Che cos'è la volontarietà di un atto?
Dice Plotino nel chiedersi della volontà dell'azione:
"Oppure si deve accordare l'onnipotenza e l'arbitrio di tutte le cose soltanto all'Uno, mentre, per gli altri dei, alcuni si comportano come noi, altri nella maniera di lassù e altri in ambedue i modi?"
E' importante notare come la centralità dell'intero discorso fatta da Plotino parta dalle azioni dell'Essere Umano ed estenda tali azioni e tali concetti all'intero universo fintanto che, immaginando l'Uno, lo immagina esattamente come egli intende l'Essere Umano perfettissimo all'interno della sua ragione. Per Plotino l'involontarietà di un atto dipende dalla conoscenza e dalla consapevolezza che chi compie l'atto mette nella decisione di compierlo. Ciò che sfugge a Plotino non è tanto la consapevolezza e la conoscenza dell'atto, che rende l'atto stesso volontario o involontario, ma è la decisione soggettiva di mettere in essere quell'atto indipendentemente dalla coscienza e dalla consapevolezza che si usa per manifestare l'atto stesso. Il fatto che alla base della decisione di fare un'azione ci sia o meno la conoscenza, questo nulla toglie alla volontarietà dell'atto, piuttosto può diminuire le responsabilità soggettive e morali di chi lo compie. Mi spiego meglio. L'atto è il frutto di un'azione della volontà soggettiva. La finalità dell'atto è data dai bisogni, dai desideri e dagli scopi del soggetto. La responsabilità morale o giuridica è legata alle intenzioni e alla conoscenza del soggetto che produce l'atto. Tutte queste cose devono essere scomposte per riuscire a costruire un giudizio che sia inerente all'Uno. Se io affermo che l'Uno ha responsabilità morali, significa che ho costruito un sistema di pensiero o un sistema di riferimento per cui all'Uno imputo delle responsabilità morali. La stessa cosa vale per gli DEI. Dato un sistema di riferimento posso dare delle valutazioni. Cosa diversa è se mi rapporto con soggetti che nulla hanno di umano e che rispondono a tensioni e bisogni propri.
Il problema aprioristico di Plotino nella sua elaborazione di volontarietà dell'atto è quello di partire da una posizione aprioristica che ne ingabbia il pensiero e le sue possibilità di elaborazione:
"E' necessario esaminare tutto questo; e non dimeno, dobbiamo avere il coraggio di studiare questo problema negli esseri primi e in Colui che sta al di sopra di tutto: come cioè ogni cosa dipenda da Lui, anche se siamo già d'accordo che Egli possa tutto."
Questa è la trappola aprioristica nella quale cade Plotino e dalla quale non saprà mai liberarsi. L'affermazione in sé è frutto del condizionamento educazionale ricevuto ed è proiezione all'infinito della propria assolutezza. In quest'operazione Plotino diventa il tutto, l'assoluto che esercita la propria volontà senza vincoli di forma né limiti di spazio e tempo.
Partendo da questo presupposto egli considera l'atto volontario e involontario non come il prodotto della presenza della volontà o meno, ma come presenza della conoscenza. La conoscenza determina se un atto è volontario o meno. Sicuramente un tribunale agirebbe nello stesso modo quando deve erogare una pena per un imputato colpevole di una data azione. E il tribunale identificherebbe sé stesso nell'Uno la cui volontà, nei confronti dell'imputato, è assoluta.
Il problema di questo capitolo è stabilire quali sono le condizioni perché un atto non sia volontario!
La volontà genera l'atto, ma l'atto può non essere generato dalla volontà!
Ed è esattamente ciò che sfugge a Plotino nel suo ragionare.
Infatti, se le Coscienze di Sé vengono in Essere per atto della volontà dell'Uno, non può essere imputato alle Coscienze di Sé l'essere venute in essere. Se l'Uno esercita la volontà del generare; non può essere imputata alla volontà del generato il fatto di esistere. La Coscienza di Sé che viene in essere lo fa senza aver sviluppato un atto di volontà, ma ha subito l'atto di volontà di qualcuno o di qualche cosa. Il fatto di venire in essere diventa un atto involontario o, più precisamente un atto accidentale. Che diventa accidentale per il soggetto che è venuto in essere, ma che noi, spettatori del suo venuto in essere, osserviamo come soluzione di un insieme di contraddizioni una delle cui soluzioni è proprio il venir in essere del soggetto.
La Coscienza di Sé, una volta venuta in atto, prende atto di esistere e in quel momento, rispondendo alla proprie tensioni, continua a manifestare sé stessa espandendosi. L'involontarietà diventano le azioni subite dal soggetto, senza che il soggetto abbia azione in tali eventi. Questo indipendentemente dalla Conoscenza e dalla Consapevolezza del soggetto. Diventano tutte azioni volontarie qualora il soggetto usi la propria volontà per immettere dei fenomeni nell'oggettività in cui vive. Una volta che il soggetto viene in atto manifesta la sua volontà espandendosi nell’oggettività in cui vive. Possiamo dire che l'acqua fa un atto involontario sgorgando dal monte e andando verso il mare in quanto la forza che agisce sul suo cammino noi, oggi, la conosciamo e la chiamiamo gravità. Il movimento dell'acqua è involontario in quanto la volontarietà dell'atto risiede in un oggetto esterno.
Il problema che deve essere risolto, a questo punto, diventa l'atto di "volontà" dell'Uno!
Abbiamo visto come Plotino ponga, alla base del proprio ragionamento, una condizione indimostrata e indimostrabile. Proprio perché è indimostrata e indimostrabile chiama a raccolta tutti gli uditori:
"anche se siamo già d'accordo che egli possa tutto!"
L'Uno di Plotino è l'Uno che esercita la propria volontà senza impedimenti: esattamente come Plotino farebbe se Plotino fosse l'Uno! Il problema fondamentale è che l'Uno, di cui parla Plotino, è privo di VOLONTA'!
L'Uno, inteso come il TUTTO, lo vedremo in seguito, non esprime volontà, ma esprime NECESSITA'! La NECESSITA' espressa dall'Uno viene scambiata da Plotino come VOLONTA' in quanto Plotino proietta sé stesso sull'Uno. Non abbiamo un Uno all'inizio dell'universo, ma abbiamo un Plotino che pensa sé stesso come Uno!
In questo modo due cose diverse, come NECESSITA' e VOLONTA' diventano la stessa cosa nel Plotino diventato Uno.
In questa operazione diventa del tutto logico l'esempio dell'uccisione e della consapevolezza o meno dell'oggetto che si uccideva alla fine del proprio capitolo. L'inconsapevolezza dell'oggetto ucciso (uccide suo padre) toglie la volontà dell'atto. Si tratta di un esempio di natura giuridica e non un esempio di natura filosofica. Infatti, in quel modo si giudica in un tribunale: non in quel modo ci si pone davanti alla vita!
Dall'Uno si genera il presente. Secondo Plotino ci sono atti di volontà dell'Uno. In realtà si tratta di manifestazioni di NECESSITA' dell'Uno. L'Uno non è materia indistinta! L'Uno non è qualità indescrivibile. L'Uno è composto da una "qualità" che è in grado di trasformarsi. Un qualche cosa che è in grado di passare da uno stadio di inconsapevolezza ad una condizione di consapevolezza. L'Uno non è consapevole di sé stesso e pertanto non è portatore di volontà! L'Uno è una qualità che è in grado di passare dall'inconsapevole al consapevole ed io posso risalire al suo stato di inconsapevolezza. E' la NECESSITA' presente nell'Uno che genera la qualità dell'Uno come Coscienza di Sé che esercita la sua VOLONTA'. L'insieme delle VOLONTA' dei soggetti che germinano per effetto di NECESSITA' nell'Uno trasformano la quantità (NECESSITA') in qualità (VOLONTA') all'interno di un processo di trasformazione che pur mantenendo alla base la NECESSITA' che l'ha prodotto viene qualificato dall'uso che della VOLONTA' ne fanno i singoli soggetti venuti in essere che la esercitano. Diventa importante, nella visione Esiodea la falce dentata costruita da Gaia per i suoi figli! GAIA è l'Uno! E' la sostanza inconsapevole dalla quale si separano le consapevolezze. Le consapevolezze si separano dall'inconscio e si dilatano usando la falce dentata che hanno acquisito germinando nell'inconsapevole.
Il venire in essere dei soggetti è l'unico atto che consideriamo involontario. Tutti gli altri sono atti volontari in quanto, anche se il soggetto li subisce, ad essi mette in essere i propri adattamenti. E sul discorso degli adattamenti dell'Essere possiamo iniziare a parlare di Conoscenza e di Consapevolezza.
Dice Plotino:
"Che idea ci formiamo dunque quando parliamo del nostro libero arbitrio, e perché ce lo domandiamo? Io penso che sia a causa delle contrarie fortune da cui siamo travagliati e dalle costrizioni e dei violenti impulsi passionali che dominano l'anima nostra;..."
Infatti, a questo punto potremmo affrontare il concetto di Libero Arbitrio. Il Libero Arbitrio che deve essere ammesso per le Coscienze di Sé, ma non per l'Uno.
Cosa non era in grado di cogliere Plotino al suo tempo? Non era in grado di cogliere le trasformazioni che nella sua specie avvennero in milioni di anni. Non era in grado di cogliere sé stesso mentre affrontava la vita. Però desiderava! Desiderava essere un Plotino che spaziasse senza limiti nell'infinito. La sua ragione proiettata in un infinito: eppure egli poteva scegliere fra mangiare o non mangiare! Ma che razza di Libero Arbitrio è questo? Volete mettere il Libero Arbitrio di chi con un colpo di bacchetta magica fa nascere le galassie, manda le piaghe in Egitto o divide il mare?
E' il Libero Arbitrio di ciò che siamo e di quello che costruiamo! E' il Libero Arbitrio che la nostra specie ha costruito in milioni di anni! E' il Libero Arbitrio di TELLUS ed ELIOS, ERA e ZEUS all'interno dei quali noi, Esseri Umani, esercitiamo il libero arbitrio per quello che siamo e per quello che intendiamo costruire!
N.B. Le citazioni di Plotino sono prese dalla traduzione di Giuseppe Faggian ed. Bompiani!
Marghera, 23 luglio 2001
Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo P.le Parmesan, 8 30175 – Marghera Venezia Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Troppo spesso il termine Paganesimo viene usato nel significato che gli danno i cristiani. Tutti i non cristiani sono "pagani" e questo è fonte di molta confuzione. I Wicca sono costruiti da Gardner sulle superstizioni cristiane alle quali Gardner attribuisce un "potere magico". Da qui l'uso dei tarocchi, dell'astrologia, delle rune, che secondo i wicca predicono un futuro determinato dalla volontà del loro dio o della loro dea. Proclamano i principi di un "Rede" che ha l'origine in un "padre" della chiesa cattolica (Agostino d'Ippona) e manifestano principi morali cristiani. La Religione Pagana non è più disposta a tollerare questo tipo di fraintendimenti.