridicoli,È per questo che le ricompense spettanti ai grandi
uomini sono state sempre l'ingratitudine dei loro contemporanei e gli omaggi
tardivi della posterità; è per questo che la superstizione gettò Galileo ai
ferri e bandi Descartes dalla patria. Quale sarà dunque la sorte di quelli che,
ispirati dal genio della libertà, verranno a parlare dei diritti e della
dignità dell'uomo a dei popoli che li ignorano? Essi gettano in allarme,
press'a poco in egual misura, i tiranni che smascherano e gli schiavi che
vorrebbero illuminare. Con quale facilità i tiranni abuseranno della confusione
degli animi 'per perseguitarli in nome della legge! Ricordate perché, per chi,
si aprivano, tra di voi, le prigioni del dispotismo; contro chi era diretta la
spada stessa dei tribunali. La persecuzione ha risparmiato l'eloquente e
virtuoso filosofo di Ginevra? Egli è morto: una grande rivoluzione ha lasciato,
almeno per qualche momento, respirare la verità. Gli avete dedicato una statua,
avete onorato e soccorso la sua vedova in nome della patria; ma non mi bastano
questi omaggi per dimenticare che, quand'era vivo e posto alla ribalta cui il
suo genio non poteva non chiamarlo, aveva subito, come minimo, l'accusa tanto banale
di uomo tetro ed esaltato.
A cura della Federazione
Pagana
Se è vero che il coraggio degli
scrittori devoti alla causa della giustizia e dell'umanità è il terrore
dell'intrigo e delle ambizioni degli uomini di potere, è inevitabile che le
leggi contro la stampa divengano nelle mani di questi un'arma terribile contro
la libertà. E mentre perseguiteranno i suoi difensori tacciandoli di
perturbatori dell'ordine pubblico e di nemici dell'autorità legittima, li
vedrete carezzare, incoraggiare, stipendiare quegli scrittori pericolosi, quei
vili professori di menzogna e di schiavitù la cui funesta dottrina, avvelenando
alla sorgente la felicità dei secoli, perpetua sulla terra i miseri pregiudizi
dei popoli e la potenza mostruosa dei tiranni, i soli meritevoli del titolo di
ribelli perché osano levare lo stendardo contro la sovranità della nazione e
contro il potere sacro della natura. Voi li vedrete ancora favorire, con tutto
il loro potere, quelle produzioni licenziose che alterano i princìpi
della morale, corrompono i costumi, snervano il coraggio e distolgono i popoli
dalla cura della cosa pubblica con l'attrazione di piaceri frivoli o con gli
incanti avvelenati della voluttà. Così ogni ostacolo alla libertà di stampa è,
nelle loro mani, un mezzo per piegare l'opinione pubblica al servizio del loro
interesse personale e per fondare il loro dominio sull'ignoranza e la
corruzione generale. La stampa libera è la guardiana della libertà, la stampa
controllata ne è il flagello. Gli abusi sono prodotti quasi tutti proprio dalle
precauzioni che voi prendete per eliminarli; sono queste precauzioni che vi
privano di tutti i frutti benefici per non lasciarvi che i veleni. Sono questi
ostacoli che producono' o una timidezza servile o un'audacia eccessiva.
Soltanto sotto gli auspici della libertà, la ragione si esprime con il coraggio
e con la calma che le sono propri. Ancora a questi ostacoli sono dovuti i
successi di alcuni scritti licenziosi perché l'opinione pubblica vi attribuisce
un valore proporzionato alle difficoltà che essi hanno dovuto superare per
venir pubblicati e all'odio contro il dispotismo che vuole dominare il
pensiero.
Togliete all'opinione pubblica
questa motivazione e quegli scritti saranno giudicati con severa imparzialità;
quanto agli scrittori che dell'opinione pubblica vivono, cercheranno i suoi
favori con dei lavori utili. Non abbiate dunque paura della libertà: ad essa
seguiranno tutte le virtù e gli scritti che la stampa pubblicherà saranno puri,
autorevoli e sani come i vostri costumi.
Ma perché prendersi tante preoccupazioni
per alterare l'ordine che la natura ha stabilito di per sé sola? Non vedete
che, per il corso naturale delle cose, il tempo porta alla proscrizione
dell'errore e al trionfo della verità? Lasciate alle opinioni buone e a quelle
cattive un corso egualmente libero, perché soltanto le prime sono destinate a
restare.
Avete più fiducia nell'autorità, nel
valore di alcuni uomini interessati a frenare il cammino dello spirito umano
che nella stessa natura? Essa, da sola, ha provveduto ad eliminare gli inconvenienti
che temete; sono gli uomini che li fanno nascere.
L'opinione pubblica, ecco il solo
giudice competente sulle opinioni personali, il solo censore legittimo degli
scritti. Se essa li approva, con quale diritto, voi, uomini di potere, volete
condannarli? e se essa li condanna che bisogno c'è che voi li perseguiate? e se
essa, dopo' averli,all'inizio, disapprovati, finirà,
aiutata dal tempo e dalla riflessione, con l'adottarli, perché volete opporvi
al progresso dei lumi? Come osate arrestare lo scambio di pensieri che ogni
uomo' ha diritto di intrattenere con il pensiero di tutti, con l'intero genere
umano? Il dominio dell'opinione pubblica sulle opinioni particolari è dolce,
benefico, naturale, inarrestabile; quello dell'autorità e della forza è necessariamente
tirannico, odioso, assurdo, mostruoso.
A questi principi eterni, che
sofismi oppongono i nemici della libertà? La sottomissione alle leggi: non si
deve permettere che si scriva contro le leggi.
Obbedire alle leggi è il dovere di
tutti i cittadini: pubblicare liberamente il proprio pensiero sui vizi o sulla
bontà delle leggi è il diritto di tutti gli uomini e l'interesse della società
intera. È l'uso più degno e più salutare che l'uomo possa fare della sua
ragione; è il più sacro dei doveri che chi è dotato dei talenti necessari possa
adempiere verso gli altri uomini per illuminarli.
Che cosa sono le leggi? La libera
espressione della volontà generale più o meno conforme ai diritti e
all'interesse delle nazioni, secondo il grado di conformità con le leggi eterne
della ragione, della giustizia e della natura. Ogni cittadino ha la sua parte e
il suo interesse in questa volontà generale; egli può, dunque, o meglio deve,
impiegare tutto quello che ha di intelligenza e di energia, per chiarirla, modificarla,
perfezionarla. Come in una società privata ogni socio' ha il diritto di
stimolare i consoci a modificare i patti stabiliti e i provvedimenti che sono
stati adottati per la prosperità della loro impresa, così, nella grande società
politica, ciascun membro può fare tutto quanto sta in lui per indurre gli altri
membri della comunità ad adottare i provvedimenti che gli sembrano più conformi
al vantaggio comune.
E se le cose stanno così per le
leggi che scaturiscono dalla società stessa, che pensare di quelle volute da
qualche singolo individuo ed opera del dispotismo? Non fu il dispotismo ad
inventare questa massima che si osa ripetere ancora oggi per consacrare i suoi
delitti? Che dico? Anche prima della rivoluzione noi godevamo, entro certi
limiti,della libertà di dissertare e di scrivere sulle leggi. Sicuro del suo
potere, pieno di fiducia nelle sue forze, il dispotismo non osava contestare
questo diritto alla filosofia così apertamente come i nostri moderni Machiavelli
che tremano di continuo dalla paura di vedere il loro ciarlatanismo anticivico
smascherato dalla piena libertà delle opinioni. Essi dovranno, quanto meno,
convenire che, se i loro principi fossero stati seguiti, le leggi sarebbero
ancora, per noi, solo delle catene destinate a legare i popoli al giogo dei
loro tiranni e che, nel momento in cui io sto parlando,non avremmo neppure il
diritto di sollevare la questione.
A cura della Federazione
Pagana
Ma per ottenere questa legge tanto
desiderata contro la libertà, l'idea, che ho testé respinta, viene presentata
nei termini più adatti a risvegliare i pregiudizi e a rendere inquieto lo zelo
pusillanime e scarsamente illuminato; infatti,dato che una simile legge è
necessariamente arbitraria nella esecuzione e dato che la libertà di opinione
non esiste se non è completa, ai nemici della libertà basterà ottenere una
legge limitativa qualsiasi, non importa quale. Vi parleranno di scritti che
eccitano i popoli alla rivolta, che consigliano la disobbedienza alle leggi, vi
chiederanno una legge penale per quegli scritti. Non cambiarne discorso:
restiamo attenti ai fatti senza lasciarci sedurre dalle parole. Credete,
innanzitutto, che uno scritto pieno di buon senso e di efficacia,capace di
dimostrare che una legge è funesta alla libertà,non produrrebbe un'impressione
più profonda di un altro scritto che contenesse delle esagerate declamazioni
contro quella legge o addirittura il consiglio di non rispettarla, ma che fosse
privo di forza e di ragione? Certo, senza dubbio. Se però si potessero
stabilire delle pene contro il secondo scritto, una ragione ancora più
imperiosa imporrebbe di stabilirne anche contro il primo e il risultato di
questo sistema sarebbe, in ultima analisi, l'annientamento della libertà di
stampa, non di alcune sue sole forme. Ma guardiamo le cose come sono, con gli
occhi della ragione e non con quelli dei pregiudizi inculcati dal dispotismo.
Noi non crediamo che in uno stato libero o neppure in nessun tipo di stato,
degli scritti siano in grado di sollevare i cittadini con tanta facilità e di spingerli
a rovesciare un ordine di cose cementato dall'abitudine, da tutti i rapporti
sociali e protetto dalla forza pubblica. In genere essi influiscono sulla
condotta degli uomini con un'azione lenta e progressiva. La loro influenza è
determinata dal tempo e dalla ragione. Se essi sono contrari all'opinione e
all'interesse della maggioranza, si riveleranno impotenti, susciteranno anzi il
biasimo e il disprezzo pubblico e tutto resterà tranquillo. Se, invece,
esprimono il voto generale non faranno che risvegliare l'opinione pubblica; e
chi oserebbe in questo caso considerarli dei delitti? Analizzate bene tutti i
pretesti,tutte le argomentazioni contro quelli che alcuni chiamano scritti
incendiar! e vedrete che nascondono il disegno di calunniare il popolo per
opprimerlo e per annientare la libertà di cui è il solo sostegno, vedrete che
presuppongono, da un lato, una profonda ignoranza degli uomini, dall'altro un
profondo disprezzo per la parte più numerosa e meno corrotta della nazione.
Tuttavia, siccome occorre
assolutamente un pretesto per perseguitare la stampa, ci dicono: ma se uno
scritto ha provocato dei delitti, ad esempio, una sommossa non si dovrà
punirlo? Dateci almeno una legge per un caso come questo. È facile, senza
dubbio, presentare un'ipotesi particolare capace di colpire l'immaginazione, ma
bisogna vedere la cosa in un contesto più vasto. Considerate quanto sarebbe
semplice riferire una sommossa, un delitto qualunque a uno scritto che non ne
sarebbe la vera causa; quanto è difficile invece stabilire se gli eventi
verificatisi in un tempo successivo alla data di uno scritto ne sono stati
realmente l'effetto; come sarebbe facile per le autorità perseguire con questo
pretesto quanti avessero esercitato con energia il diritto di dare alle stampe la
loro opinione sulla cosa pubblica o sugli uomini che governano. Osservate
soprattutto che l'ordine sociale non può essere compromesso in nessun caso
dall'impunità di uno scritto che avesse suggerito un delitto.
Perché questo scritto provochi
qualche danno bisogna trovare un uomo che il delitto lo commetta. Ora le pene
stabilite in merito dalla legge sono un freno per chiunque fosse tentato di
rendersene colpevole e, in questo caso, come in altri, la sicurezza pubblica è
sufficientemente garantita senza che sia necessario cercare altre vie. Dato che
lo scopo e la misura delle pene riguardano l'interesse della società, se alla
società interessa soprattutto non offrire alcun pretesto per attentati
arbitrari alla libertà di stampa, è opportuno rinunciare a un atto di rigore
verso uno scrittore reprensibile anche se coinvolto in una azione colpevole pur
di conservare in tutta la sua integrità un principio che è la prima base della
felicità sociale.
Se poi risulterà che l'autore di
quello scritto era stato complice, bisognerà punirlo come tale, in relazione
alla pena infima al delitto in questione, ma non perseguirlo come autore di uno
scritto, in base a nessuna legge sulla stampa.
Ho dimostrato sino ad ora che la
libertà di scrivere sui problemi generali deve essere illimitata; occupiamoci
ora di quella relativa alle singole persone.
Pubblicato a cura della
Federazione Pagana
Distinguo a questo riguardo le
persone che ricoprono cariche pubbliche e i privati cittadini e mi pongo questo
problema; gli scritti che accusano persone pubbliche possono essere puniti
dalle leggi? Lo deve decidere l'interesse pubblico. Confrontiamo dunque i
vantaggi e gli inconvenienti dei due sistemi opposti.
Si presenta subito una
considerazione importante, forse decisiva: qual è il principale vantaggio, lo
scopo essenziale della libertà della stampa? È di frenare l'ambizione e il
dispotismo di coloro cui il popolo ha delegato la sua autorità richiamando
puntualmente la sua attenzione sugli attentati che essi possono commettere
contro i suoi diritti. Ora se voi lasciate loro il potere di perseguire con il
pretesto della calunnia quanti osano biasimare la loro condotta,non è chiaro
che questo freno diviene assolutamente impotente e nullo? Chi non vede quanto è
ineguale la lotta tra un cittadino debole, isolato e un avversario armato delle
immense risorse fornite da un grande credito e una grande autorità? Chi vorrà
dispiacere agli uomini potenti per servire il popolo se, oltre alla rinuncia
dei loro favori e al pericolo delle loro persecuzioni segrete, si aggiungerà la
sventura, quasi inevitabile, di una condanna rovinosa è umiliante?
E ancora: chi giudicherà gli stessi
giudici? perché, infine,bisogna pure che le loro prevaricazioni o i loro errori
compaiano come quelli degli altri funzionari davanti al tribunale della censura
pubblica. A chi spetterà l'ultimo giudizio, chi deciderà queste contestazioni?
perché è pur necessario che si arrivi a un giudizio definitivo e che questo
giudizio sia sottoposto alla libertà delle opinioni. Concludiamo che bisogna
sempre tener fermo il principio che i cittadini debbono avere la facoltà di
esprimersi e di scrivere sulla condotta degli uomini pubblici senza essere
esposti ad alcuna condanna legale.
Aspetterò delle prove con valore
giuridico della congiura di Catilina e non oserò
ancora denunciarla quando dovrebbe essere già stata soffocata? Come oserei
svelare i perfidi disegni di tutti quei capi partito che meditano di lacerare
il seno della repubblica mascherandosi dietro il pretesto del bene pubblico e
dell'interesse del popolo mentre cercano solo di asservirlo e venderlo al
dispotismo? Come potrei chiarirvi la politica tenebrosa di Tiberio? come vi
avvertirei che i pomposi simulacri di virtù, di cui si è improvvisamente
rivestito, nascondono il disegno di consumare con maggiore sicurezza la
terribile cospirazione che, da tempo,egli trama contro la salvezza di Roma? E
davanti a quale tribunale volete che io lotti contro di lui? Forse davanti al
pretore? Ma se fosse incatenato dalla paura o sedotto dall'interesse? Forse
davanti agli Edili? Ma se sono sottoposti alla sua autorità, se sono i suoi
schiavi e i suoi complici?Forse davanti al Senato? Ma se il Senato stesso è
ingannato o asservito? Insomma se la salvezza della patria esige che io apra
gli occhi dei miei concittadini sulla condotta del Senato, del Pretore e degli
Edili, chi giudicherà tra loro e me?
Ma un'altra ragione inconfutabile
sembra chiarire del tutto questa verità. Rendere i cittadini responsabili di
ciò che possono scrivere contro le persone che ricoprono cariche pubbliche ci
fa supporre che non sarebbe loro permesso di biasimarli senza appoggiare le
loro accuse con prove di valore legale. Ora, chi non vede come una simile
condizione ripugni alla natura stessa della cosa e ai principi fondamentali
dell'interesse sociale? Chi non sa quanto è difficile procurarsi simili prove,
quanto è facile invece a quelli che governano di avvolgere i loro progetti
ambiziosi con veli misteriosi, di coprirli addirittura con lo specioso pretesto
del bene pubblico? Non è questa la politica abituale dei più pericolosi nemici
della patria? In questo modo sfuggirebbero alla sorveglianza dei loro
concittadini proprio quelli che sarebbe più importante sorvegliare. Mentre si
perderà il tempo nel cercare le prove richieste per denunciare le loro funeste
macchinazioni quelle saranno già compiute e lo Stato perirebbe prima che si
fosse osato dire che era in pericolo. No! In uno stato libero ogni cittadino è
una sentinella della libertà che deve dare l'allarme al minimo rumore, al
minimo sospetto di pericolo che la minacci.
Del resto gli uomini incorruttibili,
animati solo dalla passione di contribuire alla felicità e alla gloria del loro
paese, non temono la manifestazione pubblica dei sentimenti dei loro
concittadini. Sentono bene che non è poi cosi facile perdere la loro stima
quando si possono opporre alla calunnia una vita irreprensibile e le prove di
uno zelo puro e disinteressato. Gli attacchi passeggeri che qualche volta
subiscono non sono che il sigillo della loro gloria e la testimonianza luminosa
della loro virtù. Essi riposeranno con fiducia sul conforto di una coscienza
pura e sulla forza della verità che riporterà loro ben presto l'approvazione
dei loro concittadini.
Chi sono invece quelli che
continuano a declamare contro la libertà della stampa e che chiedono delle
leggi per imprigionarla? Sono dei personaggi equivoci la cui reputazione
effimera, fondata sul successo della ciarlataneria, è scossa dal più modesto
contraddittorio; sono quelli che, volendo contemporaneamente piacere al popolo
e servirei tiranni, combattuti tra il desiderio di conservare la gloria
meritata nella difesa della causa pubblica e i vergognosi vantaggi che
l'ambizione può ottenere abbandonandola, che,sostituendo la falsità al
coraggio, l'intrigo al genio, i piccoli maneggi delle corti alle grandi forze
delle rivoluzioni,vivono nel terrore che la voce di un uomo' libero riveli il
segreto della loro nullità o della loro corruzione; sono quelli che capiscono
che per ingannare e asservire la patria bisogna, prima di ogni altra cosa,
ridurre al silenzio gli scrittori coraggiosi in grado di risvegliarla dal suo
funesto letargo, pressapoco come occorre sgozzare le
sentinelle avanzate per sorprendere il campo nemico; sono tutti quelli, infine,
che vogliono essere, impunemente, deboli, ignoranti, traditori o corrotti. La
storia mi insegna che a Roma i decemviri fecero delle leggi durissime contro i
libelli, ma non ho mai sentito dire che Catone, trascinato cento volte in
giudizio, abbia perseguito i suoi accusatori.
In realtà solo gli uomini che ho
descritto temono la libertà di stampa e sarebbe un grande errore pensare che in
un ordine di cose pacifico' dove essa fosse
solidamente istituita tutte le reputazioni sarebbero preda del primo chele
vuole distruggere.
Non c'è da stupirsi che sotto la
sferza del dispotismo,dove vengono di continuo considerati libelli i giusti
reclami dell'innocenza oltraggiata e i più moderati lamenti dell'umanità
oppressa, venga preso in considerazione con sollecitudine e creduto con facilità
anche un libello degno di questo nome. I crimini del dispotismo, la corruzione
dei costumi rendono talmente verosimili tutte le accuse!
È talmente naturale accogliere come
verità uno scritto che vi giunge sfuggendo alla censura dei tiranni! Ma in un
regime di libertà credete che l'opinione pubblica, abituata a vederla
esercitata in tutti i sensi, decida in ultima istanza sull'onore dei cittadini
in base a un solo scritto, senza valutare ne le circostanze, ne i fatti, ne il
carattere dell'accusatore, ne quello dell'accusato? Essa giudica in generale e
giudicherà soprattutto allora secondo equità. I libelli saranno spesso
addirittura titoli di merito per quelli che ne saranno il bersaglio mentre
certi titoli di gloria non saranno ai loro occhi che una vergogna e, sulla
lunga, la libertà di stampa si rivelerà il flagello del vizio e della falsità e
il trionfo della verità e della virtù. Infine debbo dirlo! Sono i nostri
pregiudizi, è la nostra corruzione a ingigantire gli inconvenienti di questo
sistema che abbiamo il dovere di istituire. Presso un popolo dove ha sempre
regnato l'egoismo, dove i governanti e la maggior parte dei cittadini che hanno
usurpato una specie di considerazione o di credito sono costretti a confessare
a se stessi che hanno bisogno non solo dell'indulgenza, ma della clemenza
pubblica, è naturale che la libertà di stampa ispiri addirittura terrore e ogni
sistema che tende a frenarla trovi subito una folla di partigiani che non
mancano di presentarlo sotto l'aspetto specioso del buon ordine e
dell'interesse pubblico.
A chi spetta, se non a voi,
legislatori, di trionfare su questo fatale pregiudizio che disonorerebbe e
rovinerebbe insieme la vostra opera? Fate che tutti i libelli diffusi contro di
voi dalle fazioni nemiche del popolo non vi spingano a sacrificare alle
circostanze del momento i principi eterni sui quali deve riposare la libertà
delle nazioni. Considerate che una legge sulla stampa non arresterebbe ne
riparerebbe il male ed eliminerebbe invece il rimedio. Lasciate passare questo
torrente fangoso, di cui ben presto non resterà alcuna traccia, e conservate
invece questa sorgente immensa ed eterna di lumi che deve diffondere sul mondo
politico e morale il calore, la forza, la felicità e la vita. Non avete già
notato che la maggior parte delle denunce sinora erano dirette, non contro gli
scritti sacrileghi dove sono attaccati i diritti dell'umanità, dove viene
oltraggiata la maestà del popolo in nome dei despoti ad opera di servi
sporcamente audaci, ma contro quanti sono accusati di difendere la causa della
libertà con uno zelo esagerato e di essere irrispettosi verso i despoti? Non
avete notato che quelle denunce vi sono state fatte da degli uomini che si
ritengono amaramente calunniati da notizie che la voce pubblica ritiene siano
delle verità e che tacciono sulle bestemmie sediziose che i loro partigiani non
cessano di vomitare contro la nazione e i suoi rappresentanti? Che tutti i miei
concittadini mi accusino e mi puniscano come traditore della patria se mai io
denuncerò a voi alcun libello, compresi quelli nei quali, coprendo il mio nome
con le più infami calunnie, i nemici della rivoluzione mi consegnano al furore
dei faziosi come una delle vittime che essa deve colpire! Eh! Che c'importa di
questi spregevoli scritti? I casi sono due: o la nazione approverà gli sforzi
che noi abbiamo fatto per consolidare la sua libertà o li condannerà. Nel primo
caso gli attacchi dei nostri nemici saranno solo risibili; nel secondo noi
dovremo espia-re la colpa di aver pensato che i francesi fossero degni di
essere liberi e per parte mia mi rassegno volentieri a questo destino.
Facciamo, infine, delle leggi non
per il presente ma peri secoli futuri; non per noi, ma per l'universo intero;
mostriamoci degni di porre le fondamenta della libertà rimanendo stabilmente
attaccati a questo grande principio che essa non può esistere là dove non si
possa esercitare con una estensione illimitata sopra coloro che il popolo ha
armato della sua autorità. Che davanti ad esso spariscano tutti gli inconvenienti
legati anche alle migliori istituzioni,tutti i sofismi inventati dall'orgoglio
e dalla furberia dei tiranni. Bisogna, vi dicono, mettere quelli che governano
al riparo dalle calunnie; è importante, per la salvezza del popolo, tutelare il
rispetto che è loro dovuto. Così avrebbero ragionato i Guisa contro quanti
avessero denunciato i preparativi della Notte di S. Bartolomeo; così
ragioneranno tutti i loro simili perché sanno bene che, fin che saranno
onnipotenti, le verità sgradevoli saranno sempre per loro delle calunnie,
perché sanno bene che il rispetto superstizioso che reclamano per i loro errori
e i loro stessi fallimenti, gli garantisce il potere di violare impunemente il
rispetto che essi devono al loro sovrano, il popolo, che merita senza dubbio
tanto riguardo quanto i suoi delegati e i suoi oppressori. Ma a questo prezzo,
chi vorrà, osano ancora dire, essere rè, magistrato,
tenere le redini del governo? Chi? Gli uomini virtuosi capaci di amare la
patria e la vera gloria, quanti sanno bene che il tribunale dell'opinione
pubblica è temibile solo per i malvagi. Chi ancora? Gli stessi ambiziosi anche
se è piaciuto a Dio che vi fosse sulla terra un modo per fargli perdere il
desiderio e la speranza di ingannare o di asservire i popoli!
In due parole: bisogna o rinunciare
alla libertà o permettere la libertà illimitata della stampa. In riferimento
alle persone che occupano cariche pubbliche il problema è dunque risolto.
Non ci resta che considerare il
problema in rapporto alle persone private. È chiaro che questo problema
coincide con quello di una migliore legislazione sulla calunnia sia verbale che
scritta e quindi non riguarda esclusivamente la stampa.
È senz'altro giusto che i privati
attaccati dalla calunnia possano chiedere la riparazione del torto che gli è
stato fatto; ma è utile fare qualche osservazione sull'argomento.
Bisogna prima di tutto considerare
che le vecchie leggi sono, su questo punto, troppo severe e che il loro rigore
è il frutto del sistema tirannico che abbiamo già esaminato e dell'eccessivo
terrore che l'opinione pubblica incute al dispotismo che le ha promulgate. Se
noi consideriamo le cose con maggior sangue freddo consentiremo volentieri a
mitigare il codice penale che esso dispotismo ci ha lasciato in eredità; mi sembra,
quanto meno, che la pena per gli autori di un'accusa calunniosa debba limitarsi
alla pubblicazione della sentenza che la dichiara tale e alla riparazione
pecuniaria del danno provocato a chi ne è stato l'oggetto. Si deve ben capire
che non comprendo in questa categoria la falsa testimonianza contro un imputato
perché qui non si tratta più di una semplice calunnia, una semplice offesa
verso un privato, bensì di un inganno ordito contro la legge per perdere
l'innocente, un vero delitto contro lo stato. In generale per i calunniatori
comuni vi sono due specie di tribunali, quello dei magistrati e quello
dell'opinione pubblica. Il più naturale, il più giusto', il più competente,il
più potente è, senz'ombra di dubbio, il secondo. Perciò sarà questo l'oggetto preferito
degli attacchi dell'odio e dell'infamia; vediamo infatti che l'impotenza della
calunnia varia in ragione dell'onestà e della virtù di chi ne è attaccato e che
tanto più un uomo può contare sull'opinione pubblica, tanto meno'
ha bisogno di invocare la protezione del giudice. Non si indurrà quindi
facilmente a far risuonare per i tribunali le ingiurie che gli saranno state
indirizzate e li ingombrerà con le sue lamentele solo in situazioni
particolarmente gravi quando la calunnia sarà legata a una trama colpevole
ordita per provocargli un gran male e capace di rovinare anche la reputazione
più solidamente affermata. Se si segue questo principio vi saranno meno
processi ridicoli, meno declamazioni sull'onore, ma più onore, soprattutto più
onestà e più virtù.
Limito qui le mie riflessioni su
questo terzo problema che non è l'oggetto principale di questa discussione e vi
pro-pongo di cementare il primo fondamento della libertà con il seguente
decreto:
A cura della Federazione
Pagana
L'Assemblea nazionale dichiara:
1° che ogni uomo ha il diritto di manifestare pubblicamente i suoi
pensieri con qualunque mezzo e che la libertà di stampa non può essere
ostacolata ne limitata in alcuna maniera.
2° che chiunque attenterà a questo diritto dovrà essere considerato un
nemico della libertà e punito con la più grave delle pene che saranno stabilite
dall'Assemblea Nazionale.
3° i privati che siano stati calunniati potranno tuttavia ricorrere alla
giustizia per ottenere il risarcimento del danno che la calunnia avrà loro'
provocato con i mezzi che verranno indicati dall'Assemblea Nazionale.
Traduzione da: Discours
sur la liberto de la presse - 11 mal 1791,in Oeuvres de Maximilien Robespierre
a cura di M. Bouloiseau,G. Lefebvre, A. Soboul - Paris P.U.F. 1952 - Tome VII pag. 320.
Traduzione a cura di Giuliana Pistoso da LA SCALATA AL CIELO ed. ESSEDUE
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LA LIBERTA', QUALE MANIFESTAZIONE DI NECESSITA' D’USCITA DALL'ORRORE DELLA
SOTTOMISSIONE CRISTIANA NELLA COERCIZIONE CHE COSTRUISCE I CAMPI DI STERMINIO, E' QUANTO CONDUCE LE NOSTRE AZIONI.
Marghera 12 gennaio 2002
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
P.le Parmesan,
8
30175 Marghera – Venezia
tel. 041933185
e-mail: claudiosimeoni@libero.it
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