L'Intelligenza è libera; l'anima può farsi libera

Volontà e libertà dell'Uno

Settima parte: commento all'ideologia neoplatonica

Dal VI° libro dell'ENNEADI – 8^ parte

di Claudio Simeoni

Il neoplatonismo

 

Il concetto di Bene che guida le azioni dell'Intelligenza sono alla base delle argomentazioni di Plotino.

Che cos'è il Bene?

E' necessario precisarlo per capirci. Il Bene è il risultato delle azioni. Noi affermiamo che un'azione è per il Bene quando ci poniamo come spettatori davanti a quell'azione e pronunciamo il giudizio relativo.

Il soggetto non guarda alla sua azione con gli stessi occhi dello spettatore, ma esprime l'azione partendo da sé stesso. Se l'Intelligenza non ha bisogni e non ha tensioni ed è sottratta a Necessità, lo spettatore non può vedere le sua azioni né affermare che quelle azioni sono rivolte al Bene.

Non c'è azione se non c'è necessità di agire.

Le azioni possono essere giudicate rivolte al Bene soltanto se esiste un fine, riconosciuto dallo spettatore, a cui le azioni tendono e che lo spettatore chiama bene o se, lo spettatore, riconosce le tensioni, i bisogni e le necessità, da cui le azioni provengono, e deduce che quelle tensioni e quelle necessità inducono il soggetto, in questo caso l'Intelligenza, al Bene.

Il Bene non è un giudizio esente dalla relazione che l'azione costruisce nell'oggettività in cui si muove e nemmeno dagli effetti che produce. Il Bene non può essere attribuito aprioristicamente all'Intelligenza se non conosciamo i parametri di giudizio e gli Intenti per cui l'Intelligenza stessa si muove.

Al di fuori dei parametri d'azione, noi non possiamo affermare che una probabile Intelligenza si muove sempre e comunque per il Bene al di là delle azioni stesse. Se così fosse, significa che abbiamo costruito una struttura di dipendenza del giudicante dal giudicato. Dove il giudizio del giudicante non risponde a parametri oggettivi o a dei parametri predeterminati sui quali si possono fare dei confronti o tenere delle argomentazioni, ma tutto deve tacere in quanto ogni azione presentata, comunque presentata, è comunque attività e manifestazione del Bene nella misura in cui proviene da quell'Intelligenza.

Questo modo di ragionare e di presentare il problema non è corretto, in quanto piega l'intelligenza dello spettatore alla manifestazione di un attore che comunque non recita, ma viene immaginato dallo spettatore stesso. Lo spettatore è prigioniero del proprio immaginario nel quale chiude e comprime la propria azione. In questo tipo di formulazione vengono alzate le sbarre di una gabbia psichica in cui si imprigiona tutta la qualità del pensiero dello spettatore e la sua possibilità di espansione nella vita quotidiana.

In questa condizione il pensiero di Plotino cortocircuita su sé stesso:

"L'anima dunque diventa libera, quando, senz'alcun ostacolo, tende al Bene per mezzo dell'Intelligenza: ciò che essa fa per Lui dipende soltanto dal suo libero arbitrio. L'Intelligenza invece è libera per sé stessa, mentre la natura del Bene è di essere il "desiderabile" in sé, e per Lui posseggono il libero arbitrio le altre cose, qualora possano o raggiungerlo senza ostacoli o possederlo."

La cortocircuitazione è la tensione al Bene per mezzo dell'intelligenza però, ciò che essa fa per l'Intelligenza, dipende dal suo libero arbitrio.

Può Plotino concepire che l'anima combatta l'Intelligenza ritenendola detestabile?

Per Plotino questo non è possibile in quanto l'Uno è la fonte dell'anima e soddisfazione del bisogno dell'anima è l'appagamento dell'Intelligenza che chiama Bene.

Solo che ciò che è Bene è relativo all'Intelligenza a cui l'anima deve tendere, non è relativo all'anima stessa. La cortocircuitazione del pensiero è porre delle condizioni aprioristiche al pensiero e dei paletti invalicabili quali presupposti in cui sviluppare il proprio pensato che si ritrova ad essere vuota retorica sofistica.

Ciò che non può disporre di libero arbitrio all'interno di questo schema è proprio l'anima. Essa, infatti, non dispone di un Bene per sé stessa, ma tende al Bene che è riferito all'Intelligenza la quale farebbe partecipe anche l'anima. Non esiste un Bene dell'anima, ma esiste un Bene dell'Intelligenza al quale l'anima può partecipare. Dal momento che l'Intelligenza non ha tensioni soggettive, non ha bisogni, non può nemmeno esprimere il libero arbitrio, non può fare il Bene dell'anima perché non può fare il bene a sé stessa. Per fare il Bene all'anima deve modificare sé stessa e fare il proprio bene. Ma l'Intelligenza, l'Uno, è l'assoluto immodificabile e, dunque, non può fare il bene dell'anima.

La formulazione del libero arbitrio appartiene all'attività del soggetto che sceglie, spinto dai propri bisogni e dalle proprie tensioni, i migliori adattamenti soggettivi nell'oggettività in cui vive al fine di espandere sé stesso. Il concetto di espansione, in Plotino non esiste. Esiste un ritorno dell'anima all'Intelligenza, dove la necessità di ritorno dell'anima all'intelligenza è vissuto come percezione del Bene da parte dell'anima e il suo raggiungimento è definito attività dell'anima per l'espletamento del suo libero arbitrio. E' come se qualcuno dicesse che sto esercitando il mio libero arbitrio mentre ammanettato e con un mitra alla testa vengo portato nelle camere a gas.

Proprio perché Plotino sottrae l'Intelligenza alle tensioni e a Necessità, sottrae anche Libertà alla descrizione che egli ne dà dell'Intelligenza. Libertà è uno stato di trasformazione di un ente: Libertà noi lo identifichiamo in un ente che passa da uno stato ad uno stato successivo rimuovendo degli ostacoli oppressivi che lo soffoca o lo limita nello stato precedente. Nel passaggio da uno stato ad un altro noi individuiamo l'attività di Libertà. Il primo stato e il secondo stato, vissuti dal soggetto, vengono definiti due stati di verità nei quali il soggetto manifesta la propria interazione col mondo partendo dai fenomeni che percepisce, intuisce e descrive del mondo. Il passaggio dall'uno all'altro è un atto di libertà nella misura in cui il soggetto ha messo in atto azioni soggettive per raggiungere lo stato successivo nelle condizioni oggettive date.

Anche volendo, per assurdo, ammettere l'esistenza dell'Uno, quest'esistenza dovrebbe essere lo stato di Verità cui il soggetto tende attraverso un processo di liberazione soggettiva. Da cui la Libertà è attività della Coscienza di Sé circoscritta che espande sé stessa nell'oggettività inconscia.

Plotino ha sentore che l'Uno potrebbe essere diverso da quanto immagina e allora eccolo usare l'immaginazione per immaginare la negazione del suo discorso. Egli non può accettare che la sua definizione di Uno, quale portatore di Volontà, Libertà ed Intelligenza (usati come sinonimi dell'Uno), sia messa in discussione, però immagina che qualcuno possa mettere in discussione che l'Uno è quello che è per caso e che:

".. e che sia ciò che è non per sé stesso, e che non possegga né la libertà, né il libero arbitrio e che non dipenda da Lui il creare o il non creare ciò che è costretto a creare o a non creare. Questo discorso, rude e imbarazzante, distrugge completamente la natura dell'atto volontario e libero e persino il concetto di libero arbitrio, come se le nostre parole siano state dette invano e siano puri suoni di cose che non esistono: in questo modo si viene ad affermare che nulla dipende da nulla, ma persino negare che si possa pensare o comprendere il senso di questa parola. Ma se il nostro avversario confessa che questa parola (l'Uno) abbia un significato, diventa più facile confutarlo, perché il concetto di libero arbitrio si applica a quegli esseri ai quali, secondo lui, non di dovrebbe applicare. In concetto non si preoccupa certo di esistere..."

Plotino si è reso conto che il suo discorso è audace. Forse anche un po' folle. Allora immagina un avversario che neghi la volontà creatrice come oggetto posseduto dall'Intelligenza, ma affermi che quanto viene in essere avvenga per necessità dell'Uno che quella cosa, e solo quella cosa, può fare. In realtà, una scuola che facesse e affermasse questo toglie all'Uno due caratteristiche fondamentali: il nous e la volontà!

Non solo questo modo di pensare non è rozzo, ma è la descrizione della realtà alla quale Plotino sfugge. A Plotino sfugge che l'Uno permea l'esistente, è la base di trasformazione dell'esistente, ma non ha intelligenza, non ha volontà e non ha Intento. In altre parole non ha intelligenza, non ha "EROS" e non ha volontà per trasformare in funzione di...

Rozzo è risolvere la trasformazione dell'esistente attribuendola all'intelligenza e alla volontà che l'Uno non ha e non può avere anche nell'idea di Plotino che lo descrive in un'immobile assolutezza.

Rozzo è circoscrivere i soggetti del mondo come oggetti posseduti e privati della loro volontà e della loro intelligenza. Rozzo è non cogliere l'azione dei soggetti del mondo in continua modificazione scelta dopo scelta date le condizioni nella quali sono venuti in essere.

Proprio quando le Coscienze di Sé esprimono sé stesse separando la propria Coscienza di Sé dall'inconscio circostante diventando consapevoli esprimono NOUS, cioè INTELLIGENZA, intesa come capacità di progettare sé stesse e di agire nelle relazioni col loro circostante, esprimono VOLONTA' nelle loro azioni che sono legate all'INTENTO universale: EROS! Proprio perché sono legate all'INTENTO universale, quale risposta alle tensioni che da dentro di loro spingono il soggetto ad espandersi, si può affermare che sono rivolte al BENE. Il BENE che, in questo caso, si sottrae ad ogni giudizio di ordine morale in quanto sta ad indicare l'attività di EROS: spezzare le membra o sciogliere i legamenti. In altre parole, RENDERE LIBERI da ciò che impedisce l'espansione!

Le condizioni dell'esistere annullano premesse e logica delle affermazioni di Plotino dimostrando come le sue affermazioni altro non sono che proiezioni dei suoi desideri soggettivi nei confronti dell'Uno e non si tratta di una ricerca nella quale costruire il proprio giudizio. Infatti, Plotino afferma che dobbiamo costringere l'interlocutore a scendere sul nostro terreno: a confessare. Se l'interlocutore non scende sul nostro terreno, dice Plotino, noi siamo impotenti. Plotino non afferma delle cose che ricadono sotto i sensi, ma afferma una realtà chiusa in un ad un trascendente negato ai sensi e, per far accettare questo, deve necessariamente conquistarsi la complicità e l'accondiscendenza dell'interlocutore.

Per Plotino l'impossibile è l'ovvio!

Dal momento che Plotino è ingabbiato all'interno della concezione del Potere di Avere, per lui il "venire in essere", quale passaggio dall'inconsapevole al consapevole, è IMPOSSIBILE. Deve necessariamente esistere qualcuno che crea. Da qualcuno che crea fa discendere tutte le condizioni dell'esistenza che immagina.

Quando Plotino afferma:

Poiché è impossibile che qualcosa crei sé stesso e si porti all'esistenza!

Nega l'ovvio!

Nega la capacità di separare la Coscienza di Sé dall'inconsapevole circostante e lo fa perché assoggettato al Potere di Avere. Infatti, per lui, il concetto serve per:

"...esso invece è fatto per conoscere quale essere sia schiavo degli altri, quale sia indipendente e quale altro non dipenda da altri ma sia, di per sé, padrone della propria attività: tutto ciò appartiene in purezza agli esseri eterni in quanto sono eterni e a coloro che tendono al Bene senza incontrare ostacoli o già lo posseggono"

L'assoggettamento di Plotino al Potere di Avere è totale. Già è espresso nel concetto dell'Uno, ma sottrae anche la capacità degli Esseri di esprimere quello che sono e la loro ricerca di Libertà. Nega, in sostanza, il Potere di Essere che altro non è che la capacità degli Esseri di determinare sé stessi manifestando INTELLIGENZA, VOLONTA' e il BENE. Tutto questo diventa oggetto di possesso dell'Uno.

Con queste premesse non abbiamo nessuno che cresi sé stesso, in quanto ogni sé stesso è legato all'Uno (vedremo in seguito come Plotino risolva la questione) e abbiamo la necessità di Plotino di costringere l'interlocutore a confessare affinché gli consenta di sviluppare la sua logica. Date premesse fantasiose, si ha necessariamente una logica fantasiosa.

Logica fantasiosa che porta Plotino ad una considerazione semplicemente allucinante parlando dell'Uno:

"Ed è assurdo dire che egli non è libero perché crea conforme alla sua natura: è come sostenere che la libertà ci sia soltanto quando Dio crei o agisca contro natura. Un essere che possegga l'unicità non è privato per questo della sua libertà purché questa unicità non l'abbia a causa di un ostacolo esterno, ma sia identica alla sua stessa essenza, sicché egli quasi si compiace di sé stesso e non possiede nulla che sia migliore di Lui; altrimenti, chi in tal modo raggiunge pienamente il Bene, sarebbe privato della libertà."

Siamo compassionevoli! Dalle premesse fantasiose su cui si articola la concezione del Potere di Avere ad opera di un Uno in possesso della capacità di agire nel mondo, si intende privare i soggetti e gli oggetti del mondo delle loro capacità di agire per sé stessi.

Plotino intende attribuire all'Uno delle qualità intrinseche per cui, attraverso l'esercizio del Libero Arbitrio, l'esistente è come noi lo vediamo voluto dall'Uno e, anziché puntare lo sguardo verso in tempo che viene incontro, costringerci ad immaginare un passato partendo dalla fissazione della nostra attenzione su un presente che non viviamo, ma ci limitiamo ad immaginare.

Quanto ci anima, dunque, è quanto ci spinge alla costruzione della nostra Libertà! Le tensioni, i bisogni e i desideri manifestano la necessità di dilatazione di ogni Coscienza di Sé venuta in essere (che riconosce sé stessa) nella sua azione nell'oggettività manifestando la sua Libertà.

Questo processo di trasformazione soggettiva che può, in qualunque momento, interrompersi qualora altri poteri, interagendo col nostro, lo sopprimano, è la LIBERTA' degli Esseri. Il fine cui la Libertà tende è la trasformazione della verità soggettiva con la quale ogni singolo essere interpreta la realtà nella quale è immerso. Il fine degli Esseri, noi lo possiamo immaginare come EROS, ma non possiamo conoscerne la qualità espressiva di Eros in quanto il come Eros si esprime appartiene al divenuto di ogni singolo Essere di ogni specifica specie.

L'Uno di Plotino è libero perché è un padrone che possiede tutto e a cui tutto deve ritornare.

In realtà, l'Uno è nulla in quanto privo di Coscienza, Consapevolezza, Nous, Volontà e Intento. In Plotino l'Uno è portatore solo della Necessità propria della sua qualità. Qualità che esistendo permette a noi di voltarci indietro e di interpretarle: non ci consente di usare l'immaginazione fuori da quello che siamo diventati mutamento dopo mutamento.

Marghera, 23 luglio 2001

 

N.B. Le citazioni di Plotino sono prese dalla traduzione di Giuseppe Faggian ed. Bompiani!

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Claudio Simeoni

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Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

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Il termine "paganesimo"

Troppo spesso il termine Paganesimo viene usato nel significato che gli danno i cristiani. Tutti i non cristiani sono "pagani" e questo è fonte di molta confuzione. I Wicca sono costruiti da Gardner sulle superstizioni cristiane alle quali Gardner attribuisce un "potere magico". Da qui l'uso dei tarocchi, dell'astrologia, delle rune, che secondo i wicca predicono un futuro determinato dalla volontà del loro dio o della loro dea. Proclamano i principi di un "Rede" che ha l'origine in un "padre" della chiesa cattolica (Agostino d'Ippona) e manifestano principi morali cristiani. La Religione Pagana non è più disposta a tollerare questo tipo di fraintendimenti.