Discorso sull'anima di Plotino
nelle relazioni col Mito

Volontà e libertà dell'Uno

Decima parte: commento all'ideologia neoplatonica

Dal IV° libro dell'ENNEADI

di Claudio Simeoni

Il neoplatonismo

 

Innanzi tutto Plotino ci dice:

"Dopo aver imparato queste cose, bisogna tornare indietro a ciò che è eternamente inalterato e abbracciare insieme il tutto; come l'aria, la luce e il sole, ovvero la luna, la luce e di nuovo il sole sono tutte e tre insieme e tuttavia, occupano posti di primo, secondo e terzo grado, allo stesso modo dobbiamo pensare un'anima che sussiste eternamente, poi le cose prime e quelle che vengono dopo, le quali sono simili agli ultimi bagliori di un fuoco ; ed anche questo viene illuminato nello stesso tempo, sicché c'è come una forma che fluttua su questo fondo che prima era del tutto scuro." Enneadi IV 3, 10-10

L'anima, per Plotino, sussiste eternamente come parte di un Tutto e, sempre secondo Plotino:

"L'anima, invece, per la potenza del suo essere, è signora dei corpi per il fatto che è essa che li guida nel loro nascimento e nella loro conformazione, e i loro elementi primi non hanno il potere di opporsi al suo volere." Enneadi IV, 3, 10

E ancora continua Plotino:

"L'anima costruì nel mondo alcuni corpi come statue di dei, altri come case di uomini, altri ancora per altri Esseri. Che altro poteva mani nascere dall'anima se non cose per la cui creazione essa avesse il potere?" Enneadi IV, 3, 10

L'anima che sussiste eternamente; l'anima che è padrona dei corpi; l'anima che costruisce il corpo appropriato!

La centralità del discorso di Plotino è fatto attorno all'anima e l'anima è il centro dell'esistente. La materia viene "comandata" dal potere dell'anima e plasmata in modo tale da dare all'anima un corpo che sia funzionale all'anima stessa.

Con questi presupposti lo sviluppo logico della relazione anima e corpo è la definizione di una relazione gerarchica per cui il corpo non può altro che essere al servizio dell'anima.

Quando Plotino deve fare un esempio di "ciò che è eternamente inalterato" cita dei corpi, non delle anime. Quando dice, "come l'aria, la luce e il sole, ovvero la luna, la luce e di nuovo il sole sono tutte e tre insieme e tuttavia, occupano posti di primo, secondo e terzo grado," parla di materia che si esprime mediante dei fenomeni che si rappresentano ai nostri sensi. Nei confronti di questi fenomeni i nostri bisogni soggettivi manifestano delle priorità che Plotino soggettivamente classifica come posti di primo, secondo e terzo grado. Ma è un'esigenza soggettiva di Plotino collocare in quell'ordine quei fenomeni. Se Plotino avesse avuto delle esigenze soggettive diverse avrebbe collocato quei fenomeni in un diverso ordine. E ciò che è, per Plotino, eternamente inalterato; altro non è, per il Cosmo, in eterna, continua e veloce mutazione.

Cosa ci suggerisce questo?

Che il ragionamento fatto da Plotino è possibile solo perché Plotino si è sostituito al Cosmo: ciò che Plotino sente (attraverso quella che lui definisce l'anima) è ciò che attribuisce al Cosmo. Ciò che per lui è immutabile, per il Cosmo è immutabile.

"... quando dicemmo che essa è di essenza intelligibile e appartiene ad una sorte divina, abbiamo detto forse qualche cosa di esatto sulla sua essenza. E' tuttavia necessario procedere oltre. Noi abbiamo distinto allora la realtà in sensibile e intelligibile e abbiamo assegnato l'anima a quella intelligibile. Sia dunque assodato che essa appartiene alla realtà intelligibile e, per un altro cammino, indaghiamo su ciò che è veramente intimo alla sua natura." Enneadi IV, 1

L'anima è quanto può raggiungere mediante l'intelletto e non mediante i sensi. L'anima, per Plotino, è l'intelletto stesso. Per Plotino solo l'Uno è intelligenza e l'anima altro non è che un distaccarsi dall'unicità dell'Anima Universale. L'anima Universale, l'Uno, è padrone dei corpi attraverso le anime che ne determinano movimenti e scopi

Si sta entrando in una forma di pensiero che separa l'intelligenza dalla materia. Separa l'azione dalla materia. Separa il sentimento dal fenomeno che lo suscita. Una forma di pensiero in cui ciò che è nobile appartiene all'anima e ciò che contamina un'anima "rendendola pesante" è il corpo:

"Che dalla regione intelligibile le anime muovano innanzitutto verso il luogo celeste, si potrebbe provarlo con gli argomenti seguenti. Se il cielo è ciò che v'è di meglio nello spazio sensibile, è ovvio che esso sia contiguo agli ultimi fra gli esseri intelligibili. I primi a ricevere la vita che viene di lassù sono dunque i corpi celesti ed essi ne partecipano perché sono i più atti a parteciparvi. Il corpo terrestre è l'ultimo, ma esso è per natura meno capace di partecipare dell'anima ed è più lontano dall'essenza incorporea." e ancora sull'azione dell'anima nel corpo: "E poi, le cose illuminate hanno bisogno di maggior cure; perciò, come nocchieri di navi in tempesta che con crescente affanno si dedicano al governo della nave e dimenticano sé stessi al punto di non accorgersi di essere travolti nel naufragio, così le anime precipitano in basso con tutto il loro essere, ma sono trattenute nei loro corpi, legate con catene magiche, tutte prese dalla sollecitudine per la loro natura corporea. Ma se ciascun vivente fosse come l'universo e avesse un corpo perfetto, autosufficiente e non esposto ad influenze esterne, l'anima, allora, anche se di essa si dicesse che è nel corpo, non sarebbe affatto in esso ma gli elargirebbe la vita pur sussistendo tutta, immobile, in alto." Enneadi IV 3,17

La separazione è dunque netta; totale.

L'infinito appartiene all'anima. Ma non si tratta di un infinito dinamico, di un divenire in cui le modificazioni si esprimono mediante una variazione di intelligenza, sapere, conoscenza, potere, qualità soggettiva. Si tratta di un divenire statico. Immobile. Fine a sé stesso.

L'anima dà la vita al corpo, ma il corpo può solo danneggiare l'anima. Renderla pesante. Costringerla a "governarlo" nelle tempeste della sua vita.

Per Plotino il corpo è manifestazione dell'anima, al punto tale che afferma:

"Intendo dire così. Se il corpo viene animato viene illuminato dall'anima, ogni sua parte ne partecipa in maniera diversa, e secondo l'attitudine dell'organo a una determinata funzione gli viene assegnato il potere corrispondente." Enneadi IV 3,23

Una visione opposta a quella di Plotino la troviamo nel Papiro di Derveni. Zeus, il corpo, manifesta volontà e intelligenza, ma è immobile. E' immobile nell'immenso di Nera Notte. Volontà ed intelligenza non esistono finché non vengono espresse mediante l'azione. L'azione rimane in potenza finché l'intento non ne manifesta la necessità.

Così l'uovo degli orfici è!

E' là in Nera Notte e dischiude l'intento dell'esistenza: Protogono, Fanete, Eros primordiale. E subito la materia lo inghiotte. E una volta inghiottito (fagocitato o riconosciuto dentro di sé) la materia può dispiegare la sua volontà e la sua intelligenza.

Dice il Papiro di Derveni:

Zeus poi, uditi dalla dea segreti vaticini,
accolse nelle sue mani la forza e inghiottì il demone glorioso,
degno di venerazione, che per primo balzò nell'etere.
E quello generò Gaia e il vasto Urano;
poi Gaia immensa a lui partorì Crono, il quale compì gravi azioni
contro Urano, figlio di Eufrone, colui che fu il primo a regnare.
Dopo di lui ci fu allora Crono e poi Zeus, saggio e prudente,
che possedeva Metis e deteneva l'onore regale fra i beati.
E proprio allora, secondo quanto gli era consentito, inghiottì la forza vitale del dio,
di Protogono re degno di venerazione; e a lui allora tutti
gli immortali, gli déi beati e le dee, si assimilarono
e i fiumi e le sorgenti amabili e tutte le altre cose
che allora erano venute all'esistenza, ed egli così divenne unico.

E così Protogono viene manifestato da tutti i corpi secondo la loro natura e il loro divenuto.

Ci due visioni. La visione di Plotino in cui l'anima precede, formandoli, i corpi e la visione Orfica in cui la materia manifesta l'anima.

Da un lato Plotino che pone sé stesso al centro del mondo; dall'altro lato gli Orfici che pongono al centro della loro attenzione le trasformazioni.

Se per Plotino il corpo può solo appesantire l'anima, per gli Orfici il corpo rende ricco "ciò che lo anima" proprio mediante quelle che Plotino chiama: "di navi in tempesta che con crescente affanno si dedicano al governo della nave"

Quell'affanno, secondo gli Orfici, altro non è che la gloria della vita. La gloria dell'anima. E' la materia che ha in sé le forze per trasformarsi in vita: per manifestare un'anima! E l'anima altro non è che un prodotto del corpo perché il corpo, ogni corpo dell'universo, ha fagocitato la forza primordiale della vita che è Protogono, Fanete, Eros primordiale.

Due visioni assolutamente opposte da cui discendono scelte diverse attraverso le quali affrontare l'esistenza.

Due visioni assolutamente opposte da cui discendono modi diversi attraverso i quali pensare e considerare il mondo in cui si vive.

Natura e pensiero

Dice Plotino:

"Ma da cosa differisce il pensiero, come l'abbiamo descritto, dalla così detta natura?

Il pensiero è qualche cosa di primo, la natura invece è qualche cosa di ultimo. La natura è un'immagine del pensiero e, essendo l'ultima frangia dell'anima possiede anche l'ultima parte della ragione che irraggia in essa: come quando in uno strato di cera un'impronta penetra in profondità sino alla superficie opposta, nella parte superiore essa è molto nitida mentre in quella inferiore è indistinta."

E ancora:

"Appunto per ciò la natura non ha nemmeno l'immaginazione, e l'immaginazione è intermedia fra l'impronta della natura e il pensiero. La natura non ha percezione né coscienza di cosa alcuna, mentre l'immaginazione ha coscienza dell'impressione subita e dà a colui che immagina la conoscenza di questa impressione: il pensiero genera di per sé stesso e agisce in forza dell'attività stessa che ha agito."

E conclude Plotino:

"L'Intelligenza dunque possiede, ma l'Anima dell'universo riceve eternamente, e questa è la sua vita, e ciò che via via appare è coscienza di anima pensante; ciò che dell'anima viene riflesso nella materia è natura, e nella natura, se non anche prima, si fermano gli esseri reali, i quali sono gli ultimi riflessi del mondo intelligibile: a partire di qui non ci sono ormai che copie. E tuttavia la natura agisce ancora sulla materia e subisce l'azione dall'alto; l'anima, che la precede e le è vicina, crea ed è impassibile: essa che è in alto non agisce né sui corpi né sulla materia." Enneadi IV 4,15

Nella visione di Plotino la Natura è un soggetto passivo. Nella Natura non si manifesta intelligenza, non si manifesta volontà, ma è l'anima che opera nella Natura. La discesa delle anime permette la vita nella Natura. Così la Natura, dalla e nella quale Plotino è divenuto, viene svilita nella sua funzione di Madre Generatrice di vita per essere trasformata in una fornace di materia sulla quale agiscono le anime.

L'errore fondamentale di Plotino è di aver invertito l'ordine naturale delle cose. E' la Natura prima e il pensiero è ultimo.

Nel Papiro di Derveni è Nera Notte che suggerisce alla materia, Zeus, di fagocitare Protogono. Nera Notte non necessita di Protogono perché non ha trasformazioni, ma la materia necessita di Protogono perché le trasformazioni della materia sono quelle che portano al divenire delle anime; degli Dèi. Protogono è indispensabile alla materia perché spinge la materia a passare dallo stato di inconsapevolezza a quello di consapevolezza attraverso un numero infinito di trasformazioni. E la Natura stessa è un crogiolo della vita che produce anime; che produce Dèi!

Mentre in Plotino la Natura viene abbassata al rango ignobile della materialità, gli Antichi l'avevano elevata a sposa "legittima" di Zeus col nome di Hera.

Da qui sorge anche una diversa visione del dolore e del piacere fra la concezione Plotiniana e la concezione mitica.

Dice Plotino:

"Ecco dunque ciò che si chiama piacere e dolore: il dolore è conoscenza del dissolvimento del corpo che sta per essere privato dell'immagine dell'anima; il piacere è conoscenza, nell'essere vivente, che l'immagine dell'anima è sul punto di essere nuovamente integrata nel corpo." Enneadi IV 4,19

Cosa farà Plotino? Impedirà il dissolvimento del corpo per non privarsi dell'anima o annienterà il suo corpo speranzoso che la sua anima sarà di nuovo integrata nel corpo? Ma in entrambe le scelte, quale sarà la sua azione nel mondo in cui è nato? Saprà affrontare Cerbero? Il Leone di Nemea? L'Idra? E nel farlo, costruirà la sua anima preparandola per entrare nell'Olimpo?

Per Plotino le anime sono immortali e l'anima, per Plotino, è l'individuo in sé. Quell'individuo in cui è discesa.

Dalla teroria dell'anima di Plotino che si sviluppa attraverso la trasformazione delle concezioni Platoniche, diventa comprensibile la fine delle Antiche Religioni. L'attività quotidiana veniva separata dalle necessità dell'anima; le necessità dell'anima erano troppo superiori per discendere nella Natura o nella vita sociale.

Slegare l'anima dal corpo. Attribuire all'anima tensioni legate al pensiero (che poi diventano sogni dell'immaginazione) svilendo i bisogni e le tensioni del corpo, hanno portato a quella separazione fra vita idealizzata (virtuale) e vita reale dove la vita virtuale ha finito per impedire la vita reale.

Ciò che era l'intuizione delle Antiche Religioni per cui erano i soggetti della Natura (Ninfe, Fonti, Boschi, Esseri Animali ed Esseri Umani) che si trasformavano in Dèi attraverso un vissuto Eroico; si trasformò in negazione dei bisogni del corpo al fine di impedire la contaminazione dell'anima.

Da concezioni religiose per le quali la vita del corpo, le fatiche delle sfide, i grandi amori, alimentavano e articolavano il Genio, la Juno, il Daimon dentro ogni Essere attraverso le sfide dell'esistenza a concezioni religiose che mettevano al primo posto la negazione e la distruzione del corpo in funzione dell'esaltazione dell'anima.

Soddisfare i bisogni dell'anima per distruggere il corpo.

Dice il papiro di Derveni:

"In verità prima di ogni altra cosa l'aurea Afrodite,
l'Urania desiderabile, con una sola eiaculazione concepì;
a quella poi insieme nacquero l'amabile Armonia e Peitò.

La materia, i corpi, generano Afrodite e, insieme, Armonia e Peitò attraverso i quali i corpi della Natura costruiscono le loro anime e i loro cammini nell'infinito dei mutamenti.

La concezione Plotiniana è una concezione che nega la vita e il suo incessante procedere tanto che Plotino stesso afferma "non ci sono ormai che copie".

Dimenticato il senso mitico della vita, con i filosofi platonici si è entrati nel regno dell'illusione. L'individuo non si fa più eroe nella propria quotidianità, ma si trasforma in pecora del gregge al fine di non danneggiare la propria anima!

Marghera 01.04.2006

 

N.B. Le citazioni di Plotino sono tratte da Enneadi trad. Giuseppe Faggin ed. Bompiani e le citazioni del Papiro di Derveni sono tratte da Le religioni dei Misteri a cura di Paolo Scarpi ed. Lorenzo Valla.

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Il termine "paganesimo"

Troppo spesso il termine Paganesimo viene usato nel significato che gli danno i cristiani. Tutti i non cristiani sono "pagani" e questo è fonte di molta confuzione. I Wicca sono costruiti da Gardner sulle superstizioni cristiane alle quali Gardner attribuisce un "potere magico". Da qui l'uso dei tarocchi, dell'astrologia, delle rune, che secondo i wicca predicono un futuro determinato dalla volontà del loro dio o della loro dea. Proclamano i principi di un "Rede" che ha l'origine in un "padre" della chiesa cattolica (Agostino d'Ippona) e manifestano principi morali cristiani. La Religione Pagana non è più disposta a tollerare questo tipo di fraintendimenti.