Natura e realtà degli Dèi nella Religione di Roma

Gli Dèi nella Religione Romana

di Claudio Simeoni

 

Indice Religione Romana

 

Il discorso sulla natura degli Dèi dell'Antica Religione Greca e dell'Antica Religione Romana non termina mai, tanti sono i modi con cui gli Dèi si presentano e gli Esseri Umani li manifestano nella loro vita.

Consideriamo un DIO della Religione Romana e i costumi che i riti, relativi a quel DIO, ispiravano: Fauno.

Leggiamo quanto ci racconta Ovidio ne "I fasti":

"Vivevano a cielo aperto e avevano i corpi nudi,
avvezzi a sopportare le piogge e i minacciosi venti.
E anche ora ignudi ricordano l'uso di un antico
costume, e attestano la loro antica povertà.
Ma a spiegare perché specialmente Fauno rifugga le vesti,
si tramanda una favola piena di antica ilarità.
Per caso il giovane Tirintio accompagnava la sua signora;
Fauno dall'alto di un monte li scorse entrambi.
Vide, e s'accorse di tutto: "O Ninfe montane", disse,
"nulla ho più a che fare con voi: questa è la mia fiamma".
Andava la Meònide sparsa le spalle dell'odorosa
Chioma, e splendida nella sua veste intessuta d'oro.
La teneva al riparo dai tiepidi raggi del sole un aureo
Ombrello che intanto reggevano le mani di Ercole.
Già ella camminava nel bosco di Bacco e tra i vigneti del Tmolo;
il rugiadoso Vespero avanzava sul suo oscuro cavallo.
Entra in una grotta con la volta di tufi e di viva pomice;
al limitar della soglia scorreva un mormorante ruscello.
Mentre i servi preparavano le vivande e il vino da bere,
ella veste l'Alcide con il suo proprio abbigliamento:
gli dà le lievi tuniche tinte di porpora di Getulia,
gli dà la levigata fascia di cui poc'anzi era cinta.
Ma la fascia è più stretta del ventre di lui, che allenta i legami
delle tuniche, per far si che ne possono uscire le sue grandi mani.
E aveva infranto i braccialetti non fatti per i suoi bicipiti,
e grandi piedi rompono i lacci delle piccole calzature.
Lei prende la pesante clava e la pelle di leone
e le armi più piccole serrate nella loro custodia.
Così, dopo aver banchettato, abbandonano i loro corpi al sonno,
sdraiandosi su letti separati disposti uno accanto all'altro.
La ragione di ciò: preparavano i riti in onore del dio
scopritore della vite; al sorgere del sole volevano celebrarli castamente.
Era la mezzanotte. Che cosa non tenta un amore sfrenato?
Attraverso le tenebre Fauno viene all'antro coperto di rugiada.
E come vede la servitù immersa nel sonno e nel vino,
spera che anche i padroni giacciano nello stesso torpore.
Il temerario adultero entra ed erra barcollando qua e là,
protende cautamente le mani e ne segue la direzione.
Era giunto al primo giaciglio in cui s'era imbattuto a tastoni,
e sarebbe stato fortunato in quel primo incontro;
ma come toccò gli irsuti peli del vello del fulvo
leone, rabbrividì, ritrasse di scatto la mano,
e arretrò annichilito dallo spavento, come spesso il viandante
ritrae il piede sgomento alla vista di un serpente.
Quindi tocca le molli stoffe del letto disposto
accanto all'altro, e viene ingannato da quell'indizio mendace.
Vi sale, e si sdraia alla sponda a lui più vicina:
il suo membro rigonfio era già più duro del corno.
Intanto solleva la veste dal bordo inferiore:
ma erano gambe ruvide e aspre di folti peli.
Di colpo l'eroe Tirintio lo ributta mentre tentava
ben altro: e quello ripiomba in terra dall'alto del letto.
Si produce un fracasso, la Meònide chiama i servi e chiede
si faccia luce: potate le torce, i fatti sono chiari.
Quello geme, caduto pesantemente dal sommo giaciglio,
e a stento riesce a sollevare le membra dalla dura terra.
Ride anche l'Alcide insieme a quanti videro Fauno giacere,
e la fanciulla lidia deride quel suo aspirante amoroso.
Il dio ingannato da una veste non ama dunque vesti
che ingannino l'occhio, e chiama gente nuda ai suoi riti."

Ovidio, "I Fasti", traduzione Luca Canali, edizioni BUR,

Attribuire agli Dèi comportamenti umani è proprio degli Esseri Umani. Non perché gli Esseri Umani considerino gli Dèi come sé stessi, ma perché soltanto nelle e attraverso le vicende degli Dèi, gli Esseri Umani sono in grado di rappresentare i principi religiosi e sociali con cui guardare il futuro. Solo nelle vicende degli Dèi gli Esseri Umani rappresentano la manifestazione del divino nelle loro azioni.

Quando gli Esseri Umani costruiscono le loro relazioni con gli Dèi, la parola non era. Le azioni descrivevano gli Dèi. Quando gli Esseri Umani usarono la parola per descrivere l'azione, dovettero caricare la parola delle relazioni emotive che le azioni del divino suscitava in loro. A poco a poco la parola occupò ogni anfratto della comunicazione. Qualche Essere Umano pensò allora che la forma, attraverso la quale la parola descriveva gli Dèi e l'azione, fosse l'unica cosa che rappresentasse il divino che circondava l'Essere Umano.

Così, in questa storia, Fauno, un principio maschile della vita, viene rappresentato in maniera "ridicola". Il ridicolo non diminuisce il Dio descritto. Ogni Essere Umano maschile, nella ricerca della soddisfazione delle proprie pulsioni, spesso inciampa nel ridicolo quando il suo desiderio, per goffaggine, superficialità, delicatezza o quant'altro, si scontra con l'impossibilità di soddisfarsi. Il Dio, manifestato nell'atto, incontra difficoltà ad esprimersi, ma proprio il superamento delle difficoltà fa grande quell'atto divino che l'Essere Umano esprime affrontando la situazione.

Solo quando l'Essere Umano dimentica la natura degli Dèi che egli stesso esprime, la forma prende il sopravvento nell'immaginario umano. Ciò che è azione diventa forma. La forma descritta diventa un soggetto che fa delle azioni. Lo spettatore diventa giudice delle azioni di quella forma. Ride e piange per quelle azioni, ma non le coglie come "le sue azioni". E' separato da quelle azioni. Così l'Essere Umano maschile ride della disavventura di Fauno, ma non si sente Fauno. E non vede esprimersi Fauno nelle azioni degli Esseri Umani che gli stanno attorno. Non si immerge nell'azione del divino. La sua azione non manifesta il divino dentro di sé che tenta di emergere. Per lui esiste solo la forma che "fa delle azioni". Le sue emozioni sono manifestazione di una forma. Il suo desiderio è manifestazione della forma attraverso la quale esprime sé stesso, Il suo desiderio non è oggetto in sé, né il suo bisogno o le sue e emozioni sono oggetti in sé.

Così, quando gli antichi dicevano: "Io discendo da Marte" "La mia stirpe ha Giunone come madre" "La mia stirpe discende da Venere", lo spettatore coglie soltanto un rapporto amoroso dell'avo, un amplesso, non vede quel dio espresso nelle azioni di quella casa.

Si tratta di una visione degli Dèi che Walter Otto aveva già individuato e in parte compreso.

La nascita della filosofia, a poco a poco, ha estirpato la radice del Mito. Gli Esseri Umani non leggevano più il Mito attraverso le categorie del Mito, ma interpretavano il Mito attraverso le categorie della filosofia che doveva ridurre ogni esistenza, ogni azione, alla volontà di una forma che lei poteva descrivere.

Dice Walter Otto

"Solo quando tale fede cominciò a vacillare, e più precisamente quando si cominciò a giocare con le saghe degli Dèi le avventure d'amore assunsero un carattere di superficiale sensualità. Non è da stupirsi se la critica si fece sentire già relativamente presto nella stessa Grecia. La speculazione astratta e il razionalismo, che si scandalizzarono senz'altro della forma e del contegno umani delle divinità, si sentirono massimamente offesi da questi eccessi; ed è noto che già Senofane muove i più aspri rimproveri agli Dèi di Omero e di Esiodo per i loro "adulteri". Ma negli antichi tempi più religiosi non ci si aspettava dagli eterni, che si presentavano nella forma umana pura, null'altro che sublimità. E invero anche la naturalità più cruda non riesce a privare del suo incanto il divino, quanto l'ordine e le convenzioni borghesi. Le antiche schiatte nobili, le cui origini venivano fatte risalire all'unione della loro antenata con un dio, non s'immaginavano che quel capostipite favoloso fosse anch'egli legato da un rapporto personale e assieme al suo amore potesse mettere in gioco anche il suo onore. Pensavano con sacro timore alla grande ora, allorché la maestà celeste si era chinata amorosa su una donna terrena. E "Lo scudo" di Esiodo esprime bene come la notte d'amore di un dio potesse al contempo servire ai piani più meravigliosi. Si dice che il padre degli Dèi e degli uomini meditò come avrebbe potuto far nascere un essere capace di aiutare Dèi e uomini. "E scese dall'Olimpo con intenti occulti ed astuti, languendo dal desiderio per l'abbraccio della magnifica….". Il frutto di quest'amore fu Eracle, il salvatore, modello d'ogni eroismo."

Da Walter Otto "Gli Dèi della Grecia" ed. Adelphi

Le mie azioni sono gli Dèi che fanno delle azioni!

La vita è una cosa seria; l'unico atto divino per eccellenza. Se la vita non fosse, gli Dèi non sarebbero. Se gli Déi non fossero, la vita non sarebbe. Se l'Essere Terra non fosse, non sarebbe nemmeno l'Essere Natura e i suoi figli.

Così, raccontare gli Dèi costruisce una separazione fra l'uomo e gli Dèi. Manifestare gli Dèi costruisce quella fusione psicofisica che lo spettatore legge come "fusione di intenti".

Potremmo parlare della vita, se la Natura non fosse? Potremmo parlare del divino se Helios non diffondesse la propria divinità nel mondo che lo circonda? Si parla del mondo perché gli Dèi si sono espressi ed ogni espressione nel mondo è un esprimersi gli Dèi.

Gli Dèi non vengono vissuti come vicinanza, ma come "oggetti espressi" e come "oggetti che esprimono sé stessi". Si tratta della difficoltà della ragione di descrivere "l'anima" del fenomeno e intuire il fenomeno per "quanto lo anima". La ragione preferisce afferrare il fenomeno per quello che lo esprime, non per quello che il fenomeno è. Per questo alla ragione sfugge il divino dell'oggetto. Per la ragione l'oggetto non è il divino che esprime, ma è la forma a cui vuole attribuire (quando ne è capace) una funzione divina.

Walter Otto ci racconta nel suo "Gli DEI della Grecia" la relazione fra l'uomo e gli Dèi e fra gli Dèi e l'uomo.

"E' ella stessa [Atena] a dirci che è il valore dell'eroe ad attirarla e non la buona volontà o la dedizione alla sua persona. Gli uomini che possono contare meglio e più sicuramente su di Lei non le offrono nessuna venerazione particolare, e sarebbe del tutto inimmaginabile che ella potesse motivare il suo favore con l'obbedienza esemplare del suo protetto. Nel famoso dialogo con Odisseo (Odissea 13, 278 sgg), nel quale Atena si dà a conoscere come Dea, ella risponde ai lamenti dell'eroe confidandogli di non essersi mai dimenticata di lui e dichiara espressamente che è lo spirito superiore del suo prediletto ad esserle caro e a legarla tanto saldamente a lui. La Dea dagli occhi chiari non poteva essere lontana da colui che è il più assennato ed astuto degli uomini. E quando quest'uomo tanto provato non vuol credere neppure alla Dea che lo rassicura essere giunto davvero a Itaca, ella non pensa affatto di sentirsi offesa nella sua sacra persona, e non si sdegna col dubbioso; si rallegra invece della nuova prova della sua vigile prudenza, e confessa che appunto per ciò non lo abbandonerà."

Tratto da Walter Otto "Gli Dèi della Grecia" ed. Adelphi edizione 2004 pag. 236-237

Le difficoltà del poeta di costruire la relazione fra gli Esseri Umani e gli Dèi appare evidente, ma ancor di più è la difficoltà del filosofo di descrivere la relazione degli Dèi partendo dalla forma e della centralità della sua ragione.

La ragione perde di vista la vita!

La vita!

La vita, nel suo eterno corso, nel suo divenire.

La vita, un serpente dalle mille e mille piume, quante sono le specie della Natura, avanza nelle sue continue trasformazioni. Gli Dèi della Natura che si adattano agli Dèi del Cosmo.

L'immenso Urano Stellato che comprende gli Dèi Titani, che comprendono gli Dèi Olimpi. In una continua trasformazione. Una trasformazione in cui gli Dèi e gli uomini sono uno. Uguale è l'Intento che li attraversa, uguale la sostanza della loro trasformazione. Una cellula di un corpo, è cosa diversa dal corpo? Lo è e non lo è! Vive in una relazione attraverso la quale costruisce il proprio futuro.

Separare la materia dall'intelligenza; l'intelligenza dalla materia fu il delitto che separò gli Esseri Umani dalla vita che li ha manifestati.

Riconoscere la natura degli Dèi significa riconoscere la natura dell'Essere Umano. Riconoscere la natura dell'Essere Natura, significa riconoscere la natura dei Titani; la natura della vita!

Ci fu un tempo in cui Urano Stellato impose Afrodite ai Titani e agli Dèi Olimpi!

Né Titani, né Dèi Olimpi furono in grado di rifiutare ciò che Urano Stellato impose loro.

Poi, qualcuno pensò di reprimere la sessualità degli Esseri Umani per poterli dominare meglio e descrisse gli Dèi nell'unico modo possibile per la sua follia:

"Un altro demone riprese il nome di Saturno, che avvezzo ad ogni crudeltà, divorava perfino i suoi figli appena nati. Un altro ancora inventò di essere Venere, che fu una meretrice. Essa ha fatto la prostituta non solo con molti amanti, ma anche con suo padre Giove e col suo fratello Marte."

Tratto da: Da Martino di Braga "contro le superstizioni".

Era la forma della ragione che proiettava i fantasmi della propria onnipotenza ad immagine di un dio assoluto con quale identificava sé stessa. La fusione degli Esseri Umani col mondo doveva essere il loro farsi Afrodite e trasformarsi. Ma la trasformazione fu fermata dall'onnipotenza della ragione. La ragione temeva Afrodite, quel moto di fusione emotiva degli Esseri Umani col mondo che travolgendo la ragione permetteva loro di rientrare nel mondo che li aveva generati e di generare a loro volta.

Ma Afrodite non era sola.

"Desiderio bello la segue da quando, appena nata, andò verso la stirpe degli Dèi."

Tratto da Esiodo, Teogonia

Questo guerriero, Desiderio, combatté la sua battaglia d'esistenza e anche quando:

"Non c'è peccato che tanto spiaccia a Gesù Cristo quanto il peccato della carne ed è questo che ha fatto dire a sant'Agostino: molti di coloro che commisero atti impuri la notte in cui Gesù venne al mondo, morirono di morte improvvisa. E si deve anche notare che per tutto il tempo della passione non ha mai permesso che i suoi nemici, nel gran numero di ingiurie, di bestemmie, di oltraggi e di calunnie che lo facevano soffrire, mescolassero il minimo rimprovero di questo vizio infame; si tratta del vizio che reca maggior piacere al diavolo, perché è l'attrattiva più affascinante e più efficace per accalappiare le anime nelle sue reti… Non esiste peccato in cui in ogni circostanza sia peccato mortale come lo è il peccato impuro. Un furtarello, un piccolo moto di collera non sono che dei peccati veniali, mentre uno sguardo lubrico, un pensiero impuro in cui ci si compiaccia anche minimamente, sono peccati mortali che vi condannano alle fiamme eterne. Infine va detto che non c'è vizio che trascina all'inferno un numero così enorme di anime quanto l'impurità. Sventurato colui che sarà del numero degli ingannati."

Tratto da Jean Delumeau "Il peccato e la paura" che cita trattandolo da "le Doctrinal".

Desiderio bello mise la sua corazza ed agì nel cuore degli Esseri Umani. Ogni volta che si vedeva un corpo, Desiderio agiva. Ogni volta che un'antica statua emergeva, Desiderio agiva. Gli uomini, ridotti alla disperazione da chi li voleva in ginocchio a pregare, erano sollecitati a riprendere la loro vita nelle loro mani. Afrodite e Desiderio li spronavano ad uscire dalla disperazione.

E gli Esseri Umani reimpararono, prima ritrovarono Venere nelle relazioni attraverso il loro sesso e poi ritrovarono la grande Afrodite fondendosi col mondo mentre la manifestavano nelle loro azioni.

Proviamo a rileggere in quest'ottica il passo di Ovidio:

Era giunto al primo giaciglio in cui s'era imbattuto a tastoni,
e sarebbe stato fortunato in quel primo incontro;
ma come toccò gli irsuti peli del vello del fulvo
leone, rabbrividì, ritrasse di scatto la mano,
e arretrò annichilito dallo spavento, come spesso il viandante
ritrae il piede sgomento alla vista di un serpente.
Quindi tocca le molli stoffe del letto disposto
accanto all'altro, e viene ingannato da quell'indizio mendace.

Ridiamo di Fauno; ridiamo dei nostri sforzi quando sono goffi nell'affrontare le condizioni della vita.

E possiamo vedere in quelle azioni Desiderio bello che agisce per costruire la vita. Perché gli Dèi sono la vita e la vita sono gli Dèi.

Sorridiamo, ma sorridiamo di noi. Noi siamo Fauno; noi siamo Afrodite; è per questo che Atena ci cammina a fianco: "E' ella stessa [Atena] a dirci che è il valore dell'eroe ad attirarla e non la buona volontà o la dedizione alla sua persona."

Quando lo abbiamo dimenticato, in quel tempo l'orrore è sceso fra gli Esseri Umani.

Gli Esseri della Natura sono: la Natura degli DEI!

 

Marghera, 06 gennaio 2006

Revisionato nella forma attuale: Marghera gennaio 2019

 

 

 

Il sentiero d'oro: gli Dèi romani

La vita, rappresentata da Giunone in Piazza delle Erbe a Verona

 

Il suicidio della vita rappresentata da Giulietta a Verona

 

La Religione Pagana esalta la vita trionfando nella morte.

Il cristianesimo esalta la morte, il dolore, la crocifissione e il suicidio

 

Per questo i cristiani disperati hanno un padrone che promette loro la resurrezione nella carne.

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Claudio Simeoni

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I Romani erano costruttori di Ponti

Ponti che univano gli Dèi agli uomini e gli uomini agli Dèi

 

La Religione di Roma Antica

La religione di Roma Antica era caratterizzata da due elementi fondamentali. Primo: era una religione fatta dall'uomo che abita il mondo fatto da Dèi con cui intratteneva relazioni reciproche per un interesse comune. Secondo: la Religione di Roma Antica era una religione della trasformazione, del tempo, dell'azione, del contratto fra soggetti che agiscono. Queste sono condizioni che la filosofia stoica e platonica non hanno mai compreso e la loro azione ha appiattito, fino ad oggi, l'interpretazione dell'Antica Religione di Roma ai modelli statici del platonismo e neoplatonismo prima e del cristianesimo, poi. Riprendere la tradizione religiosa dell'Antica Roma, di Numa, significa uscire dai modelli cristiani, neoplatonici e stoici per riprendere l'idea del tempo e della trasformazione in un mondo che si trasforma.