Le Costituzioni Europee
moderne.
La loro origine e il loro
senso etico e morale
Discorso sulla Costituzione
10 maggio 1793
di MASSIMILIANO ROBESPIERRE
“L’uomo
è nato per la felicità e la libertà e dovunque è schiavo e infelice. La società
ha per scopo la conservazione dei suoi diritti e il perfezionamento della sua
personalità; e dovunque la società lo degrada e lo opprime. E’ arrivato il
tempo. E’ arrivato il tempo di ricordarlo ai suoi veri destinatari: i progressi
ella ragione umana hanno preparato questa grande rivoluzione, spetta a voi ora
in modo particolare il compito di accelerarla.
Per
adempiere alla vostra missione dovete fare precisamente il contrario di ciò che
è esistito prima di voi.
Fino
ad ora l’arte di governare è stata l’arte di derubare e di asservire un grande
numero di persone a vantaggio di un piccolo numero di persone [di una sola, il
dio padrone! nota mia Claudio Simeoni]; e la legislazione è stata il mezzo per
trasformare questi soprusi in sistema. I re e gli aristocratici hanno fatto
molto bene questo mestiere; spetta ora a voi di fare il vostro, ovvero di
rendere, per mezzo delle leggi, gli uomini felici e liberi.
Dare
al governo la forza necessaria per ottenere che i cittadini rispettino sempre i
diritti dei cittadini e che neppure il governo stesso possa violarli; ecco, a
mio avviso, il doppio problema che il legislatore deve cercare di risolvere. Il
primo mi sembra molto facile. Quanto al secondo, si sarebbe tentati di
considerarlo insolubile se si consultassero solo gli avvenimenti passati e
presenti senza risalire alle loro cause.
Percorrete
la storia, troverete dappertutto i funzionari opprimere i cittadini e il
governo divorare il potere. I tiranni parlano di sedizione quando il popolo osa
lamentarsi di come vanno le cose, quando l’eccesso di oppressione gli
restituisce la sua energia e la sua indipendenza. Piacesse a dio che potesse
conservarla per sempre! Ma il regno del popolo dura un giorno; quello dei
tiranni abbraccia la durata dei secoli. Dopo la rivoluzione el
14 luglio 1789 e soprattutto dopo quella del 10 agosto 1792, ho sentito parlare
molto spesso di anarchia; io affermo che la malattia dei corpi politici non è
l’anarchia, bensì il dispotismo e l’aristocrazia. Io trovo, qualunque cosa ne
abbiano detto, che solo a partire da quest’epoca
tanto calunniata abbiamo avuto un inizio di legge e di governo nonostante i
torbidi che sono soltanto le ultime convulsioni della regalità moribonda e la
lotta di un governo sleale contro l’eguaglianza.
L’anarchia
ha regnato in Francia a partire da Clodoveo sino all’ultimo dei Capeto. Che cos’è infatti l’anarchia se non la tirannia che
fa scendere dal trono la Natura e la legge per collocarvi degli uomini?
I
mali della società non vengono mai dal popolo, ma dal governo. E come potrebbe
essere diversamente? L’interesse del popolo è il bene pubblico; l’interesse
degli uomini di potere è un interesse privato. Per essere buono il popolo non
ha che da preferire sé stesso a chi non è popolo; per essere buono un
magistrato deve sacrificare se stesso al popolo.
Se mi
degnassi di rispondere a dei pregiudizi assurdi e barbari, osserverei che il
potere e l’opulenza generano l’orgoglio e tutti i vizi; mentre il lavoro, la
modestia, la povertà sono i guardiani delle virtù; che le aspirazioni dei
deboli tendono alla giustizia e alla protezione di leggi benefiche, mentre le
passioni dell’uomo potente lo spingono ad elevarsi sopra a leggi giuste o a
crearne di tiranniche. Direi infine che la miseria dei cittadini non è altra
cosa se non il delitto dei governanti. Ma pongo la base del mio sistema su un
solo ragionamento.
Il
governo è istituito per far rispettare la volontà generale; gli uomini che
governano hanno invece una volontà individuale e sappiamo che ogni volontà
tende in sé a prevalere. Ora, se essi impiegano per questo scopo la forza
pubblica di cui dispongono, il governo non è che il flagello della libertà.
Concludete, dunque, che il primo fine di ogni costituzione dev’essere
di difendere la libertà pubblica e individuale contro il governo stesso.
E’
precisamente questo problema che i legislatori hanno dimenticato; si sono
occupati tutti della potenza del governo, nessuno si è preoccupato dei mezzi
per riportarlo alla sua funzione istituzionale. Hanno preso infinite
precauzioni contro l’insurrezione del popolo e hanno invece incoraggiato con
tutto il loro potere la risolta dei suoi rappresentanti. Ne ho già indicato le
ragioni: l’ambizione, la forza e la perfidia sono stati i legislatori del
mondo. Hanno asservito perfino la ragione umana depravandola e l’hanno resa
complice delle misere condizioni dell’uomo. Il dispotismo ha prodotto la
corruzione dei costumi e la corruzione dei costumi ha sostenuto il dispotismo.
In questo stato di cose toccherà a chi ha venduto l’anima al più forte legittimare
l’ingiustizia e condividere la tirannia. Allora la ragione non sarà più che
follia; l’eguaglianza, anarchia; la libertà, disordine; la Natura, chimera; il
ricordo dei diritti dell’umanità, rivolta. Allora ci saranno delle bastiglie e dei patiboli per la virtù, dei palazzi per la
corruzione, dei tiranni e dei carri trionfali per il crimine. Allora ci saranno
dei re, dei preti, dei nobili, dei borghesi, delle canaglie: ma non ci sarà più
popolo, non ci saranno più uomini.
Avete
visto tutto questo anche tra i legislatori, costretti dal progresso
dell’informazione pubblica a rendere qualche omaggio ai princìpii.
Avete visto come hanno impiegato la loro abilità per eluderli quando non si
accordavano più con i loro interessi personali. Avete visto se non hanno
fatto altro che variare le forme del
dispotismo e le sfumature dell’aristocrazia. Hanno fastosamente proclamato la
sovranità del popolo e subito dopo l’hanno incatenato; pur riconoscendo
pienamente che i governanti sono dei mandatari
li hanno trattati come dei padroni e degli idoli. Tutti si sono trovati
d’accordo nel supporre il popolo insensato e ribelle e i funzionari pubblici
essenzialmente saggi e virtuosi. Senza cercare degli esempi presso le nazioni
straniere, ne potremmo trovare di molto
vistosi nel seno stesso della nostra rivoluzione e nella condotta delle
legislature che ci hanno preceduti. Avete visto con quanto servilismo esse
incensassero la regalità, con quanta imprudenza predicassero una cieca fiducia
nei funzionari pubblici più corrotti, con quale insolenza avvilissero il
popolo, con quale barbarie lo assassinassero. Avete visto invece da che parte
stavano le virtù civiche. Ricordate i sacrifici generosi della povertà e la
vergognosa avarizia dei ricchi; ricordate la sublime devozione dei soldati e i
tradimenti infami dei generali; il coraggio invincibile, la generosa pazienza
del popolo e il turpe egoismo, la perfidia odiosa dei suoi mandatari.
Ma
non dobbiamo stupirci troppo di tante ingiustizie. Uscendo da una così profonda
corruzione, come avrebbero potuto essi rispettare l’umanità, amare
l’uguaglianza, credere nella virtù? Poveri sventurati! Stiamo innalzando un
tempio alla libertà con le mani ancora marchiate dai ferri della schiavitù. Che
cos’era la nostra precedente educazione se non una lezione continua di egoismo
e di sciocca vanità? Quali erano le nostre usanze e le nostre così dette leggi
se non il codice della prepotenza e dello squallore dove il disprezzo degli
uomini era sottoposto a una specie di tariffa e graduato secondo regole tanto
varie quanto stravaganti? Disprezzare ed essere disprezzati; arrampicarsi per
dominare, di volta in volta schiavi e tiranni; ora in ginocchio davanti ad un
padrone, ora calpestando il popolo sotto i piedi, quello era il nostro destino,
quella era la nostra ambizione, noi tutti quanti eravamo, uomini di buona nascita, uomini di buona educazione, gente onesta,
gente come si deve, uomini di legge o di finanza, uomini di toga o uomini di
spada.
C’è
dunque da meravigliarsi se degli stupidi mercanti, dei borghesi egoisti
conservano ancora nei confronti degli artigiani quel disprezzo insolente che i
nobili riservano ai borghesi e a quegli stessi mercanti? Ah che nobile
orgoglio! Ah che bella educazione! Ecco perché sono stati ostacolati i grandi destini
del mondo. Ecco perché il seno della patria è stato lacerato dai traditori.
Ecco perché i feroci satelliti dei despoti di tutta Europa hanno distrutto le
nostre messi, incendiato le nostre città, massacrato le nostre donne e i nostri
bambini. E’ già stato sparso il sangue di trecentomila francesi; il sangue di
altri trecentomila dovrà scorrere ancora perché il semplice operaio possa
sedere al senato a fianco del ricco mercante di grano, perché l’artigiano possa
votare nelle assemblee del popolo al fianco dell’illustre negoziante o del
presuntuoso avvocato e perché il povero onesto e intelligente possa conservare
la sua dignità di uomo in presenza del ricco imbecille e corrotto? Insensati!
Che cercate dei padroni per paura di avere degli eguali, credete che i tiranni
esaudiranno tutti i calcoli della vostra triste vanità, della vostra oscena
cupidigia? Credete che il popolo ha conquistato la libertà, che ha versato il
sangue per la patria mentre voi dormivate
su morbidi letti o cospiravate
nelle tenebre, si lascerà incatenare, affamare, sgozzare da voi?
No!
Se non rispettate né l’umanità, né la giustizia, né l’onore, conservate almeno
qualche cura dei vostri tesori che non hanno niente da temere se non la miseria
pubblica che voi aggravate con tanta imprudenza. Ma quale argomento può
commuovere degli schiavi ambiziosi? La voce della verità che tuona nei cuori
corrotti somiglia ai suoni che
echeggiano nelle tombe e che non possono risvegliare i cadaveri.
Voi
dunque, a cui la libertà, a cui la patria è cara, assumetevi, voi soli, il
compito di salvarla; e poiché il momento in cui l’interesse incalzante della
sua difesa che sembra esigere tutta la vostra attenzione, è quello stesso nel
quale si sta innalzando in gran fretta l’edificio della Costituzione di un
grande popolo, fondatelo almeno sulla base eterna della verità. Ponete
all’inizio questa incontestabile massima: che il popolo è buono e che i suoi
delegati sono corrompibili; che bisogna cercare una difesa contro il vizi e il
dispotismo del governo nella virtù e nella sovranità del popolo.
Da
questo principio incontestabile traiamo ora delle conseguenze pratiche, che
sono le basi stesse della nostra Costituzione Libera.
Cominciate
con il moderare il potere dei funzionari. Sino ad oggi i politici che hanno
fatto qualche sforzo, se non per difendere la libertà, almeno per moderare la
tirannia, non hanno saputo escogitare che due mezzi per raggiungere questo
scopo: l’equilibrio trai poteri e il tribunato.
Quanto
all’equilibrio tra i poteri, noi siamo stati vittime di questa illusione in un
tempo in cui la moda sembrava esigere da noi questo omaggio ai nostri vicini,
un tempo in cui l’eccesso della nostra personale degradazione ci spingeva ad
ammirare tutte le istituzioni straniere che ci offrivano qualche pallida
immagine della libertà. Ma se si riflette solo un momento ci si accorge che
questo equilibrio non è che una chimera o un flagello che supporrebbe la
nullità completa del governo se non conducesse, invece, senza scampo a una lega
dei poteri rivali contro il popolo. E’ chiaro infatti che essi preferirebbero
accordarsi fra loro anziché appellarsi al sovrano per decidere della loro
causa.
Ne è
testimone l’Inghilterra dove l’oro e il potere del monarca fanno costantemente
pendere la bilancia dalla stessa parte, dove lo stesso partito d’opposizione
sollecita, di tanto in tanto, la riforma della rappresentanza nazionale solo
per allontanarla, d’accordo con la maggioranza che apparentemente combatte. Una
specie di governo mostruoso dove le virtù pubbliche non sono che una scandalosa
parata, dove la legge consacra il dispotismo, dove i diritti del popolo sono
oggetto di un aperto mercato, dove la corruzione è priva del freno stesso del pudore.
Ma
che ci importa delle combinazioni che bilanciano il potere dei tiranni? E’ la
tirannia che bisogna estirpare; non è nelle liti tra i loro padroni che i
popoli devono cercare il sollievo di respirare per qualche istante. E’ nella
loro stessa forza che deve essere posta la garanzia dei loro diritti.
Per
la stessa ragione io non sono un sostenitore dell’istituzione del Tribunato; la
storia non mi ha insegnato a rispettarlo. Io non affido la difesa di una causa
tanto grande a degli uomini deboli e comprabili. La protezione dei tribuni
presuppone la schiavitù del popolo. Non mi piace che il popolo romano si ritiri
sul Monte Sacro per chiedere dei protettori a un Senato dispotico e a dei
Patrizi insolenti; voglio che resti a Roma e che ne scacci tutti i suoi
tiranni. Io odio quanto gli stessi patrizi e disprezzo molto di più questi
tribuni ambiziosi, questi vili mandatari del popolo, che vendono ai grandi di
Roma i loro discorsi e i loro silenzi; che qualche volta l’hanno difeso solo
per commerciare la sua libertà con i suoi oppressori.
Uno
solo è il tribuno del popolo che io posso accettare, è il popolo stesso. E’ a
ciascuna sezione della Repubblica francese che io rinvio il potere tribunizio;
ed è facile organizzarlo tenendolo egualmente lontano dalle tempeste della
democrazia assoluta e dalla perfida tranquillità del dispotismo
rappresentativo.
Ma
prima di costruire le dighe che devono difendere la libertà pubblica dagli
eccessi dei poteri dei Ministri, cominciamo a ridurlo entro giusti limiti.
1° -
una prima regola per raggiungere questo scopo è che la durata del loro potere
sia corta, applicando questo principio soprattutto a quelli la cui autorità è
più estesa.
2° -
che nessuno possa esercitare contemporaneamente più magistrature;
3° -
che il potere sia diviso: è meglio moltiplicare i funzionari pubblici che
affidare ad alcuni un’autorità troppo pericolosa;
4° -
che il potere legislativo e l’esecutivo siano separati con cura;
5° -
che le diverse branche dell’esecutivo siano a loro volta il più possibile distinte,
secondo la natura stessa degli affari, ed affidate a mani diverse.
Uno
dei difetti più gravi dell’amministrazione attuale è l’estensione troppo ampia
di ciascun dipartimento ministeriale in cui sono stipate diverse branche
dell’amministrazione, di natura molto diversa fra loro
Il
Ministero dell’Interno, soprattutto, così come ci si è ostinati fin ora a
conservarlo, provvisoriamente, è un mostro politico che avrebbe,
provvisoriamente, divorato la nascente repubblica se la forza dello spirito
pubblico animato dalla rivoluzione, non l’avesse difesa contro i vizi
dell’istituzione e contro quelli degli individui.
Del
resto se non riuscirete ad impedire che i depositari del potere esecutivo siamo
dei magistrati molto potenti, allontanate, almeno, da loro ogni autorità e ogni
influenza estranea alle loro funzioni.
Non
permettete che per tutta la durata della loro carica essi assistano e votino
nelle assemblee di popolo; applicate la stessa regola per i funzionari pubblici
in generale. Tenete lontano dalle loro mani il tesoro pubblico e consegnatelo
invece a dei depositari e custodi che non possano partecipare ad alcuna altra
specie di autorità.
Nei
dipartimenti lasciate nella mani del popolo quella porzione di tributi pubblici
che non sarà necessario versare alla cassa generale; e che le spese siano
pagate sul luogo ogni volta che sia possibile.
Guardatevi
bene dal consegnare a quelli che governano, delle somme straordinarie con
qualsiasi pretesto vi vengano richieste particolarmente col pretesto di formare
l’opinione pubblica.
Tutte
le manipolazioni dell’opinione pubblica non producono che veleni; noi ne
abbiamo fatto di recente crudele esperienza e il primo saggio di questo
stravagante sistema non ci può inspirare una gran fiducia nei suoi inventori.
Tenete sempre presente che spetta all’opinione pubblica di giudicare gli uomini
di governo e non a questi di costruire e dominare l’opinione pubblica.
Ma
c’è un mezzo generale e non meno salutare per diminuire il potere dei
governanti a vantaggio della libertà e della felicità dei popoli. Esso consiste
nell’applicazione di questa massima, enunciata nella dichiarazione dei diritti
che io vi ho proposto: “La legge può vietare soltanto ciò che nuove alla
società; essa può imporre soltanto ciò che le è utile”.
Fuggite
l’antica mania dei governanti di voler troppo governare; lasciate agli
individui, lasciate alle famiglie il diritto di fare ciò che non porta danno
agli altri; lasciate i comuni di regolare da soli i loro affari in ogni campo
che non riguardi essenzialmente l’amministrazione generale della Repubblica. In
una parola: restituite alla libertà individuale tutto ciò che non appartiene
per natura all’autorità pubblica e avrete, con ciò, lasciato molto minor spazio
all’ambizione e all’arbitrio.
Rispettate
soprattutto l’autorità del popolo sovrano nelle assemblee primarie. Ad esempio,
sopprimendo quell’enorme codice che intralcia e
annulla il diritto di votare col pretesto di regolarlo, priverete di armi molto
pericolose l’intrigo e il dispotismo dei direttori e delle legislature, così
come, semplificando il codice civile, abbattendo la feudalità, le decime e
tutto il gotico edificio del diritto canonico è stato notevolmente ristretto il
dominio del dispotismo giudiziario. Ma per quanto siano utili tutte queste precauzioni
non avete ancora fatto nulla se non ostacolerete la seconda parte di abuso che
ho indicato, cioè l’indipendenza del governo.
La
costituzione deve preoccuparsi soprattutto di sottomettere i funzionari
pubblici ad un’ampissima responsabilità ponendoli alla reale dipendenza non di
singoli individui, ma del popolo sovrano.
Chi
non dipende dagli uomini diventa ben presto indipendente dai suoi doveri e
l’impunità è la madre, la salvaguardia del crimine mentre il popolo, di cui si
ha paura, continua ad essere in catene.
Ci
sono due specie di responsabilità, una che possiamo chiamare morale e l’altra
fisica.
La
prima riguarda principalmente la pubblicità; ma è sufficiente che la
Costituzione assicuri la pubblicità delle operazioni o delle deliberazioni del
governo? No, bisogna darle ancora tutta l’estensione possibile. La nazione
intera ha il diritto ad essere informata sulla condotta dei suoi mandatari.
Bisognerebbe – se fosse possibile – che l’assemblea dei delegati deliberasse in
presenza di tutti i francesi. Il luogo delle sedute del corpo legislativo
dovrebbe essere un edificio fastoso e maestoso, aperto a dodicimila persone.
Sotto gli occhi di un così gran numero di testimoni né la corruzione, né
l’intrigo, né la perfidia oserebbero mostrarsi; sarebbe consultata la sola
volontà generale; sarebbe ascoltata solo
la voce della ragione e dell’interesse pubblico. Ma l’ammissione di solo
qualche centinaio di spettatori, stipati in un locale stretto e scomodo, offre
una pubblicità proporzionata all’immensità della nazione? Soprattutto quando
una folla di operai comprati intimorisce il corpo legislativo per bloccare o
alterare la verità mediante resoconti falsi che poi vengono diffusi in tutta la
repubblica? Che succederebbe se i deputati stessi trascurassero la piccola
parte di pubblico presente; se tendessero a classificare gli uomini in due
specie differenti, gli abitanti del loro collegio elettorale e tutti gli altri,
se denunciassero continuamente i testimoni della loro condotta ai lettori dei
loro pamphlets per rendere la pubblicità non solo
inutile, ma addirittura funesta alla libertà?
Gli
uomini superficiali non si renderanno mai conto di quanto sia stata grande
l’influenza del locale che ha ospitato il corpo legislativo, né i furfanti non
lo ammetteranno mai. Ma i consapevoli amici del bene pubblico hanno visto con
indignazione che la prima legislatura, dopo aver invocato l’attenzione pubblica
attorno a sé per resistere alla corte, ha cominciato a sfuggirla con tutti i
mezzi quando ha voluto allearsi alla Corte contro il popolo; che, dopo essersi
praticamente nascosta all’Arcivescovado per approvare la legge marziale, s’è
rinchiusa dentro al Maneggio, circondandosi di baionette, per ordinare il
massacro dei migliori cittadini al Campo di Marte, salvare lo spergiuro Luigi e
minare i fondamenti della libertà. I suoi successori si sono ben guardati
dall’uscirne; i re e i funzionari di polizia regi avevano fatto costruire in
pochi giorni una magnifica sala dell’Opera
e, a vergogna della ragione umana, sono passati quattro anni prima che si
preparasse una nuova sede per la rappresentanza nazionale. Ma che dico, quella
in cui essa si accinge ad entrare è più favorevole alla pubblicità dei lavori e
più degna della nazione? No; tutti gli osservatori si sono accorti che è stata
sistemata con notevole intelligenza dallo stesso spirito dell’intrigo, sotto
gli auspici di un ministro perverso, per sottrarre i mandatari alla vista del
popolo. In questo senso sono stati, anzi, fatti addirittura dei prodigi: si è
finalmente trovato, dopo tante ricerche, il segreto per escludere il pubblico
pur ammettendolo; che esso possa assistere alle sedute, ma che non possa
sentire nulla, se non nel piccolo spazio riservato alle persone come si deve e
ai giornalisti; che sia, insomma, allo stesso tempo presente e assente. I
poteri si meraviglieranno dell’indifferenza con cui una grande nazione ha
sopportato così a lungo le sporche e grossolane manovre che compromettevano la
sua dignità, la sua libertà e la sua sicurezza.
Quanto
a me, penso che la Costituzione non debba limitarsi ad ordinare che le sedute
del corpo legislativo e delle autorità costituite siano pubbliche, ma che debba
preoccuparsi anche dei mezzi per garantire la massima pubblicità; che debba
impedire ai mandatari di influire sulla composizione dell’uditorio e di ridurre
arbitrariamente l’estensione dello spazio riservato al popolo. Essa deve tener
presente che il corpo legislativo risiede in seno ad un’immensa popolazione e
delibera sotto gli occhi di una infinita moltitudine di cittadini.
Il
principio della responsabilità morale esige ancora che gli agenti del governo,
a scadenze determinate e assai ravvicinate rendano conti esatti e
circostanziati della loro gestione; che questi conti siano resi pubblici
attraverso la stampa e sottoposti al controllo di tutti i cittadini, che siano
inviati, perciò, a tutti i dipartimenti a tutte le amministrazioni e a tutti i
comuni.
A
sostegno della responsabilità morale si deve allargare la responsabilità fisica
che è, in ultima analisi, la più sicura guardiana della libertà e consiste
nella punizione dei funzionari pubblici prevaricatori.
Un
popolo i cui mandatari non debbono rendere conto a nessuno della loro gestione,
non ha una Costituzione. Un popolo i cui mandatari devono rendere conto della
loro gestione solo a degli altri mandatari inviolabili, non ha una
Costituzione. Dipende da questi, infatti, di tradirlo impunemente o di
lasciarlo tradire da altri. Se è questo il senso che si attribuisce al governo
rappresentativo, confesso che faccio miei tutti gli anatemi pronunciati contro
di esso da Gian Giacomo Rousseau. Del resto questa
espressione come molte altre ha bisogno di essere spiegata; o piuttosto invece
di definire il governo francese è molto più importante costituirlo.
In
ogni Stato Libero i delitti pubblici dei magistrati debbono essere puniti tanto
severamente e facilmente quanto i delitti privati dei cittadini e il potere di
reprimere gli attentati del governo deve ritornare al popolo sovrano.
Io so
che il popolo non può esercitare di continuo le funzione di giudice. Non è
questo che voglio; ma voglio ancora meno che i suoi delegati siano dei despoti
al di sopra delle leggi. Si può risolvere il problema che segnalo con delle
misure semplici di cui vi espongo ora la teoria.
1°) –
Io voglio che tutti i funzionari pubblici, eletti dal popolo, possano essere da
lui revocati, nelle forme che saranno stabilite, senz’altro motivo che il
diritto imprescrittibile che gli appartiene di revocare i suoi mandatari.
2°) –
E’ naturale che il corpo incaricato di fare le leggi sorvegli coloro che sono
incaricati di farle eseguire. I membri degli uffici esecutivi saranno perciò
tenuti a rendere conto della loro gestione al corpo legislativo. In caso di
prevaricazione esso, però, non potrà punirli, perché non si deve concedergli
questo mezzo di impadronirsi del potere esecutivo, ma li accuserà davanti ad un
tribunale popolare la cui unica funzione sarà di giudicare le prevaricazioni
dei funzionari pubblici. I membri del corpo legislativo non potranno essere
perseguitati da questo tribunale a motivo delle opinioni che abbiano
manifestato nelle assemblee, ma soltanto per fatti positivi di corruzione e di
tradimento di cui potessero essere accusati. I delitti ordinari che dovessero
commettere sarebbero di competenza dei tribunali ordinari.
Allo
scadere delle loro funzioni, i membri della legislatura e gli agenti o i
ministri dell’esecutivo potranno essere deferiti al giudizio solenne dei loro
committenti. Il popolo dichiarerà semplicemente se essi hanno conservato o
perduto la sua fiducia. Il giudizio negativo comporterà l’interdizione a
ricoprire qualunque ulteriore funzione. Il popolo non emetterà pene più gravi
e, se i mandatari si saranno resi colpevoli di qualche delitto particolare e formale
potrà rinviarli davanti al tribunale costituito per punirli.
Queste
disposizioni si applicheranno egualmente ai membri del tribunale popolare.
Per
quanto sia necessario controllare i magistrati, non è meno importante
sceglierli bene. E’ su questa doppia base che si deve fondare la libertà.
Tenete presente che, nel governo rappresentativo, nessuna norma Costituzionale
è tanto importante quanto quelle che garantiscono la correttezza delle
elezioni.
Qui
io vedo diffondersi delle tesi profondamente sbagliate; qui mi accorgo che si
dimenticano i primi principi del buon senso e della libertà per inseguire delle
vane astrazioni metafisiche. Per esempio, si vuole che l’elezione di ogni
singolo funzionario pubblico avvenga mediante votazione in tutto il territorio
della Repubblica così che l’uomo di meriti e di virtù conosciuto solo nella
contrada in cui abita non possa essere chiamato a rappresentare i suoi
compatrioti mentre i ciarlatani famosi, che non sono sempre i migliori
cittadini né gli uomini più illuminati, o gli intriganti sostenuti da un
partito che domina in tutta la repubblica, siano perpetuamente ed
esclusivamente i necessari rappresentanti del popolo francese.
Ma,
nello stesso tempo, si incatena il popolo sovrano con delle regole tiranniche;
dappertutto lo si disgusta e si allontanano i sanculotti con complicate
formalità. Che dico? Si cacciano via affamandoli perché non ci si sogna neppure
di indennizzarli del tempo che essi sottraggono al sostentamento delle loro
famiglie per consacrarlo agli affari pubblici.
Ecco,
dunque, i princìpi a difesa della libertà che la
Costituzione deve mantenere. Tutto il resto non è che ciarlataneria, intrigo e
dispotismo. Fate in modo che il popolo possa assistere alle assemblee
pubbliche; perché lui solo è il sostegno della libertà e della giustizia; gli
aristocratici e gli intriganti ne sono il flagello.
Che
importa che la legge renda un omaggio ipocrita alla eguaglianza dei diritti se
la più imperiosa di tutte le leggi, la necessità, costringe la parte più sana e
numerosa del popolo, a rinunciarvi? Che la patria indennizzi l’uomo che vive
del suo lavoro quando assiste alle assemblee pubbliche; che essa stipendii, per la stessa ragione, in modo proporzionato
tutti i funzionari pubblici; che le regole delle elezioni e le forme delle
deliberazioni siano le più semplici, più abbreviate possibile, che tutte le
date delle assemblee siano fissate nelle epoche più comode per la parte
lavoratrice della nazione.
Che
si deliberi a voce alta; la pubblicità è il sostegno della virtù, la
salvaguardia della verità, il terrore del delitto, il flagello dell’intrigo.
Lasciate le tenebre e lo scrutinio segreto ai criminali e agli schiavi. Gli
uomini liberi vogliono che il popolo sia testimone dei loro pensieri. Questo
metodo forma i cittadini e le virtù repubblicane. Esso conviene ad un popolo
che ha appena conquistato la libertà e che combatte per difenderla. Quando cessa di convenirgli, la repubblica
non esiste più.
Per
giunta, ripeto, che il popolo nelle assemblee sia completamente libero: la Costituzione può stabilire solo queste
regole generali, necessarie per bandire l’intrigo e mantenere la libertà; ogni
altro impaccio è solo un attentato alla sua sovranità.
Soprattutto
che nessuna autorità costituita si immischi mai nel suo ordine interno, o nelle
se deliberazioni.
Con
ciò avrete risolto il problema, ancora incerto, dell’economia popolare
collocando nella virtù del popolo e nella sua autorità di sovrano il
contrappeso necessario alle ambizioni dei funzionari e ala tendenza dei giovani
alla tirannia.
Non
dimenticate, del resto, che la solidità stessa della Costituzione si basa su
tutte le istituzioni, su tutte le leggi particolari di un popolo; comunque si
voglia chiamarle, essa si basa sulla bontà dei costumi e sulla conoscenza profonda
dei diritti sacri dell’uomo. La
Dichiarazione dei Diritti è la Costituzione di tutti i popoli; le altre leggi
sono per loro natura mutevoli e subordinate a quella. Che essa sia sempre
presente a tutti gli spiriti, che splenda all’inizio del vostro codice di
diritto costituzionale; che il primo articolo di questo codice sia la garanzia
formale di tutti i diritti dell’uomo. Che il secondo dichiari che qualsiasi
legge che li ferisca è tirannica e nulla; che essa Dichiarazione sia portata
con solennità nelle vostre cerimonie pubbliche, che colpisca lo sguardo del
popolo in tutte le sue assemblee, in tutti i luoghi dove risiedono i suoi
mandatari, che sia scritta sui muri delle nostre case; che sia il primo
insegnamento dato dai padri ai loro figli. [Robespierre
conosceva perfettamente le tecniche di manipolazione mentale infantile
inventate dagli ebrei (ai quali, fra l’altro, riconobbe i diritti di cittadini
della repubblica insistendo per il diritto di voto che i cattolici hanno sempre
negato loro) e perfezionate dai cattolici al fine di assicurarsi e perpetuare
il loro potere mediante la coercizione emotiva ( Deuteronomio
6, 4-9). Appare evidente come Robespierre abbia individuato nello sradicamento
emotivo della coercizione cristiana l’unica possibilità per la quale i principi
di Libertà potevano affermarsi nella società. Solo che Robespierre comprende un’altro
aspetto: la coercizione emotiva cristiana non si può semplicemente negare,
perché la coercizione emotiva cristiana si innesta nella struttura percettiva
dell’uomo fin dalla primissima infanzia ed è la necessità della formazione,
nella prima infanzia, dello schema generale attraverso il quale l’individuo
costruisce le relazioni con il mondo per tutta la sua vita. Era necessario
sostituirla con principi diversi che costruissero un diverso schema emotivo di
relazione con il mondo. Un diverso modo di vivere e di partecipare al mondo,
quello che Umberto Galimberti chiamerà “abitare il
mondo” nota mia Claudio Simeoni]
Mi si
domanderà forse in che modo, con delle precauzioni tanto sicure contro i
magistrati, io possa assicurare l’obbedienza alle leggi e al governo. Rispondo
che io l’assicuro abbondantemente proprio per quelle stesse precauzioni. Rendo alle leggi e al governo tutta la forza
che sottraggo ai vizi degli uomini che governano e che fanno le leggi.
Il
rispetto che ispira il magistrato dipende molto di più dal rispetto che egli
stesso porta alle leggi che dal potere ce usurpa; e la potenza delle leggi sta
molto meno nella forza militare che la sostiene che la loro concordanza con i
principi della giustizia e con la volontà generale.
Quando
una legge ha per principio l’interesse pubblico, essa ha il popolo stesso come
sostegno e la sua forza è la forza di tutti i cittadini di cui essa è l’opera e
la proprietà. La volontà generale e la forza pubblica hanno un’origine comune. La
forza pubblica è per il corpo politico ciò che per il corpo umano è il braccio
che esegue spontaneamente ciò che la volontà comanda e respinge tutti gli
oggetti che possono minacciare il cuore o la testa.
Quando
la forza pubblica non fa che secondare la volontà generale, lo Stato è libero e
pacifico; quando la contraria, lo Stato è asservito e in tumulto.
La
forza pubblica è in contraddizione con la volontà generale in due casi: o
quando la legge non corrisponde alla volontà generale; o quando il magistrato
la usa per violare la legge. Ed è questa l’orribile anarchia che i tiranni
hanno imposta in tutte le epoche con i nomi di tranquillità, di ordine pubblico,
di legislazione e di governo: tutta la loro abilità consiste nell’isolare e
reprimere con la forza i cittadini per asservirli ai loro odiosi capricci che
abbelliscono con il nome di legge. Legislatori, fate delle leggi giuste;
magistrati, fatele eseguire religiosamente ; che sia qui tutto il vostro
impegno politico e offrirete al mondo uno spettacolo sconosciuto: quello di un
grande popolo libero e virtuoso.
Art. 1 – La Costituzione garantisce a tutti i Francesi i diritti
imprescrittibili dell’uomo e del cittadino enunciati nella precedente
dichiarazione.
Art. 2 – Essa dichiara tirannico e nullo qualsiasi atto legislativo o di
governo che li violi.
Art. 3 – La Costituzione Francese riconosce come solo governo legittimo
quello repubblicano, né altra repubblica se non quella fondata sulla libertà e
sull’uguaglianza.
Art. 4 – La Repubblica Francese è una e indivisibile.
Art. 5 – La sovranità risiede esclusivamente nel Popolo Francese. Tutti i
funzionari pubblici sono i suoi mandatari; esso li può revocare nello stesso
modo in cui li ha eletti.
Art. 6 – La Costituzione non riconosce altro potere che quello del popolo
sovrano. Le diverse porzioni di autorità esercitate dai singoli magistrati non
sono che funzioni pubbliche che esso delega loro per il vantaggio comune.
Art. 7 – La popolosità e l’estensione della
Repubblica costringono il popolo Francese, per esercitare la propria sovranità,
a dividersi in sezioni; ma i suoi diritti non sono né meno reali né meno sacri
che se deliberasse al completo, in un’assemblea unica.
Di
conseguenza nessuna sezione del (popolo) sovrano può essere sottomessa né
influenzata, né agli ordini di alcuna autorità costituita e i mandatari che
attentino sia alla libertà, sia alla sicurezza, sia alla dignità di una
porzione del popolo sono colpevoli di ribellione contro il popolo intero.
Art. 8 – Affinché l’ineguaglianza dei beni non distrugga l’uguaglianza dei
diritti, la Costituzione vuole che i cittadini che vivono del loro lavoro siano
indennizzati per il tempo che consacrano agli affari pubblici nelle assemblee del
popolo dove la legge li chiama.
Art. 9 – La durata delle funzioni dei mandatari del popolo non può eccedere i
due anni.
Art. 10 – Nessuno può esercitare contemporaneamente due incarichi pubblici.
Art. 11 – Le funzioni esecutive, le funzioni legislative e le funzioni
giudiziarie sono separate.
Art. 12 – La Costituzione non vuole che la legge ostacoli la libertà
individuale se non a vantaggio del bene pubblico; essa lascia ai cittadini
comuni il diritto di regolare i loro affari in ogni campo che non riguardi l’amministrazione
generale della Repubblica.
Art. 13 – Le deliberazioni dei corpi legislativi e di tutte le autorità
costituite saranno rese in pubblico; la Costituzione esige la massima
pubblicità possibile. Il corpo legislativo deve tenere le sue sedute in un
luogo in cui possano trovare posto dodicimila spettatori.
Art. 14 – Ogni funzionario pubblico è responsabile nei confronti del popolo.
Art. 15 – Sarà istituito un tribunale con l’unica funzione di giudicare delle
loro prevaricazioni.
Art. 16 – I membri del corpo legislativo non potranno essere perseguiti da
nessun tribunale costituito a causa delle opinioni che avranno espresso nell’assemblea:
ma allo scadere delle loro funzioni la loro condotta sarà solennemente
giudicata dal popolo che li aveva eletti. Il popolo si pronuncerà soltanto su
questo punto: questo cittadino ha corrisposto o no alla fiducia di cui il
popolo lo aveva onorato?
Art. 17 – I fatti concreti di corruzione e di tradimento che potessero essere
imputati ai funzionari pubblici, di cui si è parlato nei due articoli
precedenti, saranno giudicati dal tribunale popolare e i loro delitti privati dai tribunali
ordinari.
Art. 18 – Tutti i membri del corpo legislativo e tutti i membri degli uffici
esecutivi saranno tenuti a rendere conto delle loro ricchezze entro due anni
dallo spirare della loro carica.
Art. 19 – Quando i diritti del popolo siano violati da un atto legislativo o
esecutivo, ogni dipartimento potrà deferire l’esame al resto della Repubblica;
e nel termine che sarà stabilito, le assemblee primarie si riuniranno per
manifestare la loro opinione su questo punto.
Art. 20 – La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino sarà
collocata nella posizione più in vista nei luoghi in cui le autorità costituite
terranno le loro sedute; sarà portata, in forma solenne, in tute le cerimonie
pubbliche e costituirà il primo oggetto
dell’istruzione pubblica.
Massimiliano
Robespierre 10 maggio 1793
(Tratto
da “La scalata al cielo” a cura di Mario A. Cattaneo
edizioni Essedue)
Ricordiamo
che quest’uomo non solo è il primo uomo nella storia
che abbia proposto l’abolizione della pena di morte, ma è anche colui che
propose il diritto di voto per gli ebrei in quello spirito di uguaglianza e di
antirazzismo che aveva il suo peggiore nemico nel cristianesimo.
Per
capire che cos’è una Costituzione e perché le Costituzioni occidentali vengono
sistematicamente offese sia nei loro principi che nel loro spirito, è
necessario leggersi il discorso di Robespierre e cogliere le contraddizioni
sociali imposte dai deliri assolutistici della chiesa cattolica e dei cristiani
in generale. La manipolazione mentale imposta ai bambini dalla chiesa
cattolica, impone loro di dimenticare e di non vedere; Robespierre aveva
compreso come una delle chiavi che potevano costruire il futuro era l’individuo
adulto che, capace di prendersi nelle proprie mani il proprio futuro,
trasmetteva al proprio figlio quei principi della dignità umana che la chiesa
cattolica disprezzava per trasformarlo in bestiame in suo possesso.
Rileggendo
il discorso di Robespierre si comprende l’immensa visione giuridica di
Robespierre. La sua lungimiranza. La sua capacità di immergersi nel caos del
tempo e di imporre quelle variabili ai mutamenti del suo presente dei quali
ogni futuro possibile non avrebbe potuto che prenderne atto.
Marghera, 24 dicembre 2008
Claudio
Simeoni
Meccanico
Apprendista
Stregone
Guardiano dell'Anticristo
P.le Parmesan, 8
30175 Marghera - Venezia
tel. 041933185
e-mail: claudiosimeoni@libero.it
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