“E LE FORMICHE, NEL LORO PICCOLO, HANNO UN GRANDISSIMO CUORE”
La sensazione degli Esseri Umani di essere parte di un Tutto.
Il formicaio come
individuo.
L’Essere Natura, Hera o Giunone, come individuo.
Concetto fondamentale della Religione Pagana Politeista.
Non aspettatevi dal Libro
dell’Anticristo un’opera letteraria, un disegno, un ricamo. Il cambiamento del
modo di guardare il mondo è un’insurrezione emotiva, una violenza, con cui
l’attenzione dell’individuo modifica la sua descrizione del mondo. Tale
cambiamento non avviene nell’uomo con atteggiamenti eleganti, con dolcezza,
gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. Avviene perché l’individuo se lo
impone come propria necessità. Il Libro
dell’Anticristo fornisce gli strumenti che consentono all’uomo di guardare al
futuro, anche quando questi strumenti sono sgrammaticati!
Nella metà degli anni ’80
ebbi la visione di un termitaio come un soggetto unico. La cosa si ripeté sia
con il formicaio che con l’alveare, La visione fu indotta, sicuramente, da
letture che avevo fatto o da idee scaturite da letture, ma fu talmente forte da
incidere sulle mie emozioni al punto tale da considerare che una via alla
conoscenza degli Esseri della Natura fu la via del Termitaio o dell’Alveare. In
sostanza, come le nostre cellule sono altrettanti individui che vivono la loro
strategia d’esistenza manifestando un insieme di intenti soggettivi in funzione
di intenti oggettivi (dei quali io, come persona, posso essere espressione),
così altri Esseri, nel corso dell’evoluzione, hanno separato le loro parti
fisiche rendendole mobili e portatrici di indipendenza pur mantenendo i legami
di un unico organismo.
Mi era difficile, allora,
giustificare quella visione. Nel Libro
dell’Anticristo, nell’ultima parte scritta nel 1990, scrivevo:
“Questa è la grande libertà della
natura e la direzione ch’essa intraprende sulla sua via dell’evoluzione. La
grande libertà della natura altro non è che la risultante della libertà di
tutti gli Esseri all'interno della natura stessa.
In natura esistono colonie di
"esseri" che agiscono come fossero un solo essere; e sono un solo
essere in quanto una parte è al servizio del tutto. Tutti insieme rappresentano
una sola Coscienza di Sé. Come lo so? Lo so! In ogni caso le cellule della mia
mano sono vive, ma sono specializzate per servire il tutto, la mia mano vive, ma
non tratta di filosofia trascendentale e non è nemmeno in grado di alimentarsi.
Una termite riproduttiva è in grado di fare uova, ma non è in grado di
difendersi né di procurarsi da mangiare; le termiti guerriere ed operaie
possono fare ciò, ma non possono fare uova. Perché dunque la mia mano e il mio
cervello partecipano nel determinare l'io sono e ciò non può avvenire per le
formiche, le api, le termiti, tutte insieme a determinare l'io sono?
Quanto squallore nell'Essere Umano
postosi al centro dell'universo, e sopra di sé un dio creatore, sordo e cieco
all'immensità del circostante! L'unità delle cause si possono documentare dalle
relazioni fra le parti. La causa non documenta un bel niente, al massimo
l'insieme di concause determinano l'adattamento soggettivo delle varie specie
alle variabili, ma null'altro.”
Ora mi è più facile
comprendere, giustificare e spiegare il concetto.
L’empatia, come
manifestazione della struttura emotiva degli Esseri, è il fondamento
dell’evoluzione sia dei singoli Esseri che dei singoli Esseri come insieme di
Esseri.
Quando noi leggiamo che
la scienza, nelle sue indagini ci dice (articolo di Rossana Campisi tratto da
Venerdì di Repubblica del 13 luglio 2007):
“Così il
cervello è programmato per fare di noi dei Robin Hood
La generosità è
favorita da impulsi biologici. Lo
confermano studi recenti dimostrando che, quando facciamo del bene, ci sentiamo
soddisfatti più o meno come quando mangiamo la cioccolata.
Che fare del
bene al prossimo faccia bene anche a noi stessi l’avevamo in qualche modo
intuito. Fare regali, volontariato, beneficenza, comporta sacrificio, ma spesso
regala in cambio serenità. Oggi diverse ricerche hanno provato a dare una
spiegazione scientifica a questa intuizione. La bontà, rivelano, ha effettivamente
una radice biologica, che si trova ben piantata nel cervello umano. Il primo
studio, pubblicato su Science, e firmato dall’economista William Harbaugh e
dallo psicologo cognitivista Ulrich Mayr, entrambi dell’Università dell’Oregon.
I risultati rappresentano uno smacco per le teorie economiche tradizionali,,
perché mostrano come la generosità disinteressata non sia un atteggiamento
irrazionale. Anzi, spendere soldi senza guadagnarci niente rende più felici.
Purché, naturalmente, l’investimento vada in una buona causa.
Harbaugh e Mayr hanno condotto un esperimento su
diciannove donne, alle quali è stata offerta la possibilità di investire cento
dollari. E, mentre lo facevano, erano tenute sotto il monitoraggio di una
sofisticata risonanza magnetica, che rileva l’attività cerebrale in tempo
reale. Le
donne dovevano decidere, davanti ad un pc, se destinare i loro soldi ad un
progetto di aiuto umanitario oppure utilizzarli per pagare le tasse. Le loro scelte erano rigorosamente anonime,
per evitare di essere influenzate dal giudizio altrui. La risonanza magnetica
ha certificato che quando il denaro veniva dato in beneficenza si attivavano
alcune aree cerebrali in genere associate al piacere che si prova quando si
mangia qualche cosa di dolce. Le stesse zone venivano invece stimolate molto
meno in chi decideva di rimpinguare le casse dello Stato.
“La sensazione
di piacere dipende da due nuclei basali che si trovano in quello che un tempo
si chiamava cervello primitivo e cioè nella parte più profonda dell’encefalo”
spiega Sandro Sorbi, ordinario di Neurologia all’Università di Firenze. “Si
tratta del nucleo caudato e dell’accumbens, entrambi legati al sistema limbico,
ovvero al complesso delle strutture cerebrali che partecipano alla formazione
degli istinti, delle emozioni, dei comportamenti, attraverso la via
mesolimbica. E’ proprio questa la fibra che regola i meccanismo di
gratificazione e piacere. Attivando quelle aree si ottengono quindi sensazioni
positive che vengono archiviate nella memoria. In questo modo orienteremo anche
i nostri comportamenti futuri sulla base di questi ricordi. E’ una scoperta
recente: fino a dieci anni fa si pensava infatti che i due nuclei fossero
responsabili solo delle capacità motorie”.”
[...]
Diventa interessante
sottolineare come l’istinto di cooperare si formi nell’età adulta, mentre,
nell’età della crescita degli Esseri Umani, c’è l’istinto alla sopravvivenza di
sé stessi in quanto individui. In altre parole, l’istinto di sopravvivenza e di
affermazione, nella vita di sé stessi come individui, una volta raggiunto, si
integra con la consapevolezza di specie. Continua, infatti, lo stesso articolo:
“Il
bisogno di equità degli adulti non sembra però riguardare anche gli adolescenti
che, al contrario, sarebbero molto più
propensi all’egoismo. “E’ un dato rilevato sia dalla psicologia che
dalle neuroscienze” precisa Sorbi “Gli adulti usano molto la corteccia
prefrontale del cervello, che sviluppa empatia e comprensione delle motivazioni
altrui. Gli adolescenti devono aspettare di avere almeno venticinque anni per
avere una corteccia completa e organizzata. E così, in questa fase, centrata
sull’autoaffermazione personale, fanno leva su zone cerebrali più profonde,
come il talamo, tutte focalizzate sullo svolgimento dell’azione”.
Non che non manchino gli
esempi di giovani altruisti e generosi. Tuttavia è più facile vederli
concentrati su sé stessi e sulle loro necessità.”
Appare del tutto
evidente, come per le formiche, anche la specie umana ha sviluppato sé stessa
partendo dall’empatia che la univa ciò che sarebbe divenuta la specie umana con
tutte le altre specie e tutti gli altri Esseri della Natura. Gli individui
della specie umana non sono separati dalla specie stessa, ma sono coinvolti
nello sviluppo del divenire della specie umana. Collaborano all’insieme dal
quale sono divenuti.
I mammiferi e la specie
umana, nel nostro caso, hanno costruito delle relazioni, anche razionali, col
mondo in cui vivevano manipolando proprio quella relazione empatica che lega
gli Esseri Viventi e che è la base della comunicazione fra le specie
dell’Essere Natura. Le formiche, o meglio i formicai, hanno manipolato quella
struttura empatica in maniera diversa. Ma sia Esseri Umani che Esseri Formicai
hanno costruito il loro divenuto partendo dalle stesse relazioni empatiche che
contraddistinguono i vari Esseri nell’Essere Natura.
La comunicazione empatica
è la comunicazione che lega le formiche al formicaio, al di là di altre forme
di comunicazione che le formiche hanno sviluppato per trasferire le informazioni
da formica a formica. Cosa necessaria dal momento che la formica, a differenza
delle singole cellule che compongono il corpo di un mammifero (o della formica
stessa) sono fisicamente separate dall’insieme di cui sono parte.
Appare evidente, e logica
per un Pagano Politeista, che nel ragazzo la fusione empatica fra sé e la sua
specie non sia fondamentale. Per la specie è importante che il giovane cresca,
diventi adulto, assorbi intelligenza, consapevolezza, sapere e conoscenza. Poi,
una volta diventato adulto, agisca per il bene della specie. Un individuo forte
e consapevole è un patrimonio per la specie e la forza e la consapevolezza si
costruiscono nella competizione a cui il ragazzo è chiamato nei vari momenti
della sua crescita: esattamente come la singola formica.
Dal
venerdì di Repubblica del 13 luglio 2007
E le formiche, nel loro piccolo, hanno un grandissimo cuore
Di Teresa Bernini
“Per qualcuno sono solo – insieme con l’afa, i temporali e le zanzare
– uno dei simboli non proprio gradevoli dell’estate. Per altri rappresentano
invece l’inizio di un vero e proprio incubo. Prima compare qualche individuo
isolato, poi, nel giro di qualche giorno, la casa è invasa da una moltitudine,
che se ne impossessa, trasformandola in corsia preferenziale per interminabili
processioni. A questo punto l’insofferenza cresce. Ma in genere è troppo tardi.
Le formiche sembrano inarrestabili, riescono a penetrare ovunque, neanche
fossero truppe da sbarco... Forse, in questi casi, ci si può consolare pensando
che ai tropici, lo stesso scenario avrebbe connotati decisamente peggiori.
Nelle foreste sudamericane,
dal Brasile al Venezuela e alla Guinea francese vive infatti la Daceton
armigerum, una formica la cui testa arriva a quattro millimetri di larghezza e che in tutto può
raggiungere un centimetro di lunghezza. Ed è anche una delle più veloci
predatrici che esistono sulla terra: le sue enormi mandibole, grazie ad un
raffinato sistema di catapulta e a enormi muscoli, grandi due terzi del
capo,scattano infatti sulla preda e la immobilizzano in due millesimi di
secondo, cioè duecento volte più veloce di un batter d’occhio. Chi però
immaginasse che dietro a tanta determinazione e aggressività ci siano animali
competitivi, sempre in lotta fra loro, si sbaglierebbe di grosso.
Le formiche, è noto,
formano società complesse, che provvedono al mutuo soccorso. Alcune scoperte
recenti però aggiungono dettagli importanti a proposito della loro generosità. E’ il caso della formica Eciton
burchiellii, oggetto di un recentissimo studio di Scott Powell e Nigel Frank
dell’Università di Bristol. I due studiosi hanno infatti dimostrato la sua
capacità di adottare un comportamento di totale abnegazione. L’esercito di
legionarie compie spettacolari razzie, formando falangi di duecentomila combattenti (tutte femmine). E quando il
percorso tra formicaio e fonte di cibo è accidentato, alcune si mettono a
zerbino. Proprio così, si stendono a coprire fori e irregolarità, riempiendoli
col proprio corpo, su cui le altre possono camminare, come su un ponte.
Un’operazione in cui nulla è lasciato al caso: questi animaletti hanno infatti
taglie diverse e ciascun addetto alla riparazione, prima di prendere posto,
verifica se la sua è quella giusta per riempire un certo vuoto. Se non lo è, si
allontana e lascia il posto ad un altro. La strategie, secondo Powell e Frank,
è stata elaborata per permettere a tutto il battaglione di percorrere più
velocemente le strade più impervie. Il risultato è che il bottino raccolto
dalla Eciton burchiellii è fino al 26 per cento in più rispetto a quello di
altre specie. Ma la Eciton non è la sola formica con capacità collaborative non
comuni. Un gruppo di ricerca dell’Università Sheffield (Gran Bretagna) ha per
esempio notato che la formica faraone (Monomorium pharaonis) ha inventato una
specie di navigatore: lascia sul terreno odori che segnalano alle compagne
quali percorsi è meglio evitare. E sempre Frank ha dimostrato per la prima
volta l’esistenza, nel genere Temnothorax, di un insegnamento tra due individui
che devono raggiungere un obbiettivo comune. Ha scoperto infatti che le
formiche si passano consigli sui percorsi da fare per trovare cibo. “L’aiuto
reciproco non è raro in questi animali, tanto che i formicai sono stati
paragonati ad un super organismo: i singoli individui on pensano quasi mai a sé
stessi, ma si comportano come se fossero parte di qualche cosa di più
complesso. Come le cellule di un essere vivente.” Spiega Stefano Turillazzi,
docente di zoologia dell’Università di Firenze..
Secondo l’ipotesi del superorganismo, un formicaio non va quindi
considerato come un insieme di tante singole formiche, e neppure come una
società gerarchica. La su organizzazione è più simile a quella del corpo umano,
con i suoi organi interni. La regina è il sistema riproduttivo, i soldati sono
il sistema immunitario, le operaie che procurano il cibo sono il sangue, quelle
che governano il nido funzionano come il sistema termoregolatore.
L’entomologo Bert
Holldobler e lo studioso del comportamento animale Kern Reeve della Cornell
University (Usa), spiegano in uno studio recente che la creazione di un
superorganismo è una delle forme migliori di organizzazione.
E che in natura, dai batteri che si aggregano per formare pellicole
e mucillagini, all’uomo, c’è una tendenza ala cooperazione. Gli individui, secondo i due studiosi, si
trovano sempre davanti ad un dilemma: scegliere se competere all’interno del
gruppo o aggregarsi e combattere contro i nemici esterni. In linea di massima, l’egoismo,
le strutture gerarchiche, i rapporti di dominanza prevalgono in società
primitive [espressione di infantilismo selettivo; nota Claudio Simeoni], con
pochi membri non imparentati. La cooperazione e l’aumento dell’aggressività nei
confronti di altri gruppi sul territorio, si verifica invece se c’è una
specializzazione del lavoro e la riproduzione viene affidata a pochi. Insomma,
quando d’estate arriva l’invasione delle formiche provate a frenare l’impulso di schiacciarle.
Con il loro piccolo cervello hanno elaborato una delle strategie più evolute
per affrontare le difficoltà della vita.”
Vai al video per visualizzare la
sensazione della relazione empatica fra le formiche
http://it.youtube.com/watch?v=9X92JJ-mfN4
L’empatia,
la solidarietà, la compartecipazione, sono elementi caratteristici degli Esseri
della Natura. Sono forze psichiche di coesione che vengono minate, nelle
società civili umane, soltanto dall’ideologia religiosa cristiana. Sono i
cristiani che impongono l’ideologia del “buon samaritano”. Colui che soccorre
gratuitamente altri Esseri Umani in difficoltà. Quell’ideologia non è
all’interno dello sviluppo degli Esseri Umani, ma manifesta l’odio sia per gli
esseri Umani che per l’insieme della Natura. L’aiuto del “buon samaritano”
prevede la presenza di criminali che saccheggiano la società civile, bastonano
le perone e le riducono in miseria. Ma dal momento che in Natura, né nelle
società, non esistevano personaggi del genere, se non come eccezione o esempi
negativi della convivenza sociale, il “buon Samaritano” per soddisfare la
necessità di essere un “buon Samaritano” si riduce a distruggere le società
civili, bastonare gli individui, per riuscire a soddisfare il suo bisogno di
superiorità e di dominio sulle persone che sono bastonate o ridotte in miseria.
Finché l’ideologia che costruisce la miseri diventa l’ideologia religiosa
fondamentale nella specie. Dopo di che si costruisce miseria per il gusto di
costruire miseria. La pulsione di morte, in contrapposizione al principio del
piacere, costruisce la miseria sociale per permettere al “buon samaritano”
(centri di recupero per tossicodipendenti, orfanotrofi, carceri, ospedali,
centri di permanenza temporanea, ecc.) di rafforzare il suo potere nella
società civile. Una necessità di dominio che soddisfa in maniera sadica con
quella carità il cui scopo è mantenere le persone in miseria al fine di
continuare a garantirsi il dominio su di esse.
Il
piacere nella collaborazione all’interno della società è un piacere funzionale
al divenire dell’Essere Natura che, attraverso lo sviluppo di tutte le specie
che la compongono, costruisce il suo sviluppo. Si tratta di un legame psichico
attraverso il quale Afrodite fonde gli Esseri per un bene che supera il singolo
per coinvolgere la specie; supera la specie per coinvolgere l’Essere Natura nel
suo insieme.
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Claudio Simeoni
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