Commento al vangelo di Marco - 1991

di Claudio Simeoni

 

Il libro, Gesù di Nazareth: l'infamia umana, è in correzione e di prossima pubblicazione

commento e riflessioni sul vangelo di Marco - 1991

Premessa

Questa riflessione sul vangelo di Marco fu fatta nel 1991.

Fu il primo tentativo di analizzare un vangelo dal punto di vista della Religione Pagana che stava prendendo forma attraverso le visioni del Libro dell'Anticristo.

Da queste riflessioni ha origine il cammino di analisi che portarono a definire il Gesù di Nazareth un criminale. Non sempre si è consapevoli della gravità della truffa che si è subito. Tanto più una società nella quale i truffatori hanno interesse a rinnovare la truffa perché dal truffare traggono la loro ragione di essere e il loro potere di dominio sugli uomini.

Innanzi tutto è apparentemente il vangelo più antico (fra quelli riconosciuti dai cristiani e dai cattolici in particolare), che dir si voglia, di quello di Matteo che probabilmente da lui trascrive la sua copia.

Marco scrive il suo vangelo probabilmente a Roma sotto dettatura di Pietro e, secondo la tradizione cristiana, Pietro è il primo apostolo di Gesù.

Proprio perché, probabilmente scritto a Roma rispecchia l'esigenza di Pietro, nella sua predicazione, di scardinare la cultura Romana, quella che i cristiani chiameranno eufemisticamente "pagana" e i vari credi praticanti in quel tempo a Roma provenienti dai più diversi angoli dell'impero.

Proprio perché, è il più antico, e "sanguigno", dei vangeli tralascia tutte le infiorettature tipo la verginità della Maria e la nascita miracolosa introdotta dal greco Luca. Anche il racconto dell'attività postmortem è letta con una certa discrezione quasi a chiedere scusa delle stupidaggini dette o, meglio ancora, per non incorrere in qualche verifica [NOTA 2015: è stato dimostrato che tutta la parte del vangelo di Marco che parla della resurrezione di Gesù è stata aggiunta nel medioevo. Il vangelo di Marco avrebbe dovuto concludersi con la morte di Gesù.].

Gli altri vangeli sono profondamente diversi dal vangelo di Marc. Il vangelo di Matteo tende ad introdurre la discendenza da Davide, la razza e la magia. Luca, un greco (al soldo di Paolo di Tarso) cerca di descrivere Gesù richiamando forme neoplatoniche con richiamo ad Adone, Dioniso, Ercole, costruendo assonanze che stimolano l'immaginario dell'ascoltatore. Giovanni col suo vangelo cerca di imporre la visione di un Gesù esoterico e filosofico la natura "divina" di Gesù e tenta di ricomporre le fratture fra i "credenti" che si dividono in vari gruppi. Questi vangeli sono i più recenti, e, lo spegnimento dei ricordi sulla storia, permettono loro di gonfiare la leggenda senza tema d'essere smentiti. Questi vangeli obbediscono ad esigenze diverse: occultano la dottrina sotto il fumo del fantastico.

Non è possibile discutere del fantastico, a meno che non si voglia dare del "figlio di vacca" a colui che vuol far passare il "fantastico" per vero. Anche chi non dice fantasticherie può essere tacciato di imbecillità, ma anziché, dargli dell'imbecille, semplicemente, si può dividere quest'epiteto per ogni cosa detta o presentata.

Se poi, queste stupidaggini sono finalizzate alla costruzione di un progetto ideologico, si può criticarlo punto per punto per vedere cosa la sua attuazione produce nella società in relazione alle intenzioni del fondatore. Al termine, è necessario scegliere con chi complimentarsi o chi accusare.

Primo elemento da considerare: Gesù è o non è il quadro dipinto da Marco sotto dettatura di Pietro? Qui non si tratta di fare un'indagine storica; il quadro dipinto da Pietro è quello adottato dai cristiani (anche se successive modifiche sono state introdotte a seconda dei bisogni coercitivi prodotti dalle chiese cristiane nelle diverse situazioni storico-sociali); dunque, per noi, in queste riflessioni, è quello reale.

Se non lo fosse, come nella realtà non lo è, è una questione interna dei cristiani. Sono i cristiani che si devono misurare con le analisi dell'archeologia. Noi ci misuriamo con la loro ideologia (o parte della loro ideologia).

Ciò che fa Gesù nel vangelo di Marco è quello che serve a Pietro che Gesù faccia per dar corpo ai suoi "insegnamenti".

Ogni cosa scritta da Marco è cosa dettata da Pietro (salvo le modifiche medioevali che noi non prendiamo in considerazione).

Pertanto, quando userò il termine Pietro, Marco, Gesù o Chiesa Cristiana, pur usando un solo termine, intenderò tutti e quattro. Dal punto di vista ideologico, la differenza sarà solo temporale.

Io tratterò quasi esclusivamente il vangelo di Marco in quanto tale (per quanto è possibile). Per una critica più generale dei cristiani e al loro modo d'essere rimando al trattato di Porfirio: "Contro i cristiani".

Tale trattato è in grado di dimostrare, in maniera esauriente, il rapporto fra cristiani e mondo circostante. Anche Celso è molto interessante, ma Porfirio (proprio per la sua personale esperienza) è molto più chiaro.

NOTA: le citazioni del vangelo di Marco, tipo [Marco XX, X -] che appaiono nel testo, non servono ad indicare una precisa citazione, ma l'area del vangelo di Marco che si sta commentando in quel momento. Solo raramente e in casi speciali, indica una citazione precisa.

Riflessioni sul vangelo di Marco

Gesù non dispone di nessuna autorità in se, né ha forza personale in se. Deve pertanto attingerla dagli altri. Altri che prima di lui coltivavano l'attività profetica riuscendo ad ottenere un certo seguito.

Giovanni Battista era uno di questi.

Mettendo quest'episodio all'inizio del proprio vangelo, Marco insieme a Gesù, si ammantano di un'autorità derivata direttamente da Giovanni. E' irrilevante conoscere se storicamente Gesù fosse o meno un discepolo di Giovanni. E' Giovanni il messia riconosciuto tale dal "popolo". Questa notizia doveva essere nota anche a Roma. Per questo Marco fa levare la corona di messia dalla testa di Giovanni e la fa mettere da questi sulla testa di Gesù. [Marco 1, 1-]

Senza questa introduzione il vangelo di Marco è zero. Non solo oggi nel 1991, ma nell'anno fra il 70 e il 100 quando presumibilmente è stato scritto.

Giovanni è riconosciuto dal popolo, o da una parte di esso, come messia; Gesù è nessuno. Qui sta la furbizia di Marco. Giovanni è l'individuo la cui fama è giunta fino a Roma con l'emigrazione di ebrei deportati dopo la distruzione di Gerusalemme; una volta che Marco fa levare la corona di messia a Giovanni; Giovanni chi è costui?

Giovanni è un individuo, o lo è stato. Toccabile, attaccabile, contestabile, mortale. Per affermare l'esistenza di Gesù e la sua "missione" è necessario l'avvallo di un'autorità ancora più lontana ed indiscutibile di Giovanni.

Un'autorità la cui contestazione appaia come una bestemmia: dio.

Al momento del battesimo di Gesù da parte di Giovanni, si aprono le nuvole, dio appare dando a Gesù l'investitura ufficiale quale proprio figlio. Subito Gesù, affermando che il regno di dio era vicino, invitava a credere nel vangelo (ancora da pensare e da abbozzare).

La piramide del credere era delineata.

Per gli uomini garantiva la parola di Giovanni imposta da dio e, Gesù, così incoronato, invitava a credere nel vangelo cioè in Pietro.

La prima domanda da porsi è questa: costoro, quale forza avevano dentro di sé se la loro parola, il loro agire, il loro stesso destino doveva essere certificato una qualche forma d'autorità?

Seconda domanda: senza autorità a sancire il loro essere testimoni e mandati dal dio padrone, avrebbero mai potuto ottenere credibilità?

Quando la legge rispecchia le esigenze dei singoli comparti di un Sistema Sociale e li armonizza, non ha bisogno di poliziotti torturatori o di galere. Diversamente, una legge atta a portare ingiustizia, creando conflittualità fra le varie parti di un Sistema sociale, non ne potrà fare a meno. Così la verità, come espressione della libertà, non ha bisogno di una certificazione dell'autorità, è in grado di spiegare e motivare sé stessa, ma tanto più grande è la menzogna e l'inganno proposto e tanto più grande e terribile sarà l'autorità preposta per diffonderla e renderla credibile. Io non ho bisogno che un dio padrone mi dica che per star bene devo mangiare. Mangiare fa parte della mia vita e tale verità si manifesta nel mio atto di mangiare. Al contrario, per costringermi a digiunare è necessaria un'autorità che con minacce morali, ventilando possibili benefici mi imponga l'accettazione della verità del digiuno con cui io, di fatto, danneggio il mio corpo.

"Venite dietro di me e vi farò pescatori di uomini" [Marco 1, 17-] dice Gesù ai suoi futuri apostoli. Il lettore si identifica nel pescatore, non si accorge di essere il pesce pronto per essere messo in padella.

Che ne è della ragione quando il credere acritico acceca e annebbia il pensiero? Giovanni gli ha dato l'investitura come messia, dio lo ha investito del titolo di figlio, egli sta parlando dell'approssimarsi del regno di dio; ci crede davvero? Forse nella sua follia, sì!

Nel tempio ci sono i "dotti" del suo tempo. Egli deve affrontare coloro che sono diversi da lui per interpretazione e per logica. Deve dimostrare la conoscenza delle "sacre scritture" e della "filosofia" della sua terra e del suo tempo.

Molti gruppi e sette si muovono frenetiche in quel tempo. Le affronta. Come? Marco, in modo furbetto, le trascura tanto da far credere che in effetti Gesù sia scappato da ogni dibattito pubblico. Comunque, nemmeno Pietro, conosce gli argomenti adottati da Gesù, sempre che avesse degli argomenti di cui non è dato sapere; Marco dice soltanto che suscitò stupore. Nulla aggiunge. Il che fa pensare che Gesù non avesse nessun argomento dottrinale, ma il "far scalpore" fosse la reale attività di Gesù allo stesso modo con la quale fa scalpore il saltimbanco con i suoi trucchi.

Oppure, nulla ha da aggiungere, ciò che importa a Pietro è affermare che i "dotti" del tempio lo accettano e riconoscono la sua "intelligenza". Pietro dice: "Tu che ascolti me devi credere a quello che dico. Gesù era intelligente. Lo hanno constatato i dotti del suo tempo. Usa la fede (intesa come accettazione acritica), non la ragione". L'affermazione è vuota e certifica come Gesù fosse una persona vuota. [Marco 1, 21-]

Non è un caso che Marco tralasci il divenire e il divenuto di Gesù. Egli inizia il suo vangelo con un individuo formato che non subisce modificazioni nel corso della sua predicazione se si esclude il ripensamento di Gesù un attimo prima della morte.

Perché, questo?

L'Essere Gesù non esprime qualche cosa che sia utile all'uomo, egli afferma di essere ciò che è in quanto emanazione del dio di Abramo. Non ha avuto uno sviluppo interiore, non si è modificato crescendo, Gesù è così perché figlio del dio padrone; creato così dal dio padrone. In Gesù non c'è una modificazione. In Gesù non ci sono scelte, non c'è un accumulo di esperienza. Gesù afferma di essere sapiente perché il dio padrone lo ha creato sapiente. Nessuno può modificare il dono del dio padrone. Come gli Esseri Umani sono così. Nell'ideologia di Gesù gli Esseri Umani non sono il risultato del proprio divenuto (e per questo possono introdurre delle variabili divenendo in maniera diversa), ma sono come la creazione voluta dal dio degli ebrei. Sono pertanto immutabili, come immutabile è, per i cristiani, il risultato primo e ultimo della creazione.

Perfetta, in quanto creazione di un dio perfetto.

Immodificabile, in quanto creazione di un dio immodificabile.

Così è il Gesù di Marco.

Si può rilevare subito come questa visione di Marco sia in contrasto con altre interpretazioni, i vangeli gnostici, dove è sempre presente la necessità di sviluppare la scintilla divina dentro ogni individuo. Dove il dio creatore (demiurgo) bestemmia affermando di essere l'unico dio. Dove il divenire è più importante del conservare. Questo però è un altro discorso. Un'altra concezione dell'immagine di Gesù che non interessa in quanto quel Gesù storicamente non è importante.

Il macellaio è il Gesù dei vangeli cattolici, non quello degli gnostici!

Ed ecco qualcuno contraddire Gesù nel tempio.

Un uomo? Un sapiente? Un dotto? No! E' uno spirito maligno col quale Gesù non si abbassa a discutere, ma lo caccia. Lo "spirito maligno" riconosce Gesù come figlio del dio padrone. Marco ci dice che quello è uno "spirito": manca la dimostrazione! Marco ci dice che quello è maligno: mancano le argomentazioni che lo dimostrino. Dal momento che non esiste quel tipo di "spiriti" e tanto meno i "maligni", Marco ci dice che non è mai esistito Gesù. [Marco 1, 23-]

Chi può contestare Gesù figlio del dio padrone? Chiunque contesti Pietro e la chiesa cristiana, quella cattolica in particolare, non lo fa pescando dal mondo della ragione, ma per malignità. I cristiani non discutono, non si confrontano con nessun'altra cultura, con nessun altro credo, con nessun Essere; o gli individui credono o devono essere annientati, combattuti, distrutti, bruciati. In altre parole, scacciati. Non sono uomini coloro che si oppongono al figlio del dio padrone e alla chiesa cristiana, ma demoni! Questo è l'insegnamento di Gesù!

Gesù è la quintessenza dell'intolleranza.

Gesù è il nemico del divenire, è il nemico della soggettività e della diversità che, in quanto tale, va combattuta (scacciata) fino all'assoggettamento acritico alla "parola divina".

La "parola divina" non ha potere di convincimento; o ci s'assoggetta o si viene scacciati.

Duemila anni di distruzione di culture, di traffico di schiavi, di distruzioni di civiltà dimostrano come la chiesa cristiana (e quella cattolica in particolare) abbia perfettamente fagocitato questo insegnamento.

Stupire! Stupire è un modo attraverso il quale assoggettare. Stupire significa assoggettamento psicologico dello spettatore nei confronti dell'attore. Ottenere lo stupore implica ottenere assoggettamento, controllo, adesione. Tutta la miracolistica cattolica ha questa funzione. Creare dipendenza psicologica attraverso lo stupire per ottenere adesione ad un credo o ad una fede.

La ricerca dello stupire è una costante del vangelo.

Col gioco del passaparola le gesta si ampliano e diventano grandiose. Il tempo cancella la quotidianità del fare e trasforma i gesti in leggenda.

Gesù gira per la Galilea, parla nelle sinagoghe, caccia demoni e "guarisce". [Marco 1, 39-]

A quel tempo guarire era un elemento distintivo per chiunque volesse passare per profeta o per inviato di dio.

Ed erano numerosi!

Gli Esseni a quei tempi erano degli specialisti, l'uso delle piante psicotrope era una costante degli "iniziati" della zona. Estasi divina e conoscenza psichica erano dati di fatto. Piante psicotrope e digiuni più o meno volontari portavano individui ad identificarsi con le proprie illusioni.

Se Gesù ha guarito o meno qualcuno è indifferente, la storia è piena di abili guaritori le cui guarigioni sono molto meglio documentate, e senza per questo spacciarsi per figlio di dio; ciò che importa è come, una volta assunto il potere, la chiesa cristiana abbia sempre ferocemente combattuto ogni tentativo di evoluzione della medicina come tentativo di emulazione del suo uomo-dio.

Il nome Gesù ha la sua radice in "guaritore" come il greco Giasone. Gesù è il nome del "comandante" che riportò gli ebrei da Babilonia e Gesù è il mitico parente di Mosè che condusse il popolo eletto fuori dal deserto. Questi due ultimi vengono tradotti con "Giosuè" ma nell'ebraismo non esistono le vocali e, pertanto, chiamarli Giosuè anziché Gesù è più un trucco retorico che non una traduzione. [Marco 2, 1-]

A questo proposito vedi tutte le chiese della "salute" costruite dopo veri e propri massacri ottenuti grazie alle condizioni disastrose in cui le persone erano costrette a vivere e a riprodursi grazie al terrore cristiano. Pesti, colera ed epidemie varie.

Quando il dio dei cristiani concede la sua benevolenza?

Quando l'adesione acritica del soggetto al credo è tale da non poter essere ignorata dal dio padrone o da suo figlio.

Non è sufficiente l'adesione della persona al credo del dio padrone. Non è sufficiente nessun sacrificio al dio di Gesù; l'unico sacrificio ammesso, dal dio dei cristiani, è l'annientamento della persona nel dio. Nessuna sofferenza è troppo grande quando è mandata dal dio padrone e il sacrificio di sé stessi al dio è l'unico atto che conta. Tutti devono compiere il sacrificio di sé stessi al dio padrone; compreso Gesù. Tutti devono compiere il sacrificio di sé stessi al dio; tutti meno la chiesa cristiana che ha scelto il ruolo del sacrificante (la parte migliore).

Seguimi, dice Gesù a Pietro, e ti farò pescatore di uomini; farò di voi coloro che obbligheranno tutti a sacrificarsi per il dio padrone. [Marco 2, 13-]

E' per volontà d'autosacrificio che il paralitico viene guarito dopo lo sfondamento del tetto. Tu Gesù non puoi ignorare la mia presenza, io sono qui, io voglio essere guarito e supplica offrendo sé stesso.

Gesù "rimette a lui i suoi peccati"; ottiene lo sdegno degli Scribi e per farli tacere ricorre all'inganno. Egli non dimostra né spiega l'autorità di rimettere i peccati, prerogativa del dio padrone la cui soggettività determina limiti ed entità del peccato, ma ricorre ad un trucco da giocoliere: "se io lo faccio camminare significa che so anche rimettere i peccati". [Marco 2, 16-]Logica da imbonitore di piazza. Qualsiasi guaritore sarebbe in grado di rivendicare lo stesso ruolo scegliendosi le persone "malate" giuste; Empedocle e Simon Mago non sono da meno e senza scegliersi la persona giusta. Insinuazioni? Certo solo insinuazioni! Segue naturalmente il solito stupore.

Gesù dice di non essere venuto per i giusti ma per i peccatori. Come redentore dell'umanità lascia molto a desiderare con questa affermazione dal momento che un giusto non è tale per la sua morale o per il suo credo, ma è tale per la discrezione messa nel rapportarsi col mondo circostante. E' giusto colui che chiama le cose col loro nome, colui che non inganna innanzi tutto sé, stesso.

Tutti i giusti, intesi come uomini che vivono con passione e partecipazione la loro vita, sono degli estranei per Gesù; ne ha evidentemente paura.

Chi "pecca" può essere accusato di peccare ed essere costretto a pentirsi, a sottomettersi al suo accusatore, ma in che modo si può terrorizzare o ricattare un uomo socialmente considerato giusto?

Gesù rompe con le tradizioni del digiuno ebraico. [Marco 2, 18-] La chiesa cristiana, e cattolica in particolare, imporre un proprio digiuno penitenziale. Il cibo è un elemento atto a soddisfare un bisogno; il controllo degli individui si ottiene mediante il controllo della soddisfazione dei loro bisogni. Perché, dunque, la chiesa cristiana dovrebbe rinnegare il digiuno? Solo per indicazioni di Gesù? Gesù disprezza una precisa tradizione, ma questo è un motivo ricorrente in ogni distruttore di società. Ogni distruttore di società condanna ciò che nella società espande l'uomo mentre accoglie e promuove tutti gli elementi sociali che danneggiano l'uomo, magari elevandoli a volontà del suo dio padrone. Quando la chiesa cristiana prende il controllo dello Stato provvederà a ripristinare la tradizione, al digiuno alla mortificazione del corpo, all'astinenza sessuale: una propria tradizione relativa ai suoi specifici bisogni di distruzione sociale.

Gesù si considera un padrone. Anche del sabato. [Marco 2, 23-]Per la chiesa cristiana questo è logico ed ovvio in quanto egli è il padrone, figlio del dio padrone e iniziatore della chiesa padrona. Dunque, egli, e con lui ogni suo seguace, può violare le tradizioni imponendone nuove ad hoc!

La tradizione è l'arte del controllo sullo sviluppo generazionale degli individui. Gli individui appena nati devono sottostare alla tradizione (vengono battezzati ad es.). Chi determina la tradizione determina il controllo dello sviluppo della sequenza generazionale degli Esseri Umani all'interno di quel Sistema Sociale.

Essere padroni della tradizione significa determinare il condizionamento soggettivo delle generazioni; significa determinare l'oggettività alla quale gli Esseri Umani del Sistema Sociale vengono costretti (educati) ed adattati.

Non sfugge a Marco l'importanza di questo. Non si dimentichi che sia Marco che gli altri scrivono il vangelo con uno scopo ben preciso: legittimare una nascente ideologia religiosa come padrona assoluta della Specie Umana.

Quali sono gli avversari di Gesù?

Sempre spiriti impuri. Fra gli Ebrei, in quei tempi, doveva essercene una vera e propria epidemia. Nessun uomo di conoscenza, nessun sapiente, nessun saggio, nessuna alternativa.

O si accetta Gesù e le sue affermazioni infantili, o si è spiriti impuri e pertanto si deve essere scacciati. Dualismo ulteriormente esaltato dalle chiese cristiane quando oltre che scacciare gli "spiriti" alzeranno i roghi, contro gli "eretici" riempiendo le sale di tortura, riempiendo le galere, costringendo alla fuga milioni d'individui e massacrando centinaia di culture diverse dalla cristiana facendo della menzogna un'arte.

Sfidare le tradizioni comincia già a puzzare; in una società in cui le tradizioni sono legge come minimo devono muoversi i giuristi. Che fa Gesù? Dopo aver stupito con la sua arte magica scappa. Eppure avrebbe potuto affrontarli con un po' di saggezza. Una scelta è una scelta; affrontarli significa concedere loro dignità di giudizio e di ragione; può Gesù fare questo? Può Gesù riconoscere agli altri dignità di persona? Gesù non lo può fare. Solo lui è persona in quanto egli è il figlio del dio padrone.

Sono sempre gli spiriti impuri a riconoscerlo: mai i dotti o i saggi anche se fuori dall'ufficialità, a parte Giovanni Battista ora sparito.

Chissà perché Marco non mette queste cose in bocca agli uomini, forse perché, anche a distanza di un centinaio d'anni, qualcuno può ricordare e Pietro ha paura di lasciare tracce attraverso le quali è possibile reperire prove della sua menzogna. Gli spiriti, puri o impuri, non lasciano traccia!

Gli Scribi parlano di lui come di un posseduto dal demonio ed egli li rimbecca affermando di cacciare il demonio e dunque di non esserne posseduto.

Come potevano costoro, che non erano figli di un qualche dio, distinguere un "matto" da un posseduto dal demonio? Eppure, da come avviene il dialogo, appare evidente che sia Gesù che gli Scribi vedono o hanno percezione del demonio mentre lascia i corpi dei posseduti. Da qui si arguisce come gli Scribi abbiano le stesse capacità di Gesù di distinguere un demonio da un uomo posseduto dal demonio, un uomo malato da un uomo normale. Oppure, il dialogo è assolutamente inventato da Pietro per avallare la presunta capacità di Gesù da un lato di cacciare presunti demoni e, dall'altro, per dargli occasione di offendere quegli stessi che testimoniano il suo cacciare demoni minacciandoli per aver "bestemmiato" lo spirito santo attraverso il quale Gesù opererebbe? [Marco 3, 20 -]

Diverte il fatto per cui gli Scribi sono in grado di vedere la cacciata (uscita) dei demoni dal corpo del posseduto, ma non sono in grado di vedere lo spirito santo attraverso il quale Gesù opera. Estremizzando, potremmo dire che costoro vedono il "male" ma non vedono il "bene"; comunque, al di là delle identificazioni soggettive, ad una cosa danno il nome "demoni", concordandolo con Gesù, e nell'altro versante nulla vedono tanto da "vedere" Gesù come posseduto.

Gli dicono che sua madre e i suoi fratelli lo stanno cercando. Dunque, Gesù ha fratelli e, per favore, non giochiamo con i termini. [Marco 3, 31 -]

Ricordo come Marco non abbia mai conosciuto Gesù, egli scrive sotto dettatura di Pietro (che non sa né, leggere né, scrivere). Tutti i progetti clericali della madonna vergine che fa un figlio con dio per farglielo mantenere a Giuseppe (in termini comuni questa è prostituzione) non sono ancora nella mente dell'evangelista tanto meno in quella di Pietro il quale sembra credere, più o meno ciecamente, nella pazzia più o meno lucida di quello che si proclama figlio del dio padrone ed è convinto che basti questo per sottomettere il mondo.

Gesù ha dunque una famiglia ben definita, famiglia che tratta con disprezzo (sarebbero affari suoi se questo non fosse in contrasto con gli insegnamenti di Gesù ai suoi adepti). Non dimentichiamo, egli è il padrone delle tradizioni (anche del sabato). La sua famiglia non ha rapporti con lui, egli ha rapporti di parentela solo con chi fa la volontà di dio, cioè suo padre. Egli considera madre e fratello solo chi si sottomette a dio (sua madre e i suoi fratelli non si sono sottomessi?) gli altri devono essere trattati con disprezzo.

Questo è uno dei sistemi attraverso i quali il cristianesimo ha sempre alimentato l'intolleranza religiosa. Fin dai primi anni come religione ufficiale egli ha perseguitato tutte le fedi dal "paganesimo romano" al neoplatonismo, ad ogni altra cultura. Gesù semina disprezzo per la famiglia! In questo modo si svolgeva la predicazione a Roma dei cristiani; il loro terrore colpiva gli individui socialmente più deboli allontanandoli dalle famiglie (più o meno come i cristiani accusano oggi i Testimoni di Geova e altri gruppi cristiani di fare nei confronti delle famiglie che loro controllano) per costringere l'intera famiglia a convertirsi. Poi, la chiesa cristiana, con i suoi giri funambolici tenta di recuperare la famiglia come mezzo di controllo sociale. La famiglia, non l'individuo, è per il cristiano il primo nucleo gerarchico attraverso il quale imporre i dogmi ai nuovi nati. E' sintomatico come i cristiani recuperino la dipendenza degli individui all'interno della famiglia (le sconfitte sociali dei singoli, soli contro tutti, sono pesanti) come mezzo di controllo sociale mentre mantenga, per i propri fini, l'intolleranza per chi non è della stessa fede e perciò dai cristiani non controllabile né coercibile.

Non è forse la chiesa cristiana padrona delle tradizioni?

Veniamo al racconto sul "buon seminatore" [Marco 4, 1-] (da dove nasce la qualifica di buono non è dato sapere). Il nemico lo combatte. Quale nemico lo può combattere se non Satana? Perché, non un giusto? Lo combatte portando via la parola! Perché, invece non combatte la parola con la parola? Perché, non seminando la propria parola?

Qualcuno prende la parola che, anziché, soddisfare dei bisogni, gli crea problemi e preoccupazioni e questi la getta via. La parola come offesa. La parola come ingiuria. La parola che distrugge il divenire dell'uomo sottomettendolo ad una verità rivelata. Una parola da buttare. Qualcuno viene distratto dalla ricchezza (dal benessere) e dai suoi bisogni e getta la parola. Una parola che nega la soddisfazione dei desideri. Una parola che nega il suo ruolo sociale. Una parola che costruisce la povertà e la miseria economica e sociale. Una parola da buttare.

Quali parole sono in grado di produrre la distruzione dell'uomo se non quelle che affermano di manifestare una verità proveniente da un dio padrone che trasforma l'uomo in uno schiavo sottomesso?

La parola portata via da Satana (ricordiamo come chiunque contrasti il figlio del dio padrone o che alla verità imposta preferisce la sua libertà, viene definito da Gesù un Satana; un nemico) è una parola debole, priva di messaggio utile all'uomo, priva di forza e di capacità di progettare un futuro. Incapace di soddisfare i bisogni di chi la riceve. Una parola dove la vuotezza e la falsità è manifesta, dove basta un'altra parola più vicina, più reale, più ricca nel contenuto per far dimenticare la prima.

Una parola che deve essere supportata da eserciti è una parla che inganna.

La parola atta a procurare miseria che parola è? Perché, bisogna accogliere un messaggio "divino" che non contenga almeno la costruzione di un futuro, nel peggiore dei casi, o soddisfazione dei bisogni? Se non contiene questo, altro non può essere se non parole d'odio! Ogni parola "divina" capace di procurare solo guai e la negazione dei bisogni dell'uomo è una parola da gettare immediatamente.

C'è da chiedersi: cosa dà la parola di Gesù in cambio della soddisfazione dei bisogni soddisfacibili con la ricchezza e con la cupidigia? Gesù dice porto la salvezza", ma che salvezza è se ti prendi la vita degli uomini per goderne della loro sofferenza? La chiesa cristiana, con la sua storia, ha dimostrato come ricchezza e la cupidigia siano molto più importanti della vuota parola del suo "fondatore".

E gli altri? Quelli che ricevono la parola e la conservano? Costoro devono coltivarla e se non la coltivano è come se non l'avessero. Come, non è forse completa e perfetta la parola del figlio del dio padrone? Sono evidenti le esigenze di Pietro di ingrossare le fila. Sono evidenti le giustificazioni da egli adottate per i fallimenti. La parola di Gesù è fallimentare, ma quel fallimento può essere occultato se gli adepti reinterpretano e riscrivono continuamente, generazione dopo generazione, quelle stesse parole, con quelle stesse intenzioni, adattandole a situazioni diverse. Questo fu uno dei motivi per cui la chiesa cattolica per secoli ha impedito ai suoi adepti di leggere la bibbia e i vangeli: dovevano ascoltare l'interpretazione del prete.

E bravo "buon pastore" hai trovato le tue pecore pronte per il macello. Gesù parla del regno di dio. O meglio Pietro se ne guarda bene; non dice né, com'è né come sarà. Ognuno interpreti come crede, secondo i suoi desideri e le sue aspettative. Gesù pretende il dominio della specie umana, ma la insulta. Ne insulta l'intelligenza e le prospettive. Alla Specie Umana egli chiede soltanto sottomissione all'immagine del dio padrone, che afferma essere suo padre permettendo ai sottomessi di immaginare suo padre come vogliono immaginarlo purché si mettano in ginocchio davanti a lui.

Non importa come sarà o non sarà il regno del dio padrone. [Marco 4, 26 -] E' un regno dominato da un re padrone, da una dittatura assolutista che pretende obbedienza. Il regno di dio sarà o non sarà come suo padre vorrà e comunque il dio padrone lo vorrà. A questo volere, per il volere, l'uomo deve sottomettersi e desiderare di sottomettersi.

Non c'è possibilità esistenziale se non nella sottomissione. A Pietro non interessa parlare del regno di dio, ma di come il regno di dio si sviluppa. Il regno del dio padrone è roba sua. Una roba alla quale si deve credere. Pietro deve rassicurare i suoi seguaci, pochi, socialmente emarginati, culturalmente ignoranti, eticamente vigliacchi, socialmente emarginati.

Viene gettato il seme, la pianta cresce per essere falciata. Dunque il regno di dio cresce solo per permettere al dio padrone di distruggerlo.

E ancora: come granello piccolissimo di senape che si espande diventando una grande pianta.

Chi è il seme di senape? [Marco 4, 30-] Quel seme è dio o egli come suo figlio? (lasciamo perdere le masturbazioni cerebrali di Costantino che a Nicea se ne è venuto fuori col tre in uno ad imitazione delle triadi Romane).

Se è dio è un po' piccolino l'essere onnipotente creatore del cielo e della terra ed egli stesso come unico figlio è comunque, un paragone non calzante. Probabilmente è Pietro e la sua banda di disperati bisognosi di essere consolati con un grande avvenire.

Come si può riassumere quest'insegnamento?

Com'è il regno di dio?

Come dio lo vuole!

Cosa devo volere?

Ciò che dio vuole!

Che cos'è che dio vuole?

Il proprio volere!

Niente male per un piccolo seme.

Quant'è grande il volere di dio?

Tanto grande che suo figlio si fa obbedire anche dal vento: "acquietati tempesta, come ti permetti di disturbare il figlio del dio padrone?".

E ancora stupore.

Da considerare sempre questa costante che nei vangeli indica il modo di porsi di Gesù e che viene imitato dalla chiesa cattolica con lo sfarzo e la ricchezza ostentata rubata alle persone per costringerle alla miseria. Stupire anziché, spiegare; minacciare anziché, dimostrare; ordinare anziché, chiedere. Questo è il modo di essere di chi ha il cuore vuoto di emozioni, tensioni, sensazioni e passioni e per questo deve imporre la propria volontà mediante atti di forza con cui possedere le persone.

Con la stessa forza (e un po' di prudenza) che egli usò per acquietare il vento avrebbe potuto evitare di esporsi al vento quando questo spirava o avrebbe spirato. Nella via alla Conoscenza nessun Essere, per quanto gli è possibile, intralcia un altro a meno che non voglia imporsi come suo padrone o dominatore.

Il mondo è mio! Dice Gesù!

Che nessuno s'appropri del suo "potere". [Marco 5, 21-] Chi gli tocca le vesti lo irrita e si calma soltanto quando costui gli chiede perdono. Il diritto all'esistenza è un diritto che nemmeno la "legge della giungla condanna". Il bisogno di esistere è uno dei bisogni fondamentali della specie: sopravvivere ad ogni avversità! Se per guarire quella donna avesse dovuto tagliargli un dito non sarebbe stata moralmente condannabile: la malattia stessa era già stata la sua condanna. Esagerazione chiarificatrice!

E' moralmente lecito rubare per soddisfare i propri bisogni, primo fra tutti la fame, è moralmente lecito uccidere per proteggere la propria vita e la propria persona; Gesù non aveva il diritto, non solo di chiedere, ma di consentire che costei chiedesse perdono per la sua richiesta. Quello di Gesù, date le condizioni aprioristiche definite dal vangelo, è un comportamento spregevole, un comportamento da miserabile e da vigliacco. La carità cristiana umilia chi è oppresso nei propri bisogni e non ha alternative e la legge la legittima come diritto d'oppressione del più forte sul più debole.

Il vero ladro, il vero delinquente, è Gesù: lui è il costruttore della miseria e della povertà e attraverso la miseria e la povertà costruisce il suo potere come la chiesa cattolica che ha costruito la sua ricchezza rubando a chi non si poteva difendere (vedi il lascito Costantino).

Non è forse un reato difendersi dalle prepotenze della polizia di Stato? Nei casi più lievi o inesistenti c'è il reato di resistenza a pubblico ufficiale!

Qui invece c'è furto di virtù al figlio del dio padrone!

"E se lo dico io sorgi!" [Marco 5, 38-]

Dopo i demoni e le tempeste dove Gesù crea lo stupore? Vincendo la morte! Gesù intima a tutti di non far sapere il fatto!

Qui si gioca sui si dice. Pietro deve adornare l'azione di Gesù con cose strepitose, ma senza che possa esservi controllo sulle cose stesse. Dunque, egli fa il miracolo ma nessuno deve saperlo. Il "si dice" è funzionale ai bisogni di Pietro; il si dice, dove nessuno controlla, dove si è uno sconosciuto e nessuno conosce la propria storia, il proprio passato, dove si è individui venuti dal nulla.

Ma poi si fanno i conti con la gente di casa. Con chi ti conosce da sempre ai quali non si possono raccontar molte barzellette. [Marco 6, 1-] In pratica, quelli che ascoltano dicono: "Ma cosa ci viene a raccontare? Conosciamo tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle, ti abbiamo visto crescere con i moccoli al naso e tu vorresti raccontarci d'essere il figlio di dio? (che scienza è mai questa?)".

Avrebbero potuto dire: "Conosciamo tuo padre e tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle e avevi sempre avuto il sapere e la conoscenza fin da piccolo. C'era in te qualcosa che presagiva, eri pio o eri giusto, diligente ecc." NO! NULLA DI TUTTO QUESTO.

Gesù si lamenta del disprezzo cui viene circondato non gli riescono "molti miracoli". L'imbonitore di piazza, messo sotto controllo, non riesce a mettere in atto molti trucchi.

Senza partecipazione emotiva i suoi trucchi non riescono. Non si trova molto a suo agio muovendosi per Nazareth. Più che stupore o meraviglia sembra suscitare solo scandalo per i suoi inganni e sdegno per le sue pretese.

Nei primi anni del cristianesimo gli ebrei accusavano i cristiani di essere seguaci del figlio di una donna scacciata per adulterio dal marito. La notizia è riportata da Celso e confutata (retoricamente) da Origene. Tutto il passo sembrerebbe confermare come gli ebrei avessero ragione.

Qual è la missione dei dodici? [Marco 6, 7-]

Devono forse diffondere un qualche messaggio legato alla parola divina?

No! Essi devono essere soltanto accettati non per ciò che sono ma per ciò che appaiono e nella misura in cui appaiono. Gesù ordina loro di andare in coppia, dà loro potere sugli spiriti impuri, ordina loro di abitare nella stessa casa per ogni città in cui vanno (sarebbe stato meglio gli avesse ordinato di costruirsi una casa, almeno avrebbero lavorato) e, se la città non gli accoglieva, avrebbero dovuto andarsene maledicendola mediante lo sbattere della polvere dai propri sandali.

Atto di disprezzo e maledizione per chi non li accoglieva.

In altre parole, o essere accettati in quanto le città dovevano accettarli o gettare sulla città il proprio disprezzo. Che si trasformerà nella distruzione che i cristiani metteranno in atto nei confronti delle città che non si sottometteranno loro.

La tolleranza delle idee e del modo di pensare dei romani e dei greci veniva completamente ignorata. I cristiani la sfruttavano per distruggere la società Romana. Doveva essere ignorata: può il figlio del dio padrone permettere a qualcuno di mettere in discussione la propria parola o, peggio ancora, il proprio volere? Non è solo questione di sbattere la polvere dai propri sandali, in quanto questo è l'atto di un essere idealmente debole nei confronti di un'idealità viva e reale, quando un'idealità debole, senza modificare il suo essere ideale, acquista i mezzi, non si limita più a sbattere la polvere dai propri sandali, ma mette a ferro e fuoco le città degli infedeli.

Alla base non sta dunque lo sbattere la polvere, ma il disprezzo per chi non accetta il volere del dio padrone in quanto volere e in quanto da lui, o da loro, rappresentato. Questo disprezzo, a seconda delle condizioni, si articola o con lo sbattere della polvere o con la messa a ferro e a fuoco delle città. Come la storia delle chiese cristiane, e quella cattolica in particolare, insegnano.

Il racconto del Giovanni Battista serve essenzialmente a confermare come solo Gesù è il padrone delle tradizioni e nessun altro può violarle. [Marco 6, 14 -]

Neanche un re!

Erode vuole sposare la moglie di suo fratello?

Aspirazione legittima sposare chi si ama!

E' questo che Giovanni Battista confuta?

No! Egli vuole imporre una legge o un principio al re!

Imposto al re questo principio si estende automaticamente, per legge o per tradizione, al popolo. Nessuno potrà allora confutarlo.

Questa è dunque una battaglia di principii e se Erode non se ne avvede se ne avvede la sua futura moglie ben decisa ad opporsi pur di non rinunciare ai suoi privilegi.

L'assoggettamento al principio imposto da Giovanni significa l'assoggettamento a tutto il corpo concettuale e teorico di Giovanni Battista; rigettare quel principio significa rigettare l'intera dottrina di Giovanni Battista. Una dottrina che tutto sommato non dispiaceva ad Erode che era riluttante ad eliminarlo. Una simile azione comportava una scelta radicale dalla quale non avrebbe più potuto recedere: non poteva ammazzarlo!

A differenza di Erode, la donna comprese i termini del conflitto e decise di combattere con le armi a sua disposizione.

Nessuno dice cattivo ad un uomo quando usa la forza delle sue braccia o ad un giurista quando utilizza le pieghe delle leggi per trarre vantaggio o piegare al proprio volere l'altrui volere. Ma dare della cattiva ad una donna mentre combatte per i propri bisogni con le armi a sua disposizione, appare a Gesù e ai suoi seguaci che odiano le donne del tutto naturale. Per gente come Gesù, Pietro e Marco, nonché per la stessa chiesa cristiana e quella cattolica in particolare la donna è la perversione da condannare.

Guai ai deboli quando vogliono lottare per la soddisfazione dei propri bisogni. Per Gesù essi devono soltanto tendere la mano e ricevere la carità! Lei usa i bisogni di Erode per costringerlo a scegliere definitivamente.

I dubbi sono di Erode; il suo desiderio sessuale è la stessa depravazione che, se non fosse per l'opposizione della donna, gli farebbe accettare le teorie di Giovanni Battista.

Il desiderio sessuale di Erode su cui gioca la donna evita la depravazione immorale di Giovanni Battista che nella guerra che ha scatenato finisce per perde la testa. Per parafrasare qualcuno: seminare grandine e raccogliere tempesta. La donna non è cattiva, combatte con le sue armi per la soddisfazione dei propri bisogni, Giovanni Battista è perverso perché, anziché agire per soddisfare i propri bisogni, agisce per assoggettare i comportamenti degli individui alla sua visione del mondo; in contrasto con i bisogni degli individui stessi.

La donna lotta per soddisfare i propri bisogni; Giovanni per condizionare i bisogni delle persone per poterle dominare.

Il termine cattiva viene usato da Marco e Pietro i quali, a loro volta, si apprestano a lavorare per mettere in ginocchio milioni di individui e a tagliar loro la testa. Sanno come, nel far questo, troveranno qualcuno ad ostacolarli, magari tagliando la loro la testa.

I due episodi, quello in cui Gesù cammina sopra le acque e quello della moltiplicazione dei pani e dei pesci, sono tali da stupire soltanto i posteri contemporanei di Pietro e Marco. [Marco 6, 34 -]

Nei pani e nei pesci è la generosità del dio padrone e di suo figlio in contrasto con le pecore senza pastore che non riceveranno né pani, né pesci.

E' un episodio qualificante della dottrina di Marco. Il suo dio non può esistere senza la disperazione di un popolo o delle genti. Il dio padrone esiste solo in quanto le genti sono disperate.

Là, e solo là, il dio padrone può dimostrare la sua generosità. [Marco 6, 34 -]

Nella disperazione il dio "buono" elargisce pani e pesci. Elargisce il minimo indispensabile affinché, la disperazione, la dipendenza dei disperati nei confronti del dio padrone, si rinnovi e si perpetui.

Furono coerenti le chiese cristiane con l'insegnamento di Gesù nel corso della loro evangelizzazione quando distruggevano sistematicamente l'economia dei popoli trasformandoli in miserabili accattoni. Solo quelle distruzioni e la costruzione della miseria economica e sociale consentiva si cristiani di porre le basi per la diffusione del cristianesimo.

La disperazione è la gloria del dio padrone di Gesù.

Se Gesù cammina o meno sulle acque poco importa, [Marco 6, 45 -] quello che interessa è lo stupore suscitato negli astanti. Ammirazione e stupore. Può l'ammirazione e lo stupore rendere diversa una struttura di pensiero criminale? Ammirazione e stupore occultano i fini criminali, mentre la disperazione induce gli individui ad aggregarvisi. In fondo, i disperati non sono in grado di argomentare affermazioni criminali opponendo altre argomentazioni, ma sono pronti a mettersi in ginocchio per lo stupore che suscita in loro l'evento stupefacente.

Solo Gesù è il padrone delle tradizioni; [Marco 7, 1-] guai a chi non le rispetta. Ciò che a lui interessa venga rispetto. Gesù rigetta con disprezzo la tradizione dell'uso di mani pulite con le quali toccare il cibo, mentre critica ferocemente la tradizione attraverso la quale si ottiene l'affrancamento dei figli dai genitori. Non è egli a dire: "chi sono mia madre e i miei fratelli?", rinnegandoli dicendo, di fatto, che con tali nomi egli chiama solo chi fa la volontà di suo padre.

Di fatto, egli non ha detto "corban" a sua madre? [Marco 7, 10-]

Sia Marco che Pietro comprendono l'importanza dell'assoggettamento dei figli ai genitori che loro controllano, come bestiame per conto del loro dio padrone, altrimenti il suo dio non avrà più pecore da pascolare.

Dunque, si mangi pure con le mani impure e si facciano ammalare donne di febbre da parto (ricordo la polemica a Vienna in un ospedale cristiano sull'opposizione ad usare sapone per lavarsi le mani prima d'assistere le partorienti dopo che i medici avevano sezionato cadaveri) per non volersi lavare le mani, purché, i figli siano bestiame sottoposto al volere dei genitori e non si possano affrancare da questi per tutta la vita. I figli come bastoni per la vecchiaia dei genitori. Con questo Marco e Pietro si arrogano il diritto di abrogare qualunque elemento della tradizione ad essi non congeniale o funzionale e introdurre elementi ad essi più propizi. L'importanza di questo atteggiamento non sta tanto rispetto alla tradizione ebraica ma nei confronti di tutte quelle tradizioni che essi incontreranno nel corso della loro predicazione, prima fra tutte quella romana.

Come Gesù abroga una parte della tradizione riconfermandone un'altra parte, rafforzandola, così Pietro, e le canaglie suoi pari, distruggeranno le tradizioni di popoli interi per imporre le loro.

Cosa risponderà Gesù alle critiche?

Qualsiasi cosa essi facciano all'uomo non corrompe l'uomo, ma qualsiasi cosa l'uomo farà ad essi corromperà l'uomo.

Che l'uomo sia uno schiavo non è un danno all'uomo, ma che l'uomo pensi di liberarsi dalla schiavitù questo gli è dannoso.

Grazie a questo concetto sono stati strutturati duemila anni di schiavismo e di colonialismo; migliaia di culture sono state saccheggiate e centinaia di popoli, fieri ed orgogliosi, ridotti a mendicare la sopravvivenza. Il pensiero e l'azione non sono distinti fra loro, ma sono in relazione dialettica dove l'uno e l'altro si condizionano e si strutturano.

Per Gesù non esistono cause atte a generare comportamenti. I comportamenti, come l'assassinio ecc., sono tali solo per la malvagità dell'individuo non per un complesso di cause atte a condurre l'uomo a mettere in atto tali comportamenti. Per Gesù nulla di quanto fatto all'uomo giustifica le reazioni dell'uomo ma è l'uomo in sé perverso che commettere quelle azioni. Colpevolizzare l'individuo per poterlo dominare! Questo è ancora alla base della giurisprudenza attuale.

La perversione non è negli uomini, ma nel pensiero di Gesù!

Per lui l'uomo è un essere da trasformare in pecora al servizio del proprio padre, dio. E' necessario tener presente questo concetto per capire il pensiero di Gesù e le sue affermazioni demenziali.

Il discorso sull'episodio di Cananea è altrettanto sottile del precedente. La supplicante è di un'altra religione, pertanto non ha diritto d'essere beneficiata. [Marco 7, 24-]

Qual era la religione di Gesù?

Marco non lo precisa, eppure tutti coloro che fino allora hanno beneficiato dei miracoli di Gesù erano della sua stessa religione. Il cristianesimo dunque non è la stessa religione di Gesù in quanto solo in quel momento si stava sviluppando e definendo attraverso le parole e le azioni di Gesù; dunque, né Pietro, né Marco né tutti i cristiani possono beneficiare all'opera di Gesù. Quisquilie, certamente, ma adatte a far capire come quanto scritto da Marco, sotto dettatura di Pietro, non era solo la narrazione della vita di Gesù, ma l'adattamento di questa alla risposta data dai primi cristiani ai problemi incontrati nel corso della loro predicazione.

Dei "benefici" del cristianesimo, veri o ipotetici che fossero, non potevano beneficiarne i non cristiani, pertanto, o i "pagani" si sottomettevano o non ne avevano il diritto.

Questo giochino fu adottato per secoli dai missionari cristiani colonizzatori: prima si distrugge una cultura, gli si strappano le radici e le tradizioni, poi, una volta ridotti gli Esseri Umani in miseria, se accettano la sottomissione al cristianesimo, allora i missionari elargiscono la carità sotto forma di elemosina strettamente indispensabile alla sopravvivenza degli individui, alla loro riproduzione; allo scopo di riprodurre la miseria stessa.

Quando la donna di un'altra religione, rinnegando di fatto questa (la sua non gli miracola la figlia) estende a lui la sua fede, ottiene il diritto al beneficio.

Interessante osservare come non esistano descrizioni di malattie, mentre i risultati più stupefacenti Gesù li ottiene con degli indemoniati. Non è un caso, nessuno vuol far passare Gesù come medico o guaritore: non ne è capace. La sua ignoranza è abissale. Eppure, il suo nome significa "colui che guarisce".

Inoltre nessuno può contestare la cacciata del demone in quanto non esiste nessun elemento qualificante per cui costui era un posseduto. [Marco 7, 24-] Tutto deve essere nebuloso. Gesù e Pietro ci giocano, quello che loro ignorano è che nessun demone o spirito, e sottolineo nessun spirito, può mai impossessarsi del corpo di una persona o di un Essere della Natura.

Tutto deve essere avvolto nel mistero della stupidità per accecare le coscienze critiche degli individui. Terrorizzare.

Pure nel territorio della Decapoli suscita ammirazione e viene ammirato.

Ma quanto è bravo!

Pietoso continua a distribuire pani e pesci.

Non pensate al futuro, non costruite; dio vede e provvede.

Edizione riveduta e corretta della manna.

Arrivano i Farisei e discutono con lui. Pietro e Marco dimostrano astuzia nell'omettere gli elementi della discussione. Se avessero esposto gli elementi qualcuno avrebbe potuto scegliere. La discussione deve essere stata piuttosto pesante se al termine del dibattito i Farisei sfidano Gesù chiedendogli una prova dal cielo. Cosa ha detto di sé Gesù perché questi potessero dire più o meno: " Se sei figlio del dio padrone, fa un miracolo o chiedi a dio di fare un miracolo ecc.." Gesù afferma: "Non ci sarà nessun segno". [Marco 8, 10-]

Nessun segno!

Ma se Marco e Pietro ci hanno raccontato miracoli a decine (altri devono ancora venire) lungo tutta la Palestina!

Che la chiesa cristiana, fondata dal dio padrone e da suo figlio Gesù, non dia nessuna prova ma chiederà fede e certezza apodittica a tutti è sperimentato, ma che Gesù, il miracolista per eccellenza, non dia segni ad un'intera generazione (e non solo a chi glieli sta chiedendo) mi sembra ridicolo, a meno che tutti i miracoli, fino ad ora descritti, non siano che delle totali invenzioni per catturare la credibilità popolare.

Guardatevi dal lievito dei Farisei e di Erode. [Marco 8, 14-]

Se è stato costretto ad affermazioni come di cui sopra, in una discussione con i Farisei, appare evidente come non avesse da opporre altri ragionamenti (argomenti) se non delle pure e semplici affermazioni. Egli deve mettere in guardia i suoi seguaci da tutti coloro che hanno dottrina, capacità e sapere per argomentare contro di loro. Il figlio del dio padrone e i suoi apostoli non hanno argomenti, non hanno dottrina di liberazione dell'uomo: loro fanno il volere del dio padrone cacciando i demoni. Un volere di dio incomprensibile e demoni invisibili; affermazioni da accettare come tali atti di fede che deve essere manifestata sotto continua minaccia. I cristiani hanno molta paura dei Farisei e di Erode, e non solo di loro, ne sanno qualche cosa Pietro e Marco a Roma almeno fin tanto che non disporranno di un esercito sufficientemente potente da mozzare le teste a chi non crede alle loro affermazioni.

Dopo gli indemoniati: il cieco. [Marco 8, 22 -]

E dopo il cieco; sottomettiamo Pietro. E già, "anch'io mi sono sottomesso!" Cosa dice Pietro a Gesù? "Tu sei il Cristo". Smentisce Gesù? Nemmeno per idea, dice a Pietro di non dirlo a nessuno: dunque conferma.

L'attribuzione del riconoscimento di Gesù, come il Cristo, non a caso viene attribuita da Marco a Pietro: è Pietro a fornirgli i racconti. Questo riconoscimento del ruolo da parte di Pietro serve per la preminenza nella guerra fra le chiese locali; la chiesa di Gerusalemme un po' alla volta perderà il ruolo guida in favore di quella di Roma in cui si scontrano Pietro e Paolo di Tarso nel tentativo di controllare gli adepti.

Non è difficile profetizzare uno scontro con i sacerdoti del tempio e quale sarà la posizione di Gesù nello scontro. Marco utilizza lo scontro per tracciare una delle figure fondamentali del cristianesimo (forse la più importante): il succube.

Quando Pietro espone a Gesù le sue perplessità, Gesù lo caccia chiamandolo satana. Il volere del dio padrone è al di là della natura degli uomini. [Marco 8, 31 -]

Meno male che il dio padrone si era fatto uomo nelle vesti di Gesù padrone; o no?

Il volere del dio padrone è contro natura! Egli si appresta a diventare l'agnello sacrificale per il dio padrone suo padre fornendo alla chiesa l'esempio comportamentale da proporre ai suoi fedeli.

La chiesa cristiana diventerà il sacrificante al dio padrone e i cristiani i sacrificati.

Continua subito dopo Gesù affermando[Marco 8, 34 -] che per seguirlo occorre rinnegare sé stessi e sobbarcarsi i bisogni insoddisfatti e vivere nel dolore (prendere la croce). Qui abbiamo uno dei più grossi atti di propaganda criminale del vangelo di Marco e Pietro: "Chi vorrà salvare l'anima sua, la perderà; chi perderà l'anima sua per me e per il vangelo, la salverà".

Siamo alla quintessenza delle bestialità. Secondo la preposizione l'anima o si salva o si perde. Nella prima parte abbiamo una volontà soggettiva di salvezza e come conseguenza un fallimento. Nella seconda parte abbiamo una volontà soggettiva al fallimento e come conseguenza la salvezza. Annullamento della soggettività dell'individuo finalizzata al servizio del dio padrone. Quintessenza dell'inganno; svuotare l'individuo per togliergli capacità d'autodeterminazione.

Un individuo convince un coniglio ad entrare nella padella di sua spontanea volontà promettendogli di salvargli la vita.

Subito dopo la musica cambia. Gesù afferma: " cosa giova all'uomo guadagnare il mondo intero se perde la sua anima?". E' un discorso completo non solo delle cose e del possesso, un individuo deve essere spogliato per diventare animale sacrificato. Soprattutto la spoliazione deve comprendere l'essenza del sacrificato: spogliato della volontà di sé, del desiderio di esistere, del desiderio di espandersi. Per seguire Gesù è necessario lasciare tutto, non solo possedimenti terreni, ma morali, intellettuali, culturali, conoscenza e consapevolezza del mondo circostante.

Per i cristiani saccheggiare le culture e ridurre i popoli in schiavitù serve per metterli nelle migliori condizioni per seguire Gesù, con la croce ch'essi forgiano per loro.

Cosa vi prometto in cambio dell'anima perduta?

La resurrezione.

Io, dice Gesù, sono così potente che davanti a mio padre testimonierò o mi vergognerò di ognuno di voi.

Donde gli viene questa certezza? Serve tutto questo a Marco e a Pietro per minacciare tutti coloro che mettono in discussione la parola di Gesù e, indirettamente, la loro.

Gesù afferma: "In verità ci sono alcuni dei presenti che non gusteranno la morte prima d'aver visto il regno di dio venuto con potenza." [Marco 9, 1 -]

Questo passo è sufficiente per dare a Gesù, e ai suoi seguaci, del millantatore e del bugiardo. E' più che sufficiente per paragonare Gesù a tutti quei "profeti" della fine del mondo che tanto hanno sputato (e sputano) previsioni apocalittiche portando interi popoli e generazioni alla sventura e al disastro.

E' bastato questo agli Alessandrini per incarcerare Marco?

Non tratta troppo bene la figura di Gesù!

Marco non è uno stupido. Nello scrivere il vangelo Marco e Pietro guardano al futuro e al modo per mantenere sospesa la minaccia. Ogni generazione, di generazione in generazione; è la generazione presente quella? Così la minaccia viene rinnovata di generazione in generazione.

Ci sono sempre stati e sempre ci saranno episodi, nella storia dell'umanità, tali da far pensare, ai singoli, all'arrivo della fine del mondo o a disastri di tale portata da cambiare la vita o l'esistenza dell'umanità. La cinematografia ama molto i tempi catastrofistici, specialmente gli USA. Questo sia che tali episodi siano reali, ipotizzati o resi veri e credibili dal passare di bocca in bocca (o dalla rilevanza data dai mezzi d'informazione).

Ad ogni evento la chiesa cristiana rinnova il proprio controllo sulle persone attraverso il terrore di una possibile fine del mondo richiamando l'anatema di Gesù.

Chi condannò Marco non pensava a questa descrizione ma aveva una visione diversa della figura di Gesù, certamente più umana e meno demenziale.

Alle chiese cristiane non interessava una visione diversa in quanto, una diversa visione, non avrebbe mai garantito un controllo totale sulla vita e dei bisogni delle persone per così tanto tempo.

La trasfigurazione con Elia e Mosè appare come l'investitura ufficiale. Chi può ora dimostrare che Gesù non è il figlio del dio padrone?

Chi può ora affermare che quanto da lui detto è frutto d'ignoranza e stupidità?

Ciò che Gesù afferma è frutto della divina sapienza! [Marco 9, 4 -] Lo dice dio con Elia e Mosè per testimoni divini e Pietro, Giovanni e Giacomo per testimoni umani. Questo è il gioco della testimonianza a cui nessuno ha diritto alla verifica: mica vuoi essere come Tommaso! Nessuno può chiedere ad Elia e Mosè, Marco lo ha saputo da Pietro che invoca come testimoni Giovanni e Giacomo. E così via. Sembra di sentire Socrate che afferma di essere l'uomo più saggio del mondo perché lo ha detto il dio di Delo al suo amico che però era morto, ma per lui può testimoniare il figlio.

Il problema non è che ciò sia vero o meno, per ciò che so posso confermare, con i dovuti distinguo, che Pietro, Giovanni e Giacomo abbiano visto, specialmente con l'uso di amanita muscaria o oppiacei. La questione è che Elia, l'assassino dei sacerdoti di Baal e Mosè non sono mai esistiti come non è mai esistito il dio creatore del mondo se non come offesa degli ebrei alla vita. Ma l'affermazione fatta nel vangelo di Marco è molto importante in quanto nessuno mette in discussione l'esistenza del dio padrone, considerata conoscenza aprioristica, naturale, e dunque, nessuno poteva più mettere in discussione il rapporto fra il dio padrone e Gesù.

Con questa trasformazione non potevano più esserci dubbi; lo aveva detto dio; lo confermavano Elia e Mosè; lo testimoniava Giovanni Battista; lo affermavano Pietro, Giacomo e Giovanni. Ce n'è per tutti i gusti. Meno le argomentazioni che abbiano una qualche correlazione con la vita.

Vuole essere questa la prova secondo cui Gesù è figlio di dio o è Gesù a testimoniare l'esistenza di dio e nello stesso tempo la non esistenza di Giove, Zeus, Iside o Mitra?

Occorre ricordare che siamo a Roma attorno all'anno 100 dopo cristo e i Mitriani sono la vera forza nelle catacombe col loro culto solare mentre lo Stato ha un culto ufficiale e la Religione di Numa è la religione del popolo Romano. A Roma e nell'impero si muovono vari culti misterici, da Iside a Demetra, da Cibele a Dioniso. Roma accoglie tutti purché tutti rendano omaggio all'imperatore. Pietro e Paolo hanno grossi problemi per far accettare il culto di un Gesù prima e del dio degli ebrei poi.

Questo culto della miseria e del terrore non ha molte carte in suo favore. A Roma i poveri sono assistiti, si distribuiscono aiuti abbondanti e on esiste la lebbra o l'emarginazione che gli ebrei, con le loro pratiche, hanno imposto a Gerusalemme. Di Gesù non aveva sentito parlare nessuno e il maggior filosofo ebreo che tenta di applicare il metodo di interpretazione del mito greco alla bibbia e che costruisce la relazione fra credo biblico e il Timeo di Platone, Filone di Alessandria, non ne parla affatto. Eppure, Quadrato, un apologeta cristiano, scrive lettere all'imperatore Adriano asserendo che persone fatte resuscitare da Gesù sono ancora vive a Gerusalemme. Pertanto, se non era difficile parlare a Roma di un certo Gesù crocifisso a Gerusalemme, era più difficile parlare del dio padrone degli ebrei.

Gesù dice che Elia era già venuto. Una delle mitiche figure ebraiche erano già reincarnate e il popolo ebreo non l'ha nemmeno riconosciuto. Lo sterminatore dei seguaci di Baal era passato inosservato; tutto doveva essere vago; tutto deve apparire misterioso!

Per secoli la chiesa cristiana ostacolò lo sviluppo della medicina nascondendosi dietro alla promessa del dio padrone descritta nel vangelo e distruggendo le conoscenze accumulate. [Marco 9, 14 -] Rimane famosa l'ira di Paracelso che dando alle fiamme libri di medicina universitari esclamava che ne sapevano di più gli antichi egiziani. Scambiare gli epilettici (malati psichici e disperati, menomati e bambini) per posseduti ha fatto molto comodo ai cristiani giustificando le sevizie e le torture che imponevano loro per il "bene della loro anima".

D'altronde lo aveva detto Gesù, quel tipo di demoni si scacciano con la preghiera e il digiuno. Per cui pregate e debilitatevi, debilitatevi e pregate, ciò farà molto felice il dio padrone dei cristiani e rinvigorirà la capacità della chiesa cristiana di allevare il proprio bestiame.

Questo era ed è il messaggio di Pietro e della chiesa cristiana ai propri fedeli. Quando non ottenevano il benessere sperato, questo non era dovuto al fatto che il dio padrone cristiano non esisteva, ma per non aver pregato e digiunato abbastanza compiacendo il dio padrone.

E' più facile dominare chi è fisicamente debilitato.

Lo sapeva Pietro, lo sapeva Marco e lo sa la chiesa cristiana da quasi un paio di migliaia d'anni. Col digiuno e la preghiera si coltiva l'oscurantismo; quando un corpo è sazio chiede soddisfazioni intellettuali; desidera chiedersi il perché delle cose e questo, per i cristiani, è pericoloso.

Segue la profezia della propria morte. [Marco 9, 30 -]

Sapere quando si muore, e come si muore, è fonte del "potere divino". Per Pietro e Marco è molto importante attribuire a Gesù questa capacità. Siamo nell'antica Roma dove gli oracoli si sprecano non solo quelli tradizionali, ma ci sono anche quelli d'importazione dalla Grecia e dall'Egitto e il loro Gesù non poteva essere da meno.

L'inserimento della profezia nel contesto sembra stonare, come se fosse aggiunta a posteriori dopo una prima stesura del vangelo stesso. Dopotutto non è molto importante quando sia stata inserita nel vangelo, per Marco e Pietro è importante sottolineare come Gesù si avvicini coscientemente al sacrificio di sé con in mente il premio della resurrezione (ricordiamo, anche se nel commentario non apparirà sovente, che si tratta di resurrezione della carne, non della coscienza o dello spirito, della persona, come appare dagli scritti dei cristiani nelle prime centinaia d'anni d'esistenza delle chiese).

Questo gioco del sacrificio di sé con in premio la resurrezione è sempre stato utilizzato come consolazione per le sofferenze imposte dai cristiani alla gente.

Un premio inesistente in cambio di una vita di obbedienza e sottomissione. Una sottomissione ora per un premio, forse, domani.

Ripetilo un milione di volte e i disperati finiranno per crederci.

Rendi disperati gli Esseri Umani e crederanno ad ogni promessa.

Quando gli Esseri Umani non hanno più forza per attingere dentro di sé cercheranno un dio padrone a cui aggrapparsi, tanto meglio un dio che prometta l'inesistente; se promettesse il possibile o l'esistente, per quanto lontano ed occulto, qualcuno potrebbe verificare.

Gesù istruisce gli apostoli. Cosa insegna loro? Nulla!

O meglio insegna loro come truffare le persone e Pietro e Marco hanno capito subito. Guai a chi cerca la conoscenza (è superbo), guai a chi cerca il benessere o qualsiasi altra cosa atta a dare un senso alla vita (è egoista); chi vuole essere il primo sarà l'ultimo.

Abile mossa per impedire la concorrenza e per stroncare ogni innovazione. La chiesa cristiana come rappresentante di Gesù è da esso delegata, ma chiunque vuole tentare di primeggiare, di innovare, di produrre, di investigare deve essere umiliato perché costui vuole essere primo e deve essere costretto a pentirsi.

Solo le chiese cristiane possono, solo il papa e i suoi delegati, tutti gli altri siano ultimi così potranno aspirare ad essere primi alla resurrezione, quando non potranno più "rompere le palle". Il papa cattolico si definisce "servo dei servi" cioè il capo di tutti i servi del dio padrone: il maggiordomo del dio padrone che comanda fintanto che non arriva il dio padrone.

Qualcuno osa cacciare i demoni, e guarda caso lo fa in nome di Gesù, infatti, come potrebbero fare altrimenti? O meglio ancora, come potrebbero Marco e Pietro riconoscere che si possa fare altrimenti?

Strano, Simon Mago e altri lo facevano in nome proprio. I trucchi da strada erano conosciuti a Roma (Celso ne parla). A Roma queste affermazioni potevano essere credute, non si conosceva quanto numerose erano le sette ebraiche e i 70 da poco avevano iniziato a distinguersi dai cristiani.

In che altro modo qualcuno poteva cacciare i demoni? O, peggio ancora, operare guarigioni? Che forse poteva esistere una scienza o un sapere sconosciuto a Gesù? A lui, figlio di dio? Costui sicuramente altro non poteva che cacciare i demoni in suo nome. Non proibiteglielo, dice Gesù; occorre costruire delle alleanze. Se uno ci è vicino perché cacciarlo? Può sempre venir buono perché chi discute di noi e con noi sicuramente non ci combatte. Siamo deboli, dunque non svegliamo il can che dorme. C'era Paolo a Roma in concorrenza con Pietro e, a Pietro, non conveniva scontrarsi apertamente. Inoltre c'erano i Mitriani che occupavano le catacombe che come grotte rappresentavano una sorte di utero dell'universo. Costoro non ci combattono e sono perseguitati, dunque non sono loro i nostri nemici, non inimichiamoceli, già bastano i "pagani".

E' facile e funzionale, lo sa Gesù, Pietro e Marco, condizionare i bambini al nuovo culto della miseria e della morte di uno su una croce quando a migliaia muoiono intorno. Quanti problemi hanno i bambini; condizionarne il giudizio, svuotare la foga dell'assalto alla conoscenza è la missione di Pietro. Togliere a Pietro e i suoi seguaci la possibilità di condizionare i bambini, agendo sulle loro emozioni, significa togliere loro la possibilità di compromettere il futuro della società. Questa predilezione ha permesso alla chiesa cristiana di controllare il modo di pensare e il modo di essere dei bambini trasformandoli in vuoti automi. [Marco 9, 41 -]

I ricoveri per orfani erano e sono lager, le attività delle parrocchie e delle canoniche erano e sono finalizzate a mantenere il controllo dell'infanzia; orfanotrofi, ricoveri ospedalieri, lazzaretti, carceri, ospizi altro non erano e sono campi di concentramento sotto il controllo di preti e suore. E, quando la società industriale venne formandosi, a frustate i bambini venivano ceduti agli opifici dietro compenso. Tralascio le vessazioni durante l'intero medioevo. Gesù non parla di rispetto dei bambini ma: "chi scandalizza un piccolo che crede in me" cioè chi gli toglie i paraocchi, le inibizioni, il condizionamento educazionale che lui impone ai bambini a cui l'ho imposto, sarebbe meglio che s'impiccasse. Sarebbe meglio che s'impiccassero quei magistrati che ancor oggi, togliendo i bambini alle famiglie li affidano ad istituti religiosi, relegandoli in un campo di concentramento, in cui vengono costretti a mettersi in ginocchio a pregare, anziché ostruirli come cittadini consapevoli dei loro diritti costituzionali. Gesù non chiede il rispetto nei confronti dei bambini (quando mai i cristiani hanno rispettato i bambini e i loro bisogni?) ma il rispetto del condizionamento educazionale da lui imposto ai bambini.

A Marco e a Pietro non interessano le persone, ma chiedono rispetto (leggi deferenza) del loro controllo sugli adepti costretti in ginocchio.

Infine l'ultimo degli insegnamenti secondo il quale è necessario stare in pace "fra voi". Non con gli altri o col mondo, ma fra voi.

A che scopo inserire questo che appare come un atto logico e comunque scontato? Pietro e Paolo non andavano molto d'accordo e a Roma c'era una certa concorrenza per strapparsi vicendevolmente gli adepti. Suona come una mediazione fra le fazioni di Marco-Pietro e quella di Paolo. E' una considerazione, mentre è più probabile che Gesù indichi come il concetto di pace sia un concetto interno, mentre a tutti gli altri, se c'è la forza, si può fare guerra. Concetto questo seguito alla lettera dai cristiani nel corso della loro storia. Anche gli eretici, pur sempre cristiani, diventavano gli altri. L'importante era che il papato potesse spadroneggiare indisturbato.

Perché Pietro e Marco insistono molto sul concetto messo in bocca a Gesù? Il concetto di Mosè introduce una possibilità di divorzio anche se solo per l'uomo. [Marco 10, 1 -] Così è anche nella società romana anche se il diritto è più liberale di quello giudaico in quanto non assimila la donna all'asino e alla roba. Gesù sembra apparentemente introdurre una parità fra i comportamenti dell'uomo e della donna nella pratica del rapporto matrimoniale, in realtà non solo conferma la proprietà della donna da parte del marito, ma impedisce anche a costui di avere rapporti fuori del matrimonio. In pratica la parità diviene parità nella costrizione quotidiana anziché della parità nella libertà delle scelte.

E' da ricordare come Gesù stia lavorando (e l'opera viene proseguita da Marco e Pietro) per costruire una dottrina attraverso la quale gli individui non possono soddisfare i loro bisogni trasformando la mancata soddisfazione in fobia. Pulsione di morte, tanto cara a lui e a suo padre il dio padrone.

La donna venduta dalla famiglia al marito è costretta a condividere l'unione anche quando è imposta o anche quando il marito non è più interessato. Se prima la vita era una merda, ora, con l'arrivo dei cristiani, si trasformava in una vera e propria fogna. La libertà si costruisce estendendo i diritti a tutti, non togliendoli a chi ne beneficia. Togliere i diritti ai privilegiati, per costruire l'uguaglianza nell'ingiustizia, si costruisce solo galera.

I cristiani privarono la donna anche dell'anima e lasciamo perdere gli epiteti con cui la definivano quando si tratta di descrivere il suo ruolo sociale.

La cosa funzionò così bene che non solo portò proseliti a Pietro e a Marco, ma, con quel che ne seguì, ci vollero duemila anni (il 1968 per l'esattezza) perché si innestasse un processo affinché la donna cominciasse ad assumere un ruolo sociale più conforme alla cittadina che non alla schiava-puttana come nel cristianesimo.

Metà del cielo dell'umanità, per duemila anni, è stato relegato (da un punto di vista sociale) nelle nebbie dell'oblio.

Nemmeno il diritto di mandare a quel paese il marito, frutto di errore o imposizione (o anche semplicemente perché non è più conforme ai propri desideri), altro che durezza di cuore; traffico di schiavi. Dominare gli uomini, dominare le donne, dominare i bambini questo era il problema cui si ponevano Pietro e Marco.

Questo era il problema che si poneva Gesù.

Il decreto cristiano sul matrimonio rappresenta una sedimentazione della dipendenza uomo-donna che, protraendosi nei secoli, impedì una trasformazione del sistema sociale ad uso e consumo del comando clericale.

In Italia solo il diritto di famiglia della metà degli anni '70 riesce a modificare in modo concreto il decreto divino e, col divorzio, trasformare il rapporto uomo-donna da un'emanazione del dio padrone a un'emanazione della società civile.

Oltre a questo ci può essere solo l'annullamento del matrimonio come istituzione e il riconoscimento dell'individuo come struttura base della società.

Questa sarà un'altra di quelle cose per le quali i cristiani lanceranno i loro anatemi minacciando di far cadere le stelle sulla Terra e lo squarciarsi delle nuvole con la conseguente apparizione in potenza del dio padrone con suo figlio accanto.

Chi non riceverà il regno del dio padrone come un fanciullo [Marco 10, 13 -] non vi entrerà. Il significato di ciò è molto profondo. Il disprezzo di Gesù per il sapere e la conoscenza sono totali!

Come, il dio padrone non creò l'uomo a sua immagine e somiglianza? Dunque, creò anche il sapere e lo dette all'uomo; perché l'uomo ora vuole di più? Questo di più non è forse lo stesso peccato che lo portò a mangiare il frutto dell'albero proibito?

"Ora ha la conoscenza del bene e del male facciamo che non mangi anche dall'albero della vita perché altrimenti l'uomo diventa immortale" (Genesi 3, 22)

Lo dice il dio padrone, suo padre. L'uomo, per Gesù, deve essere come un bambino: stupito e ignaro del mondo circostante; timoroso di ogni fenomeno; grato per ogni cosa ricevuta come fosse un dono e non un diritto. Il bambino, per Gesù, non ha diritto alla conoscenza, non ha diritto a crescere, non ha diritto a costruire la propria indipendenza. Per Gesù questa è superbia! Per Gesù tutto questo (sapere, conoscenza, coscienza, crescita, indipendenza, benessere morale e fisico) impedisce l'accesso al regno di dio suo padre.

Diventa comprensibile, alla luce di questi dettami divini, la ferocia della chiesa cristiana nei confronti della conoscenza e della consapevolezza, della scienza, della ricerca e della sperimentazione. Si comprendono gli attuali distinguo etici e morali con i quali la chiesa cristiana tenta di ammanettare e impedire la ricerca biologica. Per lei la ricerca deve servire per controllare ed asservire l'uomo, non per il piacere della conoscenza. Chissà dove porterà altrimenti. Forse a negare il dio creatore.

Come se fosse difficile negare l'esistenza dell'inesistente.

Così deve essere un cristiano per accedere al regno di dio: vuoto e indifeso come un bambino. Certo, un bambino non è vuoto, tutt'altro, ma se la sua sete di conoscenza e di sapere non vengono stimolate ed appagate, a poco a poco, si spegne e il desiderio inaridisce. Tutto quello che appartiene al mondo circostante diventa difficile, tortuoso, misterioso; strano ed ostile. Giusto come piace ai cristiani! La storia della pedagogia è testimone delle titaniche lotte portate da individui, più o meno illuminati (Guardiani essi stessi), contro i preconcetti dell'educazione. Preconcetti che altro non erano che precetti del dio padrone cristiano.

Dove trova ostacoli la predicazione di Pietro nella società romana? [Marco 10, 17 -] Nelle classi benestanti. Le classi ricche e colte sono le più restie (se non decisamente ostili) ad abbracciare il nuovo credo mentre le classi povere, in questo credo, non trovano un arricchimento di sé stesse.

Cosa promette il nuovo credo? In cambio di sottomissione, acritica e totale, concede la speranza della resurrezione attraverso il giudizio di un dio feroce.

Dedizione totale.

Fra tali classi la predicazione di Pietro non ha spazio per cui il suo obiettivo è quello, non tanto di chiedere l'adesione di chi è ricco o di chi è povero, ma di compattare, attraverso la consolazione, chi è disperato.

I cristiani lavorano per la costruzione della miseria materiale e morale (l'atteggiamento tenuto dalla chiesa di Roma durante l'arrivo dei Goti ed Ostrogoti di Alarico, anch'essi cristiani ma ariani, fu un autentico incitamento perché mettessero a ferro e fuoco le città, Rome in primis) della popolazione; la compattazione della miseria nell'attesa della resurrezione è la vera forza di Pietro. Pertanto, Pietro deve disilludere chi vuole cambiare migliorandole le proprie condizioni di vita materiali e morali, negando ad essi l'accesso al paradiso promesso. Tale atteggiamento la chiesa cristiana lo modificherà ad hoc quando, divenuta chiesa di Stato, necessiterà dei potenti e dei ricchi con i quali eserciterà, a pari titolo e dignità (però comanda lei o li scomunica), il "potere temporale" concedendo anche ad essi il diritto al paradiso (ne ha fatti parecchi santi) ed usando tali affermazioni solo per bloccare le aspirazioni di chi, povero, voleva cambiare le proprie condizioni di vita. Magari staccando la testa a qualche prete o a qualche torturatore istituzionale.

Chi vive in condizioni agiate, o comunque ha i bisogni "materiali" soddisfatti, non era disponibile ad accettare i discorsi di Marco e Pietro; il cristiano non può dargli né arricchimento spirituale, né arricchimento culturale, né arricchimento materiale. Solo con la chiesa padrona, i ricchi, sono diventati sue emanazioni (vedi tutte le cariche di conte e principe in uso a Roma sotto il papato) e sono costretti a sottomettersi per mantenere inalterati i loro privilegi. Diventano devoti quando la loro ricchezza dipende dalla chiesa cattolica. Per loro la cacciata dalla chiesa significava la perdita di ricchezza e di potere. Che un ricco non possa entrare nel regno dei cieli era importante per Pietro, non per i suoi successori, né a Roma né in mezzo mondo.

Per quanto riguarda la ricompensa promessa, altro che Corban, altro che libretto di divorzio di Mosè. [Marco 10, 28 -] Tutto è ripudiabile in onore di Gesù. Questo è ciò che serve a Pietro mentre si sta scontrando con credi diversi a Roma. Ogni regola deve sottostare all'adesione al nuovo ordine. Può una donna abbandonare casa, marito e figli per seguirlo? Può il marito abbandonare casa, moglie e figli per seguirlo? Possono i figli abbandonare casa e genitori per seguirlo? Certo, non solo possono, ma devono, magari con questo ricatto tirandosi dietro l'intera famiglia nella nuova "fede", abbandonando famiglia e parenti qualora la famiglia non li segua non li segua (se non vado errato oggi i cristiani rinfacciano la stessa cosa a gruppi vari, come i Testimoni di Geova che, facendo proselitismo, distruggerebbero, secondo loro, le famiglie). Per Gesù la legge ebraica è solo uno strumento dietro il quale nascondersi chiedendo obbedienza ad essa quando conviene. Rinfaccia la legge ebraica agli Scribi, ma subito dopo è pronto a violarla per ottenere proselitismo.

Non è egli il padrone delle tradizioni? Pietro è abituato a scontrarsi con tutta una serie di altre chiese cristiane sue pari a Roma oltre con religioni antiche ed ufficiali e, fino ad oggi, era riuscito a non farsi scoprire facendosi passare per ebreo, un culto consentito a Roma. Il culto ebreo è permesso perché non incrina la società romana (non rompe le famiglie). Pietro ora dice come, pur di seguire il nuovo culto, sia necessario rompere i rapporti con la famiglia e la proprietà pur di ottenere grandi ricompense come la resurrezione dopo la morte.

Quando i Romani si accorgeranno, dopo il 70, che il giudaismo (religione permessa) e il cristianesimo sono due cose diverse, con comportamenti diversi, a ferocia risponderanno con ferocia (almeno finché potranno).

La terza previsione sulla propria morte fatta da Gesù [Marco 10, 32 -] è un'introduzione forzosa nel testo ed appare come un tentativo ulteriore di esaltare le capacità veggenti di Gesù. Nello stesso tempo, è una pretesa dimostrazione agli astanti, a cui Pietro sta parlando, della sicurezza di Gesù nella resurrezione. Attraverso tale sicurezza Pietro dà corpo alla promessa che sta facendo ai miserabili: "Noi non mentiamo nelle nostre promesse, anche il nostro fondatore, lui che è risorto vi promette che risorgerete e lui, sicuro di risorgere, è risorto". Pietro necessita di dare certezza alle sue parole riferendole a qualcuno non presente. Come Socrate davanti al tribunale.

E' la caratteristica dei cristiani quella di non assumersi mai la responsabilità di quanto fatto o detto, ma riferirlo a qualcuno non presente. Non è un caso che la previsione della propria fine viene divisa in tre previsioni. Particolare solo apparentemente insignificante, in realtà rappresentano un corpo previsionale unico in cui di volta in volta elementi diversi vengono messi in primo piano a seconda delle necessità di Pietro. Dividere in tre una profezia, o presentarla in tre riprese, è un notevole rafforzativo. Se di Pietro si può parlare come di un individuo ignorante, non si può parlare di lui come di uno sprovveduto nell'articolazione delle favole secondo le sue esigenze.

Nello sviluppo d'un racconto, allo scrivano, chiunque avrebbe dettato: "Per tre volte costui parlò di ciò che sarebbe successo". Dividere la cosa in tre parti porta il lettore a mettere l'accento per ben tre volte sullo stesso argomento.

Domanda fuori tema: perché Gesù non ride mai? Può un uomo vivere senza riso? (anche se figlio di un dio?) No! A Pietro non serviva un personaggio che sappia ridere. Il riso è gioia, scarico di tensioni mentre Pietro predica un credo della miseria e della coercizione. E lo predica a Roma dove si ritiene che "Il riso abbondi sulla bocca degli sciocchi".

La richiesta dei figli di Zebedeo è un'altra storia [Marco 10, 35 -] atta a dimostrare come la chiesa cristiana non accetti di soddisfare nessuna richiesta, a nessun prezzo. Nulla può essere promesso, perché promettere qualche cosa implica mantenere con certezza e Pietro non ha certezze, dunque, qualsiasi cosa costoro offrano per una certezza, non l'avranno mai.

La certezza della legge, anche se mai applicata specie per ragioni di stato, è uno dei principi fondamentali della civile convivenza. Come il rispetto di un contratto stabilito fra le parti. La legge romana stabiliva principii ai quali ogni parte doveva attenersi. Il cristianesimo involve su questi principii per bocca, ed opera, di Gesù. Dio ha già predestinato chi siederà alla destra e alla sinistra della sua gloria. Dunque, qualunque cosa voi facciate, dipende non dalla vostra volontà ma dalla divina predestinazione. Nemmeno del paradiso c'è certezza, né della vita eterna, né della resurrezione: tutto dipende dalla predestinazione. Discorso tirato, ma tale da giustificare la diffusa superstizione dilagante fra i cristiani. Pietro deve togliere ogni certezza sulla possibilità d'accedere al paradiso. Se ci fosse certezza la chiesa cristiana perderebbe il proprio ruolo guida: qualunque cosa farai, certezza non avrai. Non basta vivere senza peccato; ricordiamoci che chi dà il giudizio è il macellaio di Sodoma e Gomorra, quello che disse: "o fate quello che voglio io o vi ammazzo come cani". Quale certezza c'è nell'eternità quando questa è legata al capriccio di un dio padrone? Il figlio del dio capriccioso non disse in precedenza che chiunque avesse avuto la volontà di salvare la propria anima l'avrebbe perduta?

Continua nello stesso scritto, diviso chiaramente in due parti, com'è la relazione fra gli individui all'interno della comunità cristiana. [Marco 10, 41 -] Pietro sa come prima o poi le sue tesi verranno attaccate all'interno delle stesse comunità cristiane. Già Paolo di Tarso, con cui si scontra, non è molto d'accordo con lui e la fine di Marco non è che un preludio degli eventi scismatici. Pietro dovrà guardarsi da tutti coloro che tenteranno di togliergli il ruolo conferitogli (o auto conferitosi) da Gesù e questa seconda parte corrisponde perfettamente allo scopo. Tutti quelli che tenteranno di variare i rapporti all'interno della comunità cristiana in realtà vogliono in essa primeggiare, tutti quelli che mettono in discussione la parola di Pietro e dei suoi delegati vogliono essere i primi; tutti quelli non d'accordo con Pietro e i suoi delegati vogliono primeggiare. Chi spinge costoro a desiderare di primeggiare? Sicuramente Satana! Ecco allora la chiesa cristiana pronta a seguire il dettame di Gesù, innalza i roghi, usa la tortura e le galere affinché costoro cessino il loro peccato di superbia ispirato da Satana. Loro vogliono essere i primi. Si può obiettare che Gesù parla di tiranni delle nazioni. Certamente, come la storia insegna, solo di quei tiranni che non si sottomettono alla chiesa cristiana. Una volta sottomessi, essi diventano tiranni per volere divino dunque, chiunque voglia scalzarli vuole essere il primo. Pietro non prevede gli eventi attraverso i quali le sue aberrazioni saranno assunte a religione di stato, ma già anticipa il tutto attraverso il vangelo di Marco.

Quando il cieco riacquista la vista? [Marco 10, 46 -] Quando, pur di supplicare, sfida la folla. E' una lezione per tutti i cristiani i quali possono ottenere qualche cosa solo testimoniando la propria fede contro tutti; questo è quanto vuole dire Pietro agli astanti. Il cristianesimo è debole come ideologia e come struttura, per questo deve contare esclusivamente sulla fede in una vita migliore dopo la resurrezione per espandersi. Sfidare la folla, e i "pagani", è fondamentale per Pietro. Come i figli di Zebedeo, che non avranno niente, eppure sono disposti a bere "l'amaro calice", così il cieco, che al contrario avrà la sua ricompensa, è disposto ad affrontare l'ira della folla. Sono due modi di essere di cui Pietro si serve per indicare modelli comportamentali ai suoi seguaci.

Da questo momento in poi il racconto del vangelo si intreccia con la descrizione di un tentativo di colpo di stato messo in atto da Gesù. Egli abbisogna di imporre la propria visione del mondo. [Marco 11, 1 -] Pietro come lui. La chiesa cristiana come loro. Innanzi tutto egli ribadisce di essere il "Signore", Adone. Pietro lascia ad ognuno l'interpretazione di ciò, ma appare chiara nel contesto: dire alla gente che l'asino serve al padrone. Notiamo come mentre alla chiesa cristiana interessa moltissimo la verginità di Maria, a Pietro interessa di più la verginità della groppa dell'asino. Gesù prende l'asino con la promessa di rimandarlo.

In Gesù c'è una dislessia fra proprietà ed uso dell'oggetto. In altri termini questo si chiama furto (o rapina) anche se (apparentemente) limitato nel tempo. Lui è il padrone delle tradizioni e, il non rubare, dove lo mettiamo?

Gesù avrebbe potuto lavorare per comprarsi l'asino, ma non l'ha fatto! Qualsiasi azione avesse fatto per procurarsi l'asino questa diventa importante in sé e, l'azione scelta da Gesù, consiste nel mandare una banda per appropriarsi dell'asino. Questa banda discute con la gente, perché la gente (ricordiamo come la gente non fosse cristiana) discute, ma se la gente avesse usato i bastoni cosa avrebbero fatto gli apostoli?

Ricordo che gli apostoli giravano armati (da qualche parte di questo o di un altro vangelo appare il taglio di un orecchio nell'orto dei Getsemani). Cosa dicono gli apostoli per convincere la gente a dar loro l'asino? "Serve al padrone" soltanto, o sono ricorsi alle minacce? Sta di fatto che ottengono quello che vogliono. Così è per la chiesa cristiana nel corso dei secoli, o gli date quello che vuole o se lo prende con la forza e la violenza: la storia è maestra.

Gesù sale sull'asino e, con questo, entra in Gerusalemme. Dal come la folla lo accoglie si desume che Gesù non sia andato in giro semplicemente a cacciare demoni, ma la sua predicazione fosse di natura politico-sociale con al centro lui stesso come figlio del dio padrone che predica l'avvento del nuovo regno (parole dell'acclamazione).

Non arrivava dunque dal cielo in potenza squarciando le nubi, ma più semplicemente sulla groppa di un asino anche se quella groppa era ancora vergine. La gente non gli chiede miracoli, ma esulta convinta dell'arrivo del nuovo regno. Gesù entra nel tempio e, a questo punto, Marco omette di dire cosa fa. Poi, dopo aver guardato, con i dodici torna a Betania.

Ha restituito l'asino? Marco non lo dice, dunque può tranquillamente averlo rubato o perso nella confusione. Non è egli il figlio del dio padrone e padrone delle tradizioni? Cosa abbia fatto nel tempio o cosa abbia detto a Pietro non interessa per la sua predicazione. Importa a Pietro solo affermare come l'accoglienza di Gesù sia avvenuta perché egli era Gesù figlio di dio e portatore del nuovo regno. Su quali fossero i contenuti, Pietro preferisce sorvolare. O meglio ciò che ha fatto Gesù fino ad allora, descritto da Marco, è ciò che serve a Pietro per la sua predicazione a Roma e, la gloria descritta da Marco, è la gloria invocata da Pietro per la propria predicazione: osanna acritici dell'avvento di un nuovo ordine senza che il nuovo ordine venga definito.

Uscito da Betania Gesù aveva fame e visto un fico [Marco 11, 12 -] andò a rovistarvi (non poteva fare una moltiplicazione di pesci e pani in piccolo?). Non trovando che foglie lo maledisse. Ben miserabile è colui che vuole piegare il mondo ai propri bisogni!

Serviva moltissimo a Pietro quest'esempio, ed infatti in Marco è riportato in due volte proprio per volerne sottolineare il significato. La chiesa cristiana rovisterà fra gli uomini e non trovando ciò che cerca li maledirà, fin che sarà debole, o li annienterà torturandoli e bruciandoli quando potrà. Non è l'esempio di Gesù alla base delle azioni della chiesa cristiana? Dio non è colui che dice: o fate quello che voglio io o vi ammazzo come più mi piace? Quale diritto aveva il fico di negare a Gesù i suoi frutti? (lasciamo perdere che in altro vangelo si dice che si era pure fuori stagione) Negarli a Gesù, unico figlio del dio creatore? Il fico, per Gesù, doveva essere condannato a morte. In altri vangeli quest'episodio, e altri, sono presentati in maniera diversa (in Marco è viscido, sibilante e sottinteso, in Matteo è violento e diretto, in Luca è sinuoso indiretto e meschino) non perché il fatto secondo quegli evangelisti fosse diverso, ma perché diversi sono gli interlocutori. Marco sta scrivendo sotto la dettatura di Pietro e se Paolo percepirà maggiormente l'esigenza organizzativa (traspare dalle finalità del vangelo di Luca oltre che nelle lettere), Pietro è l'ideologo di Gesù, colui che ne ha fagocitato la follia dell'essere figlio del dio padrone e questa follia è diventata la sua follia. Nessuno, dunque, può negare quanto la chiesa cristiana vuole, pena la morte.

Questo episodio viene inserito, opportunamente, fra l'ingresso a Gerusalemme e la cacciata dei "profanatori" dal tempio. Quest'episodio molto crudo rivela i sentimenti di Gesù nei confronti del mondo circostante: odio per non averlo accettato come figlio del dio padrone. Come per la natura, così per gli uomini. O faranno quello che lui vuole o li ammazzerà. Dopo di lui quest'opera sarà portata avanti dalle chiese cristiane.

Che cos'era Gerusalemme? [Marco 11, 15 -] Non era forse il punto d'incontro di tutte le tradizioni culturali ed economiche della zona? Crocevia degli spostamenti, dei traffici, dei viaggi. Vendere, comperare, scambiare, accordarsi, discutere, era attività lecita all'interno del tempio. Tradizioni consolidate che non contrastavano con l'attività religiosa che anzi, con quei traffici la mettevano al centro dell'attenzione delle più disparate confessioni religiose dei diversi popoli. Chi credeva veramente nulla aveva da perdere nel professare la propria fede davanti a genti diverse (inoltre, credo di ricordare, ci fossero parti del tempio dove assolutamente nessuno poteva entrare). Era il tempio di prima del 70, prima della distruzione del tempio e prima della strutturazione del Talmud. Gesù ha paura della diversità; paura di altre fedi, di altri credi e di altre genti; della loro scienza e della loro conoscenza, della loro filosofia e delle loro tradizioni.

I cristiani da Gesù impareranno e struttureranno il razzismo come metodo attraverso il quale impadronirsi del mondo!

Gesù ha paura del fico che non gli vuole cedere i frutti e per questo lo uccide; ha paura del vento, tanto da placarlo; ha paura dei demoni tanto da scacciarli; ha paura degli Scribi, non per le minacce, ma per la loro cultura tanto che Marco non accenna mai alla sostanza dei diverbi se non per battute che appaiono più delle furbate retoriche funzionali a Marco per mettere in evidenza una sorta di superiorità di Gesù che finiscono, in realtà per dimostrare l'ignoranza, l'arroganza e la superbia di Gesù. Gesù ha paura di tutto e, montato dalle osanna e dal bagno di folla, si sente padrone della terra. Non è egli il figlio del dio creatore?

Gesù scaccia la gente dal tempio imponendone un uso esclusivo alla preghiera. Gesù ha tentato un vero e proprio colpo di stato, ma non contro i potenti, bensì contro i bisogni e le necessità della gente. Sovvertendo quell'istituzione, impedendo alla gente di vivere del baratto, pretendendo di sigillare ad uso esclusivo un'area pubblica, egli si arroga il diritto di appropriarsi dell'uso del tempio. Uso esclusivo! Non è egli il figlio del dio padrone? Quale diritto hanno quei pezzenti? Disprezzo: questo è il sentimento di Gesù per gli uomini.

Come Gesù si ritiene padrone delle tradizioni così la chiesa cristiana si ritiene padrona dei roghi sui quali arrostire le persone e, con esse, le loro idee, i loro bisogni, le loro aspirazioni, i loro sogni.

Ecco perché Gesù è responsabile dei genocidi perpetrati e in perpetrazione da ogni singolo cristiano in ogni epoca, in ogni tempo, in ogni situazione!

Non si può dubitare dell'intenzione di Scribi e sacerdoti di punirlo per la sua arroganza; finché si limitava a predicare e ad affermare di cacciare demoni non dava fastidio a nessuno, altri lo facevano, ora pretendeva di appropriarsi della struttura economica e dettare le proprie leggi imponendole con la forza. Gesù violò la stessa tradizione che gli consentiva di predicare liberamente. La folla non era ammirata dal suo insegnamento, semplicemente pregustava lo scontro violento fra Gesù e il Comando Sociale che controllava il Tempio dal quale sperava di guadagnarci qualche cosa. La gente fa sempre il tifo per chi si oppone al potere costituito; magari non si avvede cosa gli sta preparando chi tenta di abbatterlo. Ogni cambiamento, per la folla, costituisce un progresso (anche se a volte il cambiamento è da essa pagato a caro prezzo). La folla sa istintivamente che la contraddizione è vita, un sapere ignoto a Gesù.

Pietro, di quel sapere, ne ha paura. La chiesa cristiana lavorerà parecchio per cancellare il ricordo dei filosofi del giardino. Col nemico la chiesa cristiana non discute, non ha argomenti per farlo, il nemico si distrugge.

Del fico cosa è rimasto? [Marco 11, 19 -] Gesù lo ha seccato col suo potere; poca fatica (anche se non so quante risate non si stia facendo il fico), il figlio del dio padrone, il creatore dell'universo, contro un albero colpevole di dare ombra ai viaggiatori ma di non produrre fichi (magari fuori stagione) per questo arrogante.

Di questo cosa ha da dire Gesù? Forse ne è dispiaciuto? Pentito? No! Al contrario; orgoglioso, indica agli apostoli come quello si può fare, come si possono far muovere le montagne e gettarle in mare, anzi, ordinargli di gettarsi in mare, se uno non esita nel suo cuore e crede che ciò avvenga. A questo serve la preghiera: a distruggere per soddisfare la propria sete di dominio? Per Gesù sì! Non è quest'aspetto ad interessare Pietro con questo racconto. Egli dice ai suoi seguaci: "Pregate e diventerete più potenti di Cesare!" E se ciò non fosse vero? Se ciò non succede? Ha mentito Pietro? No! E' perché voi non avete pregato abbastanza né avete avuto sufficiente fede.

Pregate per distruggere e ricordate, mentre distruggete, perdonate se avete qualcosa contro qualcuno perché il padre vostro, che è nei cieli, vi perdoni

Questo atteggiamento prende il nome di ipocrisia criminale.

L'ipocrisia diventa malafede quando gli Scribi, gli Anziani e i Gran Sacerdoti gli chiedono con quale autorità egli fa ciò che fa. [Marco 11, 27 -] Qualsiasi risposta sarebbe stata sufficiente. Sembra evidente come per un certo tempo fosse riuscito a costringere il tempio a non ospitare più le attività umane. Il fatto stesso per cui gli Scribi, Anziani e Gran Sacerdoti si scomodino per andare da lui starebbe ad indicare un certo potere sociale da lui acquisito mediante l'atto di forza compiuto con la cacciata dei "mercanti" dal tempio.

Peccato che nelle cronache del tempo, non ce ne sia traccia.

Cosa risponde Gesù? In privato, circondato da alcuni suoi apostoli appare il figlio del dio padrone con tutta l'arroganza delle sue affermazioni con cui rivendica il diritto di dominare gli uomini. Per questo Pietro riconosce in lui il cristo ed egli gli dice di non andare a dire in giro. I Demoni lo riconoscono e lui intima loro di tacere.

Davanti al "nemico" Gesù ha paura!

La paura gli suggerisce un escamotage per mettere in difficoltà l'interlocutore. L'interlocutore teme l'ira della folla per un eventuale dichiarazione di natura umana della predicazione di Giovanni Battista. Piuttosto che succedano tumulti per cose di poco conto l'autorità intelligente sa ritirarsi in buon ordine. Gesù è seccato dalla reazione degli Scribi, dei Gran Sacerdoti e degli Anziani, egli avrebbe preferito lo scoppio di tumulti. Avrebbe voluto che costoro prestassero il fianco ad un attacco da parte sua col riconoscimento di lui come del figlio del dio creatore riconoscendo opera del dio padrone le azioni di Giovanni Battista. La risposta è quella tipica di un individuo sconfitto mentre ingoia la delusione del mancato trionfo: "Io non vi dico con quale autorità faccio questo". [Marco 11, 33 -]

Quale autorità manda i soldati ad arrestarlo? Un'autorità ben debole con ordini inconsistenti dal momento che basta a Gesù proclamarsi figlio del padrone e minacciare le ritorsioni del padrone perché costoro non eseguano l'ordine di arresto.

Il padrone pianta la vigna, la circonda con una siepe, scava un frantoio e costruisce una torre. [Marco 12, 1 -] Gesù dimentica di dire a quale scopo costui fa questo. Non omette ciò a caso ma lo omette perché la sua storia, in cui lui è il padrone, vuole che l'ascoltatore parti dal presupposto che lui è il padrone. Una storia in cui lui possiede e il suo possesso è incontestato e incontestabile. Non potevano coloro, che erano i "coloni", fare altrettanto? Cosa mancava loro che quel padrone aveva? Dunque, le premesse della storia sono arroganti e sprezzanti nei confronti delle persone. Un colono che avesse fatto quello che ha fatto il padrone Gesù, avrebbe costruito un diverso modo con cui costruire le relazioni con il mondo e Gesù non tollera la concorrenza, per questo nella sua storia c'è un solo padrone: il dio padrone che reputa suo padre e che qualifica Gesù come padrone a sua volta.

Poi il dio padrone manda dei servi a ricevere la sua parte; dunque, dal padrone costruttore diventa un padrone di bestiame umano. Perché non va lui a ritirare la propria parte di persona? Dunque, manda suo figlio e i coloni proteggono le loro sudate fatiche ammazzandolo. Se il padrone e i coloni sono uomini perché uno può permettersi di piantare una vigna e gli altri no; aspettare che cresca, e gli altri no; costruire un frantoio, e gli altri no; cintare il tutto con una siepe e gli altri no; costruire una torre e gli altri no. Dov'è l'origine dell'ingiustizia per cui un individuo possa permettersi ciò e tutti gli altri no? Furbescamente Gesù e Pietro omettono tutto ciò. Pertanto, omettendo l'ingiustizia all'origine degli avvenimenti, ignorandola, ritiene giuste e corrette le richieste del padrone. Se i coloni non lavorassero, la vigna si seccherebbe, il frantoio si riempirebbe di sabbia, la siepe si trasformerebbe in un rovo e la torre crollerebbe, dunque il padrone non avrebbe niente. Sono dunque i coloni che si difendono dall'ingiustizia subita del dover lavorare e versare un tributo obiettivamente ingiusto. Un individuo fa un lavoro e pretende, con quel lavoro, di vivere di rendita per il rimanente della propria esistenza. Non vive del suo lavoro, ma sulla rendita prodotta dal lavoro di altre persone a cui il padrone non versa la paga per il loro lavoro, I coloni devono alzarsi tutte le mattine, piegare la schiena sotto il sole, tornare stanchi la sera per permettergli di vivere comodamente. La ricchezza è tale solo se rispecchia benessere diffuso, altrimenti diventa uno strumento di ricatto, controllo e coercizione sugli individui socialmente più deboli.

Un padrone è tale perché può ammazzare tutti; è tale perché attraverso la minaccia costringe altri a versargli il tributo da lui fissato e richiesto. Altro è la stipula di un libero contratto. Il libero contratto implica scelta senza costrizione, all'interno del discorso di Gesù ciò avrebbe implicato per i coloni di imitare o non imitare quell'individuo, di prestargli o non prestargli la propria opera senza per questo doverne soffrire: cosa abilmente omessa. La minaccia piace a Pietro e Marco e viene rivolta a chi, non accogliendo la loro parola, li sbeffeggiano. Gesù è il figlio del padrone e la chiesa cristiana, come conseguenza, è l'organizzazione del padrone e come tale superiore a qualsiasi ordinamento civile e pronta a dare un anticipo dell'ira del padrone.

Dello stesso carattere è la questione del tributo dato a Cesare. [Marco 12, 13 -] Gesù se la cava con una battuta. Una battuta molto utile alla predicazione di Pietro! Date a dio quello che è di dio e date a Cesare quello che è di Cesare. Una battuta più scema Gesù non poteva inventarsi. Se quel tributo avesse dovuto essere versato in grano? Comunque non è questo il punto. Il dio dei cristiani non sa che farsene delle merci, a lui interessa l'Energia Vitale stagnata derivata dalla pulsione di morte sviluppata dagli individui attraverso la sottomissione acritica al credo cristiano. A dio interessa solo la miseria fisica e morale degli individui che, bloccando la loro energia vitale, si trasforma in Energia di morte. E' in questo modo che gli uomini pagano il tributo al dio padrone dei cristiani, distruggendo la loro vita per il padrone. La supplica, la fede generata dalla disperazione di non riuscire a risolvere problemi più o meno reali; la dipendenza dalla divinità come la dipendenza dall'eroina. Pagate il contributo all'autorità costituita (anche questo aiutava a costruire miseria), dice Gesù, la cosa importante è che con la vostra fede nella disperazione paghiate il tributo a dio. Pietro e la chiesa cristiana andranno oltre diventando l'esattore dell'obolo (sia sotto forma di denaro che di prodotti agricoli), lavorando attivamente per coltivare la miseria affinché dio possa attingere il proprio obolo. Il cristianesimo è espressione di ogni disperazione che costruisce puntigliosamente. Il cristianesimo è l'antitesi di ogni istanza di libertà che dal basso si levava verso il Comando Sociale non solo di Roma ma di ogni parte del mondo. Creare miseria, sudditanza e dipendenza, è l'arte con la quale il cristiano si è distinto nel corso della storia.

Il discorso con i Sadducei [Marco 12, 18 -] è una conferma di quanto sopra. Apparentemente sono due discorsi diversi in realtà il secondo è la continuazione del primo.

Tralasciando tutta la prima parte del discorso dei Sadducei ai quali Gesù non sa rispondere, un po' per l'assurdità della domanda un po' perché egli stesso non sa cosa sia la resurrezione di cui egli parla, ma si guarda bene dal definire (a Pietro fa comodo così). Gesù afferma che il suo dio è dio dei vivi e non dei morti. Chiariamo subito come un conto sia la vita oltre la morte, anche se in forma diversa da come è concepita ora, e un conto la resurrezione. Quando si accetta il concetto di resurrezione, che poi è resurrezione della carne, rinascita del corpo fisico che è un concetto proprio del cristianesimo, è necessario cancellare il concetto di vita oltre la morte (ricordiamo che per Gesù non esiste il proseguo della vita attraverso l'anima, questo concetto verrà introdotto nel cristianesimo dai greci anche se la chiesa tenterà delle strane mediazioni). Resurrezione significa risorgere dopo la morte, ma per risorgere dopo la morte è necessario che la morte sia la fine di tutto. Non solo del corpo, ma anche della Coscienza di Sé sotto qualsiasi forma. Morte come cessazione totale dell'individuo. "Quando i morti resusciteranno non ci sarà né chi si sposa né chi si marita ma saranno come gli angeli in cielo". [Marco 12, 25 -] Solo la resurrezione trasforma l'individuo in essere di energia o se vogliamo di sola anima (come gli angeli) ma dal momento della morte alla resurrezione non esiste né corpo, né anima, né coscienza. Non esiste nulla dopo la morte e sia Pietro che Gesù lo sanno perfettamente ma, anziché indicare agli uomini la possibilità di sviluppare il dio che hanno dentro di sé (cercare quanto meno il benessere sociale e fisico durante la loro vita) preferiscono promettere un'assurda resurrezione determinata da un dio che non è il dio dei morti, infatti dei morti non gliene frega niente, ma dei vivi.

Perché è il dio dei vivi?

Perché solo i vivi si possono mettere in ginocchio, solo i vivi si possono far ammalare di disperazione, di compassione e di miseria.

Solo ai vivi si può strappare il piacere del sapere e della conoscenza anche oltre la follia.

Solo i vivi si possono imbottire d'alcol ed eroina.

Solo i vivi si possono svuotare e derubare del tempo e delle passioni fino a portarli vuoti al momento della morte del corpo fisico.

Solo i vivi possono trasformare la propria Energia Vitale in pulsione di morte e provare piacere nel trasformare in pulsione di morte l'Energia Vitale di altri individui.

Si, il dio padrone dei cristiani e Gesù amano i vivi perché sono i signori della miseria e costruttore della disperazione.

Ad un essere di tal fatta non interessa il risorgere delle sue vittime, questo Gesù lo sa bene e, meglio ancora, Pietro, ma è necessario farlo credere ai seguaci. Per il Gesù di Marco non esiste vita oltre la morte, per i Sadducei la morte era un continuum con la vita in altra dimensione (spirito), dunque per loro era inconcepibile la resurrezione dopo la morte. Gesù dal canto suo non concepisce la vita oltre la morte e saranno necessari parecchi anni e il contributi di "fedi" ben diverse perché il cristianesimo arricchisca (si fa per dire) la propria concezione del dopo morte. Il Gesù di Marco è un individuo malato di morte, un delirante di onnipotenza e oltre la vita nella natura può vedere solo la morte come fine di tutto; non solo della vita, ma della stessa coscienza dell'individuo.

E' il destino del cristiano che ha rinunciato alla propria vita in funzione di un dio padrone.

Davanti a questo vuoto, al fallimento esistenziale di Gesù come di ogni cristiano, il cristiano non può far altro che illudersi di promesse di resurrezione. Promesse che gli paventano una seconda possibilità nella carne: Zeus lo avrebbe fulminato. I Sadducei non comprendono (le loro visioni della morte sono differenti!). Gesù ripone la propria speranza soltanto nella resurrezione. Egli è convinto di resuscitare dopo un tempo minimo: tre giorni. La chiesa cristiana impara la lezione e per essa la tortura è l'arte di far agonizzare le vittime per anni. Non la morte rapida, ma la lenta agonia come piace al suo dio. Non la dolce morte, ma catastrofi e tormenti.

Il discorso di Gesù continua ribadendo la validità del primo comandamento. [Marco 12, 28 -] Tutta la tua energia, tutto il tuo potere del tuo divenire lo cederai come obolo al signore e lo darai con tutto il tuo amore, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze. Quest'atto lo girerai anche al tuo prossimo affinché anch'egli doni a dio la sua energia con tutto il suo amore, con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutta la sua mente, con tutte le sue forze.

E se non lo farà? Torturatelo!

Non uccidere, la morte troppo veloce priva dio dell'energia del condannato, ma una morte lenta gli permette di assaporarla.

Il discorso continuerà con l'obolo della vedova [Marco 12, 41 -] la quale, già povera, verserà ciò che ha per il tempio. Una figura esaltata da Gesù perché sommando miseria alla miseria fa felice dio mentre assapora l'energia di morte prodotta dalla costrizione della vedova. Per dio hanno meno valore le offerte dei ricchi i quali, non privandosi di nulla, non alterano il proprio campo vitale (l'alterazione con la produzione d'Energia Vitale stagnata avviene in altri modi). La chiesa cristiana ha imparato la lezione e per essa la parola d'ordine divenne: portare via l'obolo alla vedova per far felice dio.

Intanto troviamo Gesù impegnato a delineare la via attraverso la quale egli è d'origine reale e divina nello stesso tempo. Poverino, gli secca discendere da un falegname e da una casalinga (anche se gli ebrei di quel tempo la definivano una prostituta cacciata per adulterio da Giuseppe).

Nello stesso modo deve mettere in guardia chi volesse diventare ricco uscendo dalla miseria. Quanto sono perfidi questi Scribi, [Marco 12, 38 -] come se chiunque vivendo del lavoro di altre mani non ottenesse di vivere con l'inganno, il furto e la menzogna. A Gesù non interessa tanto la perfidia degli Scribi, interessa impedire alla gente di tendere a diventare Scribi, a coltivare il sapere e la conoscenza, per questo Gesù sparge calunnie contro gli Scribi.

Timore e terrore nella severità del giudizio divino tanto utili a Pietro e Marco per costringere alla sottomissione i "poveri di spirito" che si sottomettono. Certo, non tutti gli Scribi sono così, dice Gesù riferendosi allo Scriba quando gli parla dei comandamenti; quando parla direttamente allo Scriba; ma quando parla ad apostoli e seguaci: tutti gli Scribi sono perversi. E' una questione di doppiezza e di viltà.

Anche l'ammirazione degli apostoli per le grandi costruzioni suscita in lui gelosia. [Marco 13, 1 -] Ogni costruzione è destinata a perire nei mutamenti del tempo; altre a nascere. E' facile pronosticare guerre e carestie. Facile pronosticare che ogni evento è principio di dolore. Uscire dal dolore e costruire un minimo di benessere è lo scopo dell'uomo; trasformare il dolore in miseria è quello dei cristiani.

Il tempio verrà distrutto una quarantina d'anni dopo l'apparente "profezia" il vangelo di Marco sarà scritto all'incirca una quarantina d'anni dopo la distruzione di Gerusalemme con la decisione dell'Impero Romano di sedare rivolte dei cristiani (zeloti) e liberare la Palestina dai fanatici. Questa profezia è irrilevante in quanto Gesù omette di dire come e quando ciò verrà e, nemmeno Pietro, lo sa perché già a Roma impegnato ad addomesticare animali umani al servizio del dio padrone nel nuovo credo.

"Predicate il vangelo a tutte le nazioni" (E' una frase più in bocca a Pietro che non a Gesù) [Marco 13, 9 -] dice e promette loro sofferenze. La via che porta all'addomesticamento di Esseri Umani e la via che porta alla loro liberazione è ugualmente lunga e ugualmente stretta. E' solo una questione di scelta soggettiva da parte di Gesù e Pietro. Mettere Esseri in ginocchio per adorare un dio padrone o indurli a proclamare il diritto degli Esseri Umani all'esistenza davanti all'universo: implica comunque il medesimo sforzo e la medesima determinazione. Come è costrizione mettere il paraocchi al cavallo così è costrizione levargli il paraocchi, entrambe le azioni implicano sofferenza per il cavallo (sicuramente) e per chi opera sul cavallo (non è detto che non si becchi un calcio). Lo sa perfettamente Gesù, lo sa Pietro e Marco mentre si stanno apprestando a mettere in ginocchio l'intera umanità.

I vangeli dovranno dimostrare ai governanti quanto sia più utile la loro voce per trasformare la società in incubi e succubi e quanto sia più facile e conveniente governare una società così strutturata. I portatori della parola divina dovranno fare qualche sacrificio, ma alla fine, quelli che persevereranno riusciranno nel loro intento.

Gesù racconta di una desolazione che si abbatterà sulla Giudea (è mai esistita una regione umana dove non si sia abbattuta una grande desolazione? La desolazione i cristiani l'hanno portata anche nelle Americhe). [Marco 13, 14 -] Non si comprende bene perché non parli di tutto il mondo o di tutte le nazioni. Egli parla di una tribolazione come non c'è mai stata in passato né ci sarà in futuro. Questo passo a prima vista può lasciare perplessi in quanto (stando alla bibbia) il diluvio universale fu di portata tale da costringere il dio padrone a pentirsi di quest'atto e a decidere che mai avrebbe ripetuto un simile gesto. Questo a prima vista, in realtà non dimentichiamo come il dio dei cristiani brami e goda nell'infliggere sofferenze. Uccidere tutto il genere umano fu per lui una grande privazione, ma farlo soffrire, lentamente costituisce un grande piacere.

Di che cosa ha paura Gesù e Pietro con lui? Della concorrenza. Essi sanno come molti altri sono in grado di fare i loro stessi prodigi. Sanno come in tutto il mondo che essi chiamano pagano avvengono miracoli, prodigi e fatti misteriosi tali da oscurare quelli che essi millantano. Serve a Pietro per compattare i suoi seguaci affinché non seguano nessun altro all'infuori di lui (tanto meno Paolo di Tarso che a Roma gli sta facendo ultimamente un po' di concorrenza sleale).

"Vi inganneranno" dice. Chi assicura loro che l'ingannatore non fosse proprio Gesù? Se altri individui possono produrre segni e prodigi, i segni e i prodigi non sono una garanzia sufficiente dell'origine divina di Gesù. Perché tutto il vangelo ha come segno conduttore il prodigio e lo stupore conseguente? Solo il prodigio testimonia la discendenza di Gesù dal dio padrone? Perché a parità di prodigio bisogna credere in uno anziché in un altro?

Risponde la chiesa cristiana: "Perché l'altro, qualunque altro, è ispirato dal demonio e io lo metto prima alla tortura e poi al rogo". Tortura e roghi; l'arma ideale con la quale diffondere il credo dei cristiani. Insieme al ricatto economico tiranneggiano le nazioni! Pietro si compiace delle minacce terribili cui sottopone i suoi seguaci per bocca di Gesù.

Dopo quei giorni terribili si oscureranno Sole e Luna [Marco 13, 24 -] e le stelle cadranno dal cielo (dove?) e le forze nei cieli saranno sconvolte. In tutto questo caos, con tutta questa distruzione (come si può non presentare Gesù come un distruttore) si vedrà il figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Con un sorriso fra il sadico e il sardonico sulle labbra ecco Pietro dire agli astanti: "E voi non sapete quando questo avverrà. Potrebbe succedere in qualsiasi momento!". Di matti, atti a predicare la fine del mondo, questo pianeta ne ha visti tanti, ma esaltati come questo non tantissimi.

Dopo aver alterato le condizioni di vita con l'allontanamento dei commerci dal tempio e aver provocato disordini, ora Gesù se ne viene fuori con la fine del mondo. E' il minimo, viste le condizioni giuridiche del tempo e della zona che si procedesse all'arresto. [Marco 14, 1 -] Gesù chiama l'arresto.

Anche la cena di Betania non si discosta dal quadro fino ad ora tracciato. [Marco 14, 3 -] Gesù considera sé stesso il figlio di dio in terra. Come tale egli vuole essere al centro dell'attenzione. Tutto gli ruota attorno, o meglio, tutto l'universo deve ruotare attorno a lui.

E l'universo? Vada a farsi fottere!

Ogni tradizione, ogni precetto viene dopo di lui sia in ordine di priorità che in ordine di grandezza. Pietro sa benissimo che a Roma non esiste la povertà e la miseria che, probabilmente, ha conosciuto a Gerusalemme. La sua esigenza è quella di costruire poveri e derelitti anche a Roma. La miseria e i derelitti, a quei tempi, esistevano solo nelle città ebree. Gli ebrei non controllavano le nascite e nemmeno coltivavano la cultura. Più di una volta Gesù ammonisce di dare i beni ai poveri per seguirlo, ma lui se ne guarda bene dal dare bei ai poveri o di migliorare le condizioni di vita dei disperati a Gerusalemme. I poveri sono degli oggetti d'uso. La missione di Gesù consiste nel costruire miseria morale e materiale.

Pietro è preoccupato che qualche ricco possa intendere ciò alla lettera e lasciare tutto ai poveri senza beneficiarlo. Perché invece non lasciare tutto a lui? Perché invece non lasciare tutto alla chiesa cristiana? Occorre dare una priorità. Prima dei poveri viene Gesù! Prima dei poveri viene la chiesa cristiana!

La chiesa cristiana deve incamerare l'obolo ricco e ai poveri distribuire le briciole. I poveri non devono diventare ricchi, né benestanti, devono ricevere il sostentamento atto a consentire loro di riprodursi come poveri senza uscire dalle proprie condizioni di miseria. Pietro usa la megalomania di Gesù nel sentirsi il figlio del dio padrone per mettere in evidenza il valore delle offerte fatte alle chiese cristiane. Queste devono arricchirsi perché attraverso l'arricchimento manterranno nelle condizioni di miseria tutti i poveri. I poveri, queste bestiole sempre vicine agli apostoli, ai quali costoro possono fare loro del bene quando ne hanno voglia. Far del bene quando ne hanno voglia significa poterli usare, stuprare, comperare e venderli per distruggere la società civile. Il messaggio col quale la chiesa cristiana si rapporta col mondo circostante da un lato lavora incessantemente per ridurlo in miseria, dall'altro promuove l'elemosina al povero affinché si riproduca, riproducendo la situazione di chi soccorre i poveri al di fuori del controllo militare della chiesa cristiana in povertà.

E' questo a spingere Giuda l'Iscariota ad accordarsi con i sacerdoti del tempio per eliminarlo? [Marco 14, 10 -] Quanti soldi ha rubato Gesù per i suoi profumi e la sua alterigia? E' da osservare come a Gerusalemme Gesù non operi nessun miracolo, non solo, ma l'ultimo risale al cieco di Gerico. Questo significa che in questa città non c'erano indemoniati?

Anche nella preparazione dell'ultima cena, ancora una volta, egli si considera il "maestro" per eccellenza. Cosa ha insegnato? Il desiderio di dio di cibarsi di pulsione di morte. Egli può a ragione, in questo, chiamarsi Maestro, Maestro della distruzione umana.

Quale accusa muove a Giuda? Probabilmente Giuda l'ha criticato nell'ultimo periodo. Forse era sempre più insofferente alle sue azioni. Pietro evita di descrivere il rapporto fra Gesù e gli apostoli; vuole far credere che essi assistevano il "maestro" in adorazione? Nulla di Giuda è scritto nel vangelo di Marco.

Gesù dice di essere venuto per essere sacrificato; di che si lamenta? Perché l'anatema? [Marco 14, 17 -] Se Gesù lancia l'anatema contro Giuda significa che tutte le profezie sulla sua morte e resurrezione sono menzogne inserite ad arte dopo la sua morte. E vuoi che il figlio del dio padrone si sia lasciato far fesso da uno qualunque che si chiama Giuda? Giuda e giudei: un'assonanza che consente ai cristiani di praticare il genocidio degli ebrei per il solo gusto di praticare il genocidio nei loro confronti anche se qualche storico imbastardito cercherà delle motivazioni economiche per giustificare la strage degli ebrei nel corso della storia.

Come può l'attore principale della commedia prendersela nella vita reale con l'attore che nella commedia recita la parte del cattivo solo per il fatto di recitare quella parte? Se Gesù sapeva della propria morte e persecuzione, in quanto destino preparatogli dal dio padrone suo padre, come minimo avrebbe dovuto confortare Giuda per l'ingrato compito che il dio padrone suo padre gli aveva affibbiato. Giuda aveva assistito alle meraviglie da lui compiute e lo tradirebbe per trenta denari quando solo l'unguento profumato che la tizia gli versa in testa ne vale trecento?

Chi ha scritto il vangelo sta solo giustificando il proprio odio per gli uomini.

La perplessità dell'anatema a Giuda non nasce dal fatto che Gesù lo faccia, si è già dimostrato ampiamente come Gesù reagisca violentemente ad ogni azione, o non azione, fatta nei suoi riguardi in quanto dio padrone in terra; l'anatema a Giuda nasce dalla necessità di criminalizzare pubblicamente Giuda. Se quello era il destino preparato dal dio padrone a Gesù, perché impedirlo? Non era forse la volontà di suo padre? Con la dichiarazione pubblica non rischiava di rovinare o alterare i divini progetti?

Pietro vive in una sorta di società segreta fuori dal contesto sociale romano. Per il momento la sua predicazione è quasi passata inosservata e comunque confusa sotto l'ala del culto giudaico ammesso a Roma. Ma già le voci corrono e sicuramente ci sono delle avvisaglie precedenti all'incendio di Roma imputato ai frequentatori delle catacombe romane nel 64 dove nelle retate, fra i tanti Mitriani finisce qualche cristiano. Dal momento che i cristiani vedevano Roma come la nuova Babilonia da distruggere nell'attesa della fine del mondo in cui il loro Gesù arrivava dalle nubi con grande potenza in quella generazione, è da imputare a loro la responsabilità dell'incendio di Roma.

Il cristianesimo non è un culto ammesso a Roma, non perché i romani vi siano ostili in linea di principio, ma perché i cristiani sono ostili alla vita e alla società romana. Pietro è cosciente di questo (a Roma nelle catacombe era vietato qualsiasi arresto), teme la repressione e la delazione, questo è il motivo dell'ostilità viscerale dei vangeli nei confronti di Giuda. Cosa ha fatto Giuda in tutta la sua vita? Sembra nulla se non "tradire" Gesù ottemperando al destino divino. La paura di Pietro è il motivo della ferocia dell'anatema di Gesù nei confronti di Giuda. [Marco 14, 21 -] E per esteso: chi tradisce la chiesa cristiana è meglio per lui non essere mai nato che subire il supplizio della tortura e del rogo.

Gesù conosce la fragilità del suo insegnamento e del suo seguito? [Marco 14, 26 -] Quando tutti gli fanno voti di devozione, afferma che loro l'avrebbero rinnegato prima che il gallo abbia cantato. Con questo Pietro si sta preparando all'attacco della società romana. Sa come molti lo rinnegheranno, già ha gli esempi dei Mitriani perseguitati, e deve tener le porte socchiuse per il loro ritorno. Le parole di terrore di Pietro possono far presa soltanto sui disperati, non sugli uomini illuminati; il credo di Pietro costruirà l'oscurità, non illumina né disseta. I suoi seguaci lo seguiranno, lo abbandoneranno e ritorneranno a seconda dei momenti. I suoi seguaci traggono la sicurezza del loro credo da affermazioni e conferme reciproche, non traggono la certezza della verità dentro se stessi in armonia col mondo circostante. L'insegnamento cristiano porta alla fede acritica uccisore della conoscenza, del sapere, della sperimentazione e lascia le persone col cuore e il cervello vuoti. Svuotare le persone può essere fatto un po' alla volta; mai chiudere la porta in faccia a nessuno, quando l'individuo tornerà sarà pronto per essere svuotato ulteriormente e più facilmente verrà messo in ginocchio a pregare il suo dio padrone (interessante a tal proposito è la polemica fra la chiesa romana e i donatisti).

Mentre se ne sta nell'orto dei Getsemani [Marco 14, 32 -] Gesù viene catturato e portato davanti al Sinedrio. Quello stesso Sinedrio fatto da Gran Sacerdoti, Scribi, Anziani che già aveva snobbato. Secondo Marco, costoro non avevano capi d'imputazione. Prendiamo atto dell'affermazione di Marco, in ogni caso va omaggiata la correttezza di quei giudici che non erano ancora ricorsi alla tortura, né avevano pagato testimoni ad hoc come farà successivamente la pratica cristiana al servizio di un potere corrotto. Egli, davanti all'intero Sinedrio, [Marco 14, 53 -] dichiara di essere il figlio del dio padrone, il loro padrone, e racconta come loro l'avrebbero visto alla destra dello stesso venire sulle nubi dal cielo. Io avrei voluto vederlo fare questa affermazione in un tribunale italiano oggi, specialmente dopo essere stato arrestato, come in questo vangelo, col bambino nudo. Pederastia in flagranza di reato. Se le norme della società ebraica prevedevano la lapidazione per chi pronunciava il nome del loro dio padrone, cosa prevedeva per chi affermava di essere suo figlio e che tutti gli ebrei avrebbero dovuto mettersi in ginocchio davanti a lui?

Fate un po' voi!

Quel Sinedrio è lo stesso che ebbe la saggezza di ritirarsi per non dover affermare che il battesimo di Giovanni era di derivazione umana perché la folla era convinta che fosse di derivazione divina. Ora Gesù afferma il suo potere di dominarli in nome del dio padrone suo padre davanti al sinedrio dopo aver contravvenuto a tutta una serie di tradizioni dichiarandosi padrone delle stesse. Se l'avessero lasciato andare davvero la folla poteva credere che egli fosse figlio del dio padrone e più forte del Sinedrio. Per questo motivo lo condannarono.

Quelle erano le leggi di allora e quelle dei cristiani dopo di allora furono ben peggiori. E' sufficiente vedere il loro atteggiamento nei confronti di quelle che chiamarono "eresia". Per Pietro il Sinedrio ha torto perché Gesù era il padrone delle tradizioni e il Sinedrio avrebbe dovuto inginocchiarsi dopo le sue affermazioni. Per Pietro dio e suo figlio sono fuori dalle leggi umane; merda!

Secondo Pietro Gesù era oltre la legge e questo rappresenta l'attacco portato da Pietro alla società romana. La chiesa cristiana si ritiene padrona delle tradizioni ed al di là delle leggi; la chiesa cristiana è oltre la verifica degli uomini: merda [Nota 2015: il Pubblico Ministero di Roma oggi ha affermato che la Banca Vaticana, lo IOR, ha operato per 40 anni in Italia senza autorizzazioni!]

Né Gesù né la chiesa cristiana hanno rispetto per nulla e per nessuno. Né uomini, né alberi, né leggi, né vento; tutto deve piegarsi al suo volere, ai suoi bisogni, al suo piacere.

Per cortesia nei confronti dei romani, di cui sono una specie di protettorato, il Sinedrio manda Gesù da Pilato. [Marco 15, 1 -] Pilato non può far altro che rilevare come questa sia una questione interna fra giudei dove il tipo di reati appartiene alla specifica sfera religiosa. E' una questione interna loro! Pilato chiede se egli si considerasse effettivamente il re dei giudei e Gesù, non smentendo le sue convinzioni folli, risponde com'era lui stesso ad affermarlo. Una risposta è tale da lasciare chiunque interdetti o comunque senza alternative. Pilato si rende conto di trovarsi di fronte ad un folle. C'era in galera un tale Barabba e, seguendo la tradizione, Pilato chiede alla folla chi volesse libero e questa, dice Marco, su istigazione dei sacerdoti, indica Barabba.

Gesù era appena entrato in Gerusalemme da trionfatore, suscitava ovunque ammirazione tanto che ultimamente predicava al tempio, sfidava tutte le tradizioni tanto da cacciare le gilde e le confraternite dei mercanti dal tempio, aveva ultimamente e pubblicamente umiliato Scribi, Anziani e Gran Sacerdoti e, secondo Marco, la folla sceglierebbe Barabba su incitamento dei sacerdoti? La folla sceglie uno sconosciuto al posto di Gesù!

Ci sono parecchie cosette che Pietro e Marco non vogliono dirci sul conto del loro "maestro". E in alternativa, i racconti di Pietro e Marco sono delle invenzioni per esaltare l'onnipotenza del loro padrone Gesù.

A Pietro non interessa farsi capire dalla gente, a lui interessa tenere compatto sotto il suo controllo il piccolo "gregge" appena messo insieme. Il gregge è composto da romani. Non può attaccare Roma Pilato (rappresentate di Roma) come complice di un "delitto", perché potrebbe offendere chi lo segue, ma non può considerare completamente estraneo l'impero romano dalla vicenda visto che lui sta combattendolo nella maniera più subdola proprio per costruire miseria a Roma. Pietro sceglie una via mediana: l'impero romano se ne è lavato le mani. L'impero ha sempre avuto un certo rispetto per le tradizioni locali. E' uno dei segreti attraverso i quali i romani ressero così a lungo il dominio di un così grande territorio. Quando era possibile non interferivano negli affari interni dei vari popoli.

A Pietro questo comportamento scoccia.

Pietro non conosce il rispetto, ma solo la forza e la violenza. Se non c'è violenza Pietro e Marco non possono accusare e dal momento che nella società romana non c'è prevaricazione religiosa, Marco e Pietro calunniano. Rientrano nella calunnia e nella diffamazione le affermazioni di Marco che suscitano un atteggiamento negativo e pregiudizievole nei confronti dei romani: "Potevano salvare Gesù ma non l'hanno fatto!". E' necessario, per Marco e Pietro, far piangere la gente sulle disgrazie di una singola persona, non importa nulla a Pietro se milioni di persone ebbero sorte peggiore (ed oggi hanno per mano dei cristiani). L'importante per Pietro è concentrare l'attenzione su quel dolore con un nome e una descrizione: "quanto sono cattivi i persecutori di Gesù".

Gesù afferma di essere il re della Giudea e gli mettono una corona di spine sulla testa. [Marco 15, 16 -] Lo frustano e lo costringono a portare una croce sulle spalle fin sulla collina del Golgota dove l'appendono (ricordo i cristiani che costringono le vittime a scavarsi la fossa prima di essere fucilate o il Vanini che i cristiani torturano, gli mozzano la lingua prima di bruciarlo vivo, ma preferisco allontanare le visioni dell'orrore cristiano). Egli è riuscito finalmente ad essere ciò che voleva: l'agnello sacrificale.

Con l'atto finale, al di là che egli l'avesse voluto o ci fosse arrivato per stupidità, indica ai cristiani la sua strada: diventare agnelli sacrificati in onore del dio padrone.

Con l'atto finale, al di là ch'egli l'avesse voluto o ci fosse arrivato per stupidità, indica la strada alla chiesa cristiana; sacrificare tutte le pecore che ad essa s'appoggiano o che in essa confidano. Costringere le pecore a portare a croce di una sofferenza infinita.

Nell'atto finale di Gesù c'è la sintesi di tutto il suo insegnamento: [Marco 15, 33 -] la trasformazione dell'umanità in incubi e succubi. Dove i succubi sono le pecore non in grado di difendersi e gli incubi la chiesa cristiana e i tiranni delle nazioni suoi alleati.

Viene preso in giro ed insultato da un appeso alla croce come lui. Costui almeno muore per come è vissuto e forse non ha rimpianti né ha mai fatto credere di essere onnipotente.

Forse mentre sta per morire la pazzia di Gesù per un attimo si è dissolta e urla di essere stato abbandonato. Perché non tradito ed abbandonato? Non giungono le schiere degli angeli a salvarlo e i Gran Sacerdoti non lo vedranno discendere dalle nubi alla destra del padre suo. Forse un'eclissi casuale? Può darsi, ma poco probabile. Più probabile che sia stata aggiunta da Pietro per ottenere l'effetto del mistero presso i suoi fedeli. Così, come sono rivolte ai suoi fedeli romani, le parole del centurione: "Veramente quest'uomo era il figlio del dio padrone". Molto strana una frase del genere in bocca ad un centurione romano. Fosse stato un centurione ebreo passi. Un centurione romano avrebbe detto forse: "figlio di Giove!". Oppure qualche cosa di simile.

Gli astanti di Pietro sono romani e quale sollievo per loro sentire come un romano abbia riconosciuto la divinità di Gesù primo fra i non seguaci; testimone degli eventi straordinari raccontati da Pietro sulla morte del "Maestro" col velo del tempio che si squarcia. Quale prodigio! Lui che aveva promesso come quella generazione non avrebbe avuto prove del suo essere figlio del dio padrone e come molti degli astanti non avrebbero goduto della dolce morte prima che le stelle cadessero sulla terra ed egli fosse tornato con grande potenza squarciando le nuvole.

Che dire delle sue apparizioni da dopo morto? Le cose sono due: o se le è inventate Pietro e seguito, oppure sono frutto di visioni alterate dalla paranoia soggettiva (o dal desiderio come dir si voglia). L'unica cosa che non hanno visto è il Gesù morto.

Chi mantiene compatta la propria energia Vitale dopo la morte del corpo fisico prosegue nel suo cammino senza voltarsi indietro. Nessun Essere, il cui corpo fisico muore ma capace di mantenere compatta la Coscienza di Sé, può guardarsi indietro al momento precedente la propria nascita come Essere di Energia.

C'è un solo tipo di personaggi capaci di questo e sono gli Stregoni (o gli animali magici) che attraverso la pratica dell'intera vita sono riusciti ad accumulare tanto potere personale da passare dalla vita alla vita lasciando il corpo fisico in un istante. Solo costoro, attraverso una vita nella quale hanno rivendicato il Potere di Essere davanti a tutto l'universo, possono questo. Non chi ha passato una vita costringendo in ginocchio il più debole davanti al più forte. Non chi ha ceduto il proprio fare per nutrire di Energia Vitale stagnata gli spiriti neri (il dio padrone) mettendo la gente in ginocchio e sé stessi sull'altare.

Pertanto, le visioni di Gesù (e degli apostoli) o sono menzogne o frutto di allucinazioni da malattia mentale. Sappiamo che lo scopo del vangelo di Marco (di cui stiamo parlando) è stato scritto per ingannare le persone e la tentazione è quella di dire, sono tutte porcherie di criminali che raggirano i più deboli per rubare loro la vita. Purtroppo, è necessario disquisire sulle affermazioni di Marco perché troppe persone nella nostra società pensano che questi inganni siano la parola del loro dio padrone e con questa convinzione danneggiano la società civile.

NOTA 2015: Bart D. Ehrman in "Gesù non l'ha mai detto" editore Mondadori 2007, da pag. 76 a pag. 80 spiega come e perché quanto è scritto nel vangelo di Marco dopo il versetto 16, 8 è un'aggiunta fatta dai copisti medioevali. Il vangelo di Marco si conclude con le donne che fuggono e che non dicono nulla a nessuno. Per cui, non appartiene al vangelo di Marco le apparizioni di Gesù dopo morto, la missione degli apostoli a cui viene demandato il diritto di fare miracoli e l'ascensione di Gesù. Tutte aggiunte medioevali. Nel 1991 non lo sapevo.

NOTA: le citazioni del vangelo di Marco, tipo [Marco XX, X -] che appaiono nel testo, non servono ad indicare una precisa citazione, ma l'area del vangelo di Marco che si sta commentando in quel momento. Solo raramente e in casi speciali, indica una citazione precisa.

CONCLUSIONE - commento 1991

Il vangelo è scritto da Marco sotto dettatura di Pietro ed esprime l'esigenza di servirgli come mezzo di conversione dei romani alla propria fede. L'ideologia del vangelo (o il suo insegnamento) consiste essenzialmente nel dimostrare la natura "divina" di Gesù attraverso i "suoi" prodigi. Prodigi quasi sempre rivolti nella cacciata di demoni possessori di corpi. Qualche guarigione e un profondo fallimento mentre costui predica nella sua terra dove è meglio conosciuto. Il rapporto intercorso fra lui e dio cui assistono gli apostoli, o parte di essi, sembrano scritti più per avvalorare l'esistenza del dio padrone che non l'origine divina di Gesù.

Con questo vangelo entriamo nel circolo vizioso delle testimonianze incrociate dove il dio padrone afferma che Gesù è suo figlio e Gesù che quello che ha parlato è dio e non un suo trucco; Battista, da morto, testimonia l'incontro fra i due. Così è sulla montagna dove Mosè afferma che quello vicino è Elia, e viceversa; dio parla da una nube a Pietro, Giovanni e Giacomo dicendo che quello è suo figlio diletto. Cosa, o meglio chi, dice che quella è la voce del dio padrone?

Il problema da superare nella predicazione a Roma non è tanto l'accettazione di Gesù come figlio di dio (già c'erano dei precedenti come quello di Ercole, Esculapio, Dionisio e Romolo ecc.), ma quello del dio unico e in modo particolare di quel dio, il dio padrone.

Stabilita la natura di Gesù attraverso un gioco di reciproche testimonianze, dove concorrono interessi da parte dei testimoni, senza nessun elemento di valutazione oggettivo si passa a dispiegare l'essere divino di Gesù attraverso una serie di episodi atti a stupire gli astanti.

Lascia perplessi la reazione di Giovanni Battista all'aprirsi dei cieli e al tuonare della voce divina. Reazione piuttosto blanda visto che per tutta la vita attendeva tale evento. Come minimo avrebbe dovuto seguire Gesù in tutte le sue manifestazioni dal momento che dio in persona gli aveva indicato come quello fosse suo figlio. La reazione di Giovanni Battista sta a dimostrare come quell'avvenimento in realtà sia inesistente. Sembra quasi dar corpo alle voci secondo cui in realtà anche Giovanni Battista affermava di essere l'atteso. La sua predicazione era più forte di quella di Gesù, o almeno più antica, e da costui Gesù necessitava approvazione per poter predicare. Ringraziamo Marco e Pietro (o la loro struttura culturale) per averci risparmiato la magia sulla nascita di Gesù e averci risparmiato le barzellette sulla verginità di Maria (ci penseranno i greci a far questo).

Lo stupore negli astanti viene provocato da cacciate di demoni e da guarigioni. E' strano come a quei tempi in Palestina fossero numerosi e tutti sapevano come questo o quell'individuo fosse posseduto da un demone. In secondo luogo è da sottolineare come altri facevano le stesse cose che faceva Gesù (c'è uno che scaccia i demoni in nome tuo nome). Il fare "miracoli" non determina una natura divina dell'individuo ma un buon teatrante o al massimo un buon pranoterapista (ma dal tipo d'azioni questo non appare). Pranoterapista è una concessione massima che diamo a Gesù anche se un uso di questa capacità come la usa Gesù è da escludersi aprioristicamente. Ci sono molte forzature nel racconto di Marco che appaiono come un tentativo di dimostrare e decantare il suo ruolo di portavoce del figlio del dio padrone.

Veniamo ora al rapporto fra Gesù ed il mondo circostante, rapporto che potrebbe in sé rappresentare una prova della natura divina e della superiorità della sua personalità. Come si comporta con i miracolati? Prima li costringe ad umiliarsi, umiliazione che chiama fede e poi, magnanimo, concede il suo intervento.

Agisce come un cane rabbioso verso ciò che lo disturba. L'episodio del vento è sintomatico ammesso, e non concesso, il potere millantato. Avrebbe potuto scegliere fra far cessare il vento che soffia o ordinare alla barca di non affondare. Anziché togliere forza al vento poteva concedere più forza alla barca per non affondare. Non a caso sceglie di far cessare il vento. Questo provoca stupore fra gli astanti del prodigio e fra gli ascoltatori di Pietro, ma denota debolezza morale nell'uso della forza. Il vento è parte della natura, il suo soffiare se mette in difficoltà alcuni esseri altri ne traggono vantaggio. Esseri che per mesi hanno atteso quel momento per espandere se stessi. Egli ha tolto a quegli Esseri quella possibilità quando poteva ottenere lo stesso risultato soggettivo imponendo alla barca o alle barche di non capovolgersi. Questione di scelte.

Pietro deve dipingere Gesù superiore ad ogni essere e per farlo sceglie il lato nero della conoscenza quello che consiste nell'offendere e nell'aggredire gli Esseri circostanti anziché aiutarli ad elevarsi.

Non ha rispetto per madre e per fratelli, non rispetta la tradizione non tanto per riformarla o perché questa è ingiusta, ma solo perché lui è il figlio del dio padrone e padrone lui stesso. Pretende che gli altri seguano le tradizioni che a lui interessano in quel momento.

E' arrogante con chi lo sfida oralmente o gli chiede spiegazioni, non dà mai risposte dirette né chiede mai con cortesia, prende qualsiasi cosa gli interessi. Dalla sala per l'ultima cena, all'asino per entrare in Gerusalemme e quando il fico non gli dà i fichi ch'egli desidera lo maledice e lo fa seccare.

Colpevolizza chiunque, per lui non esistono cause ed effetti e la "malvagità" nasce dall'uomo perché tentato dal demonio o per sua natura malvagio (specie la donna). Chiede a chiunque di ridursi in miseria, sia materiale che morale, unica condizione degli uomini che egli accetta. Esalta la vedova che si toglie il pane dalla bocca per arricchire il tempio che non abbisogna di centesimi e disprezza i ricchi perché la loro ricchezza impedisce loro di diventare dipendenti dal suo credo.

Indica i bambini ad esempio non tanto perché sono il seme del divenire della società, ma perché essendo deboli e indifesi può coltivare in loro la vuotezza e la miseria rendendoli servi per il resto della vita. Egli sa che messo in ginocchio un bambino dovrà sudare sette camicie per rialzarsi e guardare in faccia l'universo chiamandolo col suo nome.

Disprezza Gran Sacerdoti e Scribi non tanto per la loro condizione sociale (anche se è questa che addita), ma perché la loro preparazione lo mette in difficoltà e deve districarsi con battute e trucchi. La sua egocentricità lo porta a farsi adorare, tale è l'episodio col profumo riversato addosso.

La sua concezione della morte è talmente "nuova" che la stessa religione cristiana, nel corso della sua storia, è stata costretta a rigettarla attraverso un gioco sottile (stupido quanto truffaldino) di interpretazione. La morte come fine di ogni cosa, morte del corpo, morte dello spirito e morte della coscienza fino alla resurrezione della carne operata da Gesù e da suo padre, dove gli individui si trasformano come angeli, cioè in spirito (gli stessi cristiani e gli gnostici in particolare rigettarono in toto questa concezione la quale può essere prodotta solo da un individuo che non abbia un futuro dopo la morte: pulsione di morte allo stato puro). Altre concezioni della vita per lui sono: sottomissione acritica a suo padre ed obbedienza ai comandamenti purché questi siano subordinati all'adorazione di dio suo padre. In altre parole, i comandamenti hanno valore solo nella misura in cui servono per ottenere sottomissione altrimenti possono essere violati da lui stesso e dalla chiesa cristiana per difendere i propri interessi e i propri privilegi. I comandamenti vanno imposti alle persone sottomesse, non a Gesù o al dio padrone. Altri "insegnamenti" non esistono se non un continuo turbinio di "pianto e stridor di denti", di minacce, tormenti e catastrofi.

Gesù non convince né affascina: minaccia!

Questo è parte del suo carattere arrogante. Quando ritorna a Gerusalemme ci ritorna da trionfatore, l'unica cosa che sa fare è cacciare la gente dal tempio riducendone l'attività e l'importanza all'interno del Sistema Sociale. Quando i Gran Sacerdoti vanno da lui per chiedergli spiegazioni egli li snobba costringendoli ad una ritirata. Quando questi l'arrestano egli si proclama figlio del loro dio padrone. Conclude la sua vita con una fine indecorosa ma tale da servire a Pietro per indicarla ad esempio. Proprio quella fine sarà rivelatrice della sua missione: trasformare il mondo in incubi e succubi e fin dall'inizio invita gli apostoli a seguirlo con la promessa di farli pescatori d'anime, cioè incubi e mettere i loro nemici ai loro piedi (vedi David) come succubi.

Della fregatura presa se n'accorge troppo tardi. Il pasticcio lo ha combinato e non può più sottrarsi al gioco. Non ha forza sufficiente per scendere dalla croce. Confidava troppo nel dio padrone suo padre per scendere in potenza dalle nuvole. Ci penseranno poi gli apostoli ad avvalorare la sua resurrezione vedendolo un po' qua e un po' là e nascondendone il corpo.

Perché così tristemente si è conclusa l'avventura della ricerca della conoscenza e della consapevolezza di questo personaggio? Perché non era la conoscenza che cercava, ma imponeva il proprio narcisismo. Al di là della veridicità o meno dei singoli episodi si può considerare la visione di insieme in quanto simile ad altre esperienze (e tutto sommato piuttosto frequenti: alterazione della percezione fortemente caratterizzata dal condizionamento educazionale imposto nel delirio di onnipotenza). Il personaggio da cui Marco si ispira per Gesù sembra un individuo che imbottito d'oppio ha alterato la propria percezione entrando in un mondo percettivo dominato da spiriti neri, uno di quelli cui piace l'Energia Vitale stagnata il quale lo terrorizzò bloccandogli l'avanzata lungo la via del suo essere un uomo e, alimentando i suoi deliri narcisistici lo convinse che lui era il padrone del mondo in quanto figlio del dio padrone mandato sulla terra per redimere gli uomini dalla loro ricerca di libertà e prepararli nell'attesa della fine del mondo e della resurrezione.

Perché Gesù, o Marco, non prese a calci quello spirito nero? Come fu possibile che quello spirito manifestasse tanto "potere"? Probabilmente Gesù alterò i suoi sensi dopo lunghi digiuni e assunzione abbondante di oppio. In pratica, alterò i sensi perdendo la cognizione del mondo del quotidiano della ragione e ritornando nel quotidiano ogni volta più debole. Lo spirito nero che si presentò come dio padrone e che affermava di essere suo padre, lo lusingò con la resurrezione convincendolo sempre di più di essere il dio in terra a cui tutto e tutti dovevano sottomettersi.

Perché proprio la resurrezione? Perché al punto in cui Gesù era giunto nella propria vita altro non poteva percepire che il proprio fallimento esistenziale poteva solo vedere la propria morte come fine di tutto. Questa certezza veniva da Gesù proiettata su tutti gli uomini e la sua angoscia per il proprio fallimento doveva essere condivisa dagli uomini per lenire il dolore che provava. Solo nella distruzione degli uomini la sua angoscia aveva un senso, un significato, uno scopo. Fine della vita fisica, ma anche dello spirito, della coscienza e della consapevolezza. Il dio padrone di Gesù succhiava l'energia delle persone in ginocchio fino all'ultima goccia. Costoro al momento della morte non avevano energia, né potere, per nascere come esseri di energia mantenendo compatta la loro coscienza e la loro consapevolezza. Non rimaneva più nulla. Per questo Gesù parlava di resurrezione. Diceva: "Donate la vostra Energia Vitale al dio mio padre, tanto io e lui vi faremo risorgere!". Gesù recitò questo personaggio rendendosi conto soltanto all'ultimo momento di essere stato imbrogliato. Egli si era giocato la possibilità di diventare eterno facendosi succhiare da quello spirito fino all'ultima frazione di Energia Vitale.

Nel frattempo gli apostoli erano pronti per continuare la sua opera. Disperati a loro volta, potevano sopravvivere solo imponendo disperazione. Il vangelo di Marco suscita un'enorme rabbia perché ad ogni passo appare la pulsione di morte come essenza del vangelo stesso.

Gli gnostici si ribellano a quel vangelo. Essi sapevano che per diventare eterni è necessario sviluppare il dio che sta dentro di noi e non mettersi in ginocchio. La rabbia degli alessandrini (cristiani!) per il vangelo li porterà a mettere a morte Marco. Altri evangelisti descrivono Gesù in forma più presentabile, in particolare Giovanni. Sono elaborazioni a posteriori fatte per rispondere ad una diversa tipologia di astanti e fatte più o meno sul filone ideologico di Marco (quello di Matteo sembra quasi in parallelo) e risciacquato nella mitologia greca da Luca. Del resto, come avrebbe potuto il testo di Marco dimostrare la superiorità di Gesù a gente atta a masticare filosofia e logica da un migliaio d'anni? Quanto era facile per loro riconoscere Mitra, Horus, Ercole, Dioniso e Esculapio nella confezione del vangelo fatta da Marco.

La fortuna del vangelo è solo iniziale nei bassofondi e nelle periferie delle città, consola i miserabili della propria miseria e li tiene buoni. Di questo si rendono conto un po' alla volta gli imperatori romani e i capi di molti villaggi "barbari" che prima liberalizzano il culto e poi se ne appropriano in toto con Costantino il quale, non solo lo usa, da non cristiano impone il dogma della trinità al concilio di Nicea (dopo aver pagato e foraggiato i vescovi) per tentare di arginare l'arianesimo divenuta religione dei Goti e degli Ostrogoti (oltre ad altri popoli).

Il vangelo di Marco ha in sé i semi e l'origine per le quali i popoli verranno macellati. Gesù è il responsabile morale dei massacri fatti da ogni cristiano, sia della chiesa cristiana, che di ogni esercito cristiano, di ogni re ed ogni tiranno cristiano.

E' responsabile delle sofferenze di uomini, donne e bambini al servizio di padroni cristiani.

E' responsabile di ogni delitto contro la libertà di coscienza perpetrato dalle chiese cristiane e da ogni cristiano.

La sconfitta di Gesù, o di chi viene raffigurato come tale nel vangelo di Marco, in mondi della percezione, da parte dello spirito nero, non attenua la sua colpa di aver agito al fine di trasformare l'umanità in incubo e succube. Gesù (o l'estensore del vangelo) è responsabile di aver ridotto centinaia di milioni di individui al servaggio. E' sua la responsabilità di aver derubato milioni di individui del necessario per vivere (esaltazione della sottrazione nell'obolo alla vedova) e di aver innalzato sé stesso ad esempio.

Egli non verrà sulle nuvole dopo la caduta delle stelle, in compenso ha lavorato per trasformare la vita di milioni di persone in un inferno. E attraverso lui le chiese cristiane sono responsabili di sterminio, strage e di aver ridotto in miseria migliaia di popoli sulla terra. La chiesa cristiana si ritiene la sposa di Gesù, in realtà essa, e tutte esse al plurale, sono le puttane di Gesù.

Queste puttane (con rispetto per le prostitute) hanno agito esattamente come egli le ha educate (imboccata quella strada non potevano fare diversamente) distruggendo sistematicamente la cultura degli uomini. Come distrussero i templi romani e le biblioteche, così, in ogni cultura, distrussero i suoi segni e i suoi ricordi facendo di tutto per cacciarla nell'oblio.

Possono i cristiani confrontarsi con un'altra cultura? No! Non sono in grado di farlo; loro sanno solo macellare e preparare mattatoi, disprezzano i più deboli costringendoli a strisciare ed implorare, leccano i fondelli al più forte col quale tendono ad allearsi dimostrandogli come essi gli possono essere utili. Se questo più forte li disprezza, per ciò che sono, allora organizzano crociate, trappole e intrighi.

Più di ogni altra cosa tendono ad appropriarsi "dell'allevamento" dei bambini sottraendoli al Sistema Sociale cui appartengono per trasformandoli in esseri vuoti privandoli della forza attraverso la quale ogni individuo cresce dando la caccia al sapere e alla conoscenza. La loro tecnica consiste nel tagliare le tensioni infantili, motore dell'espansione dell'individuo all'interno del mondo circostante, deviandole in rivoli sterili e improduttivi, frustandole con micro umiliazioni quotidiane fino a far inaridire la ricerca di conoscenza. Una volta prodotti individui aridi questi tenderanno ad espandere l'inaridimento, altrimenti si troverebbero isolati ed emarginati. Costruiranno il deserto culturale nelle società civili.

Chiunque stia in guardia quando si distruggono libri, statue, simboli del passato e della storia di una cultura; cultura atta a produrre l'attuale. Lo sanno i cristiani che da duemila anni distruggono cultura, memoria e conoscenza di chi tentò di imboccare sentieri il cui fine era la coscienza e la consapevolezza.

Non c'è Libertà del Fare senza il Potere di Essere; non c'è Potere di Essere senza Libertà del Fare. Non c'è libertà del fare quando gli individui sono costretti in ginocchio, né quando gli individui abbisognano di altre mani con cui vivere ed arricchire.

Non c'è Libertà del Fare né Potere di Essere dove la morale cristiana è elevata a legge!

Marghera 1991

vai indice del Male

 

 

 

 

Home Page

Claudio Simeoni

Meccanico

Apprendista Stregone

Guardiano dell'Anticristo

Membro fondatore
della Federazione Pagana

Piaz.le Parmesan, 8

30175 Marghera - Venezia

Tel. 3277862784

e-mail: claudiosimeoni@libero.it

Dai microfoni di RadioGamma5 i Pagani parlarono di idee di libertà

finché il terrore cristiano impedì loro di parlare

Gli ebrei e cristiani nella società

La nostra società emerge dall'odio cristiano. La nostra democrazia emerge dalla monarchia assoluta imposta dai cristiani. La società dei diritti dell'uomo emerge dalla società in cui dio aveva ogni diritto sull'uomo, anche quello di sterminarlo. Non esiste un concetto sociale, un'idea filosofica, che non sia emersione dall'ideologia cristiana di dominio dell'uomo sull'uomo.