Cod. ISBN 9788891170873
Per chi vuole comprarlo in libreria
Anche se sarebbe bene trascrivere tutto il testo mi permetto di estrarre una serie di brani della Critica alla Ragion Pura di Kant attraverso i quali egli affronta le prove del concetto dell'esistenza di dio poste dalla filosofia al servizio del Comando Sociale.
La teologia spiccia della repressione usava il terrore biblico, ma per i filosofi era molto diverso. I discorsi dovevano essere molto più raffinati ed elastici. Quando Kant scrive la Critica alla Ragion Pura il cristianesimo si trova a dover fronteggiare l'illuminismo avanzante. Due anni dopo la seconda edizione della Critica alla Ragion Pura scoppierà la rivoluzione francese.
Il terrore biblico perde consistenza e il cristianesimo, più o meno inconsciamente, cerca nuove prove dell'esistenza del suo dio (o di un dio qualsiasi) per riprendere il controllo sul Sistema Sociale. La critica Kantiana, a mio avviso, rappresenta il punto più alto di resistenza del cristianesimo dove, la sublimazione, giunge a dimostrare la non esistenza delle prove, ma, contemporaneamente, la non esistenza di non prove assolvendo così dio di fronte al tribunale della storia.
Egli stesso, dopo aver demolito le prove sull'esistenza di dio, salva la fede in dio trovando la sua ragione nell'impossibilità di dimostrare (attraverso il condizionato della ragione) la non esistenza di dio.
Da ricordare: il termine dialettica usato da Kant è diverso da come lo uso io; per lui dialettica è articolazione del parlato, per me è interazione noumenica [interazione degli oggetti in sé]; il riversarsi l'uno nell'altro e l'altro nell'uno di due oggetti o fenomeni venuti a relazionarsi.
DALLA CRITICA DELLA RAGION PURA: (20 BRANI)
(Tratti da: “Critica della ragion pura” di Immanuel Kant edizione Laterza 1987 traduzione di Giovanni Gentile e Giuseppe Lombardo-Radice)
1 - Si è in ogni tempo parlato dell'Essere assolutamente necessario, e non si è pensato tanto da darsi la pena di intendere, se e come si possa anche solamente pensare una cosa di questa specie, quanto piuttosto a dimostrarne l'esistenza. Ora di certo è molto facile una definizione verbale di questo concetto, chi cioè esso sia qualche cosa il cui non essere è impossibile; ma con questo non se ne sa niente di più circa le condizioni che rendono impossibile considerare come assolutamente impensabile il non essere di una cosa, e che sono precisamente quel che si vuol sapere; ossia se questo concetto pensiamo qualche cosa, o no.
2 - Lo stesso è del concetto di Essere assolutamente necessario. Se voi ne negate l'esistenza, voi negate anche la cosa stessa con tutti i suoi predicati; dove può sorgere allora la contraddizione? Esternamente non c'è niente a cui si contraddirebbe, perché la cosa non deve essere estremamente necessaria; internamente neppure, perché, negando la cosa, voi avete insieme negato tutto l'intero. "Dio è onnipotente", è un giudizio necessario. L'onnipotenza non può essere negata, se voi affermate una divinità, cioè un essere infinito, col cui concetto egli è identico. Ma se voi dite: "dio non è", allora non è data né l'onnipotenza, né alcun altro dei suoi predicati, giacche essi sono tutti soppressi insieme col soggetto; né in questo pensiero si vede la minima contraddizione.
3 - Ora, se io mi penso un essere come la Realtà suprema (senza difetto), resta sempre la questione, se esso esista o no. Giacche, quantunque nel mio concetto non ci manchi nulla del possibile contenuto reale di una cosa in generale, pure ci manca ancora qualcosa nel rapporto con lo stato intero del mio pensiero: ossia, manca che la conoscenza di quell'oggetto sia possibile anche a posteriori. E qui apparisce anche la causa della presente difficoltà. Se si trattasse di un oggetto dei sensi, non potrei scambiare l'esistenza della cosa col semplice concetto della cosa. Infatti, pel concetto, l'oggetto non vien pensato se non come conforme alle condizioni generali di una possibile conoscenza empirica in generale; per l'esistenza, invece, come contenuto nel contesto dell'esperienza totale il concetto non è menomamente accresciuto, il nostro pensiero, per altro, mediante essa acquista una percezione possibile di più. Al contrario, se noi vogliamo pensare l'esistenza soltanto mediante la categoria pura, nessuna meraviglia che non possiamo fornire nessun carattere per distinguerla dalla semplice possibilità.
4 - Questa prova, che Leibnitz disse anche prova a contingentia mundi, metteremo ora sottocchio e sottoporremo ad esame. Essa suona dunque: se qualche cosa esiste, deve anche esistere un Essere assolutamente necessario. Ma io stesso per lo meno esisto; dunque, esiste un Essere assolutamente necessario. La minore contiene un'esperienza, la maggiore un'illazione da un'esperienza in generale all'esistenza del necessario. Dunque la prova parte, propriamente, dall'esperienza; quindi non è condotta interamente a priori o ontologicamente; e poiché l'oggetto di ogni esperienza possibile è il mondo, perciò questa prova viene detta cosmologica.
5 - Ma la prova deduce più oltre: l'esame necessario non può essere determinato, se non in un unico modo, cioè, rispetto a tutti i possibili predicati opposti, per uno solo di essi, e però dev'essere determinato completamente dal suo concetto. Ora, c'è un solo concetto possibile di una cosa, che a priori determini questa completamente, ossia quello dell'eus realissimum. Il concetto, dunque, di Essere realissimo è l'unico concetto onde possa esser pensato un essere necessario; cioè esiste in modo necessario un Essere supremo. In questo argomento cosmologico , si presentano insieme tanti principi sofisti, che la ragione speculativa pare abbia qui impegnato tutta la sua arte dialettica, per realizzare la maggiore possibile apparenza trascendentale.
6 - Giacché, non appena miriamo a questo scopo, noi dobbiamo senz'altro abbandonare ogni esperienza, e cercare tra puri concetti quale tra essi possegga davvero le condizioni delle possibilità di un Essere assolutamente necessario. Ma, se in tal modo è ravvisata solamente la possibilità di un tale Essere, ne è anche dimostrata l'esistenza; poiché è come dire: in mezzo a tutto il possibile c'è un essere, che ha in sé necessità assoluta, cioè quest'essere esiste in modo assolutamente necessario.
7 - Il concetto di Essere supremo soddisfa bensì a tutte le questioni a priori, che possono essere fatte circa le determinazioni interne di una cosa, ed è anche per questo un ideale senza pari, poiché il concetto generale lo designa insieme come un individuo fra tutte le cose possibili. Ma non soddisfa affatto alla questione circa la propria esistenza, che era nondimeno ciò di cui propriamente si trattava; e ad informazione di chi, ammettendo l'esistenza di un Essere assolutamente necessario, volesse solo sapere quale fra tutte le cose dev'essere tenuta per tale, non gli si potrebbe rispondere: l'Essere necessario è questo qui. Può certo essere concesso che gli si ammetta l'esistenza di un essere di suprema sufficienza come causa di tutti i possibili effetti, per agevolare alla ragione l'unità, cui essa aspira, dei principi di spiegazione. Ma giungere fino al punto di dire: tale Essere esiste necessariamente, questa non è più l'espressione discreta di un'ipotesi permessa, ma la pretensione orgogliosa di una certezza apodittica; giacche anche la conoscenza di quello che ci vantiamo di conoscere come assolutamente necessario, deve avere in sé una necessità assoluta.
8 - La necessità incondizionata, di cui abbiamo bisogno in maniera così indispensabile, come dell'ultimo sostegno di tutte le cose, è il vero baratro della ragione umana. L'eternità stessa, per orridamente sublime che uno Haller possa ritrarla, non fa a gran pezza sull'anima quest'impressione vertiginosa; giacche essa misura soltanto la durata delle cose, ma non le sostiene. Non si può evitare, ma non si può sostenere, il pensiero che un essere , che ci rappresentiamo come il sommo fra tutti i possibili, dica quasi a se stesso: io sono ab eterno in eterno; oltre a me non c'è nulla, tranne quello che è per volontà mia; ma donde sono io dunque?
9 - In altri termini: io non posso giammai venire al termine del regresso verso le condizioni dell'esistere, senza ammettere un essere necessario; ma io non posso mai cominciare da questo. Se io, per le cose esistenti in generale, devo pensare qualche cosa di necessario, ma non sono in diritto di pensare nessuna cosa in sé come necessaria, ne seguire inevitabilmente, che necessità e contingenza non debbano riferirsi alle cose stesse e concernere queste, perché altrimenti ne verrebbe una contraddizione: che quindi nessuno di questi due principi sia oggettivo, ma essi, in ogni caso, possono essere soltanto principi soggettivi della ragione, ossia da una parte di cercare per tutto ciò che è dato come esistere, qualche cosa che sia necessario, cioè di non fermarsi mai se non ad una spiegazione a priori completa; ma, dall'altra, anche di non sperar mai questa completezza, cioè di non ammettere nulla di empirico come incondizionato, si da dispensarci da un'ulteriore derivazione. In questo senso entrambi i principi possono benissimo stare l'uno accanto all'altro come principi semplicemente euristici e regolativi, che non riguardano altro che l'interesse formale della ragione. L'uno infatti dice: voi dovete filosofare sulla natura come se a fondamento di tutto ciò che appartiene all'esistenza, ci fosse un fondamento primo necessario, unicamente per mettere unità sistematica della vostra conoscenza seguendo una tale idea, cioè un supremo principio ideale; ma l'altro vi ammonisce di non prendere nessuna determinazione singola, che riguardi l'esistenza delle cose, per un tal principio supremo, cioè come assolutamente necessario, bensì a mantenervi sempre aperta la via per un'ulteriore derivazione e considerarla quindi ogni volta come condizionata.
10 - I filosofi dell'antichità ritenevano contingente ogni forma della natura, ma originaria e necessaria, secondo il giudizio della ragione comune, la materia. Ma se essi avessero considerato la materia non relativamente (respective) come sostrato dei fenomeni, si in se stessa, secondo la sua esistenza, l'idea dell'assoluta necessità sarebbe tosto svanita. Giacche non c'è nulla che leghi assolutamente la ragione a questa esistenza; che, anzi, essa col pensiero può sempre e senza contraddizioni sopprimerla; ma la necessità assoluta era riposta, d'altra parte, soltanto nel pensiero.
11 - ...poiché l'unità sistematica della natura non può a niun patto rappresentarsi come il principio dell'uso empirico della nostra ragione se non in quanto noi poniamo a fondamento l'idea di un Essere realissimo come causa suprema, questa idea quindi venga rappresentata come un oggetto reale, e questo, a sua volta, poiché è la suprema condizione, come necessario; onde un principio regolativo vien cangiato in un principio costitutivo: la quale costituzione si manifesta al fatto, che, se io ora considero come cosa in sé questo supremo Essere, che, relativamente al mondo, era assolutamente (incondizionatamente) necessario, questa necessità non è suscettibile di nessun concetto, e quindi deve essersi trovata nella mia ragione soltanto come condizione formale del pensiero, ma non come condizione materiale e ipostatica dell'Esistenza.
12 - D'altra parte, noi vediamo una catena di effetti e di cause, di fini e di mezzi, regolarità nel nascere e nel perire; e poiché nulla è pervenuto da sé nello stato in cui si trova, questo rimanda sempre più in là a un'altra cosa come sua causa; la quale, a sua volta, rende necessaria precisamente la stessa ricerca, sicché in tal modo l'intero universo dovrebbe sprofondarsi sull'abisso del nulla, se non si ammettesse qualche cosa che, fuori di questo infinito contingente, sussistendo per sé originariamente e indipendentemente, sostenga questo contingente e insieme, come causa della sua origine, ne assicuri la durata.
13 - I momenti principali della detta prova fisico-teologica sono i seguenti: 1) nel mondo vi sono dappertutto segni evidenti di un ordinamento secondo uno scopo determinato, attuato con grande sapienza e in tutto di indescrivibile molteplicità di contenuto, nonché d'illimitata grandezza d'espansione. 2) Alle cose del mondo quest'ordinamento finale è affatto estraneo, e aderisce ad esse solo in modo contingente; cioè la natura delle diverse cose non avrebbe potuto da se stessa, con mezzi così vari fra loro coordinati, accordarsi per uno scopo finale determinato, se essi non fossero propriamente scelti e disposti a ciò da un principio razionale coordinatore secondo idee che fossero a fondamento di esso. 3) Esiste dunque una causa sublime e saggia (o più cause), che dev'essere la causa del mondo non semplicemente come una natura onnipotente operante ciecamente per la sua produttività, ma come intelligenza per la sua libertà. 4) L'unità di questa causa si può desumere dall'unità della relazione reciproca delle parti del mondo, come pezzi di un'opera d'arte, in ciò su cui domina la nostra osservazione con certezza, ma più in là, secondo tutti i principi dell'analogia, come verosimiglianza.
14 - Secondo questo ragionamento, la finalità e l'armonia di tante disposizioni della natura dovrebbero dimostrare soltanto la contingenza della forma, ma non della materia, cioè della sostanza del mondo; giacche per quest'ultima bisognerebbe per di più dimostrare che le cose del mondo non fossero in se stesse atte ad un ordine e ad un accordo così, secondo leggi universali, se non fossero, anche per la loro sostanza, il prodotto di una somma sapienza, a che peraltro occorrerebbero ben altri argomenti che quello dell'analogia con l'arte umana. La prova, dunque, potrebbe al più dimostrare un architetto del mondo, che sarebbe sempre più limitato dalla capacità della materia da lui elaborata, ma non un creatore del mondo, alla cui idea tutto è sottoposto: la qual cosa è ben lontana dal bastare al grande scopo cui si mira, di dimostrare un essere originario sufficiente a tutto.
15 - Se per teologia intendo la conoscenza dell'Essere originario, essa è fondata o sulla pura ragione (theologia rationalis) o su una rivelazione (rivelata). La prima concepisce il suo oggetto o semplicemente con la pura ragione, mediante, meri concetti trascendentali (eus originarium realissimum, eus entium), e dicesi teologia trascendentale; ovvero, mediante un concetto, che si ricava dalla natura (della nostra anima), con la suprema intelligenza, e dovrebbe dirsi teologia naturale. Chi ammette una teologia trascendentale è detto deista; chi ammette anche una teologia naturale, teista. Il primo ammette che in ogni caso noi possiamo conoscere con la semplice ragione l'esistenza di un essere originario, di cui per altro il nostro concetto è semplicemente trascendentale, cioè solo di un essere, che ha ogni realtà, ma che non si può determinare di più. Il secondo afferma, che la ragione è in grado di determinare di più l'oggetto secondo l'analogia con la natura, ossia cm un essere che per intelletto e libertà contenga in sé il primo principio di tutte le altre cose. Quello si rappresenta, dunque, in tale essere solo una causa del mondo (senza dire se mediante la necessità della natura, o mediante la libertà); questo, un creatore del mondo.
16 - La teologia naturale conclude gli attributi e all'esistenza di un creatore del mondo movendo dalla costituzione, ordine e unità, che si da in esso mondo, in cui bisogna ammettere due specie di causalità, e la loro regola, ossia natura e libertà. Quindi questo mondo sale all'intelligenza suprema, o come principio di ogni ordine e perfezione naturale, o come principio di ogni ordine e perfezione morale. Nel primo caso si dice teologia fisica, nel secondo teologia morale. (teologia morale intesa come convinzione dell'esistenza di un Essere supremo, che si fonda su leggi morali);
17 - Intanto, poiché nessuno, pel sol fatto che non crede di poter affermare qualche cosa, può essere accusato di volerla negare, così è più discreto e più giusto dire: il deista crede in un dio, ma il teista crede in un dio vivente (summa intelligentia).
18 - Ma, benché il suo uso speculativo la ragione resti a gran pezzi inferiore a questo suo gran disegno, di giungere cioè all'esistenza di un Essere supremo, essa non di meno ha il vantaggio grandissimo di rettificare la conoscenza di esso, nel caso che ella possa essere attinta d'altronde, di metterla d'accordo seco stessa e con tutte le concezioni intelligibili, e di purificarla da tutto ciò che potrebbe essere contrario al concetto di un Essere originario, e da ogni miscuglio di limitazioni empiriche.
19 - Giacché, semmai sotto altro rapporto, poniamo sotto quello pratico il presupposto di Essere supremo e a tutto sufficiente affermare la sua validità senza contraddizioni, allora sarebbe della maggiore importanza determinare esattamente, dal lato trascendentale, questo come il concetto di un Essere necessario e realissimo, e scartarne tutto ciò che ripugna alla suprema realtà e che appartiene al fenomeno (all'antropomorfismo nel senso più largo), e sgombrare insieme tutte le affermazioni opposte, siano esse ateistiche, deistiche, o antropomorfistiche; ciò che è ben facile in una tale trattazione critica, in quanto i principi stessi, onde è messa sott'occhio l'impotenza della ragione umana rispetto all'affermazione dell'esistenza di un tale Essere, bastano di necessità anche a dimostrare l'impossibilità di ogni affermazione contraria.
20 - La necessità, l'infinità, l'unità, l'esistenza fuori del mondo (non come anima del mondo), l'eternità senza le condizioni del tempo, l’onnipresenza senza le condizioni dello spazio, l'onnipotenza, e così via, sono meri predicati trascendentali; e quindi il concetto purificato di essi, onde ogni teologia ha tanto bisogno, può essere solo preso dalla teologia trascendentale.
-----fine citazioni---
Questa è la critica Kantiana (o parte di essa) all'apparato con cui la religione cristiana si apprestava ad affrontare l'avanzata dell'illuminismo in Europa. Questa critica, e quello che seguì poi con l'avvento del materialismo tesero a ridicolizzare dimostrando l'inconsistenza delle dimostrazioni, fino ad allora utilizzate nelle disquisizioni filosofiche, sull'esistenza dell'Essere Creatore al di là dell'apparato terroristico o “rivelato” della bibbia.
Mentre il materialismo dialettico di libertini prima e dei comunisti ed anarchici poi facevano della critica armi con le quali attaccare il potere della chiesa e la sua azione nel traffico di schiavi all'interno del Sistema Sociale, la critica Kantiana è una critica funzionale al sistema clericale in quanto, la sua critica, ha lo scopo di smontare le prove tenendo il lettore fermo nella condizione soggettiva della sua adesione all'idea del creatore supremo. Dice Kant: “Che te ne frega delle prove? E' tutto soggettivo e indimostrabile, il credere è il bisogno della tua ragione, dunque, continua a credere senza cercare prove!”
Naturalmente le cose possono essere lette in maniera diversa e il libertinismo, la rivoluzione francese, il liberalismo, il materialismo storico e dialettico, la teoria dell'evoluzione, la capacità di alterare le capacità psichistiche nella percezione dei fenomeni, l'alterazione delle prestazioni fisiche mediante l'allenamento, le scoperte di Pavlov sui riflessi condizionati, i lavori di Freud, Reich, Jung, ecc. indicano cose ben diverse e nessuna di esse aiutano nella dimostrazione dell'Essere Creatore.
Si può obiettare come sia facile al giorno d'oggi opporsi alle “prove” filosofiche dell'esistenza dell'Essere Creatore, con tutti gli elementi raccolti dalla scienza e da metodi di lavoro sconosciuti fino ad un paio di centinaia di anni fa. Certo, sembra facile bastonare il can che annega, ma ricordate quando costoro bastonavano il cane che faticosamente si trascinava verso la riva della conoscenza? Ricordate i roghi innalzati a sberleffo della libertà di pensiero? Ricordate le teorizzazioni dell'uso della tortura a chi non aderiva ciecamente al loro piacere di terrore? Perché aver pietà del cane che annega quando la via attraverso la quale giunse nel fiume è cosparsa di lacrime e sangue di interi popoli?
Quanto gli adoratori di dèi creatori sono impotenti? O non stanno forse già tramando per armare nuovi eserciti attraverso i quali continuare a spargere sangue e terrore per riprendere il dominio e il commercio di schiavi? Che forse la loro morale, i loro principi, le loro leggi non sono sempre le stesse ispirate agli stessi principi biblici? Forse che rinunciarono a piegare le ginocchia davanti ad un dio assassino? E non è forse a quell'assassino cui si riferiscono quando si identificano? Concordia e libertà di culto, dicono quando sono deboli, inginocchiatevi ed obbedite alla nostra morale, dicono quando sono forti.
Se per le genti è sempre più comprensibile l'aberrazione del dio biblico, molto pragmatico nelle azioni e nei bisogni, più sfuggente e sottile è il dio dei filosofi.
A nulla serve ridurre all'impotenza il dio biblico se non si strappa il dente velenoso dalla bocca del dio dei filosofi. Senza Socrate ed Aristotele il cristianesimo è un’aberrazione vuota; è il prodotto di un folle che spacciatosi per figlio di un dio comprese la propria aberrazione all'ultimo momento quand'era appeso ad una croce. Una pazzia giunta a proposito da utilizzare nella gestione del putridume di un impero morente.
Nell'evoluzione delle idee e delle cose il dopo si sovrappone al prima; ogni scoperta aggiunge un qualche cosa a ciò che già si sapeva. Quando il nuovo giunge a smentire e a smascherare per falso il vecchio allora ciò che era, era solo falsità. Tutto ciò che è nuovo, nella misura in cui è contrapposizione alle affermazioni filosofiche precedenti, altro non fa che dimostrare la disonestà e l'inconsistenza delle opinioni precedenti. Se le deduzioni filosofiche precedenti al nuovo fossero state oneste e coerenti con l'oggettività del circostante, il nuovo non vi si contrapporrebbe, ma costituirebbe momento di ampliamento del vecchio, un nuovo sviluppo, nuove strade, nuovi orizzonti.
Ma veniamo a Kant. Una cosa va premessa della sua Critica alla Ragion Pura: è onesto (nei limiti in cui un cristiano può essere ritenuto onesto), non gioca con gli specchi né s’illude. Prende il materiale offertogli dal suo mondo e lo elabora attraverso i propri sensi: cerca di capire. Dopo di lui il mondo prosegue in una diversa direzione e, per quella direzione, anch'egli vi getta il suo seme.
Perché nasce l'idea dell'Essere assolutamente necessario? Questa è la domanda con la quale Kant apre le sue riflessioni.
Perché un Essere come l'uomo giunge ad elaborare un'idea del genere?
Quest'idea è un'idea di ripiego. Non è un'idea trascendentale, come afferma Kant ma è un'idea formulata dagli Stoici sotto l'incalzare della critica degli Scettici. Nessuno, e la ricerca antropologica lo può confermare, contesta l'origine naturale di ogni forma religiosa; è il rapporto uomo (attraverso i suoi sensi) e natura a trasformarsi in religione.
Perché questo?
Nessun animale ha mai sviluppato un rapporto religioso fra sé e la natura. Egli è la natura, e la natura è lui. C'è interdipendenza, non c'è assoggettamento. Il gioco degli adoratori di Esseri assolutamente necessari, o assolutamente necessario, si sviluppa dopo l'apparire dell'Essere Umano all'interno della natura, e la stessa teoria dell'evoluzione ebbe sempre difficoltà a spiegare logicamente perché l'Essere Umano, pur vivendo da decine di milioni di anni nella natura, è tanto estraneo ad essa. Nel corso della sua evoluzione l'Essere Umano operò il distacco dalla natura sviluppando la corteccia cerebrale trasferendovi progressivamente tutta una serie di funzioni proprie del cervello interno. In natura tutti gli animali dispongono dei cinque sensi, più o meno accentuati o specializzati a seconda della specie (anche il numero può variare a seconda della specie e della sua specifica evoluzione), solo l'Essere Umano e alcuni Esseri Scimmia (embrionalmente) “evoluti” utilizzano la corteccia cerebrale per l'elaborazione dei fenomeni percepiti attraverso i sensi. Oltre a questo l'Essere Umano sviluppò, nel tempo, e perfezionò alcuni organi cerebrali fra i quali il corpo striato con la funzione di isolare la parte interna dalla parte esterna del cervello. Questo processo, comunque evolutivo (in quanto funzionale allo sviluppo della specie), presentò un’involuzione dei rapporti fra Essere Umano e natura. Dove l'estetica della stessa soppiantò la noumenia. La forma soppiantò l'essenza. Questo processo si sviluppò nell'arco di alcune decine di migliaia di anni ed ebbe fasi diverse di sviluppo nel processo di distacco dalla natura.
Dove stia il vantaggio per la Specie Umana l’aver imboccato tale via evolutiva non è interesse di questo paragrafo cercarlo; prendiamo come dato di fatto che ciò avvenne.
Ad ogni generazione quel distacco si accentuava e i messaggi provenienti dalla parte interna del cervello erano sempre più incomprensibili. Si può dire che l'Essere Umano perse il proprio “paradiso” per essere cacciato nell'impotenza del rapportarsi con la natura la quale, da “madre generatrice”, divenne nemica caotica e feroce tanto da doverla domare trasformandola? Ciò sembra un po’ eccessivo; quando mi guardo attorno vedo solo degli Esseri Umani definibili come feroci, di tutto il resto sospendo il giudizio e ne ricerco la causa.
Cosa affiora dal cervello bloccato dell'Essere Umano? La sensazione della vita all'interno del Pianeta, la sensazione della vita all'interno dell'Essere Sole, la sensazione della vita all'interno dell'Essere Luna e degli Esseri Pianeti. La sensazione di essere circondati da Esseri Coscienti di Sé: la Natura, il Sole, la Luna, i Pianeti, la Terra ecc..
L'Essere Umano stacca la spina dalla sintonia con la natura, ma non è un paria di questa. I poteri della Natura lo sostengono anche nel mondo della ragione che egli va formulando a poco a poco.
L'Essere Umano non percepisce la consapevolezza di Sé di un Essere Scarabeo, ma non può fare a meno di ammirare il suo fare il cui risultato rende fertile la terra favorendo la continuità della specie. Questa stessa terra e questa stessa fertilità atta a produrre il suo cibo. Da quest'ottica possiamo ammirare qualsiasi Essere esistente e le sue abilità nel risolvere i suoi problemi legati alla propria esistenza. Eppure, secondo alcuni, essi non disporrebbero di intelligenza. Però risolvono i loro problemi e l'Essere Umano nota il proprio vantaggio all'interno della soluzione di tali problemi. Alcuni di questi Esseri sono o tanto grandi e “potenti” con i quali non è in grado di rapportarsi direttamente (o tanto lontani fisicamente), altri sembrano così indifesi da sembrare protetti da qualche cosa di misterioso.
Esseri come il Sole e la Terra sembrano accogliere l'Essere Umano dandogli benessere e sostentamento. Essi per l'Essere Umano divennero padre e madre come trasposizione del suo divenire. L'Essere Umano se da un lato, trasferendo l'elaborazione dei messaggi provenienti dai sensi terminanti sulla corteccia cerebrale e rafforzando la barriera del corpo striato, si allontanava dalla percezione noumenica del circostante (per ciò che è) dall'altro, attraverso la ragione, cercava di capire il mondo circostante e i suoi meccanismi attraverso l'analisi della forma (estetica) e trasponeva i meccanismi compresi dal quotidiano al microcosmo e al macrocosmo.
Il rapporto con la natura diventava paura e sudditanza nei confronti dei fenomeni. Impotenza nell'affrontarli. E, quelle paure, divennero dèi dominatori. Dopo che l'Essere Umano divenne dio dominatore di Esseri Animali disarmati prima e di altri Esseri Umani poi.
Egli traspose tutto questo. Tutto questo gli venne ritorto contro da altri Esseri che esistono e vivono nella natura composti di sola Energia Vitale nei confronti dei quali l'Essere Umano divenne cieco da quando sviluppò la corteccia cerebrale. Pur percependo i messaggi provenienti attraverso la parte interna del cervello che qualche volta passano attraverso il corpo striato, l'Essere Umano non era in grado di verificarne la forza e la consistenza. Questo non è dimostrabile come è dimostrabile la presenza di un tavolo. Non posso andare per strada a dire al primo individuo incontrato: "Ecco questo è un Essere di sola Energia Vitale". Come minimo mi prenderebbero per matto (come dovrebbe essere per chi va in giro a parlare di un Essere assolutamente necessario o di un dio creatore). Posso dimostrarlo solo a chi riesce a sfondare, sia pure parzialmente, la barriera del corpo striato (posso inoltre ricercare la tradizione di presenze spiritiche, follettistiche ecc. in ogni tradizione popolare o ogni religione dell'intero pianeta). Però esistono delle condizioni, sia pur parziali per cui posso dire: "Questo è un Essere di sola Energia Vitale" mentre non esiste nessuna condizione per cui qualcuno possa dire: "Questo è dio creatore o l'Essere assolutamente necessario". Non è impossibile, anche se è difficile dimostrare ad un cieco una forma che non può comprendere nelle proprie mani.
L'Essere Umano traspose tutto questo sentendosi in balia di forze non controllabili e da meccanismi sconosciuti.
Ma se il padrone conosceva più cose del servo, certamente un altro padrone, a lui inaccessibile, conosceva, sapeva, faceva.
Doveva dunque ingraziarsi tali forze le quali come lui pensavano, come lui mangiavano, come lui facevano all'amore, come lui generavano. Prima fu al Sole, alla Terra, alla Luna, alle Stelle e ai fenomeni della natura ai quali l'Essere Umano chiese benevolenza. Perfezionandosi la struttura del Comando Sociale e dovendo questa estraniarsi dal Sistema Sociale da dominare, anche gli Esseri della Natura prima presero forma umana, poi da molti divennero uno (per modo di dire visti i tanti semidei di cui si circonda il dio dei cattolici), per diventare infine impersonale, imperscrutabile, Essere incondizionato assolutamente necessario. Una costruzione, per sovrapposizione, dell'ignoto quale garante del Comando Sociale divenne idea trascendentale a priori.
Si dimenticano i passaggi, le trasposizioni, l'idea dell'Essere incondizionato necessario passa di bocca in bocca. Di generazione in generazione. Le sue dimensioni crescono. Gli aggettivi riferiti sono sempre assoluti. Tutti devono inchinarsi a tanta magnificenza, tutti devono inchinarsi davanti al Comando Sociale da esso legittimato. Il nome dell'Essere assolutamente necessario dell'esercito vincitore viene esaltato; nella polvere il nome dell'Essere assolutamente necessario dell'esercito sconfitto. Chi portò l'esercito alla vittoria? Il proprio Essere assolutamente necessario! Lodate! Lodate! Lodate! Ma che cosa? Il controllo del Comando Sociale sul Sistema Sociale degli Esseri Umani.
Staccato dalla società degli uomini diventa "pensiero puro" e si discute sul "pensiero puro" stesso. Donde derivò tale pensiero? Dalla religiosità innata dell'Essere Umano, risponde il Comando Sociale; dall'incapacità dell’Essere Umano di padroneggiare il proprio divenire, risponde la Natura.
Folli bestemmiatori dio vi punirà, ma leggi, galere, tortura e roghi, dio non ha forza di innalzarli, la forza ce l'ha solo chi fa degli Esseri Umani carne da lavoro.
Dove sono i predicati di forza e di onnipotenza del vostro Essere assolutamente necessario? Egli è onnipotente, egli è onnisciente, ma quale miserevole fine costui farebbe se non fosse sostenuto da eserciti, leggi e costrizioni.
Come può essere pensato (descritto) quest'Essere? Se lo penso come realtà suprema non so se esista. Non posso conoscerlo a posteriori, non rientra nell'ambito dei sensi (nel quotidiano della ragione) pertanto non è possibile scambiare il concetto dell'Essere supremo con l'Essere supremo. Dunque, posso pensarlo solo come categoria pura "nessuna meraviglia che non possiamo fornire nessun carattere per distinguerla dalla semplice possibilità" dice Kant.
E qui spiazza tutti. “Vi ho fregato!” dice Kant “vi ho tolto l'Essere supremo dai sensi, l'unica cosa da voi posseduta per percepire fenomeni ed oggetti, ma dal momento in cui vi sottraggo l'Essere assolutamente necessario dai sensi e l'infilo nelle idee pure voi potete solo pensarlo, ma non misurarlo né criticarlo”.
Se l'Essere assolutamente necessario è solo un'idea pura questa è la riprova della sua non esistenza. Come Babbo Natale. Ciò che viene confinato nelle pure idee sono le ipotesi di risposte a domande quando viene meno il carattere scettico della non conoscenza.
Oggi posso parlare di comportamenti derivati dalla coercizione di bisogni sessuali (grazie a Freud, Reich e compagni). Kant non era in grado di far ciò; per lui quei comportamenti, come del resto tutta la psicologia, altro non erano che movimenti dell'anima. Comportamenti ed idee oggi empiriche, sia pur nella diversa articolazione delle impressioni, per Kant entravano nel trascendente e nelle idee pure. Il meccanismo deve essere letto al contrario; idee empiriche vengono trasformate in idee pure attraverso l'oblio dell'empiricità nella percezione e nella formulazione delle stesse.
La necessità pragmatica nell'affrontare il quotidiano tende a mettere da parte lo scetticismo del giudizio rispetto a determinate soluzioni di problemi pensati (descritti) per sostituirlo col giudizio di necessità. Il giudizio di necessità, tramandato di generazione in generazione dal Comando Sociale, diventa l'unico giudizio relegando nell'oblio sia la soluzione che il problema descritto. Il giudizio di necessità si trasforma, attraverso il Condizionamento Educazionale, diventando soluzione e risposta alla quale il Sistema Sociale deve inchinarsi.
Se una cosa esiste, esiste anche l'Essere assolutamente necessario. Questo è un accostamento arbitrario e, risponde Kant: “la minore contiene un'esperienza, la maggiore un'illazione da un'esperienza in generale all'esistenza del necessario”. Ma è molto di più: è un'operazione scorretta e disonesta. Assolutamente necessaria è la cosa, non l'Essere. E' l'esistere della cosa a rendere questa necessaria a sé, non il suo riflesso nell'Essere.
Gli adoratori di dèi mettono sé stessi al centro dell'attenzione dell'universo e sopra di essi il loro dio dal quale traggono avvallo per le loro proposizioni. Ignorano, o vogliono ignorare, gli oggetti, il rapportarsi con i quali, determina il loro esistere. Non solo, ma negano l'esistenza in sé di quegli oggetti dei quali non sono in grado di percepire la struttura per farli esistere in funzione dei propri bisogni.
"E' sofismo" afferma Kant. Quando un concetto vuoto viene circondato da centinaia di aggettivi assoluti attraverso i quali innalzare una cortina fumogena con cui occultare la vuotezza e l'inconsistenza di un concetto è un metodo sofista. La forza del concetto, in questo caso, sta nella suggestione autoipnotica indotta attraverso la ripetizione acritica degli aggettivi. Il Condizionamento Educazionale passa attraverso l'acriticità delle condizioni subite dai soggetti subalterni al Comando Sociale. Attraverso il fumo degli aggettivi il nulla prende forma gigantesca e terrifica diventando l'Essere assolutamente necessario agente primo dell'alimentazione di paure e impotenze. D'altro canto con la questione dell'Essere supremo si taglia la testa alla soluzione di ogni problema e di ogni questione. Non potendo dire: "l'Essere assolutamente necessario è questo qui", ogni volta in cui una questione rimane sospesa appare la soluzione nella "volontà di dio" disarmando così ogni volontà di ricerca.
Quando il Sole era il "dio" gli Esseri Umani, ammirando il piacere derivante dal suo calore, a Lui attribuivano ogni interferenza nella natura dalla quale traevano soddisfazione nell'appagamento dei propri bisogni. Essi potevano dire: “L'Essere assolutamente necessario è questo!” e indicarlo. Non erravano; il riferimento da essi assunto erano i loro bisogni che attraverso l'azione di quell'Essere venivano soddisfatti. Quell'Essere non interferiva nelle azioni umane se non indirettamente, attraverso la natura. Attraverso il proprio esistere.
Cominciò ad interferire quando qualcuno, proclamandosi figlio suo (o da egli inviato o ispirato), lo assunse a testimone del proprio diritto ad autoproclamarsi Comando Sociale, padrone di altri Esseri Umani. Oggi il Sole è considerato alla stregua di una palla di fuoco e l'Essere Umano una macchina da lavoro dimentichi dell'esistenza dei Sé dell'esistente; perché dunque non allontanare l'Essere assolutamente necessario nel buio dell'infinito della ragion pura lontano dalla percezione dei sensi?
Se non possiamo dimostrare la sua esistenza non possiamo dimostrare nemmeno la sua non esistenza. Il dubbio del Condizionamento Educazionale resta inalterato. “Non avendo elementi per non credere, tanto vale credere; che ti costa?” dice il Comando Sociale a chi vuole sottrarsi al giogo dell'adesione ad una concettualità il cui scopo è quello di impedire agli Esseri Umani di afferrare nelle proprie mani il destino della propria vita anziché abbandonarsi all'illusione dell'Essere assolutamente necessario di cui sarebbe espressione il Comando Sociale dal quale fa derivare la propria autorità ed onnipotenza.
E ancora; chi ha bisogno dell'Essere assolutamente necessario? Chi, se non la mente il cui bisogno è quello di impedire ad altre menti di scalzarla dal proprio trono di Comando Sociale? Chi, se non coloro i quali nel nome della pace, anziché esautorare la necessità della guerra per rapina, invocano la pace dei sensi nella percezione del bisogno di piacere e della conoscenza al solo fine di impedire il distacco degli individui dall’adesione acritica al Comando Sociale e la perseveranza di costoro nel loro ruolo di carne da lavoro?
Abbiamo bisogno noi? Ma noi chi?
Noi padroni di eserciti attraverso i quali ci appropriamo del lavoro di altre mani, o noi Esseri Umani all'assalto del cielo della conoscenza e della consapevolezza?
Noi, pregando l'Essere assolutamente necessario affinché soccorra i nostri bisogni insoddisfatti; o noi, dalle mani sporche di fango e grasso per soddisfare i nostri bisogni?
Quale noi ha bisogno dell'Essere assolutamente necessario? Perché, risalendo le condizioni dell'esistere debbo necessariamente ammettere un Essere assolutamente necessario?
Ciò parte dal presupposto per cui la mia mente, il mio pensiero, è in grado di descrivere le condizioni attraverso le quali fu prodotto l'esistente. E, una volta pensate (descritte) tutte le condizioni, io risalgo all'Essere assolutamente necessario dicendo: "Ecco questo è l'Essere assolutamente necessario". Io dovrei negare ogni valore allo scetticismo dal momento in cui la mia mente può pensare tutto l'esistente fino a giungere all'Essere assolutamente necessario?
Se seguo a regresso le condizioni non giungo alle determinazioni dell'Essere assolutamente necessario, ma giungo alla presenza di altre condizioni e la determinazione oggettiva della mia esistenza mi permette di supporre la limitazione oggettiva delle condizioni raggiunte nel regno dell'attuale esistere. Tagliare la testa, nel risalire le condizioni, attraverso l'affermazione assoluta dell'idealità pura dell'Essere assolutamente necessario diviene oggettivamente resa al tentativo di risalire a regresso le condizioni.
E ancora; perché “per le cose esistenti devo pensare a qualche cosa di necessario ma non sono in diritto di pensare nessuna cosa in sé come necessaria?”. Chi determina tale diritto? Posso affermare una cosa come risultante di cause, o concause, e posso ammettere tale causa, o concause, come necessarie ai fini della cosa, ma non posso ammettere l'impossibilità di quella cosa in sé in quanto a sua volta diventa causa o concausa di altre cose. Essa stessa diventa necessità nelle catene delle cause ed effetti alle quali io assisto nel momento che tale cosa entra nei miei sensi o nella mia percezione.
Il fatto di voler togliere alle cause e agli effetti la propria determinazione, la loro intelligenza, consente lo spostamento dell’attenzione dalla volontà della cosa che agisce sui miei sensi alla volontà dell’Essere assolutamente necessario che fa agire quella cosa nei miei sensi. Tale spostamento è arbitrario e disonesto perché il fatto stesso che io possa scegliere fra più cose nella soddisfazione dei miei bisogni, questa scelta, anziché un’altra, dà il via ad una catena di cause ed effetti anziché un’altra catena. Ciò vale per l'azione di ogni oggetto in sé.
Non solo posso, ma debbo pensare le cose come oggetti in sé in quanto la loro esistenza, rispetto a me, è l'atto ultimo di una specifica catena cause-effetti rivolta al futuro che ha manifestato quell’oggetto. Ed è Kant ad ammettere tutto questo quando ammonisce la ragione dal trovare scorciatoie: “... cioè di non fermarsi mai se non ad una spiegazione a priori completa.” .
Salvo poi costruire il compromesso nel quale afferma, in sostanza, di investigare nella natura e nelle cause tenendo presente il primo necessario e solo per mettere ordine nella vostra conoscenza seguendo tale idea, ma non prendete nessuna determinazione come assolutamente necessaria. Ottimo escamotage finalizzato al salvataggio di capra e cavoli. Qui interviene la critica dei filosofi dell'antichità i quali soffermavano il loro giudizio sul necessario attribuendolo alla materia.
La ragione, secondo Kant, non è legata all'esistenza della materia in quanto la ragione può sopprimerla attraverso il pensiero il quale rappresentava la necessità assoluta. E’ in grado Kant di dimostrare l'esistenza del pensiero in quanto ente od oggetto a se stante e non come fenomeno od espressione di una particolare organizzazione della materia? Non solo, ma se non vado errato gli antichi filosofi (greci) consideravano quattro elementi; l'acqua, l'aria, il fuoco e la terra, mentre i cinesi vi aggiungevano il legno (e non ricordo se un altro elemento forse il metallo). In altri termini non consideravano semplicemente la materia, ma all'interno di essa anche l'energia rappresentata dal fuoco.
Il pensiero altro non è che un particolare rapporto fra materia ed energia in una particolare organizzazione all'interno della ragione (come strumento di materia vivente). Kant potrebbe mantenere il proprio concetto se il pensiero (inteso come pensato) avesse una propria dimensione e una propria individualità (oggetto in sé anziché fenomeno specifico dell'oggetto).
Anche quando parlo di Esseri Luminosi, o di Esseri di Energia Vitale, non mi riferisco mai a pensiero puro, ma ad una particolare concentrazione di Energia Vitale organizzata in modo tale da mantenere compatta la propria Coscienza di Essere. In altre parole; potrei parlare degli Esseri Luminosi come esseri composti da stadi diversi della materia, come posso parlare di corpi fisici come composti da stadi diversi di energia. E' un errore comune quello commesso da Kant, errore derivante dalla concezione del suo tempo deformata dalla teoria del primo pensiero del Demiurgo fatta propria dal cristianesimo attraverso la quale tende a spiazzare tutti i critici dello stesso. Il pensiero come ente in sé assolutamente necessario; dunque il primo pensiero come Essere assolutamente necessario. Oggi noi sappiamo che il pensiero è prodotto dall’indiiduo mediante la sua organizzazione sinapsica, dalle cellule del cervello, e sappiamo pure del rapporto dialettico esistente fra percezione della realtà ed organizzazione sinapsica, fra organizzazione sinapsica e percezione della realtà.
Dunque il pensiero è fenomeno di un oggetto, non è oggetto in sé, tanto meno assolutamente necessario in special modo per l'esistenza dell'Essere Umano.
Accettando per valida l'eccezione comune secondo cui gli animali sono privi del pensiero, essendo questa una facoltà prettamente umana, e considerando come gli animali abbiano la capacità di affrontare e risolvere tutti i problemi legati alla loro sopravvivenza (esistenza ed evoluzione), anche spesso al variare delle condizioni oggettive, possiamo considerare il pensiero come mero esercizio della mente togliendogli ogni valore nobilitante (cogito ergo sun) attribuitogli negli ultimi paia di migliaia di anni.
Insiste ancora Kant, quando, la natura, egli dice, non può essere considerata di uso empirico a meno che noi non vi poniamo a fondamento l'idea di un essere realissimo come causa suprema. L'idea di questo, egli dice, nasce nel suo pensiero. Continua poi, in altra parte, noi vediamo una catena di effetti e di cause, di fini e di mezzi ecc.. Ebbene questa concezione è prettamente di origine ebraica nella quale l'Essere assolutamente necessario con un colpo di bacchetta magica crea la natura e mette ordine nel mondo. La teoria dell'evoluzione già spiazzò questa concezione. Kant vede la libertà soltanto nelle azioni umane, tipico dell'adoratore di un dio messo al centro dell’universo, dall’Essere Umano (o meglio dal comando dello stesso) come “signore” e “padrone” del pianeta.
Gli oggetti non sono pure rappresentazioni dei sensi, ma sono oggetti in sé, i quali, a seconda delle specificità, esercitano la loro libertà sotto forma di libero arbitrio come adattamento soggettivo alle variabili oggettive manifestate nell’oggettività in cui gli oggetti agiscono. Le cause, o concause, producono effetti, questi a loro volta divengono cause, o concause, di altri effetti e non diventano cause, o concause, di altri effetti ancora in quanto la scelta del loro adattamento dischiude ed esclude altre scelte.
La libertà, si può affermare, implica scelte coscienti, valutazioni, e queste sono prerogative dell'Essere Umano.
Errore!
Non prerogativa dell'Essere Umano, ma prerogativa dell'Essere Vivente, perché nessuno può affermare l'incoscienza nella scelta dell'Essere Ghepardo; scelta di inseguire quella determinata preda o di non inseguirla qualora quella caccia non sia economicamente vantaggiosa. Ciò vale per ogni vivente, sia animale che vegetale.
Può essere attribuita anche ai non “viventi”.
Un corso d'acqua scorre dalla montagna, dove ha la sorgente, e si apre un varco fino al mare. Oggi sembra che siamo in grado di definire, con buona approssimazione, leggi e principi a cui il corso d'acqua obbedisce nel suo movimento. Con buona approssimazione, in quanto lo sconosciuto non lo consideramo. Nessuno può affermare che il corso d'acqua non agisca come adattamento soggettivo alle variabili oggettive. Si obietta immediatamente che il corso d'acqua non ha una propria coscienza cioè, in questo caso, la capacità di scegliere fra più elementi, indice inequivocabile di Coscienza di Sé.
A prescindere dal fatto che non possiamo stabilire a priori la non esistenza della Coscienza di Sé nell'esistenza del fiume (potremmo sempre ipotizzare una coscienza come parte di una più grande Coscienza, quella del Pianeta Terra) ma non abbiamo nemmeno conoscenze tali da escluderlo. Quando noi escludiamo la Coscienza di Sé all'interno degli oggetti ciò avviene per Condizionamento Educazionale dove già appare ardito il considerare la Coscienza di Sé negli animali (non parliamo di Esseri Virus ed Esseri Batteri) e ancor più nelle piante. Non certo per il possesso di elementi attraverso i quali possiamo escludere a priore tale Coscienza di Sé. D’altro canto ogni scelta della libertà si piega sempre alla costrizione la quale, a sua volta, è esercizio della libertà che si piega sempre alla costrizione la quale, a sua volta, è esercizio della libertà di un Essere più "forte" nello specifico.
L’uomo non attribuisce l’intelligenza agli Esseri Animali e Vegetali, ma la attribuisce all’immaginato essere assolutamente necessario. Non riconosco l’intelligenza agli oggetti del mondo e alle sue parti dalle quali sgorga la vita e attribuisco intelligenza (progetto e scopo) a idee patologiche come l’essere assolutamente necessario! Si chiedono prove che il corso d’acqua sia un’intelligenza e non si forniscono prove dell’intelligenza dell’essere assolutamente necessario creatore del mondo, ma si chiede alle persone di credere e sottomettersi.
Il fatto per cui l'acqua del fiume va dalle montagne al mare è un atto di adattamento ad una variabile oggettiva costrittiva. Anche la nascita di un bambino è adattamento ad una variabile (o a più variabili) oggettive costrittive, ciò non significa non esercitare la propria libertà nel nascere, significa esercitare la libertà all'interno delle condizioni imposte.
Per analogia possiamo dire che il fiume esercita la propria libertà all'interno di condizioni imposte.
Pensiero azzardato, ma perché escluderlo a priori? Comunque molto più reale dell'Essere assolutamente necessario. La mia struttura materiale ha una buona percentuale di materia inerte (o considerabile come tale), tale organizzazione costituisce una Coscienza di Me; il fatto che io non percepisca le Coscienze di Sé degli oggetti circostanti non significa la non esistenza di queste, può significare semplicemente la mia insufficienza o incapacità (o inutilità funzionale) nella loro percezione. Seguendo questa esposizione concettuale, si può obiettare: “nulla esclude un'eventuale esistenza dell'Essere assolutamente necessario”.
Al tempo.
Quando io considero l'ipotesi (con giudizio sospeso in quanto non verificabile con oggetti così detti inanimati da parte della ragione) secondo la quale oggetti inanimati potrebbero essere in possesso di una Coscienza di Sé è dovuta al trasferimento del riflesso di me, della mia materialità, sugli oggetti, i quali, sono comunque costituiti da sostanze paragonabili a quelle costituenti la mia fisicità. Tale considerazione non determina in me una diversa valutazione dell'oggetto inanimato che continuerò ad usare secondo le mie necessità. Lascio semplicemente sospeso il giudizio in un'ipotesi concettuale assolutamente diversa da quella dell'Essere assolutamente necessario.
Le prove fisico-teologiche sono semplicemente giochi per ingannare Esseri ingenui e disponibili.
Era un tempo diverso.
La scienza non era.
Era l'oscurantismo; il divieto di chiedersi il perché delle cose e cercare delle risposte.
Erano le armi attraverso le quali la "fede" era imposta.
Era l'oscurantismo imposto, era la non ricerca della coscienza e della consapevolezza pura; per chi la praticava: i roghi e la tortura.
Ma parliamo di queste "prove": 1) il mondo è ordinato con grande sapienza; 2) le cose della natura, accordandosi per un fine mai avrebbero potuto farlo da sole, solo un principio ordinatore poteva farlo; 3) ci deve essere una causa, non semplicemente come natura onnipotente ma come intelligenza per la sua libertà; 4) l'unità di questa causa si può desumere dall'unità delle relazioni fra le parti del mondo come pezzi di un'opera d'arte.
Tutte queste prove sono la negazione oggettiva dell'Essere assolutamente necessario, proprio queste prove dimostrano l'inconsistenza del concetto di un "dio creatore". L'ordine del mondo è ottenuto mediante l'adattamento nelle singole parti le quali, sul loro continuo rapportarsi fra loro, creano reciproco adattamento. Questo reciproco adattamento avviene sia nei grandi ammassi stellari sia fra le infime particelle della materia; fra i grandi organismi della natura e i microorganismi unicellulari, all'interno dei quali esiste una diversa serie di cambiamenti con diverse percezioni del tempo. Le cose della natura sono cose in sé. Sono Esseri Coscienti di Sé capaci di adattare la propria soggettività al variare delle condizioni oggettive.
Questa è la grande libertà della natura e la direzione ch’essa intraprende sulla sua via dell’evoluzione. La grande libertà della natura altro non è che la risultante della libertà di tutti gli Esseri all'interno della natura stessa.
In natura esistono colonie di "esseri" che agiscono come fossero un solo essere; e sono un solo essere in quanto una parte è al servizio del tutto. Tutti insieme rappresentano una sola Coscienza di Sé. Come lo so? Lo so! In ogni caso le cellule della mia mano sono vive, ma sono specializzate per servire il tutto, la mia mano vive, ma non tratta di filosofia trascendentale e non è nemmeno in grado di alimentarsi. Una termite riproduttiva è in grado di fare uova, ma non è in grado di difendersi né di procurarsi da mangiare; le termiti guerriere ed operaie possono fare ciò, ma non possono fare uova. Perché dunque la mia mano e il mio cervello partecipano nel determinare l'io sono e ciò non può avvenire per le formiche, le api, le termiti, tutte insieme a determinare l'io sono?
Quanto squallore nell'Essere Umano postosi al centro dell'universo, e sopra di sé un dio creatore, sordo e cieco all'immensità del circostante! L'unità delle cause si possono documentare dalle relazioni fra le parti. La causa non documenta un bel niente, al massimo l'insieme di concause determinano l'adattamento soggettivo delle varie specie alle variabili, ma null'altro.
La natura ha un fine? La ragione ci dice il fine della natura: la propria conservazione attraverso la propria riproduzione. A livello della ragione l’unico fine della natura è la natura stessa.
Se saltiamo di piano (nella percezione) osservando il percorso della natura nel generare forme di vita sempre più complesse potremmo azzardare come fine della natura quella di generare l'essere incondizionato. Essere incondizionato non come creatore e ordinatore della natura ma come costruzione della natura attraverso adattamenti successivi e aggregazioni successive di singole Coscienze di Sé sempre più complesse. Dove, la risultante di tutte queste Coscienze di Sé è una Coscienza di Sé detta Natura. Un Essere poderoso, capace di convogliare energia vitale lì dove necessita per la propria sopravvivenza.
Può esserci un fine diverso?
Gli adoratori di dèi preferiscono considerare la natura un gingillo nelle mani di un dio capriccioso e assassino piuttosto che considerare l'enormità dentro la quale stiamo vivendo.
Le cellule della mia mano sono coscienti della capacità di “pensare” del mio cervello? Il mio dente incisivo è cosciente dell'abilità del mio piede? Eppure io sono cosciente di mani, piedi, denti e cervello ed esercito il mio adattamento soggettivo alle variabili oggettive incontrate. Se fossi un Essere Saguaro del deserto di Sonora eserciterei l'adattamento soggettivo alle variabili oggettive proprie dell'Essere Saguaro del deserto di Sonora. Così, se fossi piede, eserciterei la prerogativa di essere piede, se fossi dente ecc..
Dunque, se io dovessi dare un minimo di valore alle così dette prove fisico-teologiche dovrei mettere L'Essere incondizionato come fine della trasformazione della natura e non come causa di essa!
Qui Kant rifiuta di farsi fregare dall'imbecillità del suo tempo. L'ordine della natura tutt'al più potrebbe dimostrare l'opera di un architetto del mondo più che quella di un creatore. Dicono gli adoratori di dei: “Chi creò il caos originario se non il dio stesso?”. “Chi fu se non il pensiero divino?” Dura risposta, tale da allontanare oltre la critica eppure tanto stupida come domanda da non valere la pena di soffermarsi se non fossero questo tipo di domande che, attraverso l'imbarazzo delle risposte, costituisce un punto di forza del loro credo. Quando una proposizione non si può dimostrare e non si può dimostrarne l'opposto, questa viene assolta per insufficienza di prove e tanto basta agli adoratori di dei per continuare nella loro opera di terrore.
C'è la verifica, ed è la vita degli Esseri Umani: quanto serve a costruire terrore ed angoscia è falso e illusorio! Pertanto la condanna avviene davanti al tribunale della vita.
Io sono quello che sono. Sono in grado di proiettare il mio essere in "tutte" le direzioni dello spazio e del tempo (da me concepibili) mantenendo sempre il mio grado di consapevolezza di Essere Umano.
Sono in grado di essere là all'origine dei cambiamenti; un disco giallo in campo nero e poi il caos. E' la visione della Blavatsky; che poi costei l'abbia vista su un libro o abbia percorso a ritroso le grandi linee dei cambiamenti questo dipende dalla sua soggettività. Quello da me visto altro non era ciò che è ora organizzato in maniera diversa. La mia coscienza giunge solo fin là, ma è sufficiente per distinguere il bisbiglio viscido e arrogante di un miserabile Essere Luminoso che per soddisfare i suoi bisogni si proclama dio creatore davanti a chi muore di terrore non sapendo come affrontarlo, dal canto di espansione dell'Universo che attraverso un numero infiniti di adattamenti percorre la via dello sviluppo della Coscienza di Sé. Se devo presentarmi davanti al tribunale della vita io sono pronto! Di fronte al tribunale della logica non esistono assoluzioni per insufficienza di prove e il comprensibile, per l'Essere Umano, è limitato dal proprio essere i cui limiti comunque sono inimmaginabili per gli adoratori di dei.
E' opportuna la precisazione Kantiana per non cadere nella trappola dell'illusione. Ricordo Reich e il suo pianto in Ascolta Piccolo Uomo; ci lasciò la vita sopra i microscopi e nelle camere orgoniche e fu condannato da chi non aveva tempo per verificare la conoscenza né aveva interesse a farlo.
Veniamo ora a quel duello all'ultimo sangue combattuto nella filosofia contrapponendo deisti e teisti.
I deisti, in ordine di tempo, sono l'ultima invenzione degli adoratori di dèi. Scacciato il loro dio dalla natura e dalle faccende dell'universo ecco trovare il suo ultimo rifugio nella ragione umana. Dio noi lo conosciamo attraverso la ragione; egli ha una realtà, ma non si può determinare di più. Davvero? Nella ragione umana sono radicati alcune migliaia di anni di Condizionamento Educazionale.
“Voi” dicono gli adoratori di dèi, i gestori della disperazione umana “tanto, a mano a mano che diventate vecchi o a mano a mano che i problemi della vita vi sopraffaranno qui da noi tornerete. Noi gestiamo le galere, gli ospedali, i sanatori, gli asili infantili, la miseria degli emarginati, gli ospizi, le comunità di recupero per tossicodipendenti. Ora sei giovane, sprizzi energia da tutti i pori, ma il Sistema Sociale da noi organizzato ti succhierà quell'energia, a poco a poco, poi, quando tornerai da noi, sarai pronto ad accettare tutto quello da noi voluto. Ecco signori, il ribelle, il mangiapreti, ecco, guardate come l'ha ridotto la sua morale senza dio!”
Non sono state solo alcune migliaia di anni di Condizionamento Educazionale; sono state alcune migliaia di anni di castrazioni fisiche dell'intera specie nelle regioni europee. Negli ultimi duemila anni, in particolare, è stata combattuta, da parte dei sistemi sociali, l'avanzata del dio assoluto e il consolidamento del suo dominio. Per duemila anni i cristiani procedettero alla mattanza degli oppositori, sia religiosi che sociali. Castrarono il Sistema Sociale privandolo di quegl'individui la cui genialità, percezione e sensibilità, erano in grado di portarlo fuori dalle secche dell'oscurantismo. Incapaci di farsi i fatti propri (o proprio perché questi erano i loro bisogni), costoro, nel tentativo di mettere se stessi al servizio del Sistema Sociale, in realtà mettevano se stessi nelle mani del boia cristiano.
Così è venuto formandosi il dio conosciuto attraverso la ragione, così è venuta formandosi la dipendenza della ragione da quel fantasma annidatosi al suo interno.
Non idea trascendentale, ma risultato di una dura lotta per l'addomesticamento dell'Essere Umano.
Il secondo concetto, quello Teista, è più interessante. Fu indubbiamente il padre del degenerato deismo ma possedeva una prerogativa pericolosa: alcuni degli effetti generanti l'elaborazione Teista cadevano sotto la percezione dei sensi. O, almeno, in alcuni casi avevano un aspetto recepito e pensato dalla ragione come oggetto del quotidiano. Si consideri, ad esempio, il Sole o "Madre Terra" e quanti culti questi hanno generato. Una struttura religiosa, basata su tali elementi, è di estrema pericolosità per il Comando del Sistema Sociale. Si consideri a proposito della concorrenza avvenuta a Roma nei primi tre secoli dell'era cristiana fra cristiani e mitrianici. I suoi dèi sono sottoposti all'analisi degli individui del Sistema Sociale e in qualsiasi momento chiunque poteva costruire con loro un rapporto e una diversa interpretazione. Con l'ausilio di circostanze favorevoli gli individui potevano mettere in discussione il Comando Sociale. Il Teismo delineava un dio reale e tale dio reale non era difficile da contattare, descrivere e interpretare.
L'uso di sostanze psicotrope ebbe una parte non secondaria. Erano alcune migliaia di anni che l'Essere Umano si cibava di funghi e piante ed ogni esperienza di percezione alterata era sia fonte di piacere, sia fonte di relazione con la divinità. L'uso di sostanze eccitanti e di sostanze alcoliche nei riti orfici prima e dionisiaci poi, l’uso di oppio nel vicino Oriente, l’uso dell’amanita muscaria, favorirono l’alterazione della percezione ed ebbero un ruolo non secondario nell’identificazione dell’individuo con un dio personale. I cibi che alteravano la percezione non furono immuni dal necessità della ricerca del dio, e non furono i soli, come testimoniano i riti estatici con cadute in trance e perdita di conoscenza praticati abbondantemente dagli sciamani dell’intera area mediterranea.
Questo tipo di religiosità era pericolosa per un Comando Sociale in formazione pronto per distaccarsi dal Sistema Sociale.
Chiunque trovava un'amanita muscaria (e sopravviveva al pasto) poteva entrare in rapporto col dio; chiunque fosse affamato poteva essere posseduto da visioni, chiunque s'ubriacava o danzava poteva essere portavoce di una divinità.
Il rapporto col mondo quotidiano attraverso l'alterazione della percezione sensoria non è gestibile dal Comando Sociale. E' utilizzabile soltanto da società di individui che vivono attraverso un rapporto simbiotico con la natura e organizzati in un Comando Sociale che non pratica il possesso, ma agisce in funzione dei bisogni sociali.
Il Teismo, a differenza del deismo, ha origine dall'empirico anche se quest'empirico non è quello dei sensi della ragione nel quotidiano. Nelle società tribali fenomeni di percezione alterata erano e sono comuni tanto che a tali fenomeni venivano legate molte decisioni e la percezione di conoscenze extrasensoriali erano comuni. E' ipotizzabile che fossero questi rapporti col mondo la base che dette origine alle religioni.
Fu solo in un secondo tempo che il Comando Sociale sfruttò l'adesione a queste, da parte dei sistemi sociali, per assumere e radicalizzare il controllo sovrapponendo credenze diverse a lui più funzionali. Il Teismo ha una sua ragione di Essere! Può essere considerato come una forma di percezione alterata delle coscienze extraumane ed extrasensibili che secondo tali percezioni ci circondano al di là di quanto comune sia questa percezione. Solo in un secondo tempo, e solo nelle società più "civili" (nel senso reale ed attuale del termine) che il concetto Teista ebbe il primo momento di trasformazione. Dalla percezione delle coscienze extrasensorie si passò alla percezione di un Essere “superiore” all'Essere Umano. Uguale e superiore al Comando Sociale dal quale quest'ultimo veniva legittimato. Nella mente dell'Essere Umano iniziava il martellamento degli aggettivi e l'esaltazione della "possanza" di tali esseri.
Ogni volta, allo sviluppo della percezione extrasensoriale, le immagini venivano modificate dal Condizionamento Educazionale e quelle, da semplici coscienze, assunsero aspetto umano apparendo sempre più terribili. Il Comando Sociale stava raggiungendo il suo scopo nell'uso della religione come strumento di controllo e coercizione del Sistema Sociale.
Il Comando Sociale comprese, nel corso dei secoli, la necessità di allontanare l’individuo sociale da una gestione personale e spontanea dei suoi rapporti religiosi con la Natura. Così lo ridusse in schiavitù. La schiavitù fece scordare all'Essere Umano Sociale come venire in contatto con gli “spiriti” della Natura.
Questi divennero muti!
Si può obiettare (razionalmente parlando) che fossero solo proiezioni interne della mente alterata dall'uso di sostanze psicotrope o stati di alterazione psichica. Non si può negare, comunque era un’interpretazione soggettiva del mondo, uno scambio di informazione che fu messo a tacere per l'intervento del Comando Sociale.
Il Teismo è in grado di tornare al rapporto con le coscienze della Natura, il deismo costringe il pensiero a ruotare attorno agli aggettivi attraverso i quali viene offuscato il vuoto nella consistenza del pensiero dell'Essere assolutamente necessario o Essere originario.
Le coscienze raggiunte dall'alterazione delle percezioni, sia che siano considerate proiezioni interne di immagini che percezioni di Coscienze all'interno della Natura, non sono mai l'Essere originario, ma solo presenze spesso scambiate per elementi pensati del Condizionamento Educazionale specifico dell'Essere Umano che percepisce o che proietta, come si voglia considerarlo.
La "teologia " naturale, ne do atto, per le motivazioni di cui sopra, quando viene ripulita dagli aggettivi e dal Condizionamento Educazionale proprio del Comando Sociale ha una sua ragione di essere. E, come afferma Kant, proprio nei movimenti della natura si hanno i due movimenti da egli considerati: natura e libertà. Dove l'uno non può esistere senza l'altro anche nella nostra concezione del pensato quotidiano finché tale pensato è circoscritto al corpo fisico il quale, pur nelle condizioni da esso imposte, è natura e libertà.
Natura e libertà, nelle condizioni imposte, sono proprie di qualsiasi essere, dal Battere al Crostaceo al Verme della Terra al Mammifero, Uomo compreso. Tutti costoro, regno vegetale compreso, attuano la loro libertà nella natura attraverso le condizioni imposte dal proprio essere.
Non possiamo assolutamente desumere l’“intelligenza suprema”, non ne esistono le condizioni a meno che non consideriamo singole parti della natura come parti di un tutto e accenniamo alla possibilità di non essere parte della natura, ma bensì parte dell'Essere Natura. Anche questo concetto, pur essendo più reale, come trasposizione nel quotidiano è comunque ben diverso dal concetto dell'Essere supremo
Non essendo in grado di dimostrare a chiunque, l'esistenza di una coscienza unitaria della natura e pertanto considerando questa come un Essere eccezionalmente grande rispetto alle nostre specifiche capacità di comprensione, quale può essere il nostro atteggiamento nei confronti dello stesso?
Non certo quello di sudditanza!
Posso io chiedere al mio piede di inchinarsi di fronte a me?
Al contrario, io devo favorire lo sviluppo del mio piede, devo favorire lo sviluppo di ogni mia parte in rapporto con le altre al fine di affrontare nelle migliori condizioni possibili l'oggettività nella quale mi trovo ad esistere.
Mio compito sarebbe lo sviluppo di varie parti da usare principalmente nell'affrontare condizioni specifiche e rallentarne lo sviluppo di altre finché tali condizioni specifiche non vengono superate. Devo, in altre parole, mantenere costante l'equilibrio all'interno del rapporto dialettico oggettività-soggettività al fine di trarre vantaggio o, per il mio personale benessere, equilibrio e variare l’equilibrio al variare delle condizioni soggettive. Per essere funzionale in un Essere natura io devo sviluppare il mio essere nella specificità di ciò che sono. Come devo essere invece al cospetto dell'Essere supremo?
Assoggettato!
Devo agire per il suo benessere a discapito del mio. L'Essere supremo non può esistere all'interno di condizioni, come non potevano esistere condizioni all'esercizio del potere del Comando Sociale all'interno del Sistema Sociale.
Faticosamente il Sistema Sociale imponeva condizioni al Comando Sociale, condizioni alle quali questo si sottoponeva sempre mal volentieri cercando di aggirarle in tutti i modi ingannando il Sistema Sociale e provocandone spesso feroci reazioni. Il Comando Sociale costretto, nel corso della storia, a cedere spazi al Sistema Sociale relegava il controllo religioso all'idea pura della ragione in modo da sottrarlo al Sistema Sociale e alla revisione alla quale il Sistema Sociale prima o poi sarebbe giunto qualora la libertà del fare fosse stata in grado di giungere oltre al Condizionamento Educazionale imposto.
Si riferisce esattamente a questo Kant quando parla della capacità della ragione parlando di vantaggio di questa nel rettificare la conoscenza dell'Essere supremo mettendola d’accordo con tutte le condizioni intellegibili e purificarla da tutto ciò che potrebbe essere contrario al concetto dell'Essere originario. Non lo sfiora minimamente il contrario, cioè della necessità della ragione di essere purificata da tutto ciò che induce alla sottomissione al concetto di un Essere originario. Davanti all'Essere originario Kant cala le brache. Tutto pur di riaffermare il suo dominio.
Perché? Eppure egli stesso ammette che non esiste nessuna prova oggettiva della sua esistenza. Kant pagava il tributo al Condizionamento Educazionale, come tutti del resto, ma, nei confronti di esso, gettava i suoi semi di libertà. Il suo atto personale nel disconoscere ogni prova della ragione nell'esistenza dell'Essere supremo, dal suo punto di vista, fu un atto di ribellione al proprio Condizionamento Educazionale; atto che il Comando Sociale s’apprestava a gestire quando, con l'avvento dei tempi nuovi nei quali il vento di tensioni libertarie cominciava a soffiare per spazzare la cricca dei delegati di dio in terra, l'Essere supremo usciva dall'empireo per entrare nella trascendenza della ragione pura.
D’altronde, afferma Kant, se l'Essere supremo affermasse la sua validità senza contraddizioni sarebbe necessario eliminare tutto quello che ripugna alla suprema realtà sgombrando il campo da tutte le affermazioni contraddicenti siano esse atee, deiste e antropomorfiche.
Se! Se! Se! Se!
L'affermazione è sempre in positivo; mai in negativo. Condizionamento Educazionale e oggettivazione di un concetto senza sostanza, questi sono gli elementi reggenti il concetto di Essere supremo. Senza questo l'Essere supremo appare per ciò che è: uno spauracchio usato per tarpare le ali ai bambini nel loro assalto al cielo della conoscenza e della consapevolezza. Uno spauracchio con la funzione di ricondurre ogni specie di ribelle sotto l'ombrello del Comando Sociale.
Si può sofisticare attorno all'Essere supremo, ma nulla più. Rimane solo il dovere per ogni Essere Umano di rapportarsi col mondo circostante sviluppando se stesso al suo interno. Ogni forma di assoggettamento è una catena il cui unico scopo è quello di impedire la libertà del fare impedendo lo sviluppo del Potere di Essere. Quel potere interno, proprio di ogni Essere Vivente all'interno della Natura, che lo porta ad affermare "io esisto!" e a mettere in atto tutti i mezzi di cui l'adattamento della propria specie lo ha fornito per migliorare tempo e qualità della sua esistenza.
Quinta parte de “Il Libro dell'Anticristo” capitolo unico: LA MENZOGNA CRISTIANA SULLA REALTA’ DI DIO! DIO COME RIFERIMENTO ALLA CRITICA DELLA RAGION PURA DI KANT.
Dalle riflessioni di questa pagina, alcuni anni dopo nascerà l'idea della Teoria della Filosofia Aperta.
NOTA2: il termine noumeno o neumenia è inteso come essenza dell'oggetto e non solo come oggetto pensabile.
Pagina tradotta in lingua Portoghese
Tradução para o português a) Reflexões sobre deus criador amadurecidas pela leitura da Crítica da Razão Pura de Kant.
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Non aspettatevi dal Libro dell'Anticristo un'opera letteraria, un disegno, un ricamo. Il cambiamento del modo di guardare il mondo è un'insurrezione emotiva, una violenza, con cui l'attenzione dell'individuo modifica la sua descrizione del mondo. Tale cambiamento non avviene nell'uomo con atteggiamenti eleganti, con dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. Avviene perché l'individuo se lo impone come propria necessità. Il Libro dell'Anticristo fornisce gli strumenti che consentono all'uomo di guardare al futuro, anche quando questi strumenti possono risultare mal esposti! |
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Formattazione attuale fatta il Marghera, 10 aprile 2014 Claudio Simeoni Meccanico Apprendista Stregone Guardiano dell'Anticristo Tel. 3277862784 e-mail: claudiosimeoni@libero.it |
Il Libro dell'Anticristo, fu scritto nel 1985. Quella versione è stata modificata fino al 1990. Il Libro dell'Anticristo è stato messo in web abbastanza presto, e ha subito formattazioni di pagina diverse a seconda di come i siti presentavano le pagine web. La versione che presento è la versione originale del Libro dell'Anticristo nella copia che per un anno è stata depositata in Siae come Opera prima. L'aver scoperto che il Libro dell'Anticristo, che apre con la visione del divenuto dell'Universo, altro non fa che risolvere il paradosso di Hegel che fa coincidere l'Essere col Nulla, nella previsione di affrontare questo argomento nella Teoria della Filosofia Aperta, mi ha indotto oggi 09 aprile 2014 a rifare la formattazione dell'intero libro.