Un solo pensiero non sfiora mai Plotino: l'Uno non esiste.
Per Plotino l'Uno esiste come concetto apriori e per giustificare e definire l'Uno usa la sua immaginazione.
Plotino dice:
"... dobbiamo dire che non è possibile che Egli, Principio di tutte le cose, sia qualche cosa di accidentale, né che sia inferiore, né che sia buono, non buono in sé, ma in senso limitato, cioè manchevole; al contrario, il Principio di tutte le cose deve essere superiore a tutto ciò che è dopo di Lui."
Appare evidente come il proseguo del ragionamento di Plotino tenda a giustificare l'idea che ha messo a monte. In questo paragrafo Plotino vuole sottrarre l'Uno ad ogni forma di analisi e di giudizio. I suoi assoluti, fonte della sua immaginazione (nulla di tutto questo è presente, ad esempio, negli Oracoli Caldaici), vengono così sottratti ad ogni analisi futura. Inoltre, vengono spostati in un immaginario trascendentale dal quale l'Essere Umano può solo subire le categorie morali in quanto, davanti al Tutto e all'Uno, di cui il Tutto è emanazione e rappresentazione, deve sentirsi umile e grato. Se viene pensato un attributo, immaginato all'infinito e attribuito all'Uno, dal momento che chi lo immagina non ha competenze sull'Uno deve pensare a quell'attributo in maniera soggettiva quale proiezione della propria immaginazione.
Allora, cosa resta? Resta il coinvolgimento emozionale dell'individuo nell'immaginario imposto da Plotino. In quel coinvolgimento emotivo l'individuo, quando soggettiva l'Uno e la propria dipendenza dall'Uno, risolve la propria trasformazione attraverso la rinuncia ad esercitare la propria libertà e il proprio libero arbitrio. Libertà e libero arbitrio che Plotino ritiene inutile attribuire agli oggetti sensibili in quanto, essendo questi manifestazione della creazione dell'Uno, ne sono privi.
Gli oggetti sensibili devono tendere al Bene. Devono sottomettersi all'immaginario di Plotino che lui chiama Bene, interiorizzarlo e riproducendolo nella propria esistenza senza una finalità diversa dalla manifestazione del Bene immaginata da Plotino in quanto, quanto Plotino immagina, è sicuramente la manifestazione dell'Uno. Plotino non prova le sue affermazioni perché queste sono circoscritte nel proprio condizionamento educazionale.
Plotino non può uscire da questa trappola e, per giustificare questa trappola, Plotino tende una trappola a tutti gli Esseri Umani. Una trappola che non è limitata alle leggi del pensiero, ma che si traduce in una struttura pragmatica che si cala negli Esseri Umani costringendoli a far propria la dipendenza dalla sottomissione all'Uno e a riprodurre questa sottomissione nei loro figli.
Una trappola feroce e senza scampo:
""E' necessario" piuttosto che gli altri esseri siano in attesa per sapere come si presenterà ad essi il Re. E così com'Egli è, così essi lo devono guardare, non come uno che appaia a caso , ma come il vero Re, il vero Principe e il vero Bene, e non come uno che operi conforme al Bene, perché in questo caso mostrerebbe di seguire un altro, ma poiché Egli è l'Uno, non è conforme a Lui, ma è l'Uno stesso. Se nemmeno dell'Essere si può dire che "accadde" (infatti, se qualche cosa accade, accade all'Essere, ma l'Essere come tale non accade; né è per caso che l'Essere sia così, e neppure è a causa di un altro che esso sia così com'è, ma è la sua natura stessa di essere Ente), come si potrebbe immaginare che si possa dire che "accadde così" a Colui che è al di là dell'Essere, a colui che spetta di generare l'Essere, l'Essere che non "accadde mai", ma è com'è l'essenza stessa, la quale è "ciò che è", cioè l'Essere e insieme l'Intelligenza? In questo modo anche dell'Intelligenza si potrebbe dire che "le accadde di essere l'Intelligenza", potesse diventare intesa da quello che è. Se c'è un Essere che non sorpassa mai sé stesso, né mai esce da sé stesso, è proprio questo che deve essere chiamato, nel senso più rigoroso, "ciò che è"."
Non male come trappola. Nulla è discutibile, tutto deve essere accettato perché tutto è immaginato. Con quanto immaginato si alzano barriere davanti alle obiezioni.
La traduzione di tutto questo nella vita quotidiana si traduceva nel fatto che ciò che era, era ciò che l'Uno voleva che accadesse. Le accadde di essere un padrone; le accadde di essere un re; le accadde di essere un povero e un miserabile, le accadde di dover servire ecc. Quando si procede per immaginazione le conseguenze sulla vita quotidiana degli uomini sono atroci. Quando si agisce all'interno della vita quotidiana allora l'immaginazione è al servizio della costruzione degli uomini o, quando non è così, è al servizio dei progetti di qualcuno o qualcosa che comunque ricade sotto i sensi.
L'immaginazione, legata all'esistenza, è sempre un'astrazione che generalizzando l'esperienza si costruisce su una realtà vissuta fatta di progetti, delle intenzioni, dei fini e degli scopi degli Esseri Umani e perciò diventa manifestazione dell'intelligenza progettuale degli uomini. Quando, al contrario, si usa l'immaginazione come manifestazione di una patologia delirante dell'individuo e si piega il reale quotidiano all'immaginazione (al delirio), allora non è più manifestazione dell'intelligenza progettuale degli Esseri Umani, ma diventa un'operazione di "manifestazione di onnipotenza" il cui fine è la distruzione dei meccanismi soggettivi di accumulo dell'esperienza per distruggere il divenire degli Esseri Umani.
E' questo che succede a Plotino: egli non ha un progetto reale per modificare il quotidiano, ma manifesta la sua immaginazione al di sopra del quotidiano stesso. La stessa operazione è quella che viene fatta dal cristianesimo che usa l'immaginazione (tipo quella del dio padrone e creatore) per imporre una verità agli Esseri Umani attraverso la quale distruggere i loro cammini di libertà. Vengono imposte delle aspettative di una provvidenza immaginata che si cala nella struttura emotiva costringendo le persone nell'attesa angosciosa degli eventi salvifici che le impediscono di agire nella propria vita. Tutta l'azione diventa quella di proteggere il proprio stato d'angoscia e le condizioni psichiche dell'attesa che diventa, in questo caso, l'unica condizione di sopravvivenza psichica del cristiano. Il cristiano attende la fine del mondo, attende il messia, attende di accedere al paradiso, attende la resurrezione della carne. Nell'attesa, nega la vita nel presente.
Il concetto di uscire da sé stesso è un altro concetto frutto dell'immaginazione. Se si dice che un Essere non esce da sé stesso vale anche per il fatto che l'Essere non si dilata in quanto non ha in sé nessun bisogno e allora, che necessità c'è di definirlo un essere potente ed assoluto?
Quanto definisco potente ed assoluto, lo definisco il soggetto in relazione al mio esistere, ma se lui non ricade sotto i miei sensi, né ha relazioni col mio esistere, allora necessariamente cessa di essere d'interesse con le mie azioni e con le condizioni nelle quali costruisco la vita. Se il suo Potere, il suo Bene e la sua Intelligenza, sono tali da non dilatare sé stesso, da non essere sottoposto a condizioni, da non essere sottoposto a bisogni e di vivere in sé stesso al punto tale che anche l'immaginazione ne è esterna, vorrei sapere in quale modo si può definire Bene e Intelligenza se non come misura del soggetto che le proclama.
Da cui si deduce che l'unica manifestazione di potere e di potenza che ha l'Uno, in questo caso, è la manifestazione morale di Plotino che, imponendosi sugli uomini attraverso gli attributi assoluti ed irraggiungibili dei suoi comportamenti mi costringe ad aderire alla sua morale, al suo concetto di Intelligenza, al suo concetto di Bene, privandomi della mia intelligenza progettuale con la qualee vado ad affrontare la mia esistenza.
Il concetto assoluto di potenza, a questo punto, si traduce sul controllo assoluto delle mie azioni, dei miei desideri e delle mie aspirazioni. Io, povero miserabile, senza attributi assoluti, debbo piegare i miei bisogni e le mie tensioni ad un concetto di Bene che, proprio perché è indefinibile, viene a privare le mie tensioni e i miei desideri del loro aspetto propositivo finalizzato a costruire la mia esistenza. Io rinuncio a diventare DIO per accedere al Bene che altro non è che manifestazione di Plotino: vale per qualunque altro si sostituisca a Plotino!
E Plotino giunge alla "perversione" quando afferma:
"Egli è ben diverso da tutte le cose, delle quali si dice il "così". In quanto tu lo vedi indeterminato, tu puoi enumerare tutti gli esseri che sono dopo di Lui, ma dovrai ammettere che egli non è nessuno di essi, ma che è onnipotenza padrona di sé stessa e che è ciò che vuole, o meglio, che riversa "ciò che vuole" sugli esseri, perché in sé stessa è maggiore di ogni volere e ha posto il volere dopo di sé. Questa potenza, dunque, non vuole essere "così"; e nessuno altro la creò "così"."
Vediamo come l'immaginazione chiede sottomissione all'interlocutore. Chiede all'interlocutore di accettare quanto viene immaginato ed espresso e di accettare quell'immaginato mettendolo a fondamento del proprio pensato e motore delle proprie decisioni e azioni.
Questa voglia di riaffermare il potere dell'immaginazione sul reale è propria di chi non usa l'immaginazione per estendere il reale, ma chi ha rinunciato al reale per costruirsi un rifugio nel quale giustificare sé stesso. Ancora una volta il filosofo usa una retorica per giustificare sé stesso, dove, il suo enunciato, non è definizione del percepito, dell'intuito o del sensibile che lo attraversa, anche se trascendente rispetto alle definizioni della ragione, ma si tratta di un trascendente svincolato dalla fisicità di chi lo manifesta quale immaginazione fantastica di una ragione sconfitta nella propria quotidianità.
Quando quest'immaginazione viene messa a fondamento delle azioni degli Esseri Umani, appare evidente che si formano delle contrapposizioni fra chi soggiace all'immaginazione, la fa propria e la riversa su altri Esseri Umani pretendendo che questi la fagocitino a loro volta, e chi, invece, rifiuta quest'immaginazione preferendo o la propria immaginazione o una diversa immaginazione quale estensione della propria individualità.
Marghera, 23 luglio 2001
N.B. Le citazioni di Plotino sono prese dalla traduzione di Giuseppe Faggian ed. Bompiani!
Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo P.le Parmesan, 8 30175 – Marghera Venezia Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Troppo spesso il termine Paganesimo viene usato nel significato che gli danno i cristiani. Tutti i non cristiani sono "pagani" e questo è fonte di molta confuzione. I Wicca sono costruiti da Gardner sulle superstizioni cristiane alle quali Gardner attribuisce un "potere magico". Da qui l'uso dei tarocchi, dell'astrologia, delle rune, che secondo i wicca predicono un futuro determinato dalla volontà del loro dio o della loro dea. Proclamano i principi di un "Rede" che ha l'origine in un "padre" della chiesa cattolica (Agostino d'Ippona) e manifestano principi morali cristiani. La Religione Pagana non è più disposta a tollerare questo tipo di fraintendimenti.